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Società - Tribunale di Torino: l’amministratore non è responsabile per non aver effettuato indagini specifiche e non aver ottenuto garanzie dal cliente poi insolvente

Società - Tribunale di Torino: l’amministratore non è responsabile per non aver effettuato indagini specifiche e non aver ottenuto garanzie dal cliente poi insolvente
Società - Tribunale di Torino: l’amministratore non è responsabile per non aver effettuato indagini specifiche e non aver ottenuto garanzie dal cliente poi insolvente

I fatti

Una società a responsabilità limitata, fortemente bisognosa di recuperare i crediti non riscossi, revoca l’incarico al proprio amministratore unico, il quale, nonostante le molteplici sollecitazioni non si era attivato in alcun modo per far fronte a tale necessità.

La società avvia procedimenti per il recupero dei crediti vantati e, in particolare, per la riscossione di un credito vantato nei confronti di una società debitrice da lunga data. Tuttavia, dopo aver avuto conoscenza della critica situazione economica della debitrice, la Società agisce in giudizio contro l’ex amministratore.

 

La causa

La Società - attrice lamenta avanti il Tribunale di Torino, che l’amministratore non aveva svolto alcuna indagine sul cliente, come il “richiedere la copia dei bilanci depositati presso il Registro delle Imprese ed esaminarli anche con l’ausilio di professionisti di fiducia” così da potersi rendere conto della reale situazione finanziaria dell’acquirente, né aveva richiesto garanzie di alcun tipo e tanto meno “quelle utilizzate per prassi diffusa”.

Afferma inoltre che non essendosi attivato nei giusti tempi per la riscossione del credito, aveva ormai reso improbabile il suo recupero, dal momento che la società debitrice era stata dichiarata fallita.

Per tali motivi ne chiede la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa dell’inadempimento ai propri doveri di amministratore.

Il convenuto non si costituisce ed è dichiarato contumace.

 

La decisione del Tribunale

Il Tribunale di Torino afferma che la parte attrice non ha provato, ai sensi dell’articolo 2476 del Codice Civile “Responsabilità degli amministratori e controllo dei soci”, di avere subito alcun danno derivante dall’inosservanza del convenuto dei suoi doveri come amministratore.

Chiarisce il Tribunal, che in assenza di specifici elementi di allarme, non si ritiene necessario, prima di procedere ad una vendita, che l’amministratore debba effettuare indagini così approfondite sulla situazione economica di ogni cliente, esaminandone i bilanci con l’ausilio di professionisti di fiducia.

Inoltre, in riferimento all’omesso utilizzo di garanzie di “prassi diffusa” il Tribunale ritiene che la genericità di tale indicazione, in quanto priva di ulteriore specificazione, non permetta di valutare quale sia effettivamente la “prassi diffusa” del settore.

Dichiara, oltre a ciò, che seppur possa riscontrarsi negligenza nella mancata attivazione dell’amministratore per il recupero dei crediti, per poter considerare tale inerzia fonte di danno per la società, l’attrice avrebbe dovuto dar prova della possibile riscossione del credito al tempo del negligente operato dell’amministratore e della sopravvenuta inesigibilità dello stesso credito al momento dell’attivazione per la riscossione da parte dei legali della società.

Inoltre, secondo il Tribunale, che non è provata l’impossibilità attuale alla riscossione, in quanto la dichiarazione di fallimento della società debitrice non rende inesigibile il credito, “potendo il creditore insinuarsi nel passivo fallimentare”. Per di più, la società attrice, non avendo documentato o illustrato la situazione economica del fallimento, non ha dato prove del danno lamentato.

Per tali ragioni il Tribunale ha rigettato la domanda in quanto infondata.

La sentenza è consultabile nella banca dati della rivista Giurisprudenza delle imprese.

(Tribunale Ordinario di Torino - Sezione specializzata in materia di imprese, Sentenza 22 marzo 2017, n. 1556)

I fatti

Una società a responsabilità limitata, fortemente bisognosa di recuperare i crediti non riscossi, revoca l’incarico al proprio amministratore unico, il quale, nonostante le molteplici sollecitazioni non si era attivato in alcun modo per far fronte a tale necessità.

La società avvia procedimenti per il recupero dei crediti vantati e, in particolare, per la riscossione di un credito vantato nei confronti di una società debitrice da lunga data. Tuttavia, dopo aver avuto conoscenza della critica situazione economica della debitrice, la Società agisce in giudizio contro l’ex amministratore.

 

La causa

La Società - attrice lamenta avanti il Tribunale di Torino, che l’amministratore non aveva svolto alcuna indagine sul cliente, come il “richiedere la copia dei bilanci depositati presso il Registro delle Imprese ed esaminarli anche con l’ausilio di professionisti di fiducia” così da potersi rendere conto della reale situazione finanziaria dell’acquirente, né aveva richiesto garanzie di alcun tipo e tanto meno “quelle utilizzate per prassi diffusa”.

Afferma inoltre che non essendosi attivato nei giusti tempi per la riscossione del credito, aveva ormai reso improbabile il suo recupero, dal momento che la società debitrice era stata dichiarata fallita.

Per tali motivi ne chiede la condanna al risarcimento dei danni subiti a causa dell’inadempimento ai propri doveri di amministratore.

Il convenuto non si costituisce ed è dichiarato contumace.

 

La decisione del Tribunale

Il Tribunale di Torino afferma che la parte attrice non ha provato, ai sensi dell’articolo 2476 del Codice Civile “Responsabilità degli amministratori e controllo dei soci”, di avere subito alcun danno derivante dall’inosservanza del convenuto dei suoi doveri come amministratore.

Chiarisce il Tribunal, che in assenza di specifici elementi di allarme, non si ritiene necessario, prima di procedere ad una vendita, che l’amministratore debba effettuare indagini così approfondite sulla situazione economica di ogni cliente, esaminandone i bilanci con l’ausilio di professionisti di fiducia.

Inoltre, in riferimento all’omesso utilizzo di garanzie di “prassi diffusa” il Tribunale ritiene che la genericità di tale indicazione, in quanto priva di ulteriore specificazione, non permetta di valutare quale sia effettivamente la “prassi diffusa” del settore.

Dichiara, oltre a ciò, che seppur possa riscontrarsi negligenza nella mancata attivazione dell’amministratore per il recupero dei crediti, per poter considerare tale inerzia fonte di danno per la società, l’attrice avrebbe dovuto dar prova della possibile riscossione del credito al tempo del negligente operato dell’amministratore e della sopravvenuta inesigibilità dello stesso credito al momento dell’attivazione per la riscossione da parte dei legali della società.

Inoltre, secondo il Tribunale, che non è provata l’impossibilità attuale alla riscossione, in quanto la dichiarazione di fallimento della società debitrice non rende inesigibile il credito, “potendo il creditore insinuarsi nel passivo fallimentare”. Per di più, la società attrice, non avendo documentato o illustrato la situazione economica del fallimento, non ha dato prove del danno lamentato.

Per tali ragioni il Tribunale ha rigettato la domanda in quanto infondata.

La sentenza è consultabile nella banca dati della rivista Giurisprudenza delle imprese.

(Tribunale Ordinario di Torino - Sezione specializzata in materia di imprese, Sentenza 22 marzo 2017, n. 1556)