x

x

La nuova disciplina legislativa in tema di costruzione e restyling degli impianti sportivi

A distanza di quasi cinque anni dalla formulazione dell’originario disegno di legge approntato allo scopo di incentivare la realizzazione e la ristrutturazione degli impianti sportivi (“Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi e stadi anche a sostegno della candidatura dell’Italia a manifestazioni sportive di rilevo europeo o internazionale”), l’obiettivo perseguito è stato, finalmente si potrebbe dire, a tutti gli effetti raggiunto, evidentemente non senza difficoltà, in gran parte correlate alle istanze di coloro che, per ragioni di tutela ambientale e anche connesse all’insorgere di speculazioni edilizie, avevano fortemente osteggiato l’approvazione della normativa.

A far data dal primo gennaio 2014 è entrata in vigore la disciplina legislativa (cosiddetta Legge sugli stadi) di cui all’articolo 1, commi 303-306, Legge n. 147/2013 (cosiddetta Legge di stabilità), che, in concreto, ha soddisfatto l’esigenza, da tempo avvertita nel nostro Paese, di determinare le condizioni atte a favorire la realizzazione di nuovi impianti o anche la ristrutturazione e/o l’ammodernamento di quelli già esistenti, dovendosi comunque considerare il favore riservato alla seconda delle due opzioni; infatti, la richiamata legislazione prescrive espressamente che gli interventi agevolati “laddove possibile, sono realizzati, prioritariamente, mediante recupero di impianti esistenti o relativamente a impianti localizzati in aree già edificate”.

Ciò posto, interessa ora individuare i passaggi fondamentali che caratterizzano l’iter procedurale previsto ai predetti fini.

In capo al soggetto interessato (ad esempio, un istituto di credito o una impresa costruttrice) incombe innanzitutto l’obbligo di definire e presentare uno studio di fattibilità, corredato da un piano economico-finanziario e dall’accordo intervenuto con una o più associazioni o società sportive che utilizzino l’impianto in misura prevalente.

Si consideri che l’indicato studio di fattibilità non può prevedere interventi che non siano quelli “strettamente funzionali alla fruibilità dell’impianto e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa”, sempre che i predetti interventi concorrano, sotto il profilo sociale, occupazionale ed economico, a favorire la valorizzazione dell’ambito territoriale su cui il realizzando impianto sportivo insista.

Ad ogni buon conto, è esclusa la realizzazione di nuovi complessi di edilizia residenziale, ed infatti soprattutto tale circostanza ha ostacolato, tra le altre, negli anni, una tempestiva approvazione dell’originario disegno di legge, da più parte temendosi che il rilancio del settore dell’impiantistica sportiva costituisse un mero pretesto allo scopo di agevolare, in via preferenziale, taluni interessi di settore con l’approvazione di varianti urbanistiche legittimanti l’edificazione di aree verdi periferiche o la realizzazione di nuove unità immobiliari di pregio.

Ora, rileva anche sottolineare che una volta presentata la richiamata documentazione, il Comune interessato, previa indizione di una conferenza di servizi istruttoria (preliminare) e sempre in ipotesi di valutazione positiva, dichiarerà la proposta di pubblico interesse entro il termine di 90 giorni.

All’esito della dichiarazione di pubblico interesse ed effettuata eventualmente la gara, potrà essere presentato il progetto definitivo, da approvarsi definitivamente in conferenza di servizi, salvo l’individuazione di modifiche che si rendano eventualmente necessarie.

Il provvedimento di approvazione dovrà essere assunto entro il termine di 120 giorni dalla presentazione dello studio di fattibilità (180 giorni qualora sia richiesto l’intervento della Regione con atti di specifica competenza, ad esempio, in tema di varianti urbanistiche).

Illustrata sommariamente la successione delle fasi fondamentali attraverso cui deve svilupparsi la procedura, è opportuno riferire, sia pur in sintesi, anche in ordine ad alcuni ulteriori profili che la legislazione vigente in materia ha inteso disciplinare in maniera stringente.

Ad esempio, è stato previsto che il provvedimento assunto in via definitiva costituisca, nel contempo,  anche atto sostitutivo di ogni autorizzazione o permesso, comunque denominati, necessari alla realizzazione dell’opera e ne determini la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza.

In tal senso, la disciplina legislativa di nuova formulazione, disponendo che il provvedimento definitivo di cui trattasi possa configurarsi anche quale atto sostitutivo di ogni autorizzazione o permesso, comunque denominati, inclusa, quindi, la variante urbanistica, incide significativamente sulla possibilità di  mutare le previsioni contenute nei piani regolatori che, ad esempio, non consentano la realizzazione di un centro commerciale contiguo o nelle vicinanze dell’impianto sportivo.

Invero, se da un lato è indubbio che il provvedimento definitivo scaturisca all’esito di una conferenza di servizi decisoria indetta dalla Regione, dall’altro è altrettanto pacifico che la procedura sottesa a legittimare un’eventuale variante urbanistica è favorita proprio da una legge dello Stato; se così è, i dubbi di costituzionalità pregiudizievoli di una pacifica applicazione della norma statale, come da alcuni già osservato, si rivelerebbero oltremisura diffusi.

Tuttavia, detta forma di impasse potrebbe essere aggirata mediante l’emanazione di leggi regionali che recepiscano la normativa statale anche sotto il profilo urbanistico oppure ricorrendo alle ordinarie procedure di variante previste in ambito locale, o ancora, anche ricorrendo, se del caso, alla disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 304, Legge n. 147/2013 (cosiddetta Legge di stabilità), per la quale “resta salvo il regime di maggiore semplificazione previsto dalla normativa vigente”.

Per concludere, il nuovo provvedimento legislativo sull’impiantistica sportiva ha previsto anche che, in ipotesi di superamento dei termini stabiliti ex lege, il Presidente del Consiglio dei Ministri, all’esito di istanza ad hoc formulata dal soggetto proponente, assegnerà al Comune interessato il termine di ulteriori 30 giorni per assumere i provvedimenti necessari e, in difetto, il medesimo Presidente del Consiglio dei Ministri (o la Regione), relativamente agli impianti sportivi di maggiori dimensioni (con capienza superiore alle quattromila unità al coperto e alle ventimila unità allo scoperto) adotterà i provvedimenti necessari entro il termine di 60 giorni.

Nel caso di interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o su impianti sportivi pubblici esistenti, il progetto eventualmente approvato deve essere oggetto di opportuna procedura di evidenza pubblica.

Ad oggi, il rilancio dell’impiantistica sportiva non può prescindere dall’intervento di capitali privati il cui impiego non sarà adeguatamente effettuato se non alla luce di una valutazione che permetta di ottenere un certo equilibrio finanziario tra i costi di realizzazione e di gestione dell’impianto e dei proventi attesi; proventi che, peraltro, non possono più essere esclusivamente correlati alla vendita dei titoli di accesso allo spettacolo sportivo o ancora allo sfruttamento dei diritti connessi agli eventi sportivi, quali ad esempio, l’advertising (inserzioni pubblicitarie), i naming rights (i cosiddetti diritti di denominazione degli stadi, mediante cui viene individuata un’operazione di carattere finanziario, in sempre più costante diffusione in ambito calcistico europeo, in base alla quale una determinata società sportiva sostiene i costi di realizzazione o di ammodernamento del proprio impianto sportivo attingendo risorse attraverso la stipula di contratti pluriennali di sponsorizzazione ˗ accordi di title sponsorship o venue sponsorship ˗ con un investitore commerciale partner che, quale contropartita, acquisirà il diritto di denominare la struttura con il proprio brand) o il puring (somministrazione di alimenti e bevande in esclusiva).

Di contro, occorre procedere nella direzione di uno sviluppo sinergico della destinazione d’uso dell’impianto diversa da quella sportiva che privilegi, ad esempio, i servizi e il commercio.

La disciplina legislativa di nuova e recente introduzione, prescrivendo che lo studio di fattibilità (di cui in precedenza) può prevedere anche altri tipi di intervento purché “strettamente funzionali alla fruibilità dell’impianto e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa”, sembra essere orientata proprio verso la indicata prospettiva.

A distanza di quasi cinque anni dalla formulazione dell’originario disegno di legge approntato allo scopo di incentivare la realizzazione e la ristrutturazione degli impianti sportivi (“Disposizioni per favorire la costruzione e la ristrutturazione di impianti sportivi e stadi anche a sostegno della candidatura dell’Italia a manifestazioni sportive di rilevo europeo o internazionale”), l’obiettivo perseguito è stato, finalmente si potrebbe dire, a tutti gli effetti raggiunto, evidentemente non senza difficoltà, in gran parte correlate alle istanze di coloro che, per ragioni di tutela ambientale e anche connesse all’insorgere di speculazioni edilizie, avevano fortemente osteggiato l’approvazione della normativa.

A far data dal primo gennaio 2014 è entrata in vigore la disciplina legislativa (cosiddetta Legge sugli stadi) di cui all’articolo 1, commi 303-306, Legge n. 147/2013 (cosiddetta Legge di stabilità), che, in concreto, ha soddisfatto l’esigenza, da tempo avvertita nel nostro Paese, di determinare le condizioni atte a favorire la realizzazione di nuovi impianti o anche la ristrutturazione e/o l’ammodernamento di quelli già esistenti, dovendosi comunque considerare il favore riservato alla seconda delle due opzioni; infatti, la richiamata legislazione prescrive espressamente che gli interventi agevolati “laddove possibile, sono realizzati, prioritariamente, mediante recupero di impianti esistenti o relativamente a impianti localizzati in aree già edificate”.

Ciò posto, interessa ora individuare i passaggi fondamentali che caratterizzano l’iter procedurale previsto ai predetti fini.

In capo al soggetto interessato (ad esempio, un istituto di credito o una impresa costruttrice) incombe innanzitutto l’obbligo di definire e presentare uno studio di fattibilità, corredato da un piano economico-finanziario e dall’accordo intervenuto con una o più associazioni o società sportive che utilizzino l’impianto in misura prevalente.

Si consideri che l’indicato studio di fattibilità non può prevedere interventi che non siano quelli “strettamente funzionali alla fruibilità dell’impianto e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa”, sempre che i predetti interventi concorrano, sotto il profilo sociale, occupazionale ed economico, a favorire la valorizzazione dell’ambito territoriale su cui il realizzando impianto sportivo insista.

Ad ogni buon conto, è esclusa la realizzazione di nuovi complessi di edilizia residenziale, ed infatti soprattutto tale circostanza ha ostacolato, tra le altre, negli anni, una tempestiva approvazione dell’originario disegno di legge, da più parte temendosi che il rilancio del settore dell’impiantistica sportiva costituisse un mero pretesto allo scopo di agevolare, in via preferenziale, taluni interessi di settore con l’approvazione di varianti urbanistiche legittimanti l’edificazione di aree verdi periferiche o la realizzazione di nuove unità immobiliari di pregio.

Ora, rileva anche sottolineare che una volta presentata la richiamata documentazione, il Comune interessato, previa indizione di una conferenza di servizi istruttoria (preliminare) e sempre in ipotesi di valutazione positiva, dichiarerà la proposta di pubblico interesse entro il termine di 90 giorni.

All’esito della dichiarazione di pubblico interesse ed effettuata eventualmente la gara, potrà essere presentato il progetto definitivo, da approvarsi definitivamente in conferenza di servizi, salvo l’individuazione di modifiche che si rendano eventualmente necessarie.

Il provvedimento di approvazione dovrà essere assunto entro il termine di 120 giorni dalla presentazione dello studio di fattibilità (180 giorni qualora sia richiesto l’intervento della Regione con atti di specifica competenza, ad esempio, in tema di varianti urbanistiche).

Illustrata sommariamente la successione delle fasi fondamentali attraverso cui deve svilupparsi la procedura, è opportuno riferire, sia pur in sintesi, anche in ordine ad alcuni ulteriori profili che la legislazione vigente in materia ha inteso disciplinare in maniera stringente.

Ad esempio, è stato previsto che il provvedimento assunto in via definitiva costituisca, nel contempo,  anche atto sostitutivo di ogni autorizzazione o permesso, comunque denominati, necessari alla realizzazione dell’opera e ne determini la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza.

In tal senso, la disciplina legislativa di nuova formulazione, disponendo che il provvedimento definitivo di cui trattasi possa configurarsi anche quale atto sostitutivo di ogni autorizzazione o permesso, comunque denominati, inclusa, quindi, la variante urbanistica, incide significativamente sulla possibilità di  mutare le previsioni contenute nei piani regolatori che, ad esempio, non consentano la realizzazione di un centro commerciale contiguo o nelle vicinanze dell’impianto sportivo.

Invero, se da un lato è indubbio che il provvedimento definitivo scaturisca all’esito di una conferenza di servizi decisoria indetta dalla Regione, dall’altro è altrettanto pacifico che la procedura sottesa a legittimare un’eventuale variante urbanistica è favorita proprio da una legge dello Stato; se così è, i dubbi di costituzionalità pregiudizievoli di una pacifica applicazione della norma statale, come da alcuni già osservato, si rivelerebbero oltremisura diffusi.

Tuttavia, detta forma di impasse potrebbe essere aggirata mediante l’emanazione di leggi regionali che recepiscano la normativa statale anche sotto il profilo urbanistico oppure ricorrendo alle ordinarie procedure di variante previste in ambito locale, o ancora, anche ricorrendo, se del caso, alla disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 304, Legge n. 147/2013 (cosiddetta Legge di stabilità), per la quale “resta salvo il regime di maggiore semplificazione previsto dalla normativa vigente”.

Per concludere, il nuovo provvedimento legislativo sull’impiantistica sportiva ha previsto anche che, in ipotesi di superamento dei termini stabiliti ex lege, il Presidente del Consiglio dei Ministri, all’esito di istanza ad hoc formulata dal soggetto proponente, assegnerà al Comune interessato il termine di ulteriori 30 giorni per assumere i provvedimenti necessari e, in difetto, il medesimo Presidente del Consiglio dei Ministri (o la Regione), relativamente agli impianti sportivi di maggiori dimensioni (con capienza superiore alle quattromila unità al coperto e alle ventimila unità allo scoperto) adotterà i provvedimenti necessari entro il termine di 60 giorni.

Nel caso di interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o su impianti sportivi pubblici esistenti, il progetto eventualmente approvato deve essere oggetto di opportuna procedura di evidenza pubblica.

Ad oggi, il rilancio dell’impiantistica sportiva non può prescindere dall’intervento di capitali privati il cui impiego non sarà adeguatamente effettuato se non alla luce di una valutazione che permetta di ottenere un certo equilibrio finanziario tra i costi di realizzazione e di gestione dell’impianto e dei proventi attesi; proventi che, peraltro, non possono più essere esclusivamente correlati alla vendita dei titoli di accesso allo spettacolo sportivo o ancora allo sfruttamento dei diritti connessi agli eventi sportivi, quali ad esempio, l’advertising (inserzioni pubblicitarie), i naming rights (i cosiddetti diritti di denominazione degli stadi, mediante cui viene individuata un’operazione di carattere finanziario, in sempre più costante diffusione in ambito calcistico europeo, in base alla quale una determinata società sportiva sostiene i costi di realizzazione o di ammodernamento del proprio impianto sportivo attingendo risorse attraverso la stipula di contratti pluriennali di sponsorizzazione ˗ accordi di title sponsorship o venue sponsorship ˗ con un investitore commerciale partner che, quale contropartita, acquisirà il diritto di denominare la struttura con il proprio brand) o il puring (somministrazione di alimenti e bevande in esclusiva).

Di contro, occorre procedere nella direzione di uno sviluppo sinergico della destinazione d’uso dell’impianto diversa da quella sportiva che privilegi, ad esempio, i servizi e il commercio.

La disciplina legislativa di nuova e recente introduzione, prescrivendo che lo studio di fattibilità (di cui in precedenza) può prevedere anche altri tipi di intervento purché “strettamente funzionali alla fruibilità dell’impianto e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa”, sembra essere orientata proprio verso la indicata prospettiva.