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Moda - Tribunale di Milano: “postina” descrive non distingue, al pari di tracolla, zaino e bauletto

Moda - Tribunale di Milano: “postina” descrive non distingue, al pari di tracolla, zaino e bauletto
Moda - Tribunale di Milano: “postina” descrive non distingue, al pari di tracolla, zaino e bauletto

Il marchio “Postina” coincide esattamente con l’indicazione descrittiva di una categoria di prodotti.

Secondo il Tribunale di Milano, infatti, il termine “Postina” è comunemente utilizzato per indicare una tipologia di borsa che si ispira, per forma e caratteristiche, a quelle indossate dai postini negli anni ’50.

L’uso del segno “Postina” con funzioni descrittive di dati reali del prodotto da parte di un terzo non può pertanto qualificarsi come contraffattorio, seppure già registrato come marchio, bensì necessario a fornire al pubblico un’indicazione completa e comprensibile sulle caratteristiche del prodotto stesso.

Fatto

L’attore, titolare del marchio denominativo “Postina” registrato in data 8 febbraio 2011, citava in giudizio la convenuta per aver utilizzato tale marchio sul sito The Bridge e sulla pagina Facebook per contrassegnare prodotti appartenenti alla medesima classe protetta dalla registrazione. Ritenendone illecita la condotta, l’attore domandava il risarcimento dei danni e l’inibitoria dalla continuazione dell’uso del segno “Postina” da parte della convenuta.

D’altra parte la convenuta, contestando la pretesa attorea, deduceva la mancanza del carattere distintivo del marchio “Postina” e dichiarava di aver usato il predetto termine, che associava sempre al marchio The Bridge di sua proprietà, al fine di indicare una particolare categoria di borsa e non per denominare una specifica borsa della propria collezione.

Decisione

Il Tribunale di Milano ha rigettato la domanda attorea in forza di due argomentazioni: la prima guardando al senso inteso dal consumatore con il termine “Postina” e al modo con cui esso viene utilizzato dalla generalità degli operatori economici; la seconda basata sulla condotta effettiva tenuta dalla convenuta.

In primo luogo il Collegio ha condotto una valutazione relativa al “tasso di distintività” del segno “Postina”, per verificare se, alla luce della percezione del pubblico, quest’ultimo consideri tale termine come una caratteristica del bene, o piuttosto l’indicatore della sua provenienza da una certa impresa. Ciò che è emerso da questa verifica è il fatto che il termine “Postina” è di uso comune, e non è né distintivo né indicatore di origine del prodotto, bensì descrittivo di una categoria di prodotti. Infatti la parola “Postina” viene utilizzata, unitamente ad altri marchi, da numerose case di moda per indicare un preciso modello di borsa.

Alla luce di queste considerazioni, il Tribunale di Milano ha accertato che nel caso in esame l’utilizzo del segno “Postina” rispondeva alla funzione di descrivere una categoria di borse aventi le caratteristiche di quelle indossate dai postini negli anni ’50, e che tale termine era sostanzialmente equiparabile ad altri termini descrittivi quali “tracolla”, “bauletto”, “zaino” e così via.

Infine il Collegio milanese ha precisato che il diritto di marchio non comporta il divieto per i terzi di adoperare un segno per esigenze descrittive di un prodotto, a condizione che l’uso del terzo avvenga in conformità dei principi della correttezza professionale in forza di quanto previsto dall’articolo 21 del Codice della Proprietà Industriale.

Dal momento che il marchio “Postina” non è effettivamente idoneo a svolgere una funzione distintiva sul mercato, è negata al titolare la facoltà di invocare la tutela propria dell’azione di contraffazione ed esserne l’esclusivo utilizzatore.

La sentenza è integralmente consultabile sulla Rivista Giurisprudenza delle Imprese.

(Tribunale di Milano - Sezione Specializzata in materia di Impresa - A - Sentenza 9 novembre 2016, n. 12307)

Il marchio “Postina” coincide esattamente con l’indicazione descrittiva di una categoria di prodotti.

Secondo il Tribunale di Milano, infatti, il termine “Postina” è comunemente utilizzato per indicare una tipologia di borsa che si ispira, per forma e caratteristiche, a quelle indossate dai postini negli anni ’50.

L’uso del segno “Postina” con funzioni descrittive di dati reali del prodotto da parte di un terzo non può pertanto qualificarsi come contraffattorio, seppure già registrato come marchio, bensì necessario a fornire al pubblico un’indicazione completa e comprensibile sulle caratteristiche del prodotto stesso.

Fatto

L’attore, titolare del marchio denominativo “Postina” registrato in data 8 febbraio 2011, citava in giudizio la convenuta per aver utilizzato tale marchio sul sito The Bridge e sulla pagina Facebook per contrassegnare prodotti appartenenti alla medesima classe protetta dalla registrazione. Ritenendone illecita la condotta, l’attore domandava il risarcimento dei danni e l’inibitoria dalla continuazione dell’uso del segno “Postina” da parte della convenuta.

D’altra parte la convenuta, contestando la pretesa attorea, deduceva la mancanza del carattere distintivo del marchio “Postina” e dichiarava di aver usato il predetto termine, che associava sempre al marchio The Bridge di sua proprietà, al fine di indicare una particolare categoria di borsa e non per denominare una specifica borsa della propria collezione.

Decisione

Il Tribunale di Milano ha rigettato la domanda attorea in forza di due argomentazioni: la prima guardando al senso inteso dal consumatore con il termine “Postina” e al modo con cui esso viene utilizzato dalla generalità degli operatori economici; la seconda basata sulla condotta effettiva tenuta dalla convenuta.

In primo luogo il Collegio ha condotto una valutazione relativa al “tasso di distintività” del segno “Postina”, per verificare se, alla luce della percezione del pubblico, quest’ultimo consideri tale termine come una caratteristica del bene, o piuttosto l’indicatore della sua provenienza da una certa impresa. Ciò che è emerso da questa verifica è il fatto che il termine “Postina” è di uso comune, e non è né distintivo né indicatore di origine del prodotto, bensì descrittivo di una categoria di prodotti. Infatti la parola “Postina” viene utilizzata, unitamente ad altri marchi, da numerose case di moda per indicare un preciso modello di borsa.

Alla luce di queste considerazioni, il Tribunale di Milano ha accertato che nel caso in esame l’utilizzo del segno “Postina” rispondeva alla funzione di descrivere una categoria di borse aventi le caratteristiche di quelle indossate dai postini negli anni ’50, e che tale termine era sostanzialmente equiparabile ad altri termini descrittivi quali “tracolla”, “bauletto”, “zaino” e così via.

Infine il Collegio milanese ha precisato che il diritto di marchio non comporta il divieto per i terzi di adoperare un segno per esigenze descrittive di un prodotto, a condizione che l’uso del terzo avvenga in conformità dei principi della correttezza professionale in forza di quanto previsto dall’articolo 21 del Codice della Proprietà Industriale.

Dal momento che il marchio “Postina” non è effettivamente idoneo a svolgere una funzione distintiva sul mercato, è negata al titolare la facoltà di invocare la tutela propria dell’azione di contraffazione ed esserne l’esclusivo utilizzatore.

La sentenza è integralmente consultabile sulla Rivista Giurisprudenza delle Imprese.

(Tribunale di Milano - Sezione Specializzata in materia di Impresa - A - Sentenza 9 novembre 2016, n. 12307)