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Infortuni - Cassazione Penale: il responsabile della sicurezza deve assicurarsi del costante funzionamento delle misure antinfortunistiche predisposte e della loro corretta adozione da parte dei preposti e dei lavoratori

Infortuni - Cassazione Penale: il responsabile della sicurezza deve assicurarsi del costante funzionamento delle misure antinfortunistiche predisposte e della loro corretta adozione da parte dei preposti e dei lavoratori
Infortuni - Cassazione Penale: il responsabile della sicurezza deve assicurarsi del costante funzionamento delle misure antinfortunistiche predisposte e della loro corretta adozione da parte dei preposti e dei lavoratori

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il datore di lavoro, quale responsabile della sicurezza, è gravato non solo dell’obbligo di predisporre le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare continuamente la loro adozione da parte degli eventuali preposti e dei lavoratori, in quanto, in virtù della generale disposizione di cui all’articolo 2087 del Codice Civile, egli è costituito garante dell’incolumità fisica dei prestatori di lavoro. La ha stabilito Corte di Cassazione.

 

Il caso in esame

Il Tribunale aveva ritenuto il direttore di uno stabilimento e procuratore con delega in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro responsabile del reato di cui all’articolo 590, comma terzo, del Codice Penale per aver, per colpa generica e specifica delle norme in materia di sicurezza sul lavoro (articolo 64, comma primo, lett. e) Decreto Legislativo n. 81/2008), cagionato ad un lavoratore lesioni personali, verificatesi in quanto lo stesso, “dovendo porre rimedio ad un malfunzionamento del sensore di riempimento e, quindi, provvedere ad un reset di tipo manuale - con la necessità di oscurare con entrambe le mani il sensore posizionato in cima al silos - saliva su una scala a pioli e, durante la descritta operazione, perdeva l’equilibrio e cadeva a terra impattando contro il pavimento”. La Corte di Appello aveva riformato parzialmente la sentenza di primo grado, riducendo la pena irrogata.

Avverso quest’ultima decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore, deducendo mancanza e contraddittorietà della motivazione in punto di ravvisata responsabilità in capo al datore di lavoro e sussistenza del nesso di causa, nonché violazione di legge in materia di obblighi del datore di lavoro.

In particolare, il ricorrente lamentava il fatto che i giudici di merito avessero accertato che l’infortunio fosse occorso a causa del malfunzionamento del sensore di riempimento di un macchinario, che tale malfunzionamento doveva essere segnalato dagli operatori al reparto manutenzione e che, in ogni caso, l’imputato non era a conoscenza di tale inconveniente. Ciononostante, quest’ultimo era stato ritenuto responsabile per non aver assunto, di propria iniziativa, cognizione completa delle eventuali criticità presenti nel processo produttivo, omettendo una sorta di controllo dei controllori, peraltro impossibile in una struttura aziendale complessa come quella nel caso di specie.

La decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato.

In particolare, i giudici di legittimità hanno osservato che, pur non potendo attribuirsi, in via automatica, “all’organo di vertice la responsabilità per l’inosservanza della normativa di sicurezza, dovendosi sempre considerare l’effettivo contesto organizzativo e le condizioni in cui detto organo ha dovuto operare”, tuttavia, nel caso di specie, “è risultato pacificamente provato: 1. che il sensore da tempo non funzionava; 2. che la situazione era stata da tempo segnalata ai manutentori; 3. che era invalsa la prassi, per non interrompere o allungare i tempi del ciclo produttivo, dell’oscuramento manuale dello stesso, allorquando la macchina si fosse fermata; 4. che per compiere tale operazione un operaio saliva con la scala”.

Pertanto, osserva la Corte, all’interno dello stabilimento in cui era avvenuto l’infortunio, per fronteggiare l’anomalia nel funzionamento del macchinario utilizzato nel ciclo produttivo, si era diffusa una prassi assolutamente pericolosa per la salute dei lavoratori che l’imputato, direttore dello stabilimento e procuratore con delega in materia di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro, aveva colpevolmente tollerato.

Se, continua la Cassazione, “è evidente che in una struttura aziendale delle dimensioni di quella che ci occupa l’esecuzione materiale di tale gravoso compito non può essere sempre e comunque demandata personalmente al direttore dello stabilimento, ma egli, in quanto destinatario degli obblighi che la normativa ora citata gli impone, deve, se non vi provvede direttamente, premurarsi di predisporre tali controlli e verificare che gli stessi vengano poi effettivamente posti in essere, ed esigere altresì dal servizio di manutenzione a tal fine preposto una puntuale e costante informazione in ordine all’attività svolta e alle anomalie riscontrate, di talché, una volta preso atto di eventuali problemi in grado di ripercuotersi sulla sicurezza e salute dei lavoratori, possa conseguentemente dare disposizioni per eliminarli, così adempiendo all’ulteriore obbligo che la disposizione in esame gli impone (provvedere affinché "vengano eliminati, quanto più rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori”)”.

Pertanto, “il soggetto che riveste la posizione di garanzia deve dapprima impartire le necessarie indicazioni per ovviare ad eventuali criticità presenti all’interno dello stabilimento che possano compromettere la sicurezza o la salute dei dipendenti, provvedendo, in particolare, a predisporre un regolare e frequente controllo, tra le altre cose, dei macchinari e degli impianti utilizzati nella produzione, sottoponendoli quindi ad opportuna manutenzione tecnica (ad opera di personale eventualmente a ciò adibito). Tale operazione non può poi prescindere da un continuo monitoraggio, da parte del direttore-delegato, sull’operato e sull’esito di tale attività di manutenzione, non potendosene disinteressare, ed in questa fase egli è tenuto ad attivarsi personalmente e, se del caso, a sollecitare il personale dell’apposito servizio affinché gli riferisca dell’eventuale presenza di anomalie cui deve porsi rimedio, poiché solo in tal modo può efficacemente adempiere all’obbligo di eliminarle, essendo lui, e non già il personale del servizio di manutenzione, munito di delega in materia di salute e sicurezza dei lavoratori e, dunque, destinatario delle prescrizioni sopra enucleate”.

Conclusivamente, la Corte, rilevando che l’imputato, investito formalmente della posizione di garanzia, non si era posto in condizione di conoscere “non un comportamento estemporaneo di un lavoratore imprudente, ma una pericolosa prassi operativa che andava ormai avanti da tempo finalizzata a sopperire al malfunzionamento di un macchinario che la normativa gli imponeva, nella sua qualità, di far sottoporre a manutenzione tecnica”, ha rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. 

(Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 27 aprile 2018, n. 18409)