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I diritti di abitazione ed uso del coniuge superstite

1. Premessa

La recente sentenza n. 4847 pronunciata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite Civili il 29.01.2013 e depositata il 27.02.2013, prospetta la soluzione di due difficili questioni che hanno acceso animati dibattiti in dottrina e prodotto decisioni contrastanti in giurisprudenza intorno all’interpretazione dell’art. 540 comma 2 c.c., la prima relativa all’applicabilità alla successione legittima della riserva in favore del coniuge superstite dei diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, la seconda concernente l’aspetto pratico delle modalità di calcolo del valore di tali diritti ai fini della divisione della massa ereditaria tra i coeredi.

Le indicate questioni sono affrontate attraverso un’insieme di intricate argomentazioni dalle Sezioni Unite, nel corso dell’esame di legittimità della sentenza della Corte di Appello di Venezia del 6.10.09, la quale ultima nel decidere un caso di successione ex lege, aderendo all’interpretazione contenuta nella decisione di primo grado, aveva negato al coniuge superstite l’attribuzione dei diritti di abitazione e di uso, in aggiunta alla quota ereditaria al medesimo spettante ex artt. 581 e 582 c.c., ritenendo tali diritti facenti già parte della stessa quota.

A sostegno della propria decisione la Corte di Appello richiamava la sentenza della Corte di Cassazione n. 4329/00 che aveva dichiarato l’art. 540 comma 2 c.c. non applicabile alla successione legittima, in quanto tale norma rimanda ai limiti della libertà testamentaria individuati negli istituti della disponibile e della riserva che operano soltanto nella successione testamentaria e non in quella legittima.

La citata sentenza n. 4329/00 aggiungeva che nella successione legittima al coniuge superstite, in concorso con altri, spettano le quote di eredità di cui agli artt. 581 e 582 c.c. ove non è fatto alcun cenno ai diritti di abitazione e di uso di cui all’art. 540 comma 2 c.c.. Infine, considerato che i diritti di abitazione e di uso rappresentano il minimo riservato dal Legislatore al coniuge superstite, anche alla luce dell’art. 553 c.c. in materia di azione di riduzione, questi ultimi, secondo la medesima sentenza, non possono intendersi quali diritti supplementari rispetto alla quota ereditaria conseguita ex lege, ma debbono essere considerati insiti nella medesima quota.

Tale orientamento giurisprudenziale risulta parzialmente condiviso da una parte della dottrina secondo la quale, pur non dovendosi negare l’applicabilità dell’art. 540 comma 2 c.c. alla successione legittima, nulla dovrebbe essere aggiunto alla quota del coniuge superstite nel silenzio degli artt. 581 e 582 c.c.. Infatti, secondo l’opinione di alcuni autorevoli giuristi il silenzio del Legislatore sarebbe da interpretare non come una lacuna da colmare, ma come la prova del fatto che nella quota spettante al coniuge ex lege i diritti di abitazione e di uso sono già contenuti, cosicché la loro eventuale aggiunta risulterebbe non solo eccessiva, ma addirittura lesiva dei diritti degli altri eventuali eredi legittimari (MENGONI, CAPOZZI). Secondo tale pensiero dottrinale posto che nella successione legittima il coniuge non può conseguire più di quanto gli è devoluto per legge, soltanto nel caso in cui conseguisse meno, trattandosi di un legittimario, si dovrebbe ricorrere alle norme in tema di successione necessaria per garantirgli quel minimo che le stesse gli riservano. In quest’ultimo caso alla quota di riserva dovrebbero aggiungersi i diritti di abitazione e di uso, purché il risultato così ottenuto non superi il valore della quota della successione legittima.

A questa articolata interpretazione se ne contrappone un’altra, risalente a tempi meno recenti, condivisa da altra parte della dottrina ed accolta in giurisprudenza (Pret. Campi Salentina 25.11.1980), che ammette l’applicabilità alla successione legittima dell’art. 540 comma 2 c.c. riconoscendo al coniuge superstite i diritti di abitazione ed uso a titolo di disposizione particolare ex lege, quale prelegato ex art. 661 c.c., il cui acquisto avverrebbe automaticamente a suo favore per effetto dell’apertura della successione. Circa le modalità concrete di attribuzione, tale orientamento ritiene che l’intero valore dei citati diritti dovrebbe essere prelevato dalla massa ereditaria prima di procedere alla divisione dei beni ereditari nel rispetto delle quote previste dagli artt. 581 e 582 c.c., di conseguenza relativamente alla casa di abitazione ed ai mobili il valore da dividere tra i coeredi, compreso il coniuge, sarebbe quello residuale del diritto di nuda proprietà (RAVAZZONI).

2. L’applicabilità dell’art. 540 comma 2 c.c. alla successione legittima.

L’attuale sentenza n. 4847/13 delle Sezioni Unite evidenzia i dubbi interpretativi della dottrina e della giurisprudenza intorno ad una norma, l’art. 540 comma 2, c.c., innestata, attraverso la riforma del diritto di famiglia (art. 176 della l. 19.5.1975 n.151), nel vecchio sistema del codice civile con il quale ultimo sono inevitabili i problemi di coordinamento.

La Suprema Corte, alla luce di una argomentazione già espressa nella propria sentenza n. 22639/99, afferma che la prima questione relativa alla applicabilità dell’art. 540 comma 2 c.c. alla successione legittima deve essere risolta in senso positivo e senza esitazioni, dal momento che l’art. 584 c.c. in materia di successione ex lege del coniuge putativo attribuisce al superstite i diritti di abitazione ed uso di cui all’art. 540 c.c., in forza del principio di uguaglianza, gli stessi diritti debbono essere riconosciuti anche in favore del coniuge legittimo (nello stesso senso si era già espresso il Tribunale di Siena 11.4.1983).

Tuttavia, la Suprema Corte ammette che la citata sentenza n. 22639/99 lasciava irrisolta la seconda questione relativa alle modalità con le quali tali diritti sono effettivamente riconosciuti al coniuge, poiché all’epoca non era rilevante deciderla per il caso oggetto di ricorso, di conseguenza la stessa si limitava a prospettare due possibili soluzioni interpretative, ricordando che secondo un indirizzo i diritti di abitazione e di uso potevano essere considerati quali prelegati oltre la quota di riserva, mentre secondo un altro indirizzo, non essendo possibile applicare l’istituto della riserva alla successione legittima, gli stessi potevano ritenersi già compresi nella quota ex lege attribuita al coniuge.

Le argomentazioni dell’altra sentenza Cass. n. 4329/00, citata dalla Corte di Appello di Venezia, costituente l’unica decisione di legittimità ad aver risolto in senso negativo la prima questione dell’applicabilità dell’art. 540 comma 2 c.c. alla successione legittima, invece sono confutate dalla attuale sentenza a Sezioni Unite che ribadisce ulteriormente l’applicabilità dell’indicata norma alla successione legittima, considerato che la ratio sottostante ai diritti di abitazione e di uso riconosciuti al coniuge superstite è facilmente individuabile nella tutela della persona di quest’ultimo.

Con la riforma del diritto di famiglia, infatti, il Legislatore ha attuato l’equiparazione dei coniugi sia sotto il profilo patrimoniale mediante l’istituzione del regime della comunione dei beni, sia sotto il profilo non patrimoniale, attraverso il riconoscimento e la parificazione dei loro diritti umani.

In particolare, con l’introduzione della norma in esame si è voluto garantire al coniuge superstite il diritto alla “stabilità” delle proprie “abitudini di vita” ed evitare che a seguito dell’evento luttuoso si manifesti la necessità per il coniuge di trovare un altro alloggio, con conseguente “grave danno psicologico e morale” a carico di quest’ultimo (nello stesso senso si veda la sentenza della Corte Costituzionale n. 310/1989). Pertanto, appare evidente che la valenza patrimoniale dell’attribuzione di tali diritti risulta secondaria ed indiretta rispetto alla tutela della persona del coniuge superstite.

Inoltre, secondo le Sezioni Unite, a favore dell’applicabilità dell’art. 540 comma 2 c.c. alla successione legittima depone il fatto che la norma riconosce i diritti di abitazione ed uso al coniuge superstite anche in presenza di altri chiamati, situazione quest’ultima che può ricorrere in entrambe le forme di successione sia legittima sia testamentaria.

3. Le concrete modalità di attribuzione degli indicati diritti nella successione legittima e del calcolo del loro valore.

Quanto alla seconda questione la Suprema Corte aderisce all’orientamento più risalente secondo il quale tali diritti non hanno la natura di quote, ma di prelegati ex lege che attribuiscono il godimento di beni determinati per intero ed in via esclusiva al coniuge, con esclusione di ogni altro erede.

Ne consegue la contestazione dell’opinione che invoca l’applicazione dell’art. 553 c.c., facente parte del vecchio impianto del codice civile, in coordinamento con l’art. 540 c.c. in quanto il primo opera la riduzione delle porzioni di quota al fine di reintegrare la quota dei legittimari sotto il profilo quantitativo, mentre, come già detto sopra, i diritti di abitazione e di uso ex art. 540 comma 2 c.c. sono prelegati ex lege e non quote in favore del coniuge superstite che gli assicurano il godimento esclusivo dei beni solo da un punto di vista qualitativo.

Le quote della successione legittima spettanti agli altri eredi, infatti, non vengono intaccate da un punto di vista quantitativo in quanto agli stessi resta il diritto di nuda proprietà, seppur gravato dai diritti sopra indicati.

Inoltre, la Suprema Corte fa osservare che l’art. 553 c.c., prima di operare la riduzione ai fini dell’integrazione, prevede che quanto ricevuto dai legittimari, attraverso donazioni e legati, debba essere imputato alla loro quota di riserva, tale disposizione si pone in contrasto e rende difficile il coordinamento con il dettato dell’art. 540 comma 2 c.c. che, invece, vuole che i diritti di abitazione ed uso siano fatti gravare prima sulla porzione disponibile e poi, soltanto in caso di sua insufficienza, sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente in via residuale su quella dei figli.

Ma gli stessi criteri prescritti dall’ultima parte dell’art. 540 comma 2 c.c., poiché finalizzati a contenere la compressione delle quote di riserva dei figli, sono ritenuti dalla Suprema Corte incompatibili con la successione intestata, cosicché se ne deduce che al di fuori della successione testata non debbano essere presi in considerazione.

L’opinione espressa in dottrina ed in giurisprudenza che, ai fini del calcolo del valore dei diritti sopra indicati, innalza le norme della successione necessaria al livello di terza forma di successione, è criticata dalla Suprema Corte, secondo la quale in tal modo si dimentica che le uniche forme di successione esistenti sono la legittima e la testamentaria, mentre la successione necessaria svolge esclusivamente la funzione di garantire ai legittimari i diritti minimi loro riservati ed, in presenza di una lesione, assicurarne l’effettivo ripristino attraverso l’esercizio della azione di riduzione.

La seconda questione è quindi risolta dalle Sezioni Unite con l’enunciazione del principio di diritto: “Nella successione legittima spettano al coniuge del de cuius i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano previsti dall’art. 540 secondo comma c.c.; il valore capitale tali diritti deve essere stralciato dall’asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest’ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto dell’attribuzione secondo un meccanismo assimilabile al prelegato”.

4. Considerazioni finali.

La pronuncia in esame, tuttavia, non pone fine al dibattito, ma lo riaccende su altri temi.

In primo luogo, resta da risolvere la questione, che non ha costituito oggetto del ricorso deciso dalle Sezioni Unite, se all’apertura della successione l’acquisto ex lege del coniuge superstite debba essere oppure non trascritto ex art. 2644 c.c..

Una non recente sentenza della Corte di Cassazione la n. 1909/1995 affermava che tale adempimento risulta necessario pena l’inopponibilità ai terzi aventi causa dai coeredi.

Al riguardo, si osserva che gli stessi coeredi pur essendo nudi proprietari in forza della disposizione a titolo particolare ex lege, come si evince dall’enunciato principio delle Sezioni Unite, in assenza di pubblicità possono comunque apparire ai terzi quali pieni proprietari pro quota, con conseguenti rischi in capo al coniuge superstite di vedersi sottratti o comunque pregiudicati i diritti appena affermati.

Relativamente alle modalità con le quali procedere alla trascrizione di tali diritti, in dottrina si è già discusso in passato e le opinioni sul tema sono diverse.

Secondo alcuni si potrebbe procedere con una nota di trascrizione ed un certificato di morte da cui risulti il rapporto di coniugio (GABRIELLI, PETRELLI), invece per altri sarebbe necessario rendere una apposita dichiarazione di accettazione, al fine di conseguire l'irrevocabilità dell’acquisto (MASCHERONI), dinanzi ad un notaio nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, per altri ancora, ma tale pensiero risulta ormai superato, non si potrebbe addirittura procedere alla trascrizione stante la tassatività dell’elenco degli atti trascrivibili e la mancanza di un testamento (BOERO).

Infine, si osserva che anche gli adempimenti fiscali quali la dichiarazione di successione e la relativa voltura catastale dovrebbero a rigor di logica contenere anche essi l’indicazione sia del diritto di abitazione acquistato ex lege dal coniuge superstite, sia del diritto di nuda proprietà dei coeredi, compreso il coniuge, ex artt. 581 e 582 c.c., onde evitare che la pubblicità di tali diritti risulti non solo disomogenea ma anche ingannevole per i terzi.

Si apre, quindi, un altro scenario ricco di interrogativi per gli operatori del diritto chiamati a dare attuazione pratica al principio sopra riportato.

  1. Premessa

La recente sentenza n. 4847 pronunciata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite Civili il 29.01.2013 e depositata il 27.02.2013, prospetta la soluzione di due difficili questioni che hanno acceso animati dibattiti in dottrina e prodotto decisioni contrastanti in giurisprudenza intorno all’interpretazione dell’art. 540 comma 2 c.c., la prima relativa all’applicabilità alla successione legittima della riserva in favore del coniuge superstite dei diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, la seconda concernente l’aspetto pratico delle modalità di calcolo del valore di tali diritti ai fini della divisione della massa ereditaria tra i coeredi.

Le indicate questioni sono affrontate attraverso un’insieme di intricate argomentazioni dalle Sezioni Unite, nel corso dell’esame di legittimità della sentenza della Corte di Appello di Venezia del 6.10.09, la quale ultima nel decidere un caso di successione ex lege, aderendo all’interpretazione contenuta nella decisione di primo grado, aveva negato al coniuge superstite l’attribuzione dei diritti di abitazione e di uso, in aggiunta alla quota ereditaria al medesimo spettante ex artt. 581 e 582 c.c., ritenendo tali diritti facenti già parte della stessa quota.

A sostegno della propria decisione la Corte di Appello richiamava la sentenza della Corte di Cassazione n. 4329/00 che aveva dichiarato l’art. 540 comma 2 c.c. non applicabile alla successione legittima, in quanto tale norma rimanda ai limiti della libertà testamentaria individuati negli istituti della disponibile e della riserva che operano soltanto nella successione testamentaria e non in quella legittima.

La citata sentenza n. 4329/00 aggiungeva che nella successione legittima al coniuge superstite, in concorso con altri, spettano le quote di eredità di cui agli artt. 581 e 582 c.c. ove non è fatto alcun cenno ai diritti di abitazione e di uso di cui all’art. 540 comma 2 c.c.. Infine, considerato che i diritti di abitazione e di uso rappresentano il minimo riservato dal Legislatore al coniuge superstite, anche alla luce dell’art. 553 c.c. in materia di azione di riduzione, questi ultimi, secondo la medesima sentenza, non possono intendersi quali diritti supplementari rispetto alla quota ereditaria conseguita ex lege, ma debbono essere considerati insiti nella medesima quota.

Tale orientamento giurisprudenziale risulta parzialmente condiviso da una parte della dottrina secondo la quale, pur non dovendosi negare l’applicabilità dell’art. 540 comma 2 c.c. alla successione legittima, nulla dovrebbe essere aggiunto alla quota del coniuge superstite nel silenzio degli artt. 581 e 582 c.c.. Infatti, secondo l’opinione di alcuni autorevoli giuristi il silenzio del Legislatore sarebbe da interpretare non come una lacuna da colmare, ma come la prova del fatto che nella quota spettante al coniuge ex lege i diritti di abitazione e di uso sono già contenuti, cosicché la loro eventuale aggiunta risulterebbe non solo eccessiva, ma addirittura lesiva dei diritti degli altri eventuali eredi legittimari (MENGONI, CAPOZZI). Secondo tale pensiero dottrinale posto che nella successione legittima il coniuge non può conseguire più di quanto gli è devoluto per legge, soltanto nel caso in cui conseguisse meno, trattandosi di un legittimario, si dovrebbe ricorrere alle norme in tema di successione necessaria per garantirgli quel minimo che le stesse gli riservano. In quest’ultimo caso alla quota di riserva dovrebbero aggiungersi i diritti di abitazione e di uso, purché il risultato così ottenuto non superi il valore della quota della successione legittima.

A questa articolata interpretazione se ne contrappone un’altra, risalente a tempi meno recenti, condivisa da altra parte della dottrina ed accolta in giurisprudenza (Pret. Campi Salentina 25.11.1980), che ammette l’applicabilità alla successione legittima dell’art. 540 comma 2 c.c. riconoscendo al coniuge superstite i diritti di abitazione ed uso a titolo di disposizione particolare ex lege, quale prelegato ex art. 661 c.c., il cui acquisto avverrebbe automaticamente a suo favore per effetto dell’apertura della successione. Circa le modalità concrete di attribuzione, tale orientamento ritiene che l’intero valore dei citati diritti dovrebbe essere prelevato dalla massa ereditaria prima di procedere alla divisione dei beni ereditari nel rispetto delle quote previste dagli artt. 581 e 582 c.c., di conseguenza relativamente alla casa di abitazione ed ai mobili il valore da dividere tra i coeredi, compreso il coniuge, sarebbe quello residuale del diritto di nuda proprietà (RAVAZZONI).

2. L’applicabilità dell’art. 540 comma 2 c.c. alla successione legittima.

L’attuale sentenza n. 4847/13 delle Sezioni Unite evidenzia i dubbi interpretativi della dottrina e della giurisprudenza intorno ad una norma, l’art. 540 comma 2, c.c., innestata, attraverso la riforma del diritto di famiglia (art. 176 della l. 19.5.1975 n.151), nel vecchio sistema del codice civile con il quale ultimo sono inevitabili i problemi di coordinamento.

La Suprema Corte, alla luce di una argomentazione già espressa nella propria sentenza n. 22639/99, afferma che la prima questione relativa alla applicabilità dell’art. 540 comma 2 c.c. alla successione legittima deve essere risolta in senso positivo e senza esitazioni, dal momento che l’art. 584 c.c. in materia di successione ex lege del coniuge putativo attribuisce al superstite i diritti di abitazione ed uso di cui all’art. 540 c.c., in forza del principio di uguaglianza, gli stessi diritti debbono essere riconosciuti anche in favore del coniuge legittimo (nello stesso senso si era già espresso il Tribunale di Siena 11.4.1983).

Tuttavia, la Suprema Corte ammette che la citata sentenza n. 22639/99 lasciava irrisolta la seconda questione relativa alle modalità con le quali tali diritti sono effettivamente riconosciuti al coniuge, poiché all’epoca non era rilevante deciderla per il caso oggetto di ricorso, di conseguenza la stessa si limitava a prospettare due possibili soluzioni interpretative, ricordando che secondo un indirizzo i diritti di abitazione e di uso potevano essere considerati quali prelegati oltre la quota di riserva, mentre secondo un altro indirizzo, non essendo possibile applicare l’istituto della riserva alla successione legittima, gli stessi potevano ritenersi già compresi nella quota ex lege attribuita al coniuge.

Le argomentazioni dell’altra sentenza Cass. n. 4329/00, citata dalla Corte di Appello di Venezia, costituente l’unica decisione di legittimità ad aver risolto in senso negativo la prima questione dell’applicabilità dell’art. 540 comma 2 c.c. alla successione legittima, invece sono confutate dalla attuale sentenza a Sezioni Unite che ribadisce ulteriormente l’applicabilità dell’indicata norma alla successione legittima, considerato che la ratio sottostante ai diritti di abitazione e di uso riconosciuti al coniuge superstite è facilmente individuabile nella tutela della persona di quest’ultimo.

Con la riforma del diritto di famiglia, infatti, il Legislatore ha attuato l’equiparazione dei coniugi sia sotto il profilo patrimoniale mediante l’istituzione del regime della comunione dei beni, sia sotto il profilo non patrimoniale, attraverso il riconoscimento e la parificazione dei loro diritti umani.

In particolare, con l’introduzione della norma in esame si è voluto garantire al coniuge superstite il diritto alla “stabilità” delle proprie “abitudini di vita” ed evitare che a seguito dell’evento luttuoso si manifesti la necessità per il coniuge di trovare un altro alloggio, con conseguente “grave danno psicologico e morale” a carico di quest’ultimo (nello stesso senso si veda la sentenza della Corte Costituzionale n. 310/1989). Pertanto, appare evidente che la valenza patrimoniale dell’attribuzione di tali diritti risulta secondaria ed indiretta rispetto alla tutela della persona del coniuge superstite.

Inoltre, secondo le Sezioni Unite, a favore dell’applicabilità dell’art. 540 comma 2 c.c. alla successione legittima depone il fatto che la norma riconosce i diritti di abitazione ed uso al coniuge superstite anche in presenza di altri chiamati, situazione quest’ultima che può ricorrere in entrambe le forme di successione sia legittima sia testamentaria.

3. Le concrete modalità di attribuzione degli indicati diritti nella successione legittima e del calcolo del loro valore.

Quanto alla seconda questione la Suprema Corte aderisce all’orientamento più risalente secondo il quale tali diritti non hanno la natura di quote, ma di prelegati ex lege che attribuiscono il godimento di beni determinati per intero ed in via esclusiva al coniuge, con esclusione di ogni altro erede.

Ne consegue la contestazione dell’opinione che invoca l’applicazione dell’art. 553 c.c., facente parte del vecchio impianto del codice civile, in coordinamento con l’art. 540 c.c. in quanto il primo opera la riduzione delle porzioni di quota al fine di reintegrare la quota dei legittimari sotto il profilo quantitativo, mentre, come già detto sopra, i diritti di abitazione e di uso ex art. 540 comma 2 c.c. sono prelegati ex lege e non quote in favore del coniuge superstite che gli assicurano il godimento esclusivo dei beni solo da un punto di vista qualitativo.

Le quote della successione legittima spettanti agli altri eredi, infatti, non vengono intaccate da un punto di vista quantitativo in quanto agli stessi resta il diritto di nuda proprietà, seppur gravato dai diritti sopra indicati.

Inoltre, la Suprema Corte fa osservare che l’art. 553 c.c., prima di operare la riduzione ai fini dell’integrazione, prevede che quanto ricevuto dai legittimari, attraverso donazioni e legati, debba essere imputato alla loro quota di riserva, tale disposizione si pone in contrasto e rende difficile il coordinamento con il dettato dell’art. 540 comma 2 c.c. che, invece, vuole che i diritti di abitazione ed uso siano fatti gravare prima sulla porzione disponibile e poi, soltanto in caso di sua insufficienza, sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente in via residuale su quella dei figli.

Ma gli stessi criteri prescritti dall’ultima parte dell’art. 540 comma 2 c.c., poiché finalizzati a contenere la compressione delle quote di riserva dei figli, sono ritenuti dalla Suprema Corte incompatibili con la successione intestata, cosicché se ne deduce che al di fuori della successione testata non debbano essere presi in considerazione.

L’opinione espressa in dottrina ed in giurisprudenza che, ai fini del calcolo del valore dei diritti sopra indicati, innalza le norme della successione necessaria al livello di terza forma di successione, è criticata dalla Suprema Corte, secondo la quale in tal modo si dimentica che le uniche forme di successione esistenti sono la legittima e la testamentaria, mentre la successione necessaria svolge esclusivamente la funzione di garantire ai legittimari i diritti minimi loro riservati ed, in presenza di una lesione, assicurarne l’effettivo ripristino attraverso l’esercizio della azione di riduzione.

La seconda questione è quindi risolta dalle Sezioni Unite con l’enunciazione del principio di diritto: “Nella successione legittima spettano al coniuge del de cuius i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la corredano previsti dall’art. 540 secondo comma c.c.; il valore capitale tali diritti deve essere stralciato dall’asse ereditario per poi procedere alla divisione di quest’ultimo tra tutti i coeredi secondo le norme della successione legittima, non tenendo conto dell’attribuzione secondo un meccanismo assimilabile al prelegato”.

4. Considerazioni finali.

La pronuncia in esame, tuttavia, non pone fine al dibattito, ma lo riaccende su altri temi.

In primo luogo, resta da risolvere la questione, che non ha costituito oggetto del ricorso deciso dalle Sezioni Unite, se all’apertura della successione l’acquisto ex lege del coniuge superstite debba essere oppure non trascritto ex art. 2644 c.c..

Una non recente sentenza della Corte di Cassazione la n. 1909/1995 affermava che tale adempimento risulta necessario pena l’inopponibilità ai terzi aventi causa dai coeredi.

Al riguardo, si osserva che gli stessi coeredi pur essendo nudi proprietari in forza della disposizione a titolo particolare ex lege, come si evince dall’enunciato principio delle Sezioni Unite, in assenza di pubblicità possono comunque apparire ai terzi quali pieni proprietari pro quota, con conseguenti rischi in capo al coniuge superstite di vedersi sottratti o comunque pregiudicati i diritti appena affermati.

Relativamente alle modalità con le quali procedere alla trascrizione di tali diritti, in dottrina si è già discusso in passato e le opinioni sul tema sono diverse.

Secondo alcuni si potrebbe procedere con una nota di trascrizione ed un certificato di morte da cui risulti il rapporto di coniugio (GABRIELLI, PETRELLI), invece per altri sarebbe necessario rendere una apposita dichiarazione di accettazione, al fine di conseguire l'irrevocabilità dell’acquisto (MASCHERONI), dinanzi ad un notaio nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, per altri ancora, ma tale pensiero risulta ormai superato, non si potrebbe addirittura procedere alla trascrizione stante la tassatività dell’elenco degli atti trascrivibili e la mancanza di un testamento (BOERO).

Infine, si osserva che anche gli adempimenti fiscali quali la dichiarazione di successione e la relativa voltura catastale dovrebbero a rigor di logica contenere anche essi l’indicazione sia del diritto di abitazione acquistato ex lege dal coniuge superstite, sia del diritto di nuda proprietà dei coeredi, compreso il coniuge, ex artt. 581 e 582 c.c., onde evitare che la pubblicità di tali diritti risulti non solo disomogenea ma anche ingannevole per i terzi.

Si apre, quindi, un altro scenario ricco di interrogativi per gli operatori del diritto chiamati a dare attuazione pratica al principio sopra riportato.