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Art. 1623 CC. Affitto d’azienda e lodo arbitrale

Brevissime note intorno alla Ordinanza n. 5122 del 2018 della Corte di cassazione
Notte a Comacchio
Ph. Luca Martini / Notte a Comacchio

Art. 1623 CC. Affitto d’azienda e lodo arbitrale

Brevissime note intorno alla Ordinanza n. 5122 del 2018 della Corte di cassazione

SOMMARIO:

Riassunto/Abstract; 1. Il caso; 2. Il dato normativo; 3. La dottrina in pillole; 4. Il concetto di “provvedimento dell’autorità”: il lodo arbitrale; 5. Il principio di diritto.

Riassunto

Scopo del contributo è quello di esaminare l’art. 1623 cc. a mezzo di una significativa pronuncia

Abstract

The main aim of this research is to sum up the most important principles of a new judgement concerning the article 1623 of the Italian civil code.

 

1.Il caso

“[…] la Corte d’appello di Firenze ha dichiarato inammissibili le contrapposte impugnazioni di nullità proposte dalle parti avverso il lodo pronunciato dal collegio arbitrale, nel giudizio promosso da XXX srl contro XXX srl, per la riduzione (ex art. 1623 cod. civ.) dei canoni variabili, così com’erano previsti dal contratto di affitto di azienda sottoscritto inter partes in data XXX: in dipendenza della sopravvenuta richiesta da parte dell'ente proprietario della strada (XXX), a cui accedevano gli impianti costituenti l'azienda affittata oggetto della sua autorizzazione, era stato richiesto il pagamento delle royalties, già ricadenti nell'accordo con l'affittante XXX, ma in un primo tempo non pretese e solo successivamente, in data XXX, richieste in pagamento all'affittuaria XXX.

Secondo la Corte territoriale […] gli arbitri non avevano errato:

a) né nel quantificare la riduzione dei canoni variabili dovuti da XXX, in ragione del riequilibrio tra le parti del contratto di affitto di azienda, poiché il dispositivo della pronuncia arbitrale non sarebbe stata affatto indeterminato, così come dedotto da XXX;

b) né nell'incorrere in una pretesa, ma inesistente, omessa pronuncia sulla questione pregiudiziale relativa alla validità del provvedimento autoritativo dell'[…], che aveva imposto il pagamento delle royalties nella misura richiesta con una nota del 2010, in misura anche maggiore rispetto a quella concordata con l'affittante nel corso del 2006 […];

c) né, infine, nel fissare la decorrenza del riequilibrio contrattuale dalla data della domanda giudiziale proposta da XXX, piuttosto che dal momento della applicabilità dell'obbligo di pagamento di quelle royalties all'XXX, come da richiesta dell'affittuaria.

Avverso tale decisione, ha proposto ricorso principale per cassazione la società XXX, con due mezzi, illustrati anche con memoria, contro cui ha resistito XXX con controricorso.

 A sua volta quest'ultima ha proposto ricorso incidentale per cassazione, affidato ad un unico mezzo, illustrato anche con memoria, contro cui ha resistito, con controricorso, XXX […].
 

2.Il dato normativo

Art. 1623 cc.

Rubrica  ® Modificazioni sopravvenute del rapporto contrattuale”,

Testo ® “se, in conseguenza di una disposizione di legge, di una norma corporativa o di un provvedimento dell’autorità riguardanti la gestione produttiva, il rapporto contrattuale risulta notevolmente modificato in modo che le parti ne risentano rispettivamente una perdita e un vantaggio, può essere richiesto un aumento o una diminuzione del fitto, ovvero, secondo le circostanze, lo scioglimento del contratto. Sono salve le diverse disposizioni della legge, della norma corporativa o del provvedimento dell’autorità”.
 

3.La dottrina in pillole

Prima di esaminare le principali questioni affrontate dalla pronuncia, appare opportuno risolvere un preliminare quesito: l’art. 1623 cc. è applicabile al contratto d’affitto d’azienda? La risposta contiene in sé un ulteriore sotto-quesito: qual è la disciplina del contratto d’affitto d’azienda? Ebbene, occorre prima risolvere questo secondo rebus e poi verrà naturale offrire una risposta alla prima domanda. Al riguardo preme subito chiarire che la dottrina e la giurisprudenza si sono spesso interrogate in ordine alla più corretta regolamentazione normativa da applicare al contratto di che trattasi. Il primo parallelismo che è balzato all’occhio è quello tra contratto d’affitto d’azienda e locazione d’immobile cd. commerciale. Tanto nell’uno quanto nell’altro caso si è al cospetto di un contratto consensuale e ad effetti obbligatori, caratterizzato dalla cd. “temporanea concessione in godimento di un bene dietro pagamento di una somma”. Il tratto differenziale viene comunemente individuato (dai tanti Autori che si sono occupati della tematica) nelle caratteristiche possedute dall’oggetto del contratto. In altre parole, il contratto d’affitto d’azienda, come insegna lo stesso artt. 2555 cc., avrà ad oggetto un complesso organizzato di beni; il contratto di locazione di immobile commerciale, per contro, avrà ad oggetto un singolo bene. Qualificato in questi termini il contratto, occorre chiarire che, salve incompatibilità, al contratto d’affitto d’azienda si applica la disciplina del contratto d’affitto. Più nel dettaglio, la prassi notarile ritiene applicabili al contratto d’affitto d’azienda, tra le altre, le seguenti norme: artt.1616, 1623 e 1626 del c.c. Ne discende l’inesistenza di ostacolo all’applicazione della disciplina di cui all’art. 1623 cc. al contratto che qui interessa.
 

4.Il concetto di “provvedimento dell’autorità”: il lodo arbitrale

Cosa si intende per “provvedimento dell’autorità” ai sensi dell’art. 1623 cc.?

Certamente, come è precedentemente emerso a mezzo della lettura del primo §, il lodo arbitrale rientra nell’ambito della norma in esame. Pur tuttavia, alla Corte è apparso opportuno soffermare l’attenzione sul contenuto del lodo, utile ai fini di un riequilibrio di un contratto che si manifesta come eccessivamente sbilanciato a netto svantaggio di una parte e ad altrettanto netto vantaggio dell’altra.

La Corte ha preliminarmente chiarito che: “[…]la portata precettiva di una pronuncia giurisdizionale va individuata, in linea generale, tenendo conto non soltanto delle statuizioni formalmente contenute nel dispositivo, ma anche delle enunciazioni inserite nella motivazione che si risolvano nello accertamento ex professo dell'esistenza o inesistenza di un diritto o di una situazione giuridica oggetto della controversia, talché la potestas decidendi sul punto controverso debba considerarsi completamente esercitata (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5796 del 1982) […]”.

Più precisamente, nel provvedimento di che trattasi è stato sottolineato che: “[…] in tema di arbitrato, quando un lodo contenga un dispositivo di condanna che, per la determinazione del quantum debeatur rinvii alla motivazione, la quale a sua volta rinvii ad un accordo non depositato in atti ma ricavabile in forza di una tabella contenuta in una memoria di parte depositata nel corso del procedimento arbitrale, il dispositivo del lodo deve considerarsi esistente sia sul piano formale che su quello sostanziale, ove - come nella specie - i giudici abbiano accertato la ricavabilità del quantum debeatur sulla base di calcoli matematici di tipo proporzionalistico (possibili ex post, sulla base dell'applicazione di percentuali di pagamento delle royalties dovute all'ente proprietario della strada) anche se la tabella non sia stata sottoscritta dagli arbitri né formalmente inserita nel lodo, atteso che il richiamo a quella riportata nella memoria di parte (contenente una confessione contra se, secondo l'insindacabile accertamento del giudice di merito) è pienamente idonea a condurre legittimamente alla quantificazione della somma dovuta da ciascuna parte al terzo creditore e quindi anche alla parte soccombente nel giudizio in esame […]”.
 

5.Il principio di diritto

E’ evidente come l’art. 1623 cc. altro non sia se non una forma (volendo utilizzare la terminologia più diffusa tra gli operatori del diritto) “speciale” di eccessiva onerosità sopravvenuta. Appurato tale dato, in conclusione occorre sottolineare come la Suprema Corte abbia colto l’occasione per elaborare il seguente (incisivo e condivisibile) principio di diritto: “[…] in tema di contratto di affitto (nella specie: di azienda), il riequilibrio del piano contrattuale in conseguenza di un provvedimento autoritativo che abbia alterato l'originaria previsione negoziale, ai sensi del primo comma dell’art. 1623 cod. civ., è legittimamente disposto dal giudice che ne sia richiesto dalla parte che risenta della perdita con decorrenza dalla data di proposizione della domanda giudiziale, senza che egli possa disporre d'ufficio l'applicazione retroattiva del rimedio in forza di un accertamento giudiziale ufficioso […]”.

Letture consigliate

Maria Pia Nastri, Effetti dell’affitto sui beni, in Riv. Fondazione Italiana del Notariato;

Maria Pia Nastri, L'affitto di azienda, l'usufrutto e la locazione, in Riv. Fondazione Italiana del Notariato;

L. M. Quattrocchio, La cessazione del contratto d’affitto d’azienda nelle imprese in bonis, in Riv. Diritto ed Economia dell’Impresa, Fascicolo 1/2019, Giappichelli Editore, Torino.