x

x

Colpa medica - Cassazione Penale: la responsabilità penale del medico dopo la legge 24/2017

Colpa medica - Cassazione Penale: la responsabilità penale del medico dopo la legge 24/2017
Colpa medica - Cassazione Penale: la responsabilità penale del medico dopo la legge 24/2017

La recente pronuncia delle Sezioni Unite chiarisce definitivamente l’interpretazione normativa del nuovo articolo 590 sexies del codice penale, così come introdotto dall’articolo 6 della legge 8 marzo 2017, numero 24, posto al centro di un lungo dibattito tra dottrina e giurisprudenza. Operando, però, una ricostruzione cronologica-giuridica del quadro in esame, occorre partire dal precedente quadro legislativo.

Difatti, il filo conduttore tra la legge Balduzzi e la successiva riforma Gelli-Bianco è rappresentato dall’articolo 3 della legge 8 novembre 2012, numero 189, laddove, in ambito penale, la materia della responsabilità del medico è stata governata dall’accertamento del nesso di causa[1] spostando l’attenzione sulla colpa.

D’altronde, il progettista Gelli (come già il suo predecessore Balduzzi) ha fra i suoi scopi principali quello di scongiurare la c.d. medicina difensiva. Sul punto, il primo comma dell’articolo 590 sexies del codice penale è privo di contenuto innovativo, visto il richiamo agli articoli 589 e 590 del codice nelle ipotesi di colpa medica trattando i reati di lesione e omicidio colposo.  Al riguardo viene dunque superata la distinzione tra i gradi di colpa, poiché il precedente quadro normativo prevedeva la punibilità del professionista solo per colpa grave nell’ipotesi in cui il medico si fosse attenuto alle linee guida.

Tanto chiarito occorre soffermarsi, però, sul secondo comma dell’articolo 590 sexies del codice penale, il quale dispone la non punibilità dell’esercente la professione sanitaria alla luce dei seguenti presupposti: la verificazione dell’evento a causa dell’imperizia, il rispetto delle linee guida e l’adeguatezza alle specificità del caso concreto delle linee guida[2]. Tali elementi, però, si annullano a vicenda.

La superiore considerazione consente la rilettura del secondo comma dell’articolo 590 sexies del codice penale nel modo seguente: il medico non risponde in ambito penale se la condotta imperita, ovvero, per colpa grave o lieve, sia stata conforme alle linee guida. Tale interpretazione si conclude con l’ovvia asserzione: se la condotta è conforme alle linee guida non può essere imperita. Sul tema, il legislatore è caduto in una contraddizione, ovvero, confonde, involontariamente, diligenza e imperizia.

Ad ogni buon conto, la quarta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza numero 28187 del 20 aprile 2017 (depositata il 7 giugno 2017), ha ritenuto l’articolo 3 della legge numero 189 dell’8 novembre 2012 (legge Balduzzi) la norma più favorevole al reo[1] rispetto all’articolo 590 sexies del codice penale introdotto dall’articolo 6 della legge numero 24 dell’8 marzo 2017 (riforma Gelli-Bianco).

Tuttavia, la successiva pronuncia, sempre della quarta sezione penale, la numero 50078 del 19 ottobre 2017 (depositata il 31 ottobre 2017) ha contraddetto il precedente orientamento e, pertanto, in data 21 dicembre 2017 le Sezioni Unite fanno chiarezza sul tema. Difatti, con l’informazione provvisoria n. 31/2017, i giudici di legittimità hanno enunciato il seguente principio in diritto: «L’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica:

- a) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da negligenza o imprudenza;

 

- b) se l’evento si è verificato per colpa (anche “lieve”) da imperizia: 1) nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione dell’atto medico quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o, in mancanza, dalle buone pratiche clinico-assistenziali; 2) nell’ipotesi di errore rimproverabile nella individuazione e nella scelta di linee-guida o di buone pratiche che non risultino adeguate alla specificità del caso concreto, fermo restando l’obbligo del medico di disapplicarle quando la specificità del caso renda necessario lo scostamento da esse;

- c) se l’evento si è verificato per colpa (soltanto “grave”) da imperizia nell’ipotesi di errore rimproverabile nell’esecuzione, quando il medico, in detta fase, abbia comunque scelto e rispettato le linee-guida o, in mancanza, le buone pratiche che risultano adeguate o adattate al caso concreto, tenuto conto altresì del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico».

Sul punto occorre riflettere in merito alla configurabilità di detto quadro normativo caso per caso, poiché troverebbe la sua collocazione per il mancato rispetto delle linee guida, ove, al contrario, in caso di osservanza delle raccomandazioni essenziali da seguire (adeguate al caso concreto) non è ipotizzabile l’imperizia nella condotta del medico.

A ben vedere, parte della dottrina estraendo dalla legge Balduzzi il famoso principio “culpa levis sine imperitia non excusat” ha qualificato l’appello alla mera imperizia, ad opera dell’articolo 590 sexies del codice penale, come eredità giurisprudenziale.

In conclusione, giova evidenziare il duplice effetto giuridico rivestito dal neo testo normativo.

 

In primo luogo, con riferimento al terzo comma dell’articolo 43 del codice penale occorre rilevare l’elemento soggettivo dell’imperizia, ove appare necessario valutare se la condotta del medico sia stata rispettosa delle linee guida adeguate alla specificità del caso concreto. Tale circostanza non impedisce, al contempo, la configurabilità del terzo comma dell’articolo 43 del codice penale, qualora le predette linee guida concernono regole di prudenza, ovvero, di diligenza nella prestazione.

Infine, il secondo aspetto rilevante attiene alla limitazione delle linee guida da impiegare nel giudizio di imperizia. In mancanza di tali elementi non potranno non avanzare e trovare campo aperto, in ambito sanitario, le buone pratiche clinico assistenziali.

In conclusione, le Sezioni Unite hanno chiarito, in via definitiva, l’ambito applicativo della previsione di non punibilità prevista dall’art. 590 sexies c.p., laddove una riformulazione del testo normativo sarebbe più oppurtuna per finalizzare una sinergia tra la giurisprudenza e il legislatore.

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Penali, Sentenza 21 dicembre 2017, n. 31)

[1] F. Antolisei, Il rapporto di causalità nel diritto penale, Torino, 1934, rist. 1960; F. Stella, Leggi scientifiche e spiegazione causale nel diritto penale, seconda edizione, Milano, 2000; M. Romano, Commentario sistematico del codice penale, Milano, 1987; M. Maiwald, Causalità e diritto penale, Milano, 1999; più in generale: K. Popper, Logica della scoperta scientifica, Torino, 1970; F. Mantovani, Diritto penale, Parte generale, Padova, 1997, p. 173.

[2] P. Piras, Imperitia sine culpa non datur. A proposito del nuovo art. 590 sexies c.p., Diritto penale contemporaneo, 1 marzo 2017; G. Iadecola, Colpa medica e causalità omissiva: nuovi criteri di accertamento, in Dir. Pen. E processo, 2003, p. 597; A. Montagni, La responsabilità penale per omissione. Il nesso causale, Padova, 2002; F. Stella, Etica e razionalità del processo penale nella recente sentenza sulla causalità delle sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione, in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, p. 767; in generale, sui rapporti tra ragionamento sul nesso di causalità e regole del giudizio; G. Canzio, Prova scientifica, ragionamento probatorio e libero convincimento del giudice nel processo penale, in Dir. pen. e processo, 2003, p. 1193.

[3] G. Fiandaca, Diritto penaleParte generale, Zannichelli Editore, Bologna, 1995; F. Mantovani, Diritto penaleParte generale, Cedam, Padova, 1997.