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Responsabilità precontrattuale - Tribunale delle Imprese: il danno emergente risarcibile comprende anche le obbligazioni di pagamento assunte e non ancora saldate

Responsabilità precontrattuale
Responsabilità precontrattuale

Con un’interessante sentenza, la n. 4927 pubblicata il 4 maggio 2017, il Tribunale delle Imprese di Milano fa il punto sulla responsabilità precontrattuale che, ai sensi dell’articolo 1337 del codice civile, può derivare dall’interruzione di trattative negoziali e sulle conseguenze risarcitorie.

Il Tribunale riepiloga le condizioni che devono sussistere perché tale responsabilità ricorra (Cassazione civile n. 7545/2016):

i. tra le parti sono in corso trattative;

ii. e trattative sono giunte ad uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l'altrui responsabilità il ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto;

iii. la controparte cui si addebita la responsabilità, le interrompe senza un giustificato motivo;

iv. pur nell'ordinaria diligenza della parte che invoca la responsabilità, non sussistono fatti idonei ad escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione del contratto;

precisando inoltre che la responsabilità precontrattuale ex articolo 1337 del codice civile deriva, oltre che dall’ingiustificata interruzione delle trattative, anche dalla violazione dell’obbligo di lealtà reciproca, che comporta il dovere di completezza informativa di ciascuna parte nei confronti dell’altra, in merito alle proprie reali intenzioni di addivenire alla conclusione del contratto oggetto della trattativa.

 

Il caso

Nel caso in esame, relativo alla negoziazione della cessione di partecipazioni sociali a favore di società di investimento, il Tribunale ha rilevato l’esistenza di elementi tali da giustificare “l’insorgenza di un contesto fattuale e comportamentale idoneo, in senso oggettivo, ad ingenerare nelle parti attrici il ragionevole affidamento nella conclusione del contratto oggetto della trattativa, quali: i) la durata delle negoziazioni, protratte per sette mesi, ii) il rifiuto improvviso e non congruamente motivato del venditore, un vero e proprio ripensamento, intervenuto nello stesso giorno fissato per la stipulazione dei contratti avanti il notaio, iii) lo stadio avanzato delle negoziazioni, tale da procurare fiducia nella conclusione in un soggetto diligente e dotato di ragionevole percezione del corso ordinario degli eventi, iv) la formulazione, qualche giorno dopo l’interruzione delle trattative, di una controproposta del tutto inattesa, che avrebbe potuto e dovuto essere formulata in data anteriore e, comunque, prima che le intese sul testo dei contratti raggiungessero un’evoluzione tale da ingenerare nell’acquirente il convincimento del buon fine dell’affare.

Poiché, per costante orientamento della Cassazione, “Per la sussistenza della responsabilità precontrattuale, a norma dell’articolo 1337 del codice civile, l’obbligo della buona fede nelle trattative deve essere inteso in senso oggettivo, sicché (…) è sufficiente anche il comportamento non intenzionale o meramente colposo della parte che senza giusto motivo ha interrotto le trattative, eludendo così le aspettative di controparte che confidando nella conclusione del contratto, è stata indotta a sostenere spese o abbia rinunciato ad occasioni più favorevoli” (Cassazione n. 2525/2006), il Tribunale ha ritenuto che dalla violazione dei doveri di solidarietà sociale e di buona fede contrattuale derivassero, nel caso di specie, l’obbligo di risarcimento dell’interesse negativo delle parti attrici, ovvero dell’interesse a non dare inizio e corso a trattative che si sono rivelate una perdita di tempo e hanno cagionato delle spese, nelle due voci di:

i. spese sostenute nel corso delle trattative ingiustificatamente interrotte (danno emergente) e

ii. pregiudizio derivante dalla perdita di occasioni alternative (lucro cessante da perdita di chance).

Con particolare riferimento al danno emergente, nel caso in esame, il Tribunale ha avuto modo di chiarire che “costituisce pregiudizio per le parti attrici il solo fatto di aver assunto obbligazioni di pagamento (..), sicché detti debiti, ove si potessero ritenere non ancora saldati, comportano indubbiamente un onere economico a cui esse sono tenute a far fronte”: indipendentemente dall’effettivo esborso, è pertanto spesa rimborsabile in quanto “perdita subita” la sola obbligazione di effettuare l’esborso, che è posta passiva del danneggiato (in tal senso Cassazione civile n. 4718/2016, Cassazione civile n. 22826/2010).

 

L'evoluzione giurisprudenziale in materia di responsabilità precontrattuale

Seppur incidentalmente, la sentenza richiama – e vale la pena darne conto – l’evoluzione giurisprudenziale in merito alla natura della responsabilità precontrattuale. Per lungo tempo, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che la responsabilità precontrattuale avesse natura di responsabilità aquiliana da fatto illecito ex articolo 2043 c.c., conseguentemente: la prova dell’esistenza e dell’ammontare del danno, nonché del dolo o della colpa del danneggiante, era posta a carico del danneggiato e il termine di prescrizione del diritto azionato era quinquennale.

Nel tempo, la giurisprudenza si è allineata alla concezione della dottrina italiana, che prefigurava la responsabilità precontrattuale come responsabilità “ai confini fra contratto e torto”, derivante da un “contatto sociale” fra le parti tale da ingenerare un reciproco affidamento qualificato dall’obbligo di buona fede e dagli obblighi di informazione di cui agli articoli 1175, 1375, 1337 e 1338 del codice civile. La dottrina considerava fonte di responsabilità precontrattuale le obbligazioni derivanti dai “fatti ed atti idonei a produrli”, ovvero dalla terza fonte delle obbligazioni, che l’articolo 1173 del codice civile menziona accanto al rapporto negoziale e al fatto illecito.

La giurisprudenza è progressivamente giunta a condividere tale concezione della responsabilità precontrattuale da contatto sociale qualificato e a ritenere, pertanto, che la violazione delle regole di condotta derivanti da una relazione liberamente assunta dalle parti comporti una responsabilità di tipo contrattuale, con conseguenze ben più stringenti per il danneggiante rispetto alla responsabilità ex articolo 2043 del codice civile: la prescrizione dell’azione è decennale, l’onere della prova è invertito a favore del danneggiato, che non deve provare dolo/colpa del danneggiante, essendo sufficiente la violazione di specifici e reciproci obblighi (di buona fede, protezione, informazione) sorti fra le parti e precedenti gli obblighi che deriveranno dalla eventuale conclusione del contratto. Tale orientamento è ormai recepito anche dalle Sezioni Unite della Cassazione (in tal senso la recente pronuncia, Cassazione Civile n. 14188/2016).

 

La “puntuazione” di contratto

In particolare, con riferimento alla “puntuazione” di contratto, richiamata anche dagli attori della sentenza del Tribunale di Milano in commento, le Sezioni Unite hanno osservato che, pur non dando luogo a un vero e proprio contratto preliminare, sono tuttavia vincolanti in relazione ai profili sui quali le parti hanno raggiungo un accordo irrevocabile: “la violazione di queste intese, perpetrata in una fase successiva rimettendo in discussione questi obblighi in itinere che erano già determinati, dà luogo a responsabilità contrattuale da inadempimento di un’obbligazione specifica sorta nel corso della formazione del contratto, riconducibile alla terza delle categorie considerate nell’articolo 1173 del codice civile, cioè alle obbligazioni derivanti da fatto o atto idoneo a produrle in conformità all’ordinamento giuridico” (Cassazione Sezioni Unite n. 4628/2015).

La parte che agisce in giudizio per ottenere il risarcimento del danno subito nella fase precedente la stipulazione del contratto, non è pertanto tenuta a provare l’elemento soggettivo del danneggiante (dolo o colpa), in quanto la responsabilità precontrattuale costituisce una figura normativamente qualificata della responsabilità da contatto sociale. L’attore deve naturalmente provare il danno subito e la contrarietà a buona fede della condotta del danneggiante.

(Tribunale delle Imprese di Milano, Sentenza 4 maggio 2017, n. 4927)