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Videosorveglianza - Cassazione Penale: i profili penali derivanti dalla violazione del divieto di controllo a distanza dei lavoratori effettuato mediante telecamere

Videosorveglianza e condominio
Videosorveglianza e condominio

Il caso riguarda il titolare di una ditta individuale di vendita al dettaglio che aveva installato impianti di videoripresa posizionati in modo tale da riprendere i propri dipendenti durante l’orario di lavoro.

Il personale ispettivo che ha effettuato l’accertamento, ha contestato al datore di lavoro il reato di cui agli articoli 4, comma II e 38 dello Statuto dei Lavoratori, per non aver stipulato l’accordo con la RSU prima dell’installazione del sistema di videosorveglianza, e agli articoli 114 e 171 del Decreto Legislativo n.196/2003 (“Codice Privacy”), in forza della continuità normativa tra l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori e l’articolo 171 del Codice Privacy (“La violazione delle disposizioni di cui all’articolo 113 e all’articolo 4, primo e secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, è punita con le sanzioni di cui all’articolo 38 della legge n. 300 del 1970”).

In occasione del citato accertamento, il personale ispettivo, contestualmente all’emissione del verbale di contestazione, impartiva al datore di lavoro una specifica prescrizione volta ad eliminare la violazione entro un preciso termine, ai sensi dell’articolo 20 del Decreto Legislativo n.758/1994 (“Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro”, di seguito “Decreto”).

Il Decreto prevede una disciplina specifica per i reati in materia di lavoro puniti con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, in forza della quale: (i) l’avvenuto adempimento della prescrizione da parte del datore di lavoro, (ii) la successiva verifica positiva dell’organo di vigilanza (ai sensi dell’articolo 21, comma I del Decreto) e (iii) il pagamento della somma pari al quarto del massimo dell’ammenda prevista per la violazione (articolo 21, comma II del Decreto), determinano l’estinzione del reato ai sensi dell’articolo 24 del Decreto.

Nel caso di specie, il Tribunale di Siracusa ha dichiarato estinto il reato contestato al datore di lavoro avendo questi adempiuto alla prescrizione e al pagamento dell’ammenda.

Il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa si fondava sul fatto che: “[…] Il giudice di prime cure avrebbe omesso di considerare innanzitutto che il combinato disposto derivante dalle due norme citate – articoli 19 e 24 del Decreto – si applica solo alle violazioni inerenti i reati in materia di sicurezza ed igiene sul lavoro puniti con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda. In secondo luogo non avrebbe tenuto conto che il reato contestato al C.W., riguardando non l’aspetto antinfortunistico e produttivo, bensì la tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà e attività sindacale nei luoghi di lavoro è sottratto alla procedura di estinzione del reato disciplinata dagli art. 19 e 24 del citato decreto”.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, motivando la propria decisione in tal senso: “Va premesso che il D. Lgs. n. 124 del 23 aprile 2004 (“Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell’articolo 8 della legge 14 febbraio 2003, n. 30”), pur lasciando inalterata la struttura originaria della prescrizione prevista dagli artt. 20 e ss del D. Lgs. n. 758 del 1994, ne ha esteso l’ambito di applicazione a tutte le ipotesi di reato previste dalle leggi in materia di lavoro e legislazione sociale in cui sia prevista la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda ovvero soltanto l’ammenda. Il testo dell’art. 15 comma 1 del D. Lgs 124 del 2004 difatti, rubricato “Prescrizione obbligatoria”, così dispone: “in materia di lavoro e legislazione sociale la cui applicazione è affidata alla vigilanza della direzione provinciale del lavoro, qualora il personale ispettivo rilevi violazioni di carattere penale, punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda ovvero con la sola ammenda, impartisce al contravventore una apposita prescrizione obbligatoria ai sensi degli articoli 20 e 21 del D. Lgs. n. 758 del 1994 e per gli effetti degli artt. 23, 24 e 25 comma 1 dello stesso decreto”, pertanto – prosegue la Corte – “[…] La disciplina dell’estinzione in via amministrativa trova dunque applicazione - e particolare favore - anche nel vigente assetto normativo, tanto che deve ritenersi che la procedura di estinzione prevista dagli artt. 20 e segg. D.Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758 trovi applicazione anche quando trattisi di reati istantanei già perfezionatisi o di già avvenuta, spontanea regolarizzazione delle pregresse violazioni, come già precisato dalla giurisprudenza ( in tal senso Sez.3, n. 34900 del 6/6/2007, P.M. in proc. Loi, Rv. 237198)”.

(Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, Sentenza 24 agosto 2018 n. 38884)