x

x

Quali conseguenze per la nuova Direttiva comunitaria sul whistleblowing?

whistleblowing
whistleblowing

Abstract

Il 7 Ottobre 2019 dopo un dibattito durato oltre 5 anni, diretto all’introduzione e/o all’armonizzazione della disciplina del whistleblowing all’interno dell’UE, è stata approvata dal Consiglio dell’Unione europea la prima Direttiva comunitaria per la “Protezione degli individui che segnalano violazioni delle norme comunitarie”. Ad oggi, solo 10 Stati (tra cui l’Italia) prevedevano una regolamentazione in materia. Infine, gli Stati membri avranno una finestra temporale di due anni per recepire le disposizioni minime ivi contenute.

 

Indice:

1. Le caratteristiche della norma

2. I punti salienti, per la nostra normativa, della Direttiva UE

2.1 Ambito di applicazione

2.2 Maggior numero di profili protetti

2.3 Gerarchia dei canali di segnalazione

2.4 Obbligo di creazione di canali di segnalazione all’interno delle società/amministrazioni

2.5 Misure di sostegno e di protezione degli informatori

2.6 Ulteriori curiosità

 

1. Le caratteristiche della norma

Nel 2019 l’UE ha deciso di introdurre in tutto il territorio europeo una disciplina di tutela del whistleblower, inteso giuridicamente come la persona fisica che segnala o divulga informazioni sulle violazioni acquisite nell’ambito delle sue attività professionali.

La Direttiva mira in particolare a garantire un alto livello di protezione per gli informatori, imponendo da una parte la creazione di canali sicuri per effettuare le segnalazioni sia all’interno di un’organizzazione – privata o pubblica – che alle autorità pubbliche; dall’altra, proteggendo gli informatori contro le ritorsioni.

Inoltre, misure accessorie obbligano le autorità nazionali a informare adeguatamente i cittadini e ad impartire ai funzionari pubblici una formazione su come trattare le segnalazioni.

In tal senso vanno lette le dichiarazioni della ministra della giustizia finlandese Anna-Maja Henriksson: “L’UE è determinata ad assicurare il buon funzionamento di un sistema democratico basato sullo Stato di diritto. Si tratta pertanto di garantire un livello di protezione elevato in tutta l’Unione agli informatori che hanno il coraggio di parlare apertamente. Nessuno dovrebbe rischiare la propria reputazione o il proprio lavoro per denunciare un comportamento illegale”.

Caratteristica da sottolineare è la trasversalità.

La Direttiva mira alla protezione dell’informatore, non in un unico ambito, ma in molteplici settori, tra cui gli appalti pubblici, i servizi finanziari, il riciclaggio di denaro, la sicurezza dei prodotti e dei trasporti, la sicurezza nucleare, la salute pubblica, la protezione dei consumatori e dei dati.

Ad oggi, considerato l’intero territorio europeo, solo il settore dei servizi finanziari presentava una normativa sufficiente.

Fatto salvo quanto esposto sopra, si evidenzia che nel rispetto del principio di sussidiarietà, l’UE può intervenire in settori non di sua competenza esclusiva solo e solamente nella misura in cui “gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati Membri e possono essere meglio realizzati a livello sovrannazionale per questo la Direttiva si riferisce esclusivamente alle violazioni del diritto dell’Unione Europea, come l’attività illecita e l’abuso di diritto, e non legifera su ulteriori settori di cui la competenza normativa rimane nazionale.

Dal punto vista tecnico si tratta di una Direttiva di armonizzazione minima, con la quale le regole europee non saranno immediatamente efficaci e vincolanti. Gli Stati membri dovranno provvedere, con una propria legge di attuazione, ad adottare gli standard minimi di tutela fissati dalla normativa europea. Ciò comporterà un’introduzione della disciplina per quei Paesi in cui risulta assente, mentre gli Stati aventi già una propria regolamentazione dovranno dapprima verificarne la compatibilità e in seguito provvedere ad un eventuale aggiornamento normativo.

In Italia la materia è già disciplinata dalla legge n. 179 del 2017, in relazione alla quale, nel corso dell’articolo, si cercherà di individuare gli eventuali elementi di conflitto e, di conseguenza, l’impatto complessivo che avrà la normativa europea sulla nostra legislazione.

 

2. I punti salienti, per la nostra normativa, della Direttiva UE

2.1 Ambito di applicazione

All’articolo 2, paragrafo 1, voce a), della Direttiva, non si fa una distinzione per natura del soggetto, ma per settori specifici, lasciando agli Stati Membri la possibilità di estendere tale campo di applicazione, al fine di raggiungere un’uniformità non solo normativa ma anche settoriale. Ciò che più interessa sottolineare è una differenza rispetto alla normativa italiana, in cui attualmente le condotte oggetto di segnalazione sono riferibili solo al settore privato, rilevanti ai fini del modello 231, mentre per il settore pubblico le violazioni conosciute nell’ambito del rapporto lavorativo.  

Infine, al paragrafo 2, viene evidenziato come “la presente direttiva non pregiudica il potere degli Stati membri di estendere la protezione prevista dal diritto nazionale relativamente a settori o atti non contemplati dal paragrafo 1”. 

 

2.2 Maggior numero di profili protetti

La Direttiva all’articolo 4 introduce una serie numerosa di profili protetti dalle nuove norme.

In via generale, si tratta di soggetti che potrebbero acquisire informazioni sulle violazioni in un contesto lavorativo, ad esempio i lavoratori dipendenti, compresi funzionari pubblici a livello nazionale/locale, volontari e tirocinanti (retribuiti e no), membri senza incarichi esecutivi, azionisti, e così via, compresi tutti i terzi connessi alle persone segnalanti, tra cui parenti e facilitatori.

In questo caso rileviamo un impatto significativo sulla normativa italiana, nella quale mancano totalmente come soggetti tutelati gli azionisti delle società, i soggetti che assistono i whistleblower, gli ex dipendenti e coloro i quali hanno conosciuto gli illeciti in fase di selezione, fra cui rientrano i già citati stagisti.

 

2.3 Gerarchia dei canali di segnalazione

All’articolo 7 paragrafo 2, la Direttiva stabilisce una gerarchia dei canali di segnalazione, incoraggiando “le segnalazioni mediante canali di segnalazione interni prima di effettuare segnalazioni mediante canali di segnalazione esterni, laddove la violazione possa essere affrontata efficacemente a livello interno e la persona segnalante ritenga che non sussista il rischio di ritorsioni”.

In sintesi, gli informatori sono incoraggiati a usare prima di tutto i canali interni alla loro organizzazione per poi ricorrere a quelli esterni che le autorità pubbliche sono tenute a istituire. Tuttavia, è importante precisare che gli informatori non perderanno la protezione qualora decidano di ricorrere in primo luogo ai canali esterni. 

 

2.4 Obbligo di creazione di canali di segnalazione all’interno delle società/amministrazioni

Con l’articolo 8, la Direttiva stabilisce l’obbligo di creare canali di segnalazione efficaci ed efficienti in società o amministrazioni con oltre 50 dipendenti o comuni di più di 10000 abitanti, al fine di incentivare lo sviluppo di una cultura pubblica e/o aziendale sana.

Tuttavia, ciò che più interessa rilevare è che l’impatto significativo di tale articolo, con la nostra normativa, infatti riprendendo quanto già detto al primo punto, attualmente le regole sul whistleblowing si applicano nel settore privato, esclusivamente alle imprese che hanno adottato il modello organizzativo 231, non a tutte le società con almeno 50 dipendenti.

Nel settore pubblico invece si applica senza distinzioni, anche se la Direttiva lascia la possibilità agli Stati Membri di “esentare dall’obbligo i comuni con meno di 10000 abitanti, o meno di 50 lavoratori, o altri soggetti con meno di 50 lavoratori”.

 

2.5 Misure di sostegno e di protezione degli informatori

Effettuando una sintesi degli articoli 19, 20 e 21, del testo normativo analizzato, vengono introdotte un notevole numero di misure di sostegno e di protezione degli informatori, volte a garantire la protezione degli informatori dalle ritorsioni, quali la sospensione, la retrocessione e l’intimidazione. Anche coloro che assistono gli informatori, come colleghi e parenti, sono protetti. Aggiungendo al nostro ordinamento, strumenti di tutela come la riassunzione provvisoria, l’assistenza legale e finanziaria oppure l’accesso gratuito a informazioni per la tutela.

 

2.6 Ulteriori curiosità

In ambito italiano le segnalazioni anonime sono ammesse solo nel settore privato, mentre nel settore pubblico si presuppone l’identificazione del soggetto segnalante. Tuttavia, nell’articolo 6 al paragrafo 2, la Direttiva europea ammette l’anonimato, pur lasciando agli stati membri la facoltà “di decidere se i soggetti giuridici del settore pubblico o del settore privato e le autorità competenti debbano accettare le segnalazioni anonime di violazioni e darvi seguito”.

In ambito tributario, la tax whistleblowing, termine col quale si riferisce all’utilizzo d’informazioni per il contrasto dell’evasione (intesa in senso lato), potrebbe avere impatti ancora più rilevanti. Difatti i professionisti come avvocati, commercialisti o tributaristi, o più in generale qualsiasi voglia intermediario, dovranno segnalare all’amministrazione tributaria eventuali “progetti” o contratti con cui il cliente intende eludere o evadere il sistema tributario.

Infine, si menziona che punto comune tra la Direttiva esaminata e la Legge Italiana, nonché punto fondamentale di tutta la materia sulla tutela dei segnalatori, riguarda esclusivamente la protezione per le informazioni acquisite in modo lecito.

Mentre per le segnalazioni false l’articolo 23 al paragrafo 2 della Direttiva dispone “Gli Stati membri prevedono sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive applicabili alle persone segnalanti per le quali sia accertato che hanno scientemente effettuato segnalazioni o divulgazioni pubbliche false. Gli Stati membri prevedono anche misure per il risarcimento dei danni derivanti da tali segnalazioni o divulgazioni conformemente al diritto nazionale”.