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Assegno unico: 30 euro in più per le famiglie con genitori che lavorano

Barche
Ph. Fabio Toto / Barche

Assegno unico: quali sono le novità?

L'Assegno unico e universale per ogni figlio a carico è un beneficio economico che lo Stato offrirà a tutte le famiglie per ogni figlio a carico, sulla base dell'Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) del nucleo familiare di appartenenza, con criteri di universalità e progressività. Le famiglie potranno beneficiare dell'assegno o nella forma di credito d'imposta, o di erogazione mensile di una somma in denaro.

L'istituzione dell'assegno è uno degli interventi previsti dalla nuova riforma delle politiche della famiglia, conosciuta anche con il nome di "Family Act".

Con l'introduzione dell'assegno e la riorganizzazione dei benefici economici esistenti per le famiglie con figli, il Governo intende: favorire la natalità, sostenere la genitorialità e promuovere l'occupazione, in particolare quella femminile.

Ed è proprio alla realizzazione di quest’ultimo obiettivo che tenderebbe la previsione, in favore delle famiglie con entrambi i genitori che lavorano, di una maggiorazione sul contributo di circa 30 euro.


Assegno unico: come funziona

È la legge delega n. 49/2021 a contenere i primi punti fermi sull’assegno unico: dal 2022 spetterà alle famiglie con figli fino a 21 anni e l’importo riconosciuto sarà calcolato in base al valore dell’ISEE, all’età e al numero dei figli a carico.

L'ammontare dell'assegno dovrà essere modulato sulla base della condizione economica del nucleo familiare, come individuata attraverso l'indicatore della situazione economica equivalente (Isee) o sue componenti, tenendo conto dell'età dei figli a carico e dei possibili effetti di disincentivo al lavoro per il secondo percettore di reddito nel nucleo familiare.

Sarà previsto un importo maggiorato rispetto agli importi standard in misura non inferiore al 30 per cento e non superiore al 50 per cento per ciascun figlio con disabilità, con maggiorazione graduata secondo le classificazioni della condizione di disabilità. L'assegno sarà riconosciuto anche dopo il compimento dei 21 anni età, qualora il figlio con disabilità risulti ancora a carico.

Con l’introduzione dell’assegno unico spariranno, inoltre, molte delle agevolazioni alle famiglie ad oggi vigenti.

Nel dettaglio, l’assegno unico porterà al graduale superamento o soppressione delle seguenti agevolazioni: assegni familiari per i nuclei composti da almeno tre figli minori, bonus bebé, bonus mamme domani, detrazioni fiscali per i figli a carico, assegni al nucleo familiare (ANF). Non dovrebbe, inveece, venir meno invece il bonus asilo nido.

L'assegno sarà inoltre pienamente compatibile con la fruizione del reddito di cittadinanza, non sarà considerato per la richiesta e per il calcolo delle prestazioni sociali agevolate, dei trattamenti assistenziali e di altri benefìci e prestazioni sociali previsti da altre norme in favore dei figli con disabilità. Anche le borse di lavoro volte all'inclusione o all'avvicinamento in attività lavorative di persone con disabilità non saranno considerate ai fini dell'accesso all'assegno e per il suo calcolo.
 

Assegno unico: maggiorazione di 30 euro per il secondo percettore di reddito

Secondo alcune indiscrezioni l’assegno unico e universale per i figli under 21 introdurrà anche una maggiorazione per il secondo percettore di reddito, in modo tale da non disincentivare il lavoro femminile.

Le neo-mamme continuano a lasciare il mondo del lavoro per i carichi familiari. Dai dati dell’ispettorato nazionale del lavoro emerge che nel 2020 ci sono state 42.000 dimissioni di genitori di bambini da zero a tre anni. Un numero ancora alto ma in flessione del 18% rispetto al 2019. 

Nel 77,4% dei casi si tratta di dimissioni di donne. La condizione di genitorialità ha strutturalmente un impatto diverso sulla partecipazione al mercato del lavoro di uomini e donne. Sussiste infatti una relazione tra la diminuzione degli indicatori relativi alla partecipazione e all’occupazione in coincidenza della maternità e in relazione al numero dei figli: in presenza di figli la partecipazione maschile aumenta e quella femminile si riduce” scrive l’Inl.

Esiste dunque una profonda differenza di genere nel dato relativo alle motivazioni in quanto la difficoltà di esercizio della genitorialità in maniera compatibile con la propria occupazione è quasi esclusivamente femminile. Si legge, infatti, nel rapporto che: “Le segnalazioni di difficoltà di conciliazione per ragioni legate ai servizi di cura o ragioni legate all’organizzazione del lavoro, infatti, riguardano donne in una percentuale tra il 96% e il 98%. La prevalente motivazione delle convalide riferite a uomini è invece il passaggio ad altra azienda“.