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Truffa - Cassazione Penale: valida la querela sporta dal truffato anche se la condotta ha danneggiato un terzo

frodi aziendali
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La Corte di Cassazione ha stabilito che, in relazione al reato di truffa, legittimati a proporre querela sono sia il soggetto materialmente raggirato e privato del bene, sia colui che ha patito il danno patrimoniale, ovvero colui che vanta il diritto di proprietà sul bene appreso illecitamente. È, pertanto, valida la querela proposta dall’addetto alle casse di un esercizio commerciale, anche se la condotta ha cagionato un danno al solo patrimonio del gestore dello stesso.

 

Il caso in esame 

Tre soggetti erano stati condannati alla pena di anni uno di reclusione ed euro 300 di multa in relazione al reato di truffa, per aver pagato del carburante per auto con banconote false. 

Avverso la sentenza di condanna emessa dalla Corte d’appello territorialmente competente, gli imputati avevano proposto ricorso per cassazione, deducendo la mancanza della condizione di procedibilità, in quanto la querela era stata proposta dall’addetto alle casse della stazione di servizio e non dal gestore della stessa, soggetto che aveva effettivamente patito un danno patrimoniale e, per tale ragione, era l’unico legittimato a proporre querela.

 

La decisione della Suprema Corte 

La Cassazione ha ritenuto i ricorsi infondati

In particolare, i giudici di legittimità hanno richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale, al fine di individuare i soggetti legittimati a proporre querela per il delitto di truffa, è necessario far riferimento al concetto di “possesso” del bene, inteso come relazione di fatto con il bene alla cui apprensione è funzionale la condotta illecita, “possesso” che si configura anche in assenza di un titolo giuridico

Secondo la Corte, “tale qualificata relazione di fatto può assumere diverse sfumature, che comprendono senz’altro il potere di custodire, gestire, alienare il bene. Essa, dunque, si attaglia senz’altro alla figura del responsabile dell’esercizio commerciale che, conseguentemente, vede vulnerati i propri poteri sul bene; ed è perciò persona offesa, legittimata alla proposizione della querela”. 

Il concetto di possesso penalistico, inteso come stretta relazione tra la cosa illecitamente appresa e la persona che patisce l’azione fraudolenta, indipendentemente dall’esistenza di un titolo di rilevanza civilistica, determina l’identificazione del soggetto materialmente raggirato come persona offesa del reato, con conseguente diritto di proporre querela, anche se la condotta illecita incide nella sfera patrimoniale di un terzo. 

Per tali ragioni, i giudici hanno rilevato come del tutto correttamente la Corte territoriale avesse ritenuto sussistente il diritto di proporre querela in capo all’addetto alle casse dell’esercizio commerciale, destinatario dell’azione fraudolenta posta in essere dagli imputati. 

La Corte di Cassazione ha, pertanto, rigettato i ricorsi proposti dagli imputati, enunciando in sentenza il seguente principio di diritto: “quando si procede per truffa, la titolarità del diritto di querela spetta sia al soggetto raggirato e materialmente defraudato del bene alla cui apprensione era diretta la condotta illecita, sia al soggetto che ha patito il danno patrimoniale, ovvero colui che vanta il diritto di proprietà sul bene appreso illecitamente, essendo possibile la coesistenza di più soggetti passivi di un medesimo reato”. 

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Penale, Sentenza 26 settembre 2018, n. 41785)