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Art. 78 - Conversione delle sanzioni interdittive

1. L’ente che ha posto in essere tardivamente le condotte di cui all’articolo 17, entro venti giorni dalla notifica dell’estratto della sentenza, può richiedere la conversione della sanzione amministrativa interdittiva in sanzione pecuniaria.

2. La richiesta è presentata al giudice dell’esecuzione e deve contenere la documentazione attestante l’avvenuta esecuzione degli adempimenti di cui all’articolo 17.

3. Entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, il giudice fissa l’udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti e ai difensori; se la richiesta non appare manifestamente infondata, il giudice può sospendere l’esecuzione della sanzione. La sospensione è disposta con decreto motivato revocabile.

4. Se accoglie la richiesta il giudice, con ordinanza, converte le sanzioni interdittive, determinando l’importo della sanzione pecuniaria in una somma non inferiore a quella già applicata in sentenza e non superiore al doppio della stessa. Nel determinare l’importo della somma il giudice tiene conto della gravità dell’illecito ritenuto in sentenza e delle ragioni che hanno determinato il tardivo adempimento delle condizioni di cui all’articolo 17.

Stralcio della relazione ministeriale di accompagnamento al D. Lgs. 231/2001

22.3. La conversione in sede esecutiva delle sanzioni interdittive e la nomina del commissario giudiziale.

Come si è già accennato, una delle caratteristiche del procedimento per l’esecuzione delle sanzioni applicate all’ente è la possibilità di convertire anche in questa fase la sanzione interdittiva applicata nel giudizio di cognizione.

Peraltro, a differenza dell’ordinaria conversione, quella disposta in executivis determina un aumento della sanzione pecuniaria. Ciò dipende dall’ovvia necessità di non incentivare condotte strumentali dell’ente, che potrebbe altrimenti monetizzare a costo zero la sanzione maggiormente afflittiva.

L’art. 78 disciplina la conversione delle sanzioni interdittive dopo il passaggio in giudicato della sentenza che ne dispone l’applicazione.

Presupposto della conversione, di competenza del giudice dell’esecuzione, è che l’ente, che abbia posto in essere le condotte riparatorie di cui all’art. 16, tardivamente (ossia oltre il termine della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado), ma tuttavia entro venti giorni dalla notifica dell’estratto della sentenza, faccia richiesta di conversione della sanzione amministrativa interdittiva temporanea in sanzione pecuniaria.

Con la richiesta deve essere presentata la documentazione che comprovi l’avvenuta esecuzione degli adempimenti richiesti dall’art. 16, nel termine indicato.

Peraltro, attesa la rilevanza del rigetto della richiesta, si è previsto che sulla stessa debba necessariamente esplicarsi il contraddittorio delle parti: entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, il giudice deve quindi fissare l’udienza in camera di consiglio, dandone avviso alle parti e ai difensori. Inoltre, per evitare pregiudizi all’ente, si è previsto che il giudice, qualora la richiesta non appaia manifestamente infondata, possa sospendere l’esecuzione della sanzione.

Il riferimento alla non manifesta infondatezza della richiesta evidenzia che il giudice deve disporre la sospensione se emerge anche un semplice fumus di accoglimento della richiesta.

La sospensione è disposta con decreto motivato, non impugnabile, ma revocabile nel successivo corso del procedimento.

Se il giudice ritiene che la richiesta di conversione vada accolta, dispone, con ordinanza (naturalmente motivata, ai sensi dell’art. 125 c.p.p.), la conversione delle sanzioni interdittive.

La norma precisa che l’importo della sanzione pecuniaria da determinare in seguito della conversione, deve consistere in una somma non inferiore a quella della sanzione pecuniaria inflitta con la sentenza (che, come è noto, deve sempre essere irrogata in caso di riconosciuta responsabilità dell’ente) e non superiore al doppio della stessa. In tal modo, l’adempimento tardivo degli obblighi di riparazione comporterà un rilevante aggravamento della somma complessiva da pagare (tenuto conto dell’originaria sanzione pecuniaria che si aggiunge a quella risultante dalla conversione).

Peraltro, il giudice nel determinare l’importo della somma dovuta per la conversione, terrà conto, da un lato della gravità dell’illecito ritenuto in sentenza, dall’altro delle ragioni che hanno determinato il tardivo adempimento delle condizioni di cui all’art. 16. In tal modo, sarà possibile adeguare l’aggravamento sanzionatorio alla condotta dell’ente, dovendosi distinguere i casi di obiettiva difficoltà del tempestivo adempimento, da quelli che evidenzino la volontà dell’ente di ritardare il più possibile il momento della doverosa riparazione.”

 

Rassegna di giurisprudenza

Non risultano decisioni in termini.