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Violenza - Cassazione Penale: non integra il reato di violenza sessuale, neppure nella forma tentata, il massaggio di sole zone non erogene per tempestiva sottrazione della persona offesa

Violenza - Cassazione Penale: non integra il reato di violenza sessuale, neppure nella forma tentata, il massaggio di sole zone non erogene per tempestiva sottrazione della persona offesa
Violenza - Cassazione Penale: non integra il reato di violenza sessuale, neppure nella forma tentata, il massaggio di sole zone non erogene per tempestiva sottrazione della persona offesa

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’idoneità e non equivocità, requisiti necessari del reato tentato, devono essere tratti da una valutazione complessiva della condotta tenuta dall’agente, non potendosi ritenere integrati da elementi alla stessa estranei.

Il caso in esame

La pronuncia della Suprema Corte trae origine dal ricorso di un medico, condannato in primo e secondo grado per plurimi reati, tentati e consumati, di cui agli articoli 609-bis del Codice Penale, per aver, nell’esercizio delle sue funzioni, costretto più donne a subire atti sessuali consistiti, tra l’altro, nel palpeggiamento e nello strusciamento del proprio organo sessuale sul fondoschiena delle stesse.

Nel ricorso, la difesa dell’imputato lamentava, tra i vari motivi, l’errata configurabilità dei reati tentati per due condotte per le quali vi era stata condanna, essendo mancati in essi il requisito della direzione non equivoca degli atti. Nel caso di specie, il sanitario era stato accusato, in due specifiche occasioni, di violenza sessuale, seppur nella forma tentata, per aver posto in essere un massaggio in zone non erogene (collo, braccia, tempie), conclusosi per azione delle persone offese, sottrattesi al massaggio.

La decisione della Suprema Corte

La Cassazione ha ritenuto il motivo di doglianza fondato, non condividendo il ragionamento dei giudici di merito nella decisione impugnata dal ricorrente.

In particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto integrata la fattispecie di reato, già degradata alla forma tentata dal giudice di prime cure, “dal fatto che la sottrazione delle due donne al massaggio avrebbe impedito all’imputato di proseguire nella abituale condotta tenuta, invece, in molteplici altre occasioni. In altri termini, quindi, pare di comprendere che la idoneità ed univocità degli atti sia stata desunta dai giudici non dalla natura o dalla direzione degli stessi, ma dal fatto che, ove il massaggio non si fosse interrotto, certamente lo stesso sarebbe proseguito con le modalità più volte poste in essere in altre analoghe occasioni dall’imputato”.

In ragione di ciò, i giudici di merito avrebbero tratto i requisiti necessari per la configurabilità del tentativo non dalla condotta in sé considerata, ma da altri elementi, alla stessa estranei. Come specificato dai giudici di legittimità, “il fatto che in tutte le restanti occasioni l’imputato abbia attuato simili condotte non prova, da un punto di vista strettamente logico, che, anche nei due casi appena ricordati, il fatto avrebbe dovuto ineluttabilmente degenerare in tal senso, solo in tal caso, infatti, potendo configurarsi l’idoneità ed univocità del massaggio a porre in essere un atto di carattere sessuale”.

Per i giudici di Cassazione, il massaggio posto in essere dall’imputato sulle proprie pazienti, terminato a seguito della sottrazione delle stesse, era da considerarsi “neutro”, in quanto interessante esclusivamente zone non erogene, dunque, non punibile neanche come delitto tentato, non potendosi ritenere integrato il reato dal fatto che in altre occasioni l’imputato aveva posto in essere condotte simili, giungendo a compiere atti sessuali.

Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rinviando per un nuovo esame sul punto alla Corte territoriale in composizione diversa dalla precedente.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 30 novembre 2016, n. 50755)

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’idoneità e non equivocità, requisiti necessari del reato tentato, devono essere tratti da una valutazione complessiva della condotta tenuta dall’agente, non potendosi ritenere integrati da elementi alla stessa estranei.

Il caso in esame

La pronuncia della Suprema Corte trae origine dal ricorso di un medico, condannato in primo e secondo grado per plurimi reati, tentati e consumati, di cui agli articoli 609-bis del Codice Penale, per aver, nell’esercizio delle sue funzioni, costretto più donne a subire atti sessuali consistiti, tra l’altro, nel palpeggiamento e nello strusciamento del proprio organo sessuale sul fondoschiena delle stesse.

Nel ricorso, la difesa dell’imputato lamentava, tra i vari motivi, l’errata configurabilità dei reati tentati per due condotte per le quali vi era stata condanna, essendo mancati in essi il requisito della direzione non equivoca degli atti. Nel caso di specie, il sanitario era stato accusato, in due specifiche occasioni, di violenza sessuale, seppur nella forma tentata, per aver posto in essere un massaggio in zone non erogene (collo, braccia, tempie), conclusosi per azione delle persone offese, sottrattesi al massaggio.

La decisione della Suprema Corte

La Cassazione ha ritenuto il motivo di doglianza fondato, non condividendo il ragionamento dei giudici di merito nella decisione impugnata dal ricorrente.

In particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto integrata la fattispecie di reato, già degradata alla forma tentata dal giudice di prime cure, “dal fatto che la sottrazione delle due donne al massaggio avrebbe impedito all’imputato di proseguire nella abituale condotta tenuta, invece, in molteplici altre occasioni. In altri termini, quindi, pare di comprendere che la idoneità ed univocità degli atti sia stata desunta dai giudici non dalla natura o dalla direzione degli stessi, ma dal fatto che, ove il massaggio non si fosse interrotto, certamente lo stesso sarebbe proseguito con le modalità più volte poste in essere in altre analoghe occasioni dall’imputato”.

In ragione di ciò, i giudici di merito avrebbero tratto i requisiti necessari per la configurabilità del tentativo non dalla condotta in sé considerata, ma da altri elementi, alla stessa estranei. Come specificato dai giudici di legittimità, “il fatto che in tutte le restanti occasioni l’imputato abbia attuato simili condotte non prova, da un punto di vista strettamente logico, che, anche nei due casi appena ricordati, il fatto avrebbe dovuto ineluttabilmente degenerare in tal senso, solo in tal caso, infatti, potendo configurarsi l’idoneità ed univocità del massaggio a porre in essere un atto di carattere sessuale”.

Per i giudici di Cassazione, il massaggio posto in essere dall’imputato sulle proprie pazienti, terminato a seguito della sottrazione delle stesse, era da considerarsi “neutro”, in quanto interessante esclusivamente zone non erogene, dunque, non punibile neanche come delitto tentato, non potendosi ritenere integrato il reato dal fatto che in altre occasioni l’imputato aveva posto in essere condotte simili, giungendo a compiere atti sessuali.

Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rinviando per un nuovo esame sul punto alla Corte territoriale in composizione diversa dalla precedente.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 30 novembre 2016, n. 50755)