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Art. 737-bis - Indagini e sequestro a fini di confisca

1. Nei casi previsti da convenzioni internazionali, al fine di dar corso alla domanda dell’autorità straniera di procedere ad indagini su beni che possono divenire oggetto di una successiva richiesta di esecuzione di una confisca, anche se non ancora adottata, ovvero di procedere al sequestro di tali beni, si applicano gli articoli 723, 724 e 725.

2. A tal fine il Ministro della giustizia trasmette la richiesta, unitamente agli atti allegati, al procuratore distrettuale competente ai sensi dell’articolo 724.

3. L’esecuzione della richiesta di indagini o sequestro è negata:

a) se gli atti richiesti sono contrari a principi dell’ordinamento giuridico dello Stato, o sono vietati dalla legge, ovvero se si tratta di atti che non sarebbero consentiti qualora si procedesse nello Stato per gli stessi fatti;

b) se vi sono ragioni per ritenere che non sussistono le condizioni per la successiva esecuzione della confisca.

3-bis. L’autorità giudiziaria comunica al Ministro della giustizia l’adozione del provvedimento di sequestro richiesto dall’autorità straniera.
4. (abrogato).

5. (abrogato).

6. Il sequestro ordinato ai sensi di questo articolo perde efficacia e si dispone la restituzione delle cose sequestrate a chi ne abbia diritto, se, entro un anno dal momento in cui esso è stato eseguito, lo Stato estero non richiede l’esecuzione della confisca. Il termine può essere prorogato anche più volte per un periodo massimo di sei mesi; sulla richiesta decide l’autorità giudiziaria che ha dichiarato il sequestro.

Rassegna giurisprudenziale

Indagini e sequestro a fini di confisca (art. 737-bis)

L’art. 737-bis, introdotto dall’art. 11 L. 328/1993, recante la ratifica della Convenzione di Strasburgo dell’8 novembre 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, consente di disporre indagini nell’ordinamento interno sui beni che potrebbero costituire oggetto di una richiesta di confisca da parte dello Stato estero, ovvero di procedere direttamente al loro sequestro, nei casi previsti da accordi internazionali, delineando una peculiare procedura di assistenza rogatoriale, decisa all’esito di un rito camerale le cui forme ed i cui possibili epiloghi sono disciplinati con il rinvio ad altre disposizioni codicistiche (artt. 724, 725 e 737, comma 2), fatte salve le ipotesi di diniego dell’esecuzione, espressamente limitate dal comma 3 ai soli casi di contrarietà degli atti richiesti ai principii dell’ordinamento giuridico dello Stato, ovvero alla richiesta di atti ivi non consentiti qualora si procedesse per gli stessi fatti, o, infine, alla presenza di ragioni idonee a ritenere l’insussistenza delle condizioni per la successiva esecuzione della confisca.

La citata disposizione, infine, stabilisce, nell’ultimo comma, un termine di perenzione della misura cautelare reale, prevedendo che il sequestro, quale misura provvisoria e strumentale, perde efficacia se, entro due anni dalla esecuzione, lo Stato estero non ha chiesto l’esecuzione della confisca: in tal caso la Corte d’appello ordina la restituzione delle cose sequestrate, a meno che lo Stato estero non abbia fatto una richiesta di proroga del termine, anche più volte formulata, la cui concessione, tuttavia, non può superare il “periodo massimo” di due anni.

Ne discende che la richiesta di proroga dell’iniziale termine di due anni previsto per l’esecuzione della confisca a seguito della emissione della misura cautelare preventiva ben può assimilarsi ad una nuova richiesta di sequestro, ma in nessun caso può consentire – se accolta dalla Corte d’appello che ha già ordinato il sequestro – di oltrepassare il termine massimo di quattro anni complessivamente fissato per la efficacia della misura reale dall’art. 737-bis, comma 6 (due anni per il primo segmento temporale, cui può eventualmente aggiungersi un ulteriore biennio a fronte di motivate richieste di proroga).

Si tratta, evidentemente, di una garanzia di ragionevolezza e proporzionalità nell’applicazione di una misura cautelare reale, la cui possibilità di trasformazione in un vincolo ablativo finale non può essere prolungata ad libitum, ma viene tassativamente regolata dal legislatore entro meccanismi temporali certi e predefiniti, il cui rispetto, anche in ragione dell’obiettivo collegamento con il principio di ragionevole durata del processo ex art. 111, comma 2, Cost., s’impone per delimitare e contenere gli effetti invasivi che l’adozione di siffatte misure può determinare sulle condizioni e modalità di esercizio del diritto di proprietà da parte degli interessati (Sez. 6, 43909/2016).

Ci si trova ad esaminare la legittimità di un provvedimento di sequestro  strumentale ad una successiva confisca da disporsi in sede penale  richiesto, in applicazione dell’accordo per la cooperazione giudiziaria concluso fra lo Stato italiano e la Confederazione elvetica in data 10 settembre 1993, tramite rogatoria dalla AG elvetica a quella nazionale. La fattispecie risulta essere disciplinata dall’ art. 737-bis, il quale, a sua volta rimanda, con la minuta disciplina agli artt. 724, 725 e 737.

Prevede, infatti, l’art. 737-bis che, laddove si debba procedere ad un sequestro su richiesta di un’AG straniera, il Ministero della giustizia trasmetta gli atti al Procuratore generale presso la Corte di appello competente il quale richiede alla Corte territoriale la emissione del provvedimento; quest’ultima provvede secondo le forme dell’art. 724, disposizione questa che disciplina il procedimento da applicarsi per le rogatorie richieste dall’estero.

Laddove si tratti di disporre un sequestro, precisa l’art. 737-bis, si applicano le disposizioni di cui all’art. 737, commi 2 e 3, i quali a loro volta prevedono, per un verso, il rimando alla disciplina, per quanto compatibile, relativa al sequestro preventivo e, per altro verso, quale unico rimedio avverso la ordinanza con la quale è stato disposto il sequestro, la possibilità di esperire ricorso per cassazione esclusivamente per violazione di legge (Sez. 3, 5914/2015).