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Porto ingiustificato di strumento atto ad offendere (coltello a serramanico): se negligente, non è punibile per particolare tenuità del fatto

Esame del caso concreto e riconducibilità alla causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto
Tenuità del fatto
Tenuità del fatto

Indice:

1. Il coltello a serramanico e la particolare tenuità del fatto

2. La soluzione della Cassazione che giudica il fatto non punibile per particolare tenuità

3. Conclusioni ed osservazioni giuridiche sulla particolare tenuità del fatto

 

1. Il coltello a serramanico e la particolare tenuità del fatto

Contro la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Caltagirone, che aveva condannato l’imputato per aver portato fuori dalla propria abitazione un coltello a serramanico, contravvenendo al divieto punito dall’articolo 4 Legge 110/75, ricorre il difensore per saltum, lamentando (nella parte che a noi qui interessa), il mancato proscioglimento per particolare tenuità del fatto ex articolo 131 bis Codice Penale.

Nell’impugnazione viene indicato che il Giudice aveva sottolineato come la condotta fosse di non particolare gravità, ed anzi riconducibile a mera negligenza, senza però prosciogliere l’imputato.

 

2. La soluzione della Cassazione che giudica il fatto non punibile per particolare tenuità

La Suprema Corte (Sezione I Penale, Sentenza 09/07/2019, n. 35387) condivide il motivo di gravame, ritenendo contradditoria la motivazione della sentenza del Tribunale.

Viene dapprima ribadita la ratio giuridica della recente introduzione nel codice penale di questo istituto, ossia codificare “una causa di esclusione della punibilità, giustificata alla stregua dei principi di proporzione e di extrema ratio del ricorso alla sanzione penale, finalizzata a escludere dal circuito penale fatti che, proprio in quanto bagatellari, si palesano, in concreto, non meritevoli del ricorso alla pena”.

La Corte poi elenca quelli che sono i tre canoni da utilizzare per individuare un fatto di lieve entità, così come indicati dal legislatore. Essi sono:

- le modalità della condotta

- l’esiguità del danno o del pericolo

- il grado della colpevolezza (se si parla di reati puniti a titolo di colpa, facendo riferimento la norma alle valutazioni ex articolo 133 Codice Penale).

Oltre a questo, si deve valutare la non abitualità del comportamento, elemento che la sentenza in commento individua con una valutazione nei seguenti termini: la non abitualità va intesa come assenza “di comportamenti “seriali”, concretizzatisi in “più reati della stessa indole”, eventualmente commessi anche successivamente a quello per cui si proceda ed in ipotesi ancora sub iudice (Sez. 5, n. 26813 del 10/2/2016, Grosoli, Rv. 267262; Sez. 2, n. 23020 del 10/5/2016, P., Rv. 267040)”.

Ed è proprio su questo punto e su questa valutazione che la Cassazione arriva alla conclusione di annullare senza rinvio la sentenza impugnata, alla luce dell’incensuratezza dell’imputato (che pertanto esclude l’abitualità), unitamente ad una condotta pacificamente di mera negligenza.

 

3. Conclusioni ed osservazioni giuridiche sulla particolare tenuità del fatto

Questa recente pronuncia della I sezione penale offre un’occasione per approfondire la natura della non punibilità del fatto per lieve entità, le sue condizioni, i suoi limiti.

Innanzitutto, l’introduzione nel codice di questo istituto, come noto, è avvenuta con il Decreto Legislativo 28/2015, quindi di epoca recente. Questa modifica si pone in una logica deflattiva, e cioè di escludere la punibilità per tutti quegli episodi costituenti reato che per la tenuità offensiva renderebbero sproporzionata una condanna.

L’istituto prevede dei limiti e delle condizioni per la sua applicabilità.

Uno è di natura formale, e cioè l’esclusione di tutti quei reati superiori nel massimo a cinque anni di pena detentiva, ed inoltre per ogni reato commesso con le aggravanti di cui al secondo comma, ossia la presenza di motivi abietti e futili, crudeltà, ed altri, oltre al caso di morte o lesioni gravissime quali conseguenze (non volute, ovviamente) della condotta.

Ben più complicato, come si può osservare dalla lettura delle motivazioni della sentenza in commento, è spiegare in astratto e poi nei casi di specie, le restanti condizioni.

Come la I Sezione motiva, vi sono tre criteri individuati dal legislatore.

Per modalità della condotta, possiamo intendere un comportamento in sé inidoneo a dimostrare una propensione alla commissione di reati, come ad esempio nel caso di specie, trattandosi di comportamento riconducibile a mera negligenza.

Per esiguità del danno o della condotta si deve far riferimento ad un comportamento che, secondo un principio di proporzionalità e ragionevolezza, non abbia creato un particolare pregiudizio all’ordinamento ed alla eventuale persona offesa.

Questi due elementi devono essere valutati dal giudice con i criteri dell’articolo 133 Codice Penale.

Logicamente tutto ciò porta ad un giudizio discrezionale, difficilmente inquadrabile in termini assoluti, e soggetto a specifiche valutazioni per ogni singolo caso.

Dalla lettura del primo comma dell’articolo 131 bis Codice Penale, e come anche sostenuto da dottrina, questi criteri sommati tra loro, generano la “particolare tenuità dell’offesa”. Pertanto essi dovranno necessariamente coesistere, e quindi non potranno essere alternativi tra loro. Come già detto, il fatto di particolare tenuità da solo non basta ad escludere la punibilità, se non vi è anche la prova della non abitualità del comportamento.

L’articolo 131 bis prevede una forma di automatismo sull’esclusione della non abitualità, ossia quelle ipotesi elencate nel terzo comma, vale a dire la dichiarazione di delinquenza abituale, professionale, per tendenza, ed anche in caso di commissione di più reati della stessa indole (anche se considerati nella loro singolarità di lieve entità), e di reati con condotte plurime.

Tuttavia questa elencazione non è esaustiva.

Si è detto in dottrina e in giurisprudenza di merito (per il vero trattandosi di recente novella, non si può parlare di orientamenti consolidati) che la non abitualità sia una categoria autonoma da altri istituti, che supera nozioni legali quali recidiva ed abitualità, riferendosi alla serialità del comportamento da un punto di vista puramente fattuale.

Così ad esempio, si è detto che tra gli elementi da tenere in considerazione per valutare l’eventuale abitualità, vi è anche il comportamento successivo ai fatti, quale ad esempio l’aver eliminato le conseguenze del reato (Cassazione sez. III, 29.01.2018, n. 4123).

Altresì, la non abitualità non può essere esclusa a priori in caso di diverse precedenti condanne, essendo comunque necessaria una attenta valutazione da parte del giudice sui possibili caratteri comuni tra queste.

Pertanto, in conclusione, appare certamente complesso fornire una assoluta definizione di non abitualità del comportamento, rimandando quindi ogni valutazioni ai singoli episodi.

Letture consigliate:

Trattato di diritto penale – Riforme 2008-2015, Cadoppi, Canestrati, Manna, Papa, Utet Giudica 2015.

La sanzione penale: pene e misure di sicurezza, Bonadio, Sanvito, Giuffrè 2019.