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Pedopornografia - Cassazione Penale: è responsabile il soggetto che obbliga il minore a realizzare foto erotiche sotto la minaccia di violenza

Pedopornografia - Cassazione Penale: è responsabile il soggetto che obbliga il minore a realizzare foto erotiche sotto la minaccia di violenza
Pedopornografia - Cassazione Penale: è responsabile il soggetto che obbliga il minore a realizzare foto erotiche sotto la minaccia di violenza

La Corte di Cassazione ha stabilito che risponde del reato di pornografia minorile di cui all’articolo 600-ter, comma 1, n. 2, del Codice Penale il soggetto che abbia costretto, con violenza o minaccia, un minore a scattarsi selfie erotici.

 

Il caso in esame

La Corte d’appello, sezione distaccata per i Minorenni, aveva confermato la sentenza del Tribunale per i Minorenni che aveva ritenuto sussistente la penale responsabilità di un soggetto, accusato del reato di cui all’articolo 600-ter, comma 1, n. 2, del Codice Penale, perché “con minaccia di percosse, si procurava, facendosele inviare sul telefono cellulare intestato alla propria madre, svariate fotografie che ritraevano la sua ex fidanzata minorenne, di anni quattordici all’epoca dei fatti, che la ritraevano nuda nella regione pubica”, condannandolo alla pena di anni tre di reclusione ed euro 18.000 di multa.

Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio difensore, proponeva ricorso per Cassazione, deducendo vizio di motivazione in relazione all’affermazione della penale responsabilità in ordine al delitto di cui all’articolo 600-ter del Codice Penale in ragione del fatto che il materiale pornografico era stato autoprodotto dalla minoreladdove la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che è necessario, per la configurazione del reato di pornografia minorile, che il soggetto che produce il materiale sia diverso dal minore oggetto della raffigurazione”. Inoltre, non sussisteva alcuna prova in ordine alla potenziale diffusività del materiale pornografico.

 

La decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto esente da censure l’impugnata decisione, essendo emerso dall’istruttoria svolta che la minore aveva inviato all’imputato 24 fotografie dalla medesima prodotte che la ritraevano nelle parti intime o nel compiere atti di autoerotismo, in quanto dallo stesso minacciata di subire atti di violenza fisica.

Dalle risultanze probatorie era ulteriormente emerso l’esistenza, tra l’imputato e la persona offesa, di una relazione caratterizzata da una prevaricazione violenta del prevenuto sulla minore, accompagnata da una soggezione psicologica di quest’ultima verso i comportamenti violenti del partner.

Da ciò discendeva l’assenza di qualsiasi consenso scriminante della persona offesa e, al contrario, la sussistenza della condotta induttiva punita dal primo comma dell’articolo 600-ter del Codice Penale.

Con riferimento al pericolo di diffusione del materiale così ottenuto, i giudici di legittimità hanno ritenuto che lo stesso era da ritenersi sussistente essendo stata accertata la trasmissione delle fotografie ad un terzo per mezzo del social network Facebook, attività di per sé idonea ad alimentare il mercato del materiale pedopornografico.

Per queste ragioni, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile.

(Corte di Cassazione – Sezione Terza Penale, Sentenza 28 agosto 2018, 39039)