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Whistleblowing: come cambiano i modelli 231

Whistleblowing: come cambiano i modelli 231
Whistleblowing: come cambiano i modelli 231

Con l’approvazione della proposta di legge A.C. n. 3365-B (“Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”), il whistleblowing (letteralmente, “soffiare nel fischietto”), istituto di origine anglosassone nato per tutelare in primis i dipendenti pubblici autori di segnalazioni di illeciti in funzione anticorruzione, troverà applicazione anche nel settore privato.

Il secondo comma della legge ha previsto, infatti, la modifica dell’articolo 6 del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, attraverso l’inserimento di tre nuovi commi. In virtù di tale riforma, rilevanti sono le novità introdotte nell’ambito della responsabilità amministrativa degli enti.

In primo luogo, i modelli di organizzazione 231 dovranno ora prevedere uno o più canali che consentano ad apicali (soggetti che “rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale”, o che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso) e sottoposti (soggetti sottoposti alla direzione o alla vigilanza degli apicali) di presentare, a tutela dell’integrità dell’ente, “segnalazioni circostanziate di condotte illecite” rilevanti ai sensi della normativa 231, “fondate su elementi di fatto precisi e concordanti”, o “di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente” di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte.

Proprio al fine di garantire effettività a questo strumento, centrali, nella normativa, sono le tutele nei confronti dei soggetti denuncianti. La legge affronta questo tema, da una parte, richiedendo la previsione, da parte dei modelli di organizzazione, di uno o più canali di segnalazione idonei a garantire la riservatezza dell’identità del segnalante; dall’altra, prevedendo il divieto di atti ritorsivi o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti nel segnalante per motivi attinenti alla segnalazione, ad eccezione dei casi di falsa segnalazione.

I modelli di organizzazione dovranno anche prevedere sanzioni disciplinari nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante o di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.

Avverso l’adozione di eventuali misure ritorsive o discriminatorie, si prevede la possibilità di sporgere denuncia all’Ispettorato nazionale del lavoro o ad una organizzazione sindacale e, in ogni caso, si stabilisce la nullità del licenziamento, del mutamento delle mansioni, nonché di qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante, con un inversione dell’onere della prova che pone in capo al datore di lavoro l’onere di dimostrare che l’irrogazione di sanzioni disciplinari o l’adozione di altra misura avente effetti pregiudizievoli nei confronti del segnalante (demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti o altra misura organizzativa aventi effetti negativi) sia fondata su ragioni estranee alla segnalazione stessa.

Il testo della legge è consultabile sul sito istituzionale della Camera dei Deputati:

Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato