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Separazione - Cassazione Civile: attenzione agli sms dell’amante

Separazione - Cassazione Civile: attenzione agli sms dell’amante
Separazione - Cassazione Civile: attenzione agli sms dell’amante

Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha confermato che gli sms di natura amorosa rinvenuti nel cellulare del coniuge costituiscono prova sufficiente per l’addebito della separazione.

Nel caso in esame, la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Milano nell’ambito di un procedimento di separazione personale dei coniugi, in cui veniva addebitata la separazione al marito, per avere quest’ultimo violato l’obbligo di fedeltà nei confronti dell’altro coniuge.

La ragione dell’addebito era dovuta al rinvenimento, da parte della moglie, di messaggi di natura amorosa nel cellulare del marito.

Il giudizio della Cassazione

Avverso la sentenza di secondo grado, entrambe le parti ricorrevano in Cassazione: il marito, in via principale, deducendo quattro motivi e la moglie, in via incidentale, muovendo due censure.

Ebbene, l’analisi di tale pronuncia pone l’attenzione sul primo motivo avanzato dal ricorrente principale, vertente sull’asserita violazione dell’articolo 151 del codice civile, comma 2.

In particolare, il coniuge infedele asseriva che tale circostanza non poteva considerarsi conseguenza diretta della crisi coniugale, per avere la Corte di Appello “…confermato la sentenza di primo grado sulla base di ragioni, concernenti la violazione dell’obbligo di fedeltà come causa della crisi coniugale, diverse da quelle indicate dal primo giudice, secondo il quale quella violazione aveva aggravato una crisi coniugale presente da tempo”.

Tuttavia, la Corte dichiarava che tale profilo “non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha giustificato l’addebito”.

Le motivazioni

Ed invero, gli Ermellini non mancavano di rilevare che tra la coppia, a seguito di una pregressa crisi, vi era stata una riconciliazione nel 2002, data di gran lunga antecedente al 2007, tempo dell’avvenuta scoperta dei messaggi.

Ne derivava, quindi, che il comportamento del marito, contravvenendo ai doveri derivanti dal matrimonio, non potesse che assurgere a causa diretta e scatenante della crisi coniugale verificatasi.

Il raggiungimento a siffatta conclusione assume non poco rilievo, atteso che la Suprema Corte riconosceva ai messaggi amorosi sufficiente valore probatorio.

Pertanto, la Corte di Cassazione rigettava entrambi i ricorsi, confermando la sentenza di secondo grado che condannava il marito alla corresponsione di un assegno mensile di 2.000.00 euro in favore della moglie ed un contributo di mantenimento pari a 3.000,00 euro per i figli, oltre al pagamento per intero delle spese straordinarie concordate.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza del 6 marzo 2017, n. 5510)

Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha confermato che gli sms di natura amorosa rinvenuti nel cellulare del coniuge costituiscono prova sufficiente per l’addebito della separazione.

Nel caso in esame, la Corte di Appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Milano nell’ambito di un procedimento di separazione personale dei coniugi, in cui veniva addebitata la separazione al marito, per avere quest’ultimo violato l’obbligo di fedeltà nei confronti dell’altro coniuge.

La ragione dell’addebito era dovuta al rinvenimento, da parte della moglie, di messaggi di natura amorosa nel cellulare del marito.

Il giudizio della Cassazione

Avverso la sentenza di secondo grado, entrambe le parti ricorrevano in Cassazione: il marito, in via principale, deducendo quattro motivi e la moglie, in via incidentale, muovendo due censure.

Ebbene, l’analisi di tale pronuncia pone l’attenzione sul primo motivo avanzato dal ricorrente principale, vertente sull’asserita violazione dell’articolo 151 del codice civile, comma 2.

In particolare, il coniuge infedele asseriva che tale circostanza non poteva considerarsi conseguenza diretta della crisi coniugale, per avere la Corte di Appello “…confermato la sentenza di primo grado sulla base di ragioni, concernenti la violazione dell’obbligo di fedeltà come causa della crisi coniugale, diverse da quelle indicate dal primo giudice, secondo il quale quella violazione aveva aggravato una crisi coniugale presente da tempo”.

Tuttavia, la Corte dichiarava che tale profilo “non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale ha giustificato l’addebito”.

Le motivazioni

Ed invero, gli Ermellini non mancavano di rilevare che tra la coppia, a seguito di una pregressa crisi, vi era stata una riconciliazione nel 2002, data di gran lunga antecedente al 2007, tempo dell’avvenuta scoperta dei messaggi.

Ne derivava, quindi, che il comportamento del marito, contravvenendo ai doveri derivanti dal matrimonio, non potesse che assurgere a causa diretta e scatenante della crisi coniugale verificatasi.

Il raggiungimento a siffatta conclusione assume non poco rilievo, atteso che la Suprema Corte riconosceva ai messaggi amorosi sufficiente valore probatorio.

Pertanto, la Corte di Cassazione rigettava entrambi i ricorsi, confermando la sentenza di secondo grado che condannava il marito alla corresponsione di un assegno mensile di 2.000.00 euro in favore della moglie ed un contributo di mantenimento pari a 3.000,00 euro per i figli, oltre al pagamento per intero delle spese straordinarie concordate.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza del 6 marzo 2017, n. 5510)