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Il nesso ‘difetto-danno’ nella responsabilità del produttore

Cassazione Civile, Sezione Terza, 26 giugno 2015, n. 13225
Il nesso ‘difetto-danno’ nella responsabilità del produttore
Il nesso ‘difetto-danno’ nella responsabilità del produttore

Abstract

L’aspirazione verso la creazione di un mercato comune in cui siano garantite la libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali, propria del processo di integrazione europea, ha comportato la necessità di armonizzare le discipline degli stati membri in materia di responsabilità derivante dai prodotti difettosi. L’Unione Europea ha ritenuto opportuno intervenire sia in un’ottica di prevenzione che in un’ottica di reazione, con delle discipline specifiche che sono state attuate nell’ordinamento nazionale: la prevenzione, attualmente, è contenuta negli articoli 102 e seguenti del Codice del Consumo, mentre la disciplina della reazione è contenuta negli articoli 114 e seguenti e concerne esattamente la responsabilità civile del produttore di merci difettose, intese come insicure. Da tempo si discute in dottrina circa la natura giuridica di tale responsabilità, se oggettiva ovvero aggravata da una presunzione di colpa a carico dei produttori; la sentenza che si intende prendere in considerazione muove dagli orientamenti consolidati nella giurisprudenza di legittimità sulla responsabilità del produttore, per poi concentrarsi sul significato del collegamento eziologico tra il difetto del prodotto ed il danno subito. Tale nesso, infatti, assunto dalla normativa come elemento costitutivo della responsabilità, è ispirato ad una logica di equilibrio del mercato, in quanto finalizzato a bilanciare due distinte esigenze: da un lato, la tutela dei soggetti deboli sui mercati e, dall’altro lato, la tutela dei soggetti che rendono possibile l’esistenza dei mercati mediante la produzione delle merci, ossia le imprese.

The european main objective to make the common market an area of freedom, security and justice, without internal frontiers, has involved the need for harmonization between different national regulations about the liability for defective products. The European Union has introduced a regulations both in the field of prevention and in the field of reaction, which have been implemented in our country in the Consumer Code: the prevention in the articles 102 and following and the reaction in the articles 114 and following. It is discussed in the interpretation if the liability of the producer is objective or aggravated by a presumption of negligence towards producer; the sentence in exam is focused on the connection between the flaw of the product and the damages. This connection, in fact, which is a structural element of the liability for defective products, is aimed at ensure the market balance.

1. Il quadro normativo

L’avvento del processo di integrazione europea ha determinato la necessità di armonizzare le discipline degli stati membri in materia di responsabilità derivante dai prodotti difettosi. Le istituzioni europee, in particolare, hanno dettato la disciplina in materia nella direttiva numero 374 del 1985, attuata in Italia con il Decreto del Presidente della Repubblica numero 224 del 1988: l’articolo 3 del decreto di attuazione definiva il produttore quale ‘fabbricante del prodotto finito o di una sua componente, produttore della materia prima, nonchè, per i prodotti agricoli del suolo e per quelli dell’allevamento, della pesca e della caccia, rispettivamente l’agricoltore, l’allevatore, il pescatore ed il cacciatore. Si considera produttore anche chi si presenti come tale apponendo il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto o sulla confezione. È sottoposto alla stessa responsabilità chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, importi nella Comunità Europea un prodotto per la vendita, la locazione, la locazione finanziaria, o qualsiasi altra forma di distribuzione e chiunque si presenti come importatore nella Comunità Europea apponendo il proprio il proprio nome, marchio altro segno distintivo sul prodotto o sulla confezione ’. L’intera disciplina è attualmente contenuta all’interno del Codice del Consumo (Decreto Legislativo numero 206/2005), in particolare nella Parte IV, denominata ‘Sicurezza e qualità’, negli articoli 114 e seguenti. Nella versione originaria dell’articolato normativo, non era presente la definizione di produttore, ma solo di prodotto difettoso. La lacuna è stata colmata nel 2007, quando il legislatore nazionale ha inserito la definizione di produttore, nell’articolo 115 comma 2 bis.; ‘Produttore, ai fini del presente titolo, è il fabbricante del prodotto finito o di una sua componente, il produttore della materia prima, nonchè, per i prodotti agricoli del suolo e per quelli dell’allevamento, della pesca e della caccia, rispettivamente l’agricoltore, l’allevatore, il pescatore e il cacciatore’. L’articolo 114 del Codice del Consumo statuisce solennemente la responsabilità del produttore per i danni derivanti da prodotto difettoso: per prodotto si intende qualsiasi bene mobile, anche se incorporato in un altro bene mobile o immobile, ivi compresa l’elettricità. L’articolo 117 chiarisce la nozione di difettosità: è difettoso il prodotto insicuro, ossia quello che non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere, considerando il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, l’uso a cui è destinato ed altre circostanze di circolazione del bene. La nozione di difettosità si presenta, pertanto, come relazionale, in quanto derivante da alcune variabili: nella attuale società tecnocratica non è parso ragionevole far discendere la responsabilità dalla mera presenza di un pericolo all’interno di un bene. Sono, infatti, numerose le attività intrinsecamente pericolose, ma lecite in quanto socialmente utili; parallelamente, molteplici sono i beni che possono presentare dei rischi intrinseci, ma che si rivelano innocui laddove correttamente costruiti ed altrettanto correttamente utilizzati.

La dottrina ha classificato le diverse tipologie di difetti di cui può essere affetto un prodotto insicuro: in primo luogo, un difetto di progettazione, laddove il prodotto non sia stato progettato secondo gli standard di sicurezza presenti al tempo della sua realizzazione; in secondo luogo, un difetto di fabbricazione, nelle ipotesi in cui uno o più esemplari del prodotto non siano stati realizzati in modo conforme alla progettazione e dunque risultino privi degli standard di sicurezza applicati alla linea di produzione; in terzo luogo, un difetto di informazione, limitato alla mancanza o falsità delle informazioni necessarie per un corretto e sicuro utilizzo del prodotto. La responsabilità del produttore, ad ogni modo, sorge solo se il prodotto insicuro è stato messo in circolazione (articolo 119).

2. La natura della responsabilità del produttore

Da sempre in dottrina si discute in ordine alla natura giuridica della responsabilità del produttore [ex multis: C. Castronovo, Problema e sistema del danno da prodotti, Milano, 1979; A. Gorassini, Contributo per un sistema della responsabilità del produttore, Milano, 1990; U. Carnevali, La responsabilità del produttore, Milano, 1974; G. Alpa-M. Bessone, La responsabilità del produttore, Milano, 1999]. Prima dell’armonizzazione europea, la giurisprudenza nazionale aveva avvertito la necessità di approntare una tutela giuridica specifica per gli acquirenti che asserivano di aver subito dei danni derivanti da prodotti rivelatisi difettosi: questi, infatti, avrebbero difficilmente ottenuto ristoro attraverso gli ordinari schemi giuridici previsti dal diritto comune. La disciplina dei vizi della cosa venduta, da un lato, può essere invocata soltanto nei rapporti con il venditore, quindi soltanto nelle ipotesi in cui il produttore coincide con la figura del venditore: essa, inoltre, implica la necessità per l’acquirente di provare che il vizio sia tale da rendere il bene inidoneo all’uso convenuto ovvero tale da diminuirne in modo apprezzabile il valore. Dall’altro lato, la disciplina della responsabilità extracontrattuale pone serie difficoltà probatorie, dovendo il danneggiato provare la colpa del soggetto che si assume quale danneggiante, ossia del produttore. La consapevolezza della necessità di un trattamento di favor nei confronti degli acquirenti si è palesata nel caso ‘Saiwa’, considerato leading case della responsabilità del produttore all’interno dell’ordinamento giuridico nazionale: in particolare, la Corte di Cassazione, a fronte di un’azione intentata da due coniugi contro il produttore dei noti biscotti risultati avariati, ha applicato lo schema giuridico offerto dall’articolo 2043 del codice civile con il correttivo di una presunzione di responsabilità a carico del produttore, basata su una massima di esperienza. Si sostenne che, una volta esclusa la responsabilità del dettagliante in ordine alla alterazione del prodotto (si trattava infatti di prodotto preconfezionato), il giudice di merito può ricollegare l’avaria del prodotto alla sua difettosa fabbricazione mediante un processo logico-presuntivo [sentenza della Corte di Cassazione numero 1270/1964: «Il dettagliante, il quale rivende generi alimentari contenuti in involucri sigillati così come li riceve dalla ditta fabbricante, non è responsabile dei danni causati dallingestione di detti prodotti risultati avariati, qualora si accerti che non ricorre alcuna sua colpa. Costituisce apprezzamento di fatto, non sottoposto a controllo di legittimità della Cassazione, il ricollegamento, attraverso un processo logico presuntivo del verificarsi dei danni sofferti dallacquirente di generi alimentari avariati alla condotta colposa della ditta fabbricante»].

La direttiva del 1985 aveva attribuito la facoltà agli stati membri di decidere se elaborare la responsabilità del produttore in termini di oggettività o meno. Al fine di comprendere la portata della scelta operata dal legislatore nazionale, giova analizzare le disposizioni normative del Codice del Consumo afferenti alla natura giuridica della responsabilità. Da un lato, l’articolo 120 si occupa degli oneri probatori e stabilisce che il danneggiato deve provare il difetto, il danno ed il nesso di causalità tra il difetto ed il danno: il difetto, in considerazione della definizione di prodotto difettoso, consiste nella prova della sua insicurezza. Dall’altro lato, l’articolo 118 introduce delle esimenti, che consentono al produttore di esonerarsi dalla responsabilità: in particolare, il fatto che egli non abbia messo in circolazione il prodotto; la circostanza per cui il difetto non esisteva al tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione; l’ipotesi in cui il difetto sia dovuto alla necessità di conformare il prodotto ad una norma giuridica imperativa; con riferimento ad un prodotto composto, l’accertamento che il difetto sia interamente dovuto alla materia prima ovvero ad altra componente del prodotto; infine, la prova del fatto che lo stato delle conoscenze esistenti al momento in cui il prodotto è stato messo in circolazione non consentisse di considerare difettoso il prodotto.

A fronte di un indirizzo dottrinale che ritiene che il legislatore nazionale abbia optato per una responsabilità oggettiva pura, l’opinione maggioritaria interpreta invece la scelta del legislatore in termini di responsabilità oggettiva mista e limitata. La natura mista, in primo luogo, si evince dall’inserimento della c.d. ‘state of art defence’ all’interno dell’articolo 118 lettera d): si tratta dell’esimente del rischio dello sviluppo, che il legislatore nazionale, come anche la maggior parte dei legislatori degli stati membri dell’unione europea, ha deciso di far incombere sugli acquirenti, in un’ottica di bilanciamento con la tutela dell’equilibrio di mercato e delle imprese. A fronte del solo difetto di progettazione, infatti, il produttore può dimostrare che non erano presenti sufficienti conoscenze scientifiche per ritenere insicuro il prodotto nel momento in cui è stato messo in circolazione: in tal modo si introduce nella disciplina una valutazione della diligenza del produttore. Con riferimento invece alle altre tipologie di difetto, ossia il difetto di fabbricazione ed i difetti informativi, la responsabilità del produttore si atteggia come relativamente oggettiva, poichè richiede la prova da parte del danneggiato di un elemento peculiare, consistente nel nesso eziologico tra il difetto del prodotto ed il danno arrecato.

3. Il nesso ‘difetto-danno’ 

La giurisprudenza nazionale ha avuto modo di approfondire l’elemento del nesso ‘difetto-danno’ all’interno della responsabilità del produttore. L’ultima occasione di riflessione è stata offerta dalla richiesta di un attore, il quale, dopo aver installato presso la propria ditta un bruciatore a gas, chiedeva all’impresa produttrice del bruciatore il risarcimento dei danni subiti in seguito allo scoppio dello stesso. La vicenda è stata definita con sentenza numero 13225 del 2015, in cui la III sezione civile della Corte di Cassazione ha fatto il punto sugli orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità in materia di responsabilità derivante da prodotto difettoso.

Dopo aver ricordato che la responsabilità del produttore non è una responsabilità oggettiva, bensì presunta [«La responsabilità del produttore ha natura presunta, e non oggettiva, poichè prescinde dall’accertamento della consapevolezza del produttore, non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un difetto del prodotto»], il Collegio si è soffermato sul contenuto dell’onere probatorio che il danneggiato deve assolvere. Questi, infatti, deve provare «il collegamento causale non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno». Giova soffermarsi sul contenuto dell’espressione utilizzata dalla legge e ripresa pedissequamente dalla giurisprudenza. La dottrina, infatti, ritiene che tale espressione sia la sintesi di due distinti concetti: da un lato il collegamento tra l’uso del prodotto che si assume difettoso ed il danno; dall’altro il nesso tra il difetto ed il danno. Con riferimento al primo nesso, il danneggiato deve dimostrare di aver fatto uso del prodotto; con riferimento al secondo nesso, il danneggiato deve provare che dall’uso normale del prodotto siano derivati dei danni. La fonte della responsabilità del produttore, infatti, non consiste nella mera difettosità del prodotto, bensì in una fattispecie complessa che risulta composta dall’uso normale del prodotto e dalla causazione di effetti dannosi. In altre parole, il danneggiato non può dolersi di una difettosità che sia rimasta latente e priva di conseguenze materiali ed è tenuto, pertanto, a dimostrare il collegamento causale tra gli effetti materiali anomali derivanti dall’uso normale del prodotto ed il danno subito alla sua integrità fisica ovvero ad altro bene materiale. Come si evince dalla giurisprudenza, tali oneri probatori a volte sono agevoli da assolvere mediante presunzioni, altre volte invece richiedono consulenze e perizie tecniche. Ad ogni modo, il collegamento tra il difetto ed il danno, conclude la III sezione della Corte di Cassazione, rappresenta «un prerequisito normativo costituente al contempo limite e fondamento della responsabilità del produttore», in quanto «il danno riportato non prova di per sè, nè direttamente nè indirettamente, il difetto».

Solo nelle ipotesi in cui il danneggiato riesca ad assolvere l’onere probatorio sopra descritto, viene a gravare sul produttore la dimostrazione della prova liberatoria, mediante una delle esimenti contenute nell’articolo 118.

4. Conclusioni

A ben vedere, la disciplina in materia di responsabilità del produttore per i prodotti difettosi rappresenta una tentativo di bilanciamento di diversi valori, dotati di pari considerazione all’interno dell’ordinamento europeo. Da un lato la tutela del soggetto debole sui mercati, quale proiezione contemporanea del principio classico di eguaglianza sostanziale; dall’altro, la tutela delle imprese e del mercato. Gli stati membri hanno dimostrato di aver intuito fin dal principio le implicazioni che avrebbero comportato sui mercati le scelte legislative in materia di responsabilità del produttore: quasi tutti gli stati, infatti, compresa l’Italia, hanno escluso un regime oggettivo tout court di responsabilità a carico del produttore, optando invece per un regime più articolato, caratterizzato sia da una presunzione di responsabilità che dalla necessità della prova di un nesso eziologico in grado di far emergere una negligenza professionale e di conseguenza di giustificare il sorgere della responsabilità del produttore.

Abstract

L’aspirazione verso la creazione di un mercato comune in cui siano garantite la libera circolazione delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali, propria del processo di integrazione europea, ha comportato la necessità di armonizzare le discipline degli stati membri in materia di responsabilità derivante dai prodotti difettosi. L’Unione Europea ha ritenuto opportuno intervenire sia in un’ottica di prevenzione che in un’ottica di reazione, con delle discipline specifiche che sono state attuate nell’ordinamento nazionale: la prevenzione, attualmente, è contenuta negli articoli 102 e seguenti del Codice del Consumo, mentre la disciplina della reazione è contenuta negli articoli 114 e seguenti e concerne esattamente la responsabilità civile del produttore di merci difettose, intese come insicure. Da tempo si discute in dottrina circa la natura giuridica di tale responsabilità, se oggettiva ovvero aggravata da una presunzione di colpa a carico dei produttori; la sentenza che si intende prendere in considerazione muove dagli orientamenti consolidati nella giurisprudenza di legittimità sulla responsabilità del produttore, per poi concentrarsi sul significato del collegamento eziologico tra il difetto del prodotto ed il danno subito. Tale nesso, infatti, assunto dalla normativa come elemento costitutivo della responsabilità, è ispirato ad una logica di equilibrio del mercato, in quanto finalizzato a bilanciare due distinte esigenze: da un lato, la tutela dei soggetti deboli sui mercati e, dall’altro lato, la tutela dei soggetti che rendono possibile l’esistenza dei mercati mediante la produzione delle merci, ossia le imprese.

The european main objective to make the common market an area of freedom, security and justice, without internal frontiers, has involved the need for harmonization between different national regulations about the liability for defective products. The European Union has introduced a regulations both in the field of prevention and in the field of reaction, which have been implemented in our country in the Consumer Code: the prevention in the articles 102 and following and the reaction in the articles 114 and following. It is discussed in the interpretation if the liability of the producer is objective or aggravated by a presumption of negligence towards producer; the sentence in exam is focused on the connection between the flaw of the product and the damages. This connection, in fact, which is a structural element of the liability for defective products, is aimed at ensure the market balance.

1. Il quadro normativo

L’avvento del processo di integrazione europea ha determinato la necessità di armonizzare le discipline degli stati membri in materia di responsabilità derivante dai prodotti difettosi. Le istituzioni europee, in particolare, hanno dettato la disciplina in materia nella direttiva numero 374 del 1985, attuata in Italia con il Decreto del Presidente della Repubblica numero 224 del 1988: l’articolo 3 del decreto di attuazione definiva il produttore quale ‘fabbricante del prodotto finito o di una sua componente, produttore della materia prima, nonchè, per i prodotti agricoli del suolo e per quelli dell’allevamento, della pesca e della caccia, rispettivamente l’agricoltore, l’allevatore, il pescatore ed il cacciatore. Si considera produttore anche chi si presenti come tale apponendo il proprio nome, marchio o altro segno distintivo sul prodotto o sulla confezione. È sottoposto alla stessa responsabilità chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, importi nella Comunità Europea un prodotto per la vendita, la locazione, la locazione finanziaria, o qualsiasi altra forma di distribuzione e chiunque si presenti come importatore nella Comunità Europea apponendo il proprio il proprio nome, marchio altro segno distintivo sul prodotto o sulla confezione ’. L’intera disciplina è attualmente contenuta all’interno del Codice del Consumo (Decreto Legislativo numero 206/2005), in particolare nella Parte IV, denominata ‘Sicurezza e qualità’, negli articoli 114 e seguenti. Nella versione originaria dell’articolato normativo, non era presente la definizione di produttore, ma solo di prodotto difettoso. La lacuna è stata colmata nel 2007, quando il legislatore nazionale ha inserito la definizione di produttore, nell’articolo 115 comma 2 bis.; ‘Produttore, ai fini del presente titolo, è il fabbricante del prodotto finito o di una sua componente, il produttore della materia prima, nonchè, per i prodotti agricoli del suolo e per quelli dell’allevamento, della pesca e della caccia, rispettivamente l’agricoltore, l’allevatore, il pescatore e il cacciatore’. L’articolo 114 del Codice del Consumo statuisce solennemente la responsabilità del produttore per i danni derivanti da prodotto difettoso: per prodotto si intende qualsiasi bene mobile, anche se incorporato in un altro bene mobile o immobile, ivi compresa l’elettricità. L’articolo 117 chiarisce la nozione di difettosità: è difettoso il prodotto insicuro, ossia quello che non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere, considerando il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, l’uso a cui è destinato ed altre circostanze di circolazione del bene. La nozione di difettosità si presenta, pertanto, come relazionale, in quanto derivante da alcune variabili: nella attuale società tecnocratica non è parso ragionevole far discendere la responsabilità dalla mera presenza di un pericolo all’interno di un bene. Sono, infatti, numerose le attività intrinsecamente pericolose, ma lecite in quanto socialmente utili; parallelamente, molteplici sono i beni che possono presentare dei rischi intrinseci, ma che si rivelano innocui laddove correttamente costruiti ed altrettanto correttamente utilizzati.

La dottrina ha classificato le diverse tipologie di difetti di cui può essere affetto un prodotto insicuro: in primo luogo, un difetto di progettazione, laddove il prodotto non sia stato progettato secondo gli standard di sicurezza presenti al tempo della sua realizzazione; in secondo luogo, un difetto di fabbricazione, nelle ipotesi in cui uno o più esemplari del prodotto non siano stati realizzati in modo conforme alla progettazione e dunque risultino privi degli standard di sicurezza applicati alla linea di produzione; in terzo luogo, un difetto di informazione, limitato alla mancanza o falsità delle informazioni necessarie per un corretto e sicuro utilizzo del prodotto. La responsabilità del produttore, ad ogni modo, sorge solo se il prodotto insicuro è stato messo in circolazione (articolo 119).

2. La natura della responsabilità del produttore

Da sempre in dottrina si discute in ordine alla natura giuridica della responsabilità del produttore [ex multis: C. Castronovo, Problema e sistema del danno da prodotti, Milano, 1979; A. Gorassini, Contributo per un sistema della responsabilità del produttore, Milano, 1990; U. Carnevali, La responsabilità del produttore, Milano, 1974; G. Alpa-M. Bessone, La responsabilità del produttore, Milano, 1999]. Prima dell’armonizzazione europea, la giurisprudenza nazionale aveva avvertito la necessità di approntare una tutela giuridica specifica per gli acquirenti che asserivano di aver subito dei danni derivanti da prodotti rivelatisi difettosi: questi, infatti, avrebbero difficilmente ottenuto ristoro attraverso gli ordinari schemi giuridici previsti dal diritto comune. La disciplina dei vizi della cosa venduta, da un lato, può essere invocata soltanto nei rapporti con il venditore, quindi soltanto nelle ipotesi in cui il produttore coincide con la figura del venditore: essa, inoltre, implica la necessità per l’acquirente di provare che il vizio sia tale da rendere il bene inidoneo all’uso convenuto ovvero tale da diminuirne in modo apprezzabile il valore. Dall’altro lato, la disciplina della responsabilità extracontrattuale pone serie difficoltà probatorie, dovendo il danneggiato provare la colpa del soggetto che si assume quale danneggiante, ossia del produttore. La consapevolezza della necessità di un trattamento di favor nei confronti degli acquirenti si è palesata nel caso ‘Saiwa’, considerato leading case della responsabilità del produttore all’interno dell’ordinamento giuridico nazionale: in particolare, la Corte di Cassazione, a fronte di un’azione intentata da due coniugi contro il produttore dei noti biscotti risultati avariati, ha applicato lo schema giuridico offerto dall’articolo 2043 del codice civile con il correttivo di una presunzione di responsabilità a carico del produttore, basata su una massima di esperienza. Si sostenne che, una volta esclusa la responsabilità del dettagliante in ordine alla alterazione del prodotto (si trattava infatti di prodotto preconfezionato), il giudice di merito può ricollegare l’avaria del prodotto alla sua difettosa fabbricazione mediante un processo logico-presuntivo [sentenza della Corte di Cassazione numero 1270/1964: «Il dettagliante, il quale rivende generi alimentari contenuti in involucri sigillati così come li riceve dalla ditta fabbricante, non è responsabile dei danni causati dallingestione di detti prodotti risultati avariati, qualora si accerti che non ricorre alcuna sua colpa. Costituisce apprezzamento di fatto, non sottoposto a controllo di legittimità della Cassazione, il ricollegamento, attraverso un processo logico presuntivo del verificarsi dei danni sofferti dallacquirente di generi alimentari avariati alla condotta colposa della ditta fabbricante»].

La direttiva del 1985 aveva attribuito la facoltà agli stati membri di decidere se elaborare la responsabilità del produttore in termini di oggettività o meno. Al fine di comprendere la portata della scelta operata dal legislatore nazionale, giova analizzare le disposizioni normative del Codice del Consumo afferenti alla natura giuridica della responsabilità. Da un lato, l’articolo 120 si occupa degli oneri probatori e stabilisce che il danneggiato deve provare il difetto, il danno ed il nesso di causalità tra il difetto ed il danno: il difetto, in considerazione della definizione di prodotto difettoso, consiste nella prova della sua insicurezza. Dall’altro lato, l’articolo 118 introduce delle esimenti, che consentono al produttore di esonerarsi dalla responsabilità: in particolare, il fatto che egli non abbia messo in circolazione il prodotto; la circostanza per cui il difetto non esisteva al tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione; l’ipotesi in cui il difetto sia dovuto alla necessità di conformare il prodotto ad una norma giuridica imperativa; con riferimento ad un prodotto composto, l’accertamento che il difetto sia interamente dovuto alla materia prima ovvero ad altra componente del prodotto; infine, la prova del fatto che lo stato delle conoscenze esistenti al momento in cui il prodotto è stato messo in circolazione non consentisse di considerare difettoso il prodotto.

A fronte di un indirizzo dottrinale che ritiene che il legislatore nazionale abbia optato per una responsabilità oggettiva pura, l’opinione maggioritaria interpreta invece la scelta del legislatore in termini di responsabilità oggettiva mista e limitata. La natura mista, in primo luogo, si evince dall’inserimento della c.d. ‘state of art defence’ all’interno dell’articolo 118 lettera d): si tratta dell’esimente del rischio dello sviluppo, che il legislatore nazionale, come anche la maggior parte dei legislatori degli stati membri dell’unione europea, ha deciso di far incombere sugli acquirenti, in un’ottica di bilanciamento con la tutela dell’equilibrio di mercato e delle imprese. A fronte del solo difetto di progettazione, infatti, il produttore può dimostrare che non erano presenti sufficienti conoscenze scientifiche per ritenere insicuro il prodotto nel momento in cui è stato messo in circolazione: in tal modo si introduce nella disciplina una valutazione della diligenza del produttore. Con riferimento invece alle altre tipologie di difetto, ossia il difetto di fabbricazione ed i difetti informativi, la responsabilità del produttore si atteggia come relativamente oggettiva, poichè richiede la prova da parte del danneggiato di un elemento peculiare, consistente nel nesso eziologico tra il difetto del prodotto ed il danno arrecato.

3. Il nesso ‘difetto-danno’ 

La giurisprudenza nazionale ha avuto modo di approfondire l’elemento del nesso ‘difetto-danno’ all’interno della responsabilità del produttore. L’ultima occasione di riflessione è stata offerta dalla richiesta di un attore, il quale, dopo aver installato presso la propria ditta un bruciatore a gas, chiedeva all’impresa produttrice del bruciatore il risarcimento dei danni subiti in seguito allo scoppio dello stesso. La vicenda è stata definita con sentenza numero 13225 del 2015, in cui la III sezione civile della Corte di Cassazione ha fatto il punto sugli orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità in materia di responsabilità derivante da prodotto difettoso.

Dopo aver ricordato che la responsabilità del produttore non è una responsabilità oggettiva, bensì presunta [«La responsabilità del produttore ha natura presunta, e non oggettiva, poichè prescinde dall’accertamento della consapevolezza del produttore, non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un difetto del prodotto»], il Collegio si è soffermato sul contenuto dell’onere probatorio che il danneggiato deve assolvere. Questi, infatti, deve provare «il collegamento causale non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno». Giova soffermarsi sul contenuto dell’espressione utilizzata dalla legge e ripresa pedissequamente dalla giurisprudenza. La dottrina, infatti, ritiene che tale espressione sia la sintesi di due distinti concetti: da un lato il collegamento tra l’uso del prodotto che si assume difettoso ed il danno; dall’altro il nesso tra il difetto ed il danno. Con riferimento al primo nesso, il danneggiato deve dimostrare di aver fatto uso del prodotto; con riferimento al secondo nesso, il danneggiato deve provare che dall’uso normale del prodotto siano derivati dei danni. La fonte della responsabilità del produttore, infatti, non consiste nella mera difettosità del prodotto, bensì in una fattispecie complessa che risulta composta dall’uso normale del prodotto e dalla causazione di effetti dannosi. In altre parole, il danneggiato non può dolersi di una difettosità che sia rimasta latente e priva di conseguenze materiali ed è tenuto, pertanto, a dimostrare il collegamento causale tra gli effetti materiali anomali derivanti dall’uso normale del prodotto ed il danno subito alla sua integrità fisica ovvero ad altro bene materiale. Come si evince dalla giurisprudenza, tali oneri probatori a volte sono agevoli da assolvere mediante presunzioni, altre volte invece richiedono consulenze e perizie tecniche. Ad ogni modo, il collegamento tra il difetto ed il danno, conclude la III sezione della Corte di Cassazione, rappresenta «un prerequisito normativo costituente al contempo limite e fondamento della responsabilità del produttore», in quanto «il danno riportato non prova di per sè, nè direttamente nè indirettamente, il difetto».

Solo nelle ipotesi in cui il danneggiato riesca ad assolvere l’onere probatorio sopra descritto, viene a gravare sul produttore la dimostrazione della prova liberatoria, mediante una delle esimenti contenute nell’articolo 118.

4. Conclusioni

A ben vedere, la disciplina in materia di responsabilità del produttore per i prodotti difettosi rappresenta una tentativo di bilanciamento di diversi valori, dotati di pari considerazione all’interno dell’ordinamento europeo. Da un lato la tutela del soggetto debole sui mercati, quale proiezione contemporanea del principio classico di eguaglianza sostanziale; dall’altro, la tutela delle imprese e del mercato. Gli stati membri hanno dimostrato di aver intuito fin dal principio le implicazioni che avrebbero comportato sui mercati le scelte legislative in materia di responsabilità del produttore: quasi tutti gli stati, infatti, compresa l’Italia, hanno escluso un regime oggettivo tout court di responsabilità a carico del produttore, optando invece per un regime più articolato, caratterizzato sia da una presunzione di responsabilità che dalla necessità della prova di un nesso eziologico in grado di far emergere una negligenza professionale e di conseguenza di giustificare il sorgere della responsabilità del produttore.