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Art. 325 - Ricorso per cassazione

1. Contro le ordinanze emesse a norma degli articoli 322-bis e 324, il pubblico ministero, l’imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge.

2. Entro il termine previsto dell’articolo 324 comma 1, contro il decreto di sequestro emesso dal giudice può essere proposto direttamente ricorso per cassazione. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame.

3. Si applicano le disposizioni dell’articolo 311 commi 3, 4 e 5.

4. Il ricorso non sospende l’esecuzione della ordinanza.

Rassegna giurisprudenziale

Ricorso per cassazione (art. 325)

In virtù delle specifiche modalità fissate dall’art. 311, comma terzo, per la presentazione del ricorso per cassazione, espressamente richiamate dall’art. 325 per la presentazione dell’impugnazione, il ricorso per cassazione avverso la decisione del TDR deve essere presentato nella cancelleria dello stesso Tribunale che ha emesso la decisione, con esclusione, anche per la parte pubblica, di qualsiasi soluzione alternativa (Sez. 6, 10916/2019).

La mancanza della procura speciale ai sensi dell’art. 100 delle parti private diverse dall’imputato al difensore non può essere sanata, previa concessione di un termine da parte del giudice, ai sensi dell’art. 182, comma 2, Cod. proc. civ., ma comporta l’inammissibilità dell’impugnazione (Sez. 2, 6611/2013).

Ai sensi dell’art. 325, il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (SU, 25932/2008).

Il sindacato demandato alla Corte di Cassazione in materia di sequestro preventivo ha un orizzonte circoscritto, dovendo essere limitato, per espresso disposto normativo, alla assoluta mancanza di motivazione ovvero alla presenza di motivazione meramente apparente.

E la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo altresì di evidenziare con riferimento alla problematica del riesame delle misure cautelari, che il legislatore ha in tal modo inteso sanzionare l’elusione da parte del giudice del riesame del suo compito istituzionale di controllo “in concreto” del provvedimento impugnato, riconducibile alla prescrizione dell’obbligo di motivazione di cui all’art. 125 comma 3, sanzionato a pena di nullità, e dunque deducibile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c).

Deve aggiungersi che la verifica delle condizioni di legittimità della misura, da parte (prima) del Tribunale e (poi) della Corte di legittimità, non può tradursi in un’anticipata decisione della questione di merito, concernente la responsabilità del soggetto indagato, in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria dell’antigiuridicità del fatto (Sez. 2, 38061/2018).

Nel caso di ricorso per Cassazione contro un provvedimento in materia di sequestro preventivo, il procedimento in camera di consiglio deve svolgersi nelle forme dell’art. 127 (SU, 4/1990).

Il ricorso per cassazione proposto dal difensore del terzo interessato avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di riesame relativa a decreto di sequestro preventivo, quando è rilevato il difetto di procura speciale, deve essere dichiarato inammissibile senza che possa trovare applicazione la disciplina della concessione del termine previsto dall’art. 182, comma 2, Cod. proc. civ. per la regolarizzazione del difetto di rappresentanza (Sez. 3, 39077/2013).

Il decreto di sequestro preventivo emesso in via d’urgenza dal PM ai sensi dell’art. 321, comma 3-bis, non è impugnabile. Si tratta, infatti, di un provvedimento avente carattere puramente provvisorio e non ricompreso nell’elencazione di cui all’art. 322-bis – norma non suscettibile di interpretazione analogica, attesa la tassatività dei mezzi di impugnazione – che, come si evince dall’interpretazione letterale della disposizione, con il termine “ordinanza” intende fare chiaro riferimento ai provvedimenti adottati dal giudice e non dal PM e, relativamente a quelli emessi da tale organo, ammette l’appello esclusivamente contro il decreto che dispone la revoca del sequestro (Sez. 3, 49448/2003).

In tema di misure cautelari reali, la Corte di cassazione, qualora ritiene che la competenza territoriale appartenga ad un ufficio giudiziario diverso da quello che procede, deve dichiarare l’incompetenza e disporre la trasmissione degli atti al giudice competente, in applicazione dell’art. 27, che prevede l’inefficacia ‘differita’ del provvedimento di vincolo, previa verifica della sussistenza del ‘fumus commissi delicti’ e del ‘periculum in mora’, ma non anche del requisito dell’urgenza, in quanto l’art. 291, comma 2 si applica esclusivamente alle misure cautelari personali (Sez. 3, 27701/2014).

Tra i provvedimenti suscettibili di ricorso immediato in cassazione non rientra quello che respinge la richiesta di revoca del sequestro. In tale caso, infatti, l’unico strumento di controllo esperibile è l’appello di cui all’art. 322-bis (Sez. 3, 30065/2018).

L’articolo 325 consente il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma dell’articolo 322-bis solamente per violazione di legge (Sez. 3, 28748/2018).