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Attualità - In Italia le donne non sono valorizzate. Siamo al terzultimo posto in Europa

Attualità - In Italia le donne non sono valorizzate. Siamo al terzultimo posto in Europa
Attualità - In Italia le donne non sono valorizzate. Siamo al terzultimo posto in Europa

L’Italia non brilla, nonostante un lieve miglioramento, quanto a valorizzazione delle donne e del loro talento. È ciò che emerge dallo studio realizzato dalla Fondazione Leone Moressa per Il Sole 24 Ore. Si tratta di un vero e proprio indice europeo che tiene conto di 9 variabili riferite all’universo femminile relative a istruzione, occupazione, tasso di fecondità e possibilità di carriera.

Nonostante le varie iniziative, volte a rendere migliore la figura femminile nel mondo del lavoro, quali la legge sulle quote rosa nei consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa e la crescita delle lavoratrici negli anni della crisi, l’Italia resta al terzultimo posto in Europa nella classifica dei Paesi analizzati per capacità di valorizzare il talento femminile, seguita soltanto da Croazia e Grecia.

Dalla classifica pubblicata emerge il dominio incontrastato del nord Europa, realtà socio-politiche in cui convivono le massime possibilità per la donna di esprimersi al meglio sia in campo lavorativo che in ambito familiare, mantenendo tutele e possibilità di carriera pressoché inalterate anche in caso di matrimonio o maternità.

I paesi più virtuosi secondo l’indagine sono: Svezia, Olanda e Danimarca, mentre i peggiori si situano nella parte europea mediterranea, ricomprendendo nazioni quali Grecia, Spagna, Italia e Cipro.

In Italia le donne lavoratrici sono cresciute anche nel periodo più buio, quello che va dal 2008 al 2018, segnando un incremento di 400mila unità, fattore che ha colmato almeno in parte la perdita di lavoro maschile.

Ricordiamo che, comunque, le donne italiane partivano da un tasso di occupazione molto basso (inferiore al 50%) che, confrontato ai valori di vertice (oltre il 70% per Svezia, Danimarca e Germania) evidenzia un gap ad oggi incolmabile, frutto anche di un brusco calo demografico conseguente a diversi fattori, tra cui proprio la crisi economica.

Analizzando altri dati, risulta interessante il ricorso allo strumento del contratto part-time, che se nei paesi più virtuosi risulta una scelta volontaria e raramente obbligata, nel nostro Paese appare come una opzione involontaria e “necessaria” (circa il 57% dei casi) in quanto riferito a donne che, se potessero, opterebbero per il regime full-time.

Ad ogni modo, qualche notizia positiva c’è, e riguarda la cosiddetta «partecipazione» femminile. In Italia, infatti, si alza notevolmente il numero di donne in Parlamento, che oggi sfiora il 35,4%, e quello relativo ai ruoli di potere aziendale e delle società quotate in Borsa che, per effetto della legge Mosca, arriva al 34%, lanciando l’Italia ai primi posti della classifica europea (anche se, va detto, Svezia, Finlandia, Belgio e Francia superano quota 40%, le prime tre in campo politico, l’ultima in campo aziendale).

Ultimo dato negativo riguarda lo scarso numero di laureate italiane (19% rispetto al 34% della Francia e al 42% della Svezia) e il tasso di fertilità (1,34 figli per donna rispetto all’1,92 della Francia e all’1,85 della Svezia).

Studio realizzato dalla Fondazione Leone Moressa relativo alla valorizzazione femminile in campo europeo.