x

x

Art. 43

Motivi aggiunti

1. I ricorrenti, principale e incidentale, possono introdurre con motivi aggiunti nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, ovvero domande nuove purché connesse a quelle già proposte. Ai motivi aggiunti si applica la disciplina prevista per il ricorso, ivi compresa quella relativa ai termini.

2. Le notifiche alle controparti costituite avvengono ai sensi dell’articolo 170 del codice di procedura civile.

3. Se la domanda nuova di cui al comma 1 è stata proposta con ricorso separato davanti allo stesso tribunale, il giudice provvede alla riunione dei ricorsi ai sensi dell’articolo 70.

Bibliografia. R. Chieppa (a cura di), Codice del Processo Amministrativo, Giuffè, Milano, 2017. F. Caringella, M. Protto, Codice del Nuovo Processo Amministrativo, Dike, Roma, 2010. A. Police, Processo Amministrativo, Ipsoa, Assago, 2013; M.A. Sandulli, Il nuovo processo amministrativo, Giuffre’, Milano, 2013; A. Liberati, Il processo innanzi ai Tribunali Amministrativi Regionali, Cedam, Padova, 2006; M.P. Chiti, L’introduzione del giudizio, in A. Sandulli (a cura di), Diritto Processuale Amministrativo, in S. Cassese (diretto da), Corso di Diritto Amministrativo, Giuffrè, Milano, 2013. R. Villata

 

Sommario. I motivi aggiunti: nozione e distinzioni. 2. Rapporto tra ricorso principale e motivi aggiunti. 2.1. Ricorso principale e motivi aggiunti propri. 2.2. Ricorso principale e motivi aggiunti impropri. 3. Facoltà di scelta tra motivi aggiunti (impropri) e ricorso autonomo. casi di obbligatorietà dei motivi aggiunti. 4. I contenuti e i requisiti formali dei motivi aggiunti. 5. Non necessità di un’autonoma ed ulteriore procura alle liti. Precisazioni. 6. Legittimazione attiva, legittimazione passiva, principio di identità delle parti e suoi temperamenti. 7. Notifica dei motivi aggiunti. 8. Termine per la proposizione dei motivi aggiunti. 9. Deposito dei motivi aggiunti. 10. Motivi aggiunti e ricorso ’al buio’. 11. Motivi aggiunti e motivazione postuma. 12. Motivi aggiunti e competenza. 13. Motivi aggiunti, camera di consiglio e udienza di discussione. 14. Motivi aggiunti e passaggio in decisione. 15. Motivi aggiunti e sentenza in forma semplificata. 16. Motivi aggiunti e conversione del rito. 17. Motivi aggiunti nel rito elettorale

 

1. I motivi aggiunti: nozione e distinzioni

I motivi aggiunti rappresentano uno strumento che ha la funzione tipica di realizzare una concentrazione processuale, mediante l’estensione dell’oggetto del giudizio ed evitando per tale via la dispersione di questioni strettamente correlate (Cons. St., Sez. IV, 27 aprile 2012, n. 2484. Cfr. anche Tar Puglia, Bari, Sez. III, 9 gennaio 2013, n. 3: “Nel processo amministrativo il presupposto necessario per la proposizione di motivi aggiunti, ai fini della deduzione di ulteriori vizi di legittimità dell’atto impugnato, consiste nell’ignoranza dei vizi stessi al momento della proposizione del ricorso introduttivo, non imputabile al deducente e riconducibile a comportamenti delle controparti, come il deposito di nuovi atti in corso di causa, oppure l’emersione aliunde di fatti o di circostanze nuove e significative, in precedenza non conosciuti, né conoscibili”. Definizione, invero, non compatibile con i motivi aggiunti c.d. tempestivi, di cui si dirà tra breve). Sono detti “propri” i motivi aggiunti che determinano l’introduzione di ulteriori motivi a sostegno delle domande già proposte (ampliando così la causa petendi, senza modificare le conclusioni rassegnate. Un caso tipico di motivi aggiunti propri si configura in caso di deduzione di vizi dei provvedimenti originariamente impugnati per effetto di dichiarazioni di incostituzionalità sopravvenute. Cfr. Cons. St., Sez. IV, 3 marzo 2014, n. 993); sono detti “impropri” i motivi aggiunti che introducono nuove domande connesse a quelle già proposte (ampliando, dunque, il petitum). In questa seconda categoria rientrano anche i motivi aggiunti che introducono nuove azioni connesse, come nel caso di addizione della domanda risarcitoria, espressamente previsto dall’articolo 30, comma 5, CPA. Nei motivi aggiunti impropri, la connessione va valutata “senza formalismi” (Cons. St., Sez. IV, 20 dicembre 1996, n. 1311) e sussiste quando le vicende investono il medesimo bene della vita, sicché essa può configurarsi anche nel caso di impugnazione di atti emanati da autorità diverse da quella evocata nel ricorso principale, che comunque attengano alla cura del medesimo interesse pubblico (Cons. St., Sez. VI, 2 novembre 2003, n. 7632. Ad esempio, è stata riconosciuta la connessione anche tra il ricorso principale e l’atto del Segretario Generale del Tar Trentino Alto Adige con cui si richiede al difensore del ricorrente di integrare il pagamento del contributo unificato, ritenendo legittima la proposizione di motivi aggiunti avverso tale atto. Cfr. Tar Trentino Alto Adige, Trento, Sez. I, 29 gennaio 2014, n. 23). 

Ulteriori distinzioni si basano sui criteri:

1) della conoscenza originaria del vizio dedotto: in tal senso si distingue tra motivi aggiunti tempestivi, che intervengono prima della scadenza dei termini di impugnazione del provvedimento già impugnato con il ricorso principale (integrandone così le censure); successivi, che denunciano vizi del provvedimento originario conosciuti solo successivamente; estensivi, che introducono nel giudizio l’impugnazione di ulteriori atti, precedenti alla proposizione del ricorso ma non conosciuti dalle parti ricorrenti, ed ampliativi, con cui l’oggetto dell’impugnativa viene esteso ad altri atti connessi a quello originariamente impugnato, adottati fra le stesse parti in pendenza del giudizio;

2) del grado di conoscenza originaria del vizio dedotto: in tal senso si distingue tra aggiunzioni proprie ed aggiunzioni improprie. Le aggiunzioni proprie ricorrono nel caso di conoscenza incompleta dei vizi, allorché siano proposte solo parte delle censure note, in forma completa; le aggiunzioni improprie ricorrono, invece, nel caso in cui la decorrenza del termine per impugnare sia iniziata quando ancora nessun vizio era deducibile, vale a dire nel caso, già visto in precedenza, del c.d. “ricorso al buio”, ossia quando siano noti gli effetti lesivi dell’atto ma risultino ignoti tutti i profili di illegittimità, sicché la proposizione del ricorso ha la sola funzione di interrompere il termine di decadenza.

 

2. Rapporto tra ricorso principale e motivi aggiunti 

Il rapporto tra motivi aggiunti e ricorso principale si configura in modalità molto differenti per i motivi aggiunti propri e per i motivi aggiunti impropri.

2.1. Ricorso principale e motivi aggiunti propri

Il rapporto tra motivi aggiunti propri e ricorso principale si configura in termini di stretta dipendenza, a tal punto che la proposizione di motivi aggiunti propri rappresenta un vero e proprio onere per la parte ricorrente. Difettando l’autonomia dei motivi aggiunti propri, non è prevista la possibilità di scelta tra detti motivi aggiunti e ricorso autonomo, in quanto essi costituiscono a tutti gli effetti una integrazione della domanda originaria. Corollario di tale principio è la possibilità, prevista dall’articolo 104, comma 3, CPA, di proporre motivi aggiunti direttamente in appello nel caso in cui il ricorrente venga a conoscenza di documenti non prodotti dalle altre parti nel giudizio di primo grado, da cui emergano vizi degli atti o dei provvedimenti amministrativi già impugnati.

Per i motivi aggiunti propri, la mancanza di nuove domande rende inapplicabile la disposizione di cui all’articolo 13, comma 6-bis, Decreto Legislativo n. 113/2002, sicché non sarà dovuto il contributo unificato.

 

2.2. Ricorso principale e motivi aggiunti impropri

Nell’azione di annullamento, la proposizione di motivi aggiunti impropri si rende necessaria in tutti i casi in cui la proposizione del ricorso principale non determini la caducazione automatica degli atti e provvedimenti conseguenti. Più in generale, il rapporto tra motivi aggiunti impropri e ricorso principale si configura in termini di tendenziale autonomia, nel senso che la loro sopravvivenza è assicurata nella misura in cui essi facciano valere illegittimità autonome anziché derivate da quelle che affliggono l’atto impugnato con il ricorso originario. Tale autonomia determina una altrettanto tendenziale equivalenza rispetto al ricorso principale, alle cui vicende (es.: perenzione, estinzione, inammissibilità, irricevibilità, rigetto) i motivi aggiunti sono indifferenti. Ne deriva, ulteriormente, che il Tar adito debba esaminare i motivi aggiunti indipendentemente dalle sorti del ricorso principale (di qui l’importanza che i motivi aggiunti impropri, anche sul piano formale, presentino gli stessi requisiti previsti per il ricorso principale).

Proprio in ragione della autonomia rispetto al ricorso principale, per i motivi aggiunti impropri è richiesto il versamento del contributo unificato ex articolo 13, comma 6-bis, Decreto Legislativo n. 113/2002.

 

3. Facoltà di scelta tra motivi aggiunti (impropri) e ricorso autonomo. casi di obbligatorietà dei motivi aggiunti

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza (cfr., ex plurimis, Cons. St., Sez. V, 20 dicembre 2013, n. 6131), proprio in ragione della loro astratta capacità di generare un rapporto processuale a sé stante, i motivi aggiunti impropri costituiscono una facoltà e non un obbligo, sicché al loro posto può essere esperito un autonomo ricorso, fermo restando che, ai sensi dell’articolo 43, comma 3, CPA, nell’ipotesi in cui una domanda nuova venga introdotta con ricorso separato, il giudice può provvedere alla riunione ex articolo 70 CPA. Costituisce eccezione alla regola la disposizione di cui all’articolo 120, comma 5, CPA, a mente del quale, nelle controversie concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, i nuovi atti attinenti la procedura per cui è causa devono essere sempre impugnati con motivi aggiunti.

 

4. I contenuti e i requisiti formali dei motivi aggiunti 

In forza del richiamo alla disciplina del ricorso contenuto nell’articolo 43, comma 1, CPA, si applicano ai motivi aggiunti le disposizioni di cui all’articolo 40 CPA, per quanto concerne i contenuti e i requisiti formali, salve le precisazioni che si svolgeranno di seguito.

 

5. Non necessità di un’autonoma ed ulteriore procura alle liti. Precisazioni

Non occorre di regola il conferimento di autonoma procura alle liti, in quanto quella rilasciata per la proposizione del ricorso principale o incidentale si presume conferita anche per i motivi aggiunti, salvo che in essa sia diversamente disposto (articolo 24 CPA). Va comunque ricordato che, per quanto riguarda i motivi aggiunti impropri, sia la conversione di questi ultimi in ricorso autonomo, sia la loro sopravvivenza a vicende estintive o patologiche del ricorso principale, dipendono anche dall’autosufficienza formale dei motivi aggiunti: ciò, secondo parte della dottrina, rende consigliabile, in prospettiva cautelativa, l’acquisizione di una nuova procura ogniqualvolta si intenda proporre motivi aggiunti impropri, pur alla luce dell’articolo 24 del Codice. Per le stesse ragioni, e nel caso di persone giuridiche, la giurisprudenza ha talvolta ritenuto necessaria una nuova procura allorché, dopo la proposizione del ricorso principale, sia mutato il soggetto munito di rappresentanza legale (cfr. Cons. St., Sez. IV, 11 novembre 2011, n. 5985; Cons. St., Sez. IV, 27 dicembre 2004, n. 8205; Cons. St., Sez. VI, 29 novembre 2006, n. 6990). Va infine segnalato l’orientamento secondo cui il vizio riguardante la procura speciale nell’atto introduttivo del giudizio può considerarsi sanato ove la procura speciale sia inserita nel successivo atto di motivi aggiunti dalla costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza (così, ad esempio, Tar Abruzzo, Pescara, Sez. I, 22 maggio 2014, n. 229).

 

6. Legittimazione attiva, legittimazione passiva, principio di identità delle parti e suoi temperamenti

La legittimazione attiva alla proposizione di motivi aggiunti spetta esclusivamente al ricorrente principale, e – come chiarito dall’articolo 43 CPA – al ricorrente incidentale. È stata riconosciuta la possibilità di formulare motivi aggiunti anche in via incidentale, da parte del ricorrente principale, al fine di paralizzare gli effetti, e con essi l’interesse, alla proposizione del ricorso incidentale (cfr. Tar Sicilia, Catania, Sez. I, 15 maggio 2000, n. 922). 

Vale anche per i motivi aggiunti la possibilità che essi siano proposti in forma collettiva o cumulativa. Al riguardo la giurisprudenza ha chiarito che, in caso di ricorso proposto in forma collettiva, i motivi aggiunti debbano essere proposti, a pena di inammissibilità, da tutti i soggetti originari ricorrenti (cfr. Tar Sardegna, Sez. I, 14 gennaio 2011, n. 28).

Dal lato della legittimazione passiva, e nel caso di motivi aggiunti impropri, venendo in questione una connessione, può spesso verificarsi che le parti coinvolte dalla prima e dalla seconda domanda non siano le stesse: ciò avviene, in primo luogo, ove risulti necessario estendere l’impugnazione ad atti adottati da diverse amministrazioni. La giurisprudenza ha chiarito, al riguardo, che il requisito della identità delle parti deve essere inteso in senso lato, pertanto ove sussistano profili di connessione tra i provvedimenti in quanto inerenti alla stessa vicenda procedimentale e al medesimo bene della vita a cui aspira la parte privata i motivi aggiunti devono ritenersi ammissibili anche se il provvedimento a cui viene estesa l’impugnazione proviene da un’amministrazione diversa (cfr. Cons. St., Sez. VI, 22 ottobre 2002, n. 5813). Ovviamente, in caso di estensione dell’impugnazione ad atti di amministrazioni diverse da quelle già evocate in giudizio, è necessario che il ricorso ed i motivi aggiunti vengano ad esse notificati (cfr. Cons. St., Sez. VI, 10 aprile 2012, n. 2060).

Parimenti può verificarsi la necessità di estendere l’impugnazione ai c.d. controinteressati successivi, rimasti estranei al rapporto processuale inizialmente instaurato. In tale ipotesi la giurisprudenza si è chiesta se sia sufficiente notificare al controinteressato successivo i soli motivi aggiunti ovvero sia necessario notificare, in uno con i motivi aggiunti, anche il ricorso principale. Al riguardo, il Consiglio di Stato ha ritenuto sufficiente la notifica dei motivi aggiunti ove nel testo dell’atto siano riprodotte le censure già dedotte e le domande già proposte, comunque permettendo alle nuove parti di replicare anche su tali profili (Cons. St., Sez. III, 17 agosto 2011, n. 4792).

 

7. Notifica dei motivi aggiunti 

La notifica dei motivi aggiunti deve avvenire con le stesse modalità previste per la notifica del ricorso principale. Se però al momento della notifica dei motivi aggiunti vi sono parti costituite, si applica l’articolo 170 c.p.c. (richiamato dall’articolo 43 CPA), sicché essa va effettuata al procuratore costituito e presso il domicilio eletto

In ogni caso, ove la notificazione dei motivi aggiunti venga effettuata dal difensore ai sensi della legge n. 53/1994, essendo il rapporto processuale già instaurato, trova applicazione l’articolo 3, comma 2, seconda parte, della medesima legge, a mente del quale, per le notificazioni effettuate in corso di procedimento, l’avviso di ricevimento dovrà indicare anche l’ufficio giudiziario e, quando esiste, la sezione dello stesso. Infine, per le modifiche in modalità telematica, si applica l’articolo 3-bis, comma 6, della stessa legge, a mente del quale per le notificazioni effettuate in corso di procedimento deve, inoltre, essere indicato l’ufficio giudiziario, la sezione, il numero e l’anno di ruolo. Secondo un orientamento giurisprudenziale, in caso di motivi aggiunti impropri, ove essi siano stati introdotti irritualmente perché notificati personalmente alla parte anziché al procuratore costituito, tale irritualità non determina necessariamente l’inammissibilità dei motivi aggiunti ove essi presentino i requisiti di forma ex articolo 40 CPA per essere convertiti in autonomo gravame. Al riguardo Tar Sicilia, Palermo, Sez. I, 15 maggio 2014, n. 1244 ha osservato “risulterebbe illogico dichiarare inammissibile un ricorso che, se proposto in via autonoma, poteva essere riunito e deciso con un’unica sentenza”, tenuto conto che la nuova domanda avrebbe potuto essere proposta anche con ricorso separato. Nello stesso senso Tar Calabria, Catanzaro, Sez. I, 9 maggio 2012, n. 434: “Una volta radicato il contraddittorio nei confronti dell’Amministrazione e una volta che questa si sia costituita in giudizio a mezzo di difensore, il ricorso per motivi aggiunti segue il procedimento per la proposizione del ricorso principale e, quindi, richiede la notifica presso il difensore stesso nel domicilio eletto, ma, nel caso specifico, poiché il ricorso per motivi aggiunti risulta essere stato proposto avverso un sopravvenuto provvedimento, l’impugnativa può essere considerata alla stregua di un ricorso autonomo, del quale conserva, in ogni caso, i requisiti di sostanza e di forma, essendo stato proposto con atto sottoscritto da difensore munito di nuovo mandato e notificato agli enti locali interessati entro il termine decadenziale. In quest’ultimo caso, dunque, il ricorso per motivi aggiunti, ancorché unito a quello principale, può seguire il procedimento per la proposizione di un autonomo ricorso e quindi può essere notificato in modo irrituale presso la sede legale dell’Amministrazione intimata e non presso il procuratore costituito”. Di diverso avviso Tar Lazio, Latina, Sez. I, 18 settembre 2013, n. 718: “I motivi aggiunti devono essere notificati, a pena di inammissibilità, presso il procuratore costituito, come prescritto dal comma 2 dell’articolo 43 CPA, che richiama sul punto l’articolo 170 c.p.c.; invero, in presenza di un dettato normativo di indubbio tenore — come dimostrato dall’utilizzo, nel comma 2 dell’articolo 43 cit., dell’espressione “le notifiche…avvengono”, anziché “le notifiche…possono avvenire”, non può condividersi il diverso indirizzo giurisprudenziale che ammette la notificazione dei motivi aggiunti presso la sede legale dell’Ente, in applicazione del principio del raggiungimento dello scopo ex articolo 156 comma 3 c.p.c., richiamato dal successivo articolo 160 c.p.c. in tema di nullità della notificazione”.

 

8. Termine per la proposizione dei motivi aggiunti

Il termine per la proposizione dei motivi aggiunti è lo stesso previsto per il ricorso principale, sicché, anche nel caso del rito abbreviato previsto dall’articolo 119 CPA, non opera la dimidiazione.

Per quanto concerne, invece, il dies a quo per la proposizione di motivi aggiunti, valgono le stesse regole già viste per il ricorso principale. Peraltro, si registrano tre differenti orientamenti relativi al caso in cui i motivi aggiunti siano proposti a seguito del deposito in giudizio di atti in precedenza non conosciuti. Secondo un primo orientamento, il termine per la proposizione dei motivi aggiunti non decorrerebbe dal mero deposito dell’atto in giudizio, ma dal momento in cui la parte, a seguito del deposito, ne abbia avuto, di persona, piena conoscenza (Cons. St., Sez. V, 12 maggio 2011, n. 2846; Sez. V, 20 ottobre 2010, n. 7574; Sez. IV, 10 aprile 2008, n. 1556; Sez. IV, 7 settembre 2009, n. 4725; Tar Lazio, Latina, Sez. I, 8 aprile 2014, n. 294). Un secondo orientamento, invece, identifica il dies a quo con il momento del deposito dell’atto in giudizio, identificando la conoscenza da parte del difensore con la conoscenza in capo alla parte, in ragione dei poteri di rappresentanza che al primo vengono conferiti mediante il rilascio della procura e della non necessità di una seconda procura per la proposizione dei motivi aggiunti: circostanze che, secondo tale impostazione, rimetterebbero esclusivamente al difensore la scelta in merito alla proposizione di motivi aggiunti (Cons. St., Sez. IV, 25 giugno 2019, n. 4354, Tar Lombardia, Milano, Sez. I, 21 febbraio 2020, n.358, Tar Lombardia, Milano, Sez. III, 30 febbraio 2012, n. 321; Tar Umbria, 13 settembre 2009, n. 294; Tar Piemonte, Sez. II, 1 agosto 2011, n. 898; Tar Lazio, Roma, Sez., I, 8 novembre 2010, n. 33223; Tar Piemonte, Sez. I, 8 gennaio 2014, n. 25). Secondo un terzo orientamento, il termine per la presentazione di motivi aggiunti decorre dalla data di deposito nel caso in cui i documenti siano stati depositati in giudizio nel rispetto dei relativi termini, poiché in tal caso è configurabile un onere del ricorrente di accertare in segreteria il deposito; al contrario, quando non siano stati osservati i termini per il deposito, il dies a quo per la proposizione di motivi aggiunti sarebbe legato alla effettiva conoscenza del deposito (cfr. Tar Veneto, Sez. III, 4 aprile 2014, n. 467).

Al di fuori dell’ipotesi dei motivi aggiunti scaturenti da atti depositati in giudizio, può verificarsi che la conoscenza degli ulteriori atti da cui emerge la necessità di proporre la nuova domanda o integrare le domande già proposte sia riconducibile all’esercizio del diritto di accesso ex articoli 22 ss. legge n. 241/1990, corrispondente, dal lato passivo, ad un obbligo dell’amministrazione, al cui ritardato adempimento lo strumento dei motivi aggiunti ha proprio la funzione di soccorrere.

Al riguardo va comunque precisato che il concetto di conoscenza del provvedimento ai fini della proposizione dei motivi aggiunti impropri si identifica con la conoscenza della esistenza e della lesività del contenuto dispositivo del provvedimento.

Da ultimo, la proponibilità di motivi aggiunti incontra un limite nel principio di conoscibilità in concreto degli atti amministrativi, e nel correlativo onere per il ricorrente di avvalersi tempestivamente degli strumenti approntati a tale scopo dall’ordinamento, secondo i canoni di diligenza che impongono di agire a propria tutela senza ingiustificate dilazioni.

 

9. Deposito dei motivi aggiunti 

In quanto atti soggetti a preventiva notificazione, i motivi aggiunti devono essere depositati in segreteria nel termine di trenta giorni dalla notificazione, ai sensi dell’articolo 45 CPA, salvi i casi di dimidiazione previsti dagli articoli 119 e 87 CPA

Anche al deposito dei motivi aggiunti si applicano le disposizioni sul PAT.

 

10. Motivi aggiunti e ricorso ’al buio’

In correlazione al termine per la proposizione del ricorso principale, va ricordata anche la sentenza della Corte di giustizia UE, Sez. V, 8 maggio 2014 (C-161/2013), secondo cui lo strumento processuale dei motivi aggiunti non costituisce sempre una valida alternativa alla riapertura del termine per proporre il ricorso principale, proposto contro l’aggiudicazione definitiva, in quanto, seguendo tale impostazione, “gli offerenti sarebbero costretti a impugnare ’in abstracto’ la decisione di aggiudicazione dell’appalto, senza conoscere, in quale momento, i motivi che giustificano tale ricorso”. Si rinvia, al riguardo, a quanto esposto in precedenza a proposito del ricorso ’al buio’.

 

11. Motivi aggiunti e motivazione postuma

Va segnalato che, secondo un orientamento emerso tra i giudici amministrativi di primo grado, dato il carattere non assoluto del divieto di motivazione postuma ex articolo 21-octies legge n. 241/1990, i motivi aggiunti rappresentano lo strumento processuale atto a contestare la fondatezza degli elementi eventualmente dedotti tramite l’atto di integrazione della motivazione (Tar Campania, Napoli, Sez. VIII, 14 maggio 2014, n. 2655; Tar Marche, Sez. Unica, 3 luglio 2014, n. 668). 

 

12. Motivi aggiunti e competenza

I motivi aggiunti devono essere proposti dinnanzi al Tribunale adito con il ricorso principale o incidentale, salvo che la nuova domanda rientri nella competenza (territoriale o funzionale) del Tar Lazio ovvero nella competenza funzionale di altro Tar. In tal caso, secondo l’opinione prevalente, l’intero giudizio viene infatti attratto nella competenza del Tar Lazio o dell’altro Tar funzionalmente competente, in applicazione analogica dell’articolo 42, comma 4, CPA.

In merito, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha ritenuto che la competenza territoriale per il giudizio conseguente all’impugnativa di un atto con effetti ultraregionali debba prevalere anche sulla competenza funzionale prevista per il giudizio conseguente all’impugnativa sull’atto applicativo, nel caso in cui il ricorrente, a seguito della impugnazione di una informativa prefettizia, intenda successivamente impugnare con motivi aggiunti gli atti conseguentemente assunti dalla stazione appaltante (Cons. St., Ad. Plen., 31 luglio 2014, n. 17. Si veda però anche Cons. St., Ad. Plen., 20 novembre 2013, n. 29: “In presenza di profili di connessione con il giudizio già instaurato, alla stregua dei principii della concentrazione e della pregiudizialità cronologica e logico-giuridica, deve affermarsi l’attrazione del ricorso per motivi aggiunti, con il quale sia impugnato un atto sopravvenuto nel corso del giudizio stesso, alla competenza cognitoria del Tar già adito; in particolare, l’atto applicativo, o consequenziale, rientrante nella competenza di un determinato Tar sulla base degli ordinari criteri di cui all’articolo 13 CPA, risulterà attratto per connessione in quella del Tar competente, sulla base degli stessi criteri, per l’atto presupposto già fatto oggetto di impugnazione; a tale principio fa eccezione la sola ipotesi in cui l’atto sopravvenuto nel corso del giudizio sul primo rientri in una delle tipologie di competenza funzionale, di cui all’articolo 14 CPA, la cui particolare valenza comporta l’inapplicabilità ad esse delle regole di spostamento per ragioni di connessione. Dunque, in caso di sopravvenuta impugnazione dell’atto connesso – o, meglio, di introduzione nel processo pendente di una nuova e più ampia azione, connessa alla prima esercitata – si deve ritenere che la competenza relativa all’atto applicativo impugnato con motivi aggiunti – che non sono configurabili come autonomo atto impugnatorio e non fanno le veci di un separato, secondo, ricorso – venga attratta da quella relativa ai provvedimenti presupposti originariamente impugnati, valendo così a vanificare la competenza territoriale del Giudice in ordine al primo ordinariamente competente sulla base dei criteri di cui all’articolo 13 CPA»).

 

13. Motivi aggiunti, camera di consiglio e udienza di discussione

In sede di decisione della domanda cautelare o del merito, il Collegio, su istanza della parte interessata, ha facoltà di disporre rinvio per consentire la presentazione di motivi aggiunti.

È stato però ritenuto legittimo il rigetto dell’istanza di rinvio dell’udienza di discussione, avanzata dalla difesa di parte ricorrente al fine di ottenere un termine per la proposizione di motivi aggiunti, ove l’istante non abbia provato l’esigenza difensiva in ordine all’interesse ad impugnare atti sopravvenuti o ad articolare nuove censure (ex plurimis, Cons. St., Sez. V, 22 febbraio 2010, n. 1032).

 

14. Motivi aggiunti e passaggio in decisione

Secondo un orientamento giurisprudenziale, non è più possibile dedurre motivi aggiunti propri, avverso provvedimenti che hanno costituito già oggetto di gravame, depositati quando il ricorso originario cui essi dovevano accedere è già stato inoltrato per la decisione. In tal caso è stata esclusa anche la possibilità che venga disposta la riunione con altro ricorso, successiva al passaggio in giudicato del primo ricorso (cfr. Tar Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 13 dicembre 2013, n. 661).

 

15. Motivi aggiunti e sentenza in forma semplificata

La proposizione dei motivi aggiunti influisce anche sulla possibilità di definire il giudizio in forma semplificata, precludendola. Difatti, ai sensi dell’articolo 60 CPA, al giudice amministrativo adito in sede cautelare è consentito definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ove accerti la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria e nessuna delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale, regolamento di competenza o regolamento di giurisdizione.

 

16. Motivi aggiunti e conversione del rito

La proposizione dei motivi aggiunti può determinare la conversione del rito, come espressamente previsto dall’articolo 117, comma 5, CPA, per il caso in cui sopravvenga al ricorso avverso il silenzio inadempimento un provvedimento negativo esplicito.

 

17. Motivi aggiunti nel rito elettorale

Una disciplina particolare è prevista per il rito elettorale, ove sono ritenuti ammissibili esclusivamente i motivi aggiunti propri che costituiscono svolgimento di censure tempestivamente proposte, e non sono invece ammessi i motivi aggiunti (comunque propri) derivanti da ulteriori vizi che siano emersi a seguito delle verifiche istruttorie disposte in relazione alle censure originarie.

 

Il punto di vista dell’Autore

È stato efficacemente osservato che l’istituto dei motivi aggiunti ha consentito al processo amministrativo di fare un ulteriore passo dal modello impugnatorio a giudizio avente ad oggetto la pretesa sostanziale azionata dal ricorrente (l’osservazione è di R. Chieppa, v. supra in bibliografia). In effetti, la funzione dei motivi aggiunti, oltre che di concentrazione processuale, è anche di impedire che l’azione del ricorrente sia vanificata dal ri-esercizio del potere amministrativo o dalla conoscenza (incolpevole) di ulteriori atti del procedimento dopo l’instaurazione del giudizio. Si pensi al caso in cui il Tar emani un’ordinanza istruttoria e l’amministrazione resistente, in conseguenza della stessa, depositi ulteriori atti, in precedenza non conosciuti dal ricorrente. Sotto quest’ultimo profilo l’articolo 116, comma 2, CPA offre al ricorrente un ulteriore strumento di concentrazione, che consente di far confluire nel giudizio principale anche il giudizio sull’accesso, al cui esito dalla documentazione eventualmente esibita possono scaturire motivi aggiunti. I motivi aggiunti si prospettano quindi come uno strumento fondamentale ai fini dell’effettività della tutela Resta, peraltro, il tema tutt’altro che secondario degli oneri fiscali dovuti per la proposizione di motivi aggiunti c.d. impropri, specie laddove tali oneri rivestano un’incidenza importante come in materia di contrattualistica pubblica. Sul tema l’intervento della Corte di Giustizia UE (6 ottobre 2015, C-61/14), pur riconoscendo legittima la previsione di un contributo unificato elevato in materia di contrattualistica pubblica, aveva demandato al giudice nazionale la valutazione sulla congruità del cumulo dei contributi unificati versati nel contesto di un medesimo processo nella materia considerata, proprio nelle ipotesi di presentazione di motivi aggiunti. Se si eccettuano alcuni timidi tentativi, non sembra che il suggerimento della Corte abbia avuto particolare seguito, il che rischia di incrementare il contenzioso tributario o, viceversa, di disincentivare il ricorso alla tutela giurisdizionale.