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Infortuni - Cassazione Penale: la delega di funzioni, certa e non equivoca, deve essere provata dal soggetto che la invoca

Infortuni - Cassazione Penale: la delega di funzioni, certa e non equivoca, deve essere provata dal soggetto che la invoca
Infortuni - Cassazione Penale: la delega di funzioni, certa e non equivoca, deve essere provata dal soggetto che la invoca

La Corte di Cassazione ha stabilito che, in tema di sicurezza e infortuni sul lavoro, la delega di funzioni in materia di sicurezza sul lavoro di cui all’articolo 16 del Decreto Legislativo n. 81/2008 deve essere certa, espressa e univoca ed è onere di chi la invoca provarne l’esistenza.

 

Il caso in esame

Il Giudice dell’Udienza Preliminare, all’esito di giudizio abbreviato, aveva ritenuto sussistente la penale responsabilità di due soggetti, rispettivamente datore di lavoro e direttore del cantiere, preposto dal datore di lavoro alla sicurezza del luogo, per il reato di omicidio colposo di un lavoratore, deceduto a seguito del crollo di una porzione della parete dello scavo che lo stesso era intento a visionare.

La Corte d’Appello territorialmente competente, pronunciatasi sull’impugnazione degli imputati, aveva confermato la sentenza di primo grado.

Quest’ultima decisione era stata, poi, oggetto di impugnazione con ricorso per cassazione da parte del solo datore di lavoro e di seguito annullata dalla Corte di legittimità, che ne aveva censurato l’iter logico argomentativo sull’imputazione soggettiva.

 

La Corte di Cassazione aveva, pertanto, rinviato gli atti per un nuovo giudizio al fine di chiarire il ruolo ricoperto dai due soggetti e, in particolare, l’esistenza di un formale atto di delega ai sensi dell’articolo 16 del Decreto Legislativo n. 81/2008, non risultando chiaramente se il direttore del cantiere fosse un delegato ai sensi della disposizione richiamata o un soggetto preposto alla sicurezza del cantiere da parte del datore di lavoro, “non dovendosi trascurare che […] il preposto e il datore di lavoro hanno due posizioni di garanzia distinte e concorrenti. E qualora vi siano più titolari della posizione di garanzia, ciascuno è per intero destinatario dell’obbligo di tutela impostogli dalla legge fin quando si esaurisce il rapporto che ha legittimato la costituzione della singola posizione di garanzia, per cui l’omessa applicazione di una cautela antinfortunistica è addebitabile ad ognuno dei titolari di tale posizione”.

Il giudice del rinvio, nei limiti di quanto devoluto, aveva concluso per l’assenza di una formale delega di funzioni dal datore di lavoro al coimputato. Ciò in ragione del fatto che il consulente tecnico del Pubblico Ministero, non rinvenendo alcuna delega formale, aveva chiesto alla società se esistessero deleghe in capo ai preposti, non ottenendo però alcuna risposta. Dal silenzio serbato dalla società, il giudice di merito aveva ritenuto che non vi fosse alcuna delega di funzioni e pertanto riteneva sussistente, per i fatti in causa, la penale responsabilità del datore di lavoro, “essendo soggetto dotato del potere di vigilanza e di garanzia, la cui posizione di garanzia si affiancava a quella del preposto, essendo entrambi titolari per intero dell’obbligo di tutela imposto dalla legge per cui l’omessa applicazione delle cautele antinfortunistiche era al medesimo addebitabile al pari dell’omicidio colposo conseguente alla violazione degli obblighi antinfortunistici”.

Avverso quest’ultima decisione, i difensori dell’imputato datore di lavoro avevano proposto ricorso per cassazione, lamentando l’errore in cui era incorso il giudice del rinvio nel ritenere insussistente la delega di cui all’articolo 16 del Decreto Legislativo n. 81/2008 per l’assenza di un documento scritto, posto che la disposizione richiamata non richiede la forma scritta, necessaria nel solo settore pubblico, e “l’efficacia dell’atto di delega è subordinata unicamente all’esistenza dei requisiti di certezza, precisione, specificità, giusta causa, idoneità e consenso del delegato, a prescindere dalla forma impiegata”.

 

La decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato.

Richiamando un orientamento giurisprudenziale ormai costante (a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite 14 ottobre 1992, n. 9874), la Cassazione ha precisato che: “l’individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e sull’igiene del lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto (ossia alla sua funzione formale)”.

Sotto altro profilo, la Cassazione ha ritenuto che: “in materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti ad altri soggetti a condizione che il relativo atto di delega, ex art. 16 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa, fermo restando, comunque, l’obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive”.

Quanto alla forma della delega, la Corte ha precisato che: “l’efficacia devolutiva della delega di funzioni è subordinata all’esistenza di un atto traslativo dei compiti connessi alla posizione di garanzia del titolare, che sia connotato dai requisiti della chiarezza e della certezza, i quali possono sussistere a prescindere dalla forma impiegata, non essendo richiesta per la sua validità la forma scritta né ad substantiamad probationem”.

A giudizio della Corte di Cassazione, il ricorrente era incorso in un evidente equivoco, dato che la Corte d’Appello non aveva escluso l’esistenza di una delega di funzioni per l’assenza di un atto di delega avente forma scritta, ma aveva escluso il conferimento della stessa perché non provata in alcun modo e, dunque, non esistente.

Con riferimento a quest’ultimo punto, la Corte ha ricordato che: “la prova del fatto costituente reato deve essere fornita dalla pubblica accusa, mentre la delega di funzioni, trattandosi di una causa di esclusione di responsabilità, deve essere dimostrata da chi l’allega”.

Pertanto, la Suprema Corte, nel rigettare il ricorso proposto, ha affermato il seguente principio di diritto: “è onere di colui il quale invoca la delega di funzioni, la prova rigorosa della sua esistenza a prescindere da un atto formale scritto di delega”.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 28 marzo 2018, n. 14352)