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Debiti fuori bilancio degli Enti locali: riconoscimento in esercizio provvisorio, nell’esercizio successivo e la questione delle transazioni

Islanda, cascata di Bruarfoss
Ph. Luca Martini / Islanda, cascata di Bruarfoss

Debiti fuori bilancio degli Enti locali: riconoscimento in esercizio provvisorio, nell’esercizio successivo e la questione delle transazioni

 

Abstract

Lo scritto, dopo aver definito la nozione di debito fuori bilancio, analizza le specifiche problematiche legate al riconoscimento del debito sia in esercizio provvisorio che nell’esercizio successivo nonché la questione degli accordi transattivi.
 

Definizione di debito fuori bilancio

Per debiti fuori bilancio si intendono tutte quelle spese che non sono state previste nel bilancio di previsione, ovvero spese contratte senza che l’Ente locale ne avesse programmato una specifica copertura finanziaria: sono, dunque, debiti perfezionatosi giuridicamente ma non contabilmente.

Ai sensi dell’articolo 191, comma 4 Tuel, le spese effettuate in violazione della norma che impone un preventivo provvedimento di autorizzazione e assunzione dell’impegno contabile costituiscono, per la parte non riconoscibile ai sensi dell’articolo 194, comma 1, lettera e), debiti fuori bilancio.

Più in generale, il debito fuori bilancio può, quindi, essere definito come quel “debito costituito da obbligazioni pecuniarie, relative al conseguimento di un fine pubblico, regolarmente assunte dall’amministrazione verso terzi per atti e fatti non perfezionate contabilmente, in violazione del procedimento giuscontabile di spesa normativamente previsto”.

Nella sostanza rappresentano un’obbligazione sorta di fuori della normativa contabile che regola i procedimenti di spesa degli Enti locali; obbligazione giuridica legittima, dunque, originata in elusione del regolare procedimento dell’impegno contabile di spesa e del correlato obbligo di registrarlo nelle scritture contabili e che, a determinate condizioni ed entro i precisi limiti di cui all’articolo 194 del Tuel, possono essere oggetto di riconoscimento e successivo pagamento.

In definitiva, se al momento in cui è sorta l’obbligazione non sia seguito nello stesso anno regolare impegno e correlativa formazione di residui per gli anni successivi, sorgerà il debito fuori bilancio[1] che dottrina e giurisprudenza considerano come un’obbligazione pecuniaria riferibile all’Ente locale, assunta in violazione delle norme contabili che riguardano una delle fasi della spesa ed in particolare di quella che disciplina l’assunzione dell’impegno.

Il supremo consesso amministrativo (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 29 dicembre 2009, n. 8953) ha precisato che il procedimento di cui all’articolo 194 Tuel, rispondendo all’interesse pubblico alla regolarità della gestione finanziaria dell’Ente locale, è diretto esclusivamente a sanare irregolarità di tipo contabile e non può sopperire alla mancanza di un’obbligazione validamente assunta dall’Ente locale.

Per i giudici di legittimità i debiti fuori bilancio sono quelli per i quali non esistendo copertura la pubblica Amministrazione è tenuta al pagamento in virtù di obbligazioni giuridicamente perfezionate (cfr. Corte di Cassazione, Sezione III, 27 aprile 2011, n. 9412). 

Il riconoscimento di un debito fuori bilancio costituisce un procedimento discrezionale che consente all’Ente locale di far salvi, nel proprio interesse, gli impegni in precedenza assunti tramite specifica obbligazione, ancorché sprovvista di copertura contabile, senza introdurre una sanatoria per i contratti nulli o, comunque, invalidi, come quelli conclusi senza il rispetto della forma scritta “ad substantiam” e senza introdurre una deroga al regime di inammissibilità dell’azione di indebito arricchimento, di cui al decreto-legge 2 marzo 1989, n. 66, articolo 23, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile, n. 144.

Il riconoscimento viene, infatti, sovranamente operato dalla pubblica Amministrazione nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’Ente locale stesso, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.

L’articolo 194 del Tuel elenca in maniera tassativa (c.d. numerus clausus) e non suscettibile di estensione la tipologia dei debiti fuori bilancio, per i quali è possibile, in mancanza di regolare impegno contabile di spesa e che, a determinate condizioni ed entro i precisi limiti indicati dall’articolo stesso, possono essere oggetto di riconoscimento di legittimità e successivo pagamento, in modo da ricondurre la spesa all’interno del bilancio secondo il principio dell’universalità del bilancio a tenore del quale tutte le entrate e le spese devono essere riportate in bilancio non essendo ammessa una gestione extra bilancio, derivante da:

  1. sentenze esecutive comprese quelle immediatamente esecutive;
  2. copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’art. 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione;
  3. ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile (artt. 2447 e 2482–ter del codice civile) o da disposizioni previste dal decreto legislativo n. 175/2016 e s.m.i.;
  4. procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità;
  5. acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191 del Tuel n. 267/2000, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’Ente locale, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.

 

Riconoscimento del debito in esercizio provvisorio

Questione controversa e dibattuta sia in dottrina che in giurisprudenza per le sue implicazioni che essa comporta dal punto di vista giuscontabile, è quella che attiene alla possibilità, per gli Enti locali, di procedere al riconoscimento dei debiti fuori bilancio in esercizio provvisorio.

In linea generale la giurisprudenza contabile ritiene non possibile procedere al riconoscimento dei debiti fuori bilancio nel corso dell’esercizio provvisorio (Corte dei conti Campania n. 213/2023; Corte Conti Sicilia n. 78/2014; Corte Conti Marche n. 82/2017; Corte Conti Marche n. 132/2019; Corte Conti Marche n. 55/2020[2]).

Tuttavia la regola generale del divieto di procedere al riconoscimento del debito in esercizio provvisorio o gestione provvisoria, è mitigata da alcune eccezioni.

Infatti, altra giurisprudenza contabile (Corte dei conti Sicilia, deliberazione n. 18/2016, riguardo “le obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi” di cui alla lettera a), comma 1 dell’art. 194 del D. Lgs. 267/2000 e Corte dei conti Umbria, delibera n. 35/2016, in merito a lavori di somma urgenza di cui alla lettera e) del comma 1 dell’art. 194 del D. Lgs. 267/2000), ritiene possibile procedere al riconoscimento dei debiti fuori bilancio e, conseguentemente, disporre pagamenti durante l’esercizio provvisorio, previo indefettibile riconoscimento del debito da parte dell’Organo consiliare (Corte dei conti Sicilia, deliberazione n. 80 del 2015).

Bisogna distinguere, dunque, due fattispecie: la prima riguardo le sentenze esecutive di cui alla lettera a); la seconda riferita all’acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’espletamento delle di pubbliche funzioni e servizi di competenza, di cui alla lettera e)  del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

Relativamente al riconoscimento del debito fuori bilancio in esercizio provvisorio, è opportuno riportare uno stralcio dell’art. 163 del Tuel 267/2000 rubricato “Esercizio provvisorio e gestione provvisoria”, che recita:

1. Se il bilancio di previsione non è approvato dal Consiglio entro il 31 dicembre dell’anno precedente, la gestione finanziaria dell’ente si svolge nel rispetto dei principi applicati della contabilità finanziaria riguardanti l’esercizio provvisorio o la gestione provvisoria. (Omissis).

2. (Omissis) Nel corso della gestione provvisoria l’ente può assumere solo obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi, quelle tassativamente regolate dalla legge e quelle necessarie ad evitare che siano arrecati danni patrimoniali certi e gravi all'ente. Nel corso della gestione provvisoria l’ente può disporre pagamenti solo per l’assolvimento delle obbligazioni già assunte, delle obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi e di obblighi speciali tassativamente regolati dalla legge, per le spese di personale, di residui passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse, ed, in particolare, per le sole operazioni necessarie ad evitare che siano arrecati danni patrimoniali certi e gravi all’ente.

3. (Omissis) Nel corso dell’esercizio provvisorio non è consentito il ricorso all’indebitamento e gli enti possono impegnare solo spese correnti, le eventuali spese correlate riguardanti le partite di giro, lavori pubblici di somma urgenza o altri interventi di somma urgenza. (Omissis).

Nel merito, si osserva che il comma 2 ammetta, tra l’altro ed in costanza di esercizio provvisorio, il pagamento per le “obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi”.

La giurisprudenza contabile (Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Regione siciliana, deliberazione n. 18/2016/PAR), in risposta a un quesito formulato dal Comune di Palermo, verificata normativamente la possibilità di disporre pagamenti per “le obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi” durante l’esercizio provvisorio, “ha ritenuto possibile che, per tali specifici atti, il pagamento avvenisse prima dell’approvazione del bilancio di previsione, ossia durante le fasi di esercizio provvisorio o gestione provvisoria”.

In detto parere, il Collegio ha, inoltre, precisato che “il pagamento avvenga previa adozione di deliberazione consiliare finalizzata, in particolare, a ricondurre l’obbligazione nell’ambito della contabilità dell’ente, ad individuarne le risorse per farvi fronte, ad accertare la riconducibilità del debito alla fattispecie tassativamente individuata dalla legge, anche al fine di evidenziare eventuali responsabilità. Preventivo riconoscimento del debito che risulta, dunque, necessario anche nell’ipotesi di debiti derivanti da sentenza esecutiva, per loro natura caratterizzati da assenza di discrezionalità per via del provvedimento giudiziario a monte, che accertando il diritto di credito del terzo, rende agevole la riconduzione al sistema di bilancio di un fenomeno di rilevanza finanziaria maturato all’esterno di esso (secondo il principio contabile 2.101)”. (contra, Sezione Regionale Controllo Campania, deliberazione n. 213/2013, Sezione Regionale Controllo Sicilia, deliberazione n. 78/2014/PAR e n. 189/2014/PAR, Corte dei Conti Marche, deliberazione n. 55/2020/PRSP).

Con deliberazione n. 27/SEZAUT/2019/QMIG, la Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, nell’ambito della risoluzione delle più recenti questioni di massima in materia, ha ricordato che, ove il debito abbia titolo in un provvedimento esecutivo di natura giudiziaria (art. 194, comma 1, lett. a) del Tuel 267/2000) “il pagamento di un debito fuori bilancio riveniente da sentenza esecutiva deve sempre essere preceduta dall’approvazione da parte del Consiglio dell’ente della relativa delibera di riconoscimento”.

Il successivo comma 3 individua le spese impegnabili in esercizio provvisorio, tra cui quelle relative ai lavori pubblici di somma urgenza o altri interventi di somma urgenza o di protezione civile (art. 140 del decreto legislativo n. 36/2023), a cui si applica la disciplina prevista dal medesimo articolo.

La facoltà riconosciuta agli Enti in quest’ultima ipotesi è corroborata dalla giurisprudenza contabile (cit. Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’Umbria, deliberazione n. 35 del 27/02/2016) la quale, con riferimento al citato comma 3 dell’art. 191 del Tuel 267/2000 che individua le spese impegnabili in esercizio provvisorio, tra cui quelle relative ai lavori pubblici di somma urgenza o altri interventi di somma urgenza, e che, in caso di impegni di spesa su fondi incapienti è necessario che ricorra la fattispecie prevista dal citato comma 3 precisa “… qualora i fondi specificamente previsti in bilancio si dimostrino insufficienti”, ritiene che la norma si riferisca sia all’insufficienza dei fondi che all’incapienza degli stessi in quanto in entrambi i casi l’Ente si trovi di fronte a lavori di somma urgenza privi di copertura finanziaria, e l’Ente ha la possibilità di attivare la seguente procedura “la Giunta,…., su proposta del responsabile del procedimento, sottopone al Consiglio il provvedimento di riconoscimento della spesa con le modalità previste dall'articolo 194, comma 1, lettera e), prevedendo la relativa copertura finanziaria nei limiti delle accertate necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio alla pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento della spesa da parte del Consiglio è adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione della proposta da parte della Giunta, e comunque entro il 31 dicembre dell’anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine” anche in costanza di esercizio provvisorio.

L’ammissibilità di tale conclusione, si legge nella deliberazione, trova la sua ratio nel fatto che, se non dovesse essere riconosciuta la citata possibilità in esercizio provvisorio, l’Amministrazione si troverebbe nell’impossibilità, ad esempio, di salvaguardare l’incolumità pubblica (finalità che il legislatore intende realizzare con la norma in esame).

In questo caso il riconoscimento della spesa segue le regole delle disposizioni previste dall’art. 194, comma 1, lett. e) del Tuel 267/2000 sui debiti fuori bilancio.

Precisati i principi sopra indicati, osserva il Collegio contabile come le nuove regole disciplinate dal Tuel, nella versione coerente con i nuovi principi della contabilità finanziaria potenziata, prevedano che il bilancio di previsione sia redatto su tre anni ed abbia valore autorizzatorio in ciascuno degli anni presi in esame dal bilancio. Pertanto, pur non avendo l’Ente (nel caso di specie un Comune) approvato il bilancio di previsione 2016-2018, un bilancio 2016 a cui fare riferimento nel corso dell’esercizio provvisorio vi è ed è quello relativo al 2016 approvato per il periodo 2015-2017. D’altra parte il principio contabile della programmazione finanziaria al punto 8.5 riconosce l’esistenza del bilancio nel corso dell’esercizio provvisorio allorquando dispone che “è consentita la possibilità di variare il bilancio gestito in esercizio provvisorio, secondo le modalità previste dalla specifica disciplina di settore”, potendo in questo caso l’ente procedere alla variazione del bilancio del primo anno successivo a quello del bilancio regolarmente approvato.

La prescrizione della norma è chiara ed ha natura prevalente: pertanto si ritiene che il Consiglio possa procedere al riconoscimento anche nel corso dell’esercizio provvisorio; a fortiori il riconoscimento del debito fuori bilancio per lavori di somma urgenza in esercizio provvisorio o gestione provvisoria possa essere finanziato anche mediante l’utilizzato di quote del risultato presunto derivanti dall’esercizio precedente limitatamente alla quota vincolata o alla quota accantonata del risultato di amministrazione; mentre le quote di avanzo libero e quelle destinate agli investimenti sono utilizzabili solo dopo l’approvazione del rendiconto di gestione.

 

Riconoscimento del debito nell’esercizio successivo

In relazione ai debiti fuori bilancio, che costituiscono obbligazioni perfezionate e scadute, ma non registrate in bilancio tempestivamente ai sensi dell’articolo 183 del predetto Tuel, il principio della contabilità finanziaria 9.1 dell’allegato A/2 del decreto legislativo n. 118/2011 statuisce che “L’emersione di debiti assunti dall’Ente e non registrati quando l’obbligazione è sorta comporta la necessità di attivare la procedura amministrativa di riconoscimento del debito fuori bilancio, prima di impegnare le spese con imputazione all’esercizio in cui le relative obbligazioni sono esigibili. Nel caso in cui il riconoscimento intervenga successivamente alla scadenza dell’obbligazione, la spesa è impegnata nell’esercizio in cui il debito fuori bilancio è riconosciuto”.

Dal dato letterale si ricava che le risorse occorrenti non possono che essere rinvenute nel bilancio di previsione che gestisce l’esercizio in cui la spesa è introdotta ed è esclusa la possibilità di detrarre l’ammontare di quanto oggetto di accordi di rateizzazione, in quanto tali accordi riguardano i soli tempi di pagamento incidendo solo sulla consistenza di cassa.

Il mancato o tardivo riconoscimento costituisce, inoltre, un’irregolarità contabile idonea a “falsare la corretta elaborazione di indicatori finanziari di significativa rilevanza come quelli necessari ai fini dell’individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari di cui all’art. 242 TUEL e al Decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze 28 dicembre 2018 (es. parametri P6 e P7)” (Sezione di controllo per la Regione Liguria, deliberazione n. 67/2023/PRSP, § 2.2.; per una ricaduta pratica dell’assunto, cfr. Sezione di controllo per la Regione siciliana, deliberazione n. 67/2023/PRSP, § 7.5.)

Con sentenza n. 11/2018, la Corte dei Conti a Sezioni Riunite ha chiarito che “la nuova formulazione dell’articolo 183 del Tuel, al comma 5, dispone che l’impegno deve essere registrato in bilancio “…. quando l’obbligazione è perfezionata con imputazione all’esercizio in cui viene a scadenza ....”.

L’Ente locale non può, dunque, effettuare spese in difformità dai procedimenti disciplinati dalla legge, ma può solo, nei casi previsti e tipizzati dall’articolo 194, di carattere eccezionale, ricondurre particolari tipologie di spesa nel complessivo sistema di bilancio (Corte dei conti, sezione regionale di controllo, deliberazioni nn. 220 e 255/2017/PRSE).

La giurisprudenza contabile (Corte dei conti per la regione Siciliana, deliberazione n. 130/2023/PAR), in primis ha richiamato quanto affermato dalla Corte dei conti, Sezione delle Autonomie con la deliberazione n. 21/SEZAUT/2018/QMIG, di fissazione di alcuni imprescindibili punti fermi sui criteri di imputazione della spesa e sulla relativa copertura finanziaria, ai fini della riconduzione alle scritture contabili delle obbligazioni giuridiche discendenti dalla ricognizione di debiti fuori bilancio, imperniati sul nuovo paradigma dell’esigibilità della spesa in dipendenza della scadenza della prestazione oggetto dell’obbligazione.

Successivamente ha rammentato che il profilo temporale della scadenza dell’obbligazione, da individuarsi nel momento dal quale il creditore ha il diritto di esigerne il pagamento (D. Lgs. n. 118 del 2011, allegato n. 4/2, § 2 Principio della competenza finanziaria), governa il criterio dell’imputazione contabile della spesa a un preciso esercizio e, di conseguenza, anche l’ambito della sua copertura finanziaria.

Dopo di ché il parere precisa che, “qualora il provvedimento di riconoscimento intervenga posteriormente alla scadenza dell’obbligazione o nel medesimo anno in cui sia destinato a spirare il termine per il pagamento, l’imputazione contabile deve senz’altro essere effettuata con riguardo al medesimo esercizio del riconoscimento. Ove, invece, il riconoscimento inerisca a prestazioni per le quali il pagamento non sia esigibile o lo sia solo parzialmente, la spesa deve essere imputata all’esercizio in corso limitatamente alla quota che il creditore può pretendere, mentre, per la restante parte, le registrazioni contabili devono essere operate in riferimento agli esercizi in cui ricadono le ulteriori e diverse scadenze”.

Viene poi ulteriormente puntualizzato che “L’emersione di debiti assunti dall’ente e non registrati quando l’obbligazione è sorta comporta la necessità di attivare la procedura amministrativa di riconoscimento del debito fuori bilancio, prima di impegnare le spese con imputazione all’esercizio in cui le relative obbligazioni sono esigibili. Nel caso in cui il riconoscimento intervenga successivamente alla scadenza dell’obbligazione, la spesa è impegnata nell’esercizio in cui il debito fuori bilancio è riconosciuto”.

“L’eventualità di un’imputazione contabile su una pluralità di esercizi può discendere, altresì, dal raggiungimento di accordi tra l’ente e i propri creditori finalizzati alla consensuale dilazione del pagamento, in carenza dei quali non potrà che procedersi all’imputazione contabile dell’intero debito nell’esercizio del relativo riconoscimento. Come affermato, infatti, dalla Sezione delle Autonomie «[… per esigenze di sostenibilità finanziaria, con l’accordo dei creditori interessati, è possibile rateizzare il pagamento dei debiti riconosciuti […] a condizione che le relative coperture, […] siano puntualmente individuate nella delibera di riconoscimento, con conseguente iscrizione, in ciascuna annualità del bilancio, della relativa quota di competenza secondo gli accordi del piano di rateizzazione convenuto con i creditori. Nel caso in cui manchi un accordo con i creditori sulla dilazione di pagamento, la spesa dovrà essere impegnata ed imputata tutta nell’esercizio finanziario in cui il debito scaduto è stato riconosciuto, con l’adozione delle conseguenti misure di ripiano”. (Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 21/SEZAUT/2018/QMIG)”.

“Nel caso in cui il creditore acconsenta alla stipula di un piano di rateizzazione, il debito deve essere registrato per intero e per intero essere iscritto nello stato passivo del patrimonio,  ma per la copertura si dovrà tenere conto della scadenza delle singole rate secondo quanto concordato nel piano”.

L’affermazione circa la registrazione integrale dell’entità degli effettivi debiti nelle scritture a carattere finanziario e patrimoniale dell’ente, sebbene testualmente riferita dall’organo della nomofilachia all’ipotesi dell’accordo raggiunto con i creditori, in quanto fattispecie su cui si incentrava la specifica richiesta di parere, deve essere ascritta, più generalmente, anche al complesso dei debiti fuori bilancio scaduti e non assistiti da accordo, in ossequio al principio contabile di veridicità del bilancio (D. Lgs. n. 118 del 2011, allegato n. 4/1, § 5 - Principio della veridicità, attendibilità, correttezza, e comprensibilità).

“Un riconoscimento parziale della propria massa debitoria e una copertura parziale dell’onere relativo, infatti, sarebbero tali da integrare altrettante fattispecie di ritardato riconoscimento del debito ad esercizi successivi a quello in cui il debito è emerso, così da determinare un irregolare modus operandi che, come stigmatizzato dalla stessa giurisprudenza contabile, non solo pregiudica la correttezza della rappresentazione finanziaria e patrimoniale dell’ente, ma è in grado di alterare il profilo quantitativo delle spese che devono concorrere al raggiungimento dell’obiettivo annuale dell’equilibrio di bilancio in termini di competenza, in ragione della minore entità degli impegni complessivi registrati nelle scritture contabili”.

In conclusione, la Corte dei conti osserva:

“In linea di principio, dal riconoscimento possono conseguire le seguenti situazioni:

a) l’Ente ha risorse, imputa e paga nell’esercizio;

b) l’Ente non ha risorse sufficienti a finanziare ed estinguere nel solo esercizio di riconoscimento tutto il debito […]» e, pertanto, «può convenire con i creditori la tempistica dei pagamenti […];

c) non ha risorse nei termini di cui ai punti a) e b), accerta il disavanzo ed applica le disposizioni

relative al ripiano del disavanzo”.

Quest’ultimo punto c), evidenzia le interazioni che devono intercorrere tra la parte disponibile del risultato di amministrazione – la quale, in caso di valore negativo, certifica la sussistenza di una condizione sostanziale di disavanzo – e i debiti fuori bilancio censiti dall’ente, non tempestivamente riconosciuti a chiusura di un esercizio finanziario. Per consolidata giurisprudenza contabile, difatti, il mancato formale riconoscimento dei debiti fuori bilancio non esonera l’ente dall’obbligo di ricondurre tali passività al risultato di amministrazione attraverso il sistema degli accantonamenti, nel momento dell’approvazione degli schemi consuntivi, al fine di rendere una veridica rappresentazione della concreta situazione finanziaria e di improntare l’intera gestione del bilancio a canoni di prudenza, ricordando che, a norma dell’ordinamento contabile, “tutte le componenti negative devono essere contabilizzate e quindi rendicontate, anche se non sono definitivamente realizzate” (D. Lgs. n. 118 del 2011, allegato n. 4/1, § 9 - Principio della prudenza).

Come indicato nei consolidati orientamenti di questa magistratura, infatti, “i debiti fuori bilancio che sono stati censiti dall’ente, nelle more del loro riconoscimento e della loro copertura, devono essere inglobati nel risultato di amministrazione, utilizzando in via analogica e surrogatoria il fondo rischi” (Sezioni riunite in speciale composizione, sentenza n. 32/2020/EL). Ciò per “per evitare una falsa rappresentazione del risultato di amministrazione e tutelare i principi di prudenza e di veridicità. In questo modo, il riconoscimento e la copertura dei debiti fuori bilancio diventano parte integrante e parallela della manovra di bilancio successiva, la quale dovrà trovare le risorse per coprire l’eventuale maggiore disavanzo emerso, nonché prendere atto dell’eventuale minore risultato di amministrazione disponibile” (Sezione regionale di controllo per la Campania, deliberazione n. 62/2019/PAR).

In definitiva, la determinazione della parte disponibile del risultato di amministrazione in coerenza con la dimensione finanziaria delle passività ancora da riconoscere, oltre che conformare al principio di veridicità e correttezza la gestione del bilancio, rileva ai fini delle modalità di copertura finanziaria cui l’ente locale può fare ricorso. La registrazione contabile di un Fondo apposito, “la cui costituzione, è bene precisarlo, in vigenza della contabilità armonizzata costituisce un obbligo e non una facoltà per l’Ente locale, è diretta ad assicurare copertura finanziaria alla obbligazione già perfezionata e scaduta, ma non ancora registrata in bilancio, ipotesi, nella quale sarà, comunque, necessario seguire la procedura di riconoscimento di debito fuori bilancio, che troverà copertura contabile nel fondo”.

Si osserva, inoltre, che l’individuazione degli spazi finanziari da destinare al dovuto riconoscimento dei debiti fuori bilancio potrebbe comportare, a mezzo degli ordinari poteri di variazione del bilancio intestati all’organo consiliare, anche una rimeditazione circa l’ordine delle priorità inerenti alle spese che, diverse da quelle obbligatorie o per servizi indispensabili oppure già impegnate, siano state oggetto di precedente programmazione, previsione e autorizzazione, ma non anche di impegno, in considerazione del mancato perfezionamento di corrispondenti obbligazioni giuridiche passive.

D’altronde, in presenza di debiti fuori bilancio accertati al momento dell’ultimo rendiconto deliberato, già lo stesso legislatore pone un limite alla capacità di impegno e pagamento dell’ente locale per spese relative a servizi non espressamente previsti dalla legge, nelle more della variazione che dispone la copertura per il riconoscimento e finanziamento delle passività in questione (art. 188, comma 1-quater, del Tuel 267/2000). Ciò, all’evidenza, al fine di comprimere immediatamente la spesa non obbligatoria né indispensabile, in modo da non erodere le risorse occorrenti alla riconduzione al sistema di bilancio dei debiti maturati al di fuori delle corrette procedure di spesa.

In merito, ed a conferma di quanto asserito nel corso dell’articolo, va evidenziato che con recente sentenza 28/03/2023, n. 51 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Molise 25 marzo 2022, recante “Riconoscimento di debiti fuori bilancio ai sensi dell’art. 73, lettera e), del decreto legislativo 118/2011, relativi al rimborso ai Comuni del saldo delle spese sostenute per il rinnovo del Consiglio regionale 2011”.

I Giudici costituzionali fanno rilevare come la legge regionale impugnata, approvata nel marzo 2022, contrasta con l’evocato principio di annualità del bilancio di cui all’art. 3 del decreto legislativo 118/2011 e con il principio applicato 9.1 dell’Allegato 4/2 al decreto legislativo 118/2011, poiché una volta riconosciuta la legittimità di un debito fuori bilancio, ne individua però la correlata copertura finanziaria a valere sull’esercizio 2021 del bilancio di previsione 2021-2023, anziché quello 2022 dello stesso bilancio, in palese violazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione, in riferimento alla competenza legislativa esclusiva statale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici.

Per la Consulta le risorse necessarie per dare copertura ai debiti fuori bilancio dovevano essere prelevate dal corrente bilancio di previsione e non imputate su un altro esercizio, ormai chiuso.

Secondo il principio contabile Allegato 4/2 punto 6.3 i pagamenti effettuati dal tesoriere dell’Ente locale per azioni esecutive non regolarizzati devono essere imputati all’esercizio in cui sono eseguiti, anche se la comunicazione del cassiere/tesoriere è pervenuta all’Ente nell’esercizio successivo.

 

La questione delle transazioni

Gli accordi transattivi (articolo 1965 del codice civile) con i quali le parti venendosi incontro su rispettive posizioni antitetiche e controverse pongono fine a una lite tra loro già insorta o ne prevengono una che possa eventualmente sorgere in futuro, non sono previsti tra le ipotesi tassative elencate all’articolo 194 Tuel e non essendo equiparabili alle sentenze esecutive di cui alla lettera a) del comma 1 del citato articolo non possono, pertanto, costituire il titolo per il riconoscimento di un debito fuori bilancio, con la conseguenza che gli oneri scaturenti dagli stessi, nella misura in cui siano prevedibili e determinabili dal debitore, devono essere contabilizzati secondo le ordinarie procedure di spesa.

I principi contabili n. 2 emanati nel 2008 dall’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli Enti locali presso il Ministero dell’Interno, al punto 104 prevedono che “gli accordi transattivi non sono previsti tra le ipotesi tassative elencate all’articolo 194 del Tuel e non sono equiparabili alle sentenze esecutive di cui alla lettera a) del comma 1 del citato articolo”.

La fattispecie dell’accordo transattivo non può essere ricondotta al concetto di debito fuori bilancio, in quanto presuppone la decisione dell’Ente di pervenire ad un accordo con la controparte, per cui è possibile per l’Ente “definire tanto il sorgere dell’obbligazione quanto i tempi dell’adempimento. Tale decisione è assunta sulla base di una motivata analisi di convenienza per l’ente di addivenire alla conclusione dell’accordo”.

Per costante giurisprudenza “l’elencazione delle fattispecie di riconoscimento dei debiti fuori bilancio contenuta nell’art. 194 Tuel <è da considerarsi tassativa>, sicché non è possibile riconoscere debiti fuori bilancio che non rientrano nelle tipologie individuate: l’accordo transattivo non può essere ricondotto al concetto di sopravvenienza passiva e dunque alla nozione di debito fuori bilancio sottesa alla disciplina in questione, in considerazione della natura eccezionale di detta previsione normativa finalizzata a limitare il ricorso ad impegni non derivanti dalla normale procedura di bilancio” (ex multis, Corte dei conti, Sezione Piemonte, deliberazione n. 4/2007; Corte dei conti, Sezione Basilicata, deliberazione n. 16/2007; Corte dei conti, Sezione Puglia, deliberazione n. 106/2009; Corte dei conti, Sezione Umbria 123/2015; Corte dei conti, Sezione Puglia 80/2017; Corte dei conti, Sezione Lombardia 181/2017; Corte dei conti, Sez. Reg. contr. Lazio deliberazione n. 14/2021/PAR; Corte dei conti, Sez. reg. contr. Lombardia, deliberazione n. 34/2020/PAR; Corte dei conti, Sez. reg. contr. Basilicata, deliberazione n. 5/2020/PAR).

Da ultimo si segnala un importante pronunciamento dei Giudici contabili emiliani (Corte dei conti Emilia Romagna, deliberazione n. 199/2023/PRSP[3]) i quali hanno ribadito che il prevalente indirizzo giurisprudenziale - prendendo le mosse dalla non riconducibilità del contratto di transazione in cui è parte un Ente locale alle ipotesi di debito fuori bilancio tassativamente previste dall’art. 194 del Tuel n. 267/2000, di competenza del Consiglio, per la “natura eccezionale di detta previsione normativa finalizzata a limitare il ricorso ad impegni non derivanti dalla normale procedura di bilancio”, non suscettibili di estensione ad altre tipologie di spesa, la quale ha carattere tassativo, sicché non è possibile riconoscere debiti fuori bilancio che non rientrano nelle tipologie individuate, escludendo il parere dell’Organo di revisione nel caso di accordo transattivo di competenza della Giunta.

Di conseguenza, si legge nella deliberazione “L’esame di casi nei quali è richiesto il parere del Collegio conferma che si tratta di un’attività di collaborazione che riguarda le attribuzioni consiliari nelle materie economico-finanziarie, propedeutica all’assunzione delle delibere di competenza del Consiglio» (Corte dei conti, Sezione Piemonte, deliberazione n. 345 del 25/09/2013). In ragione di ciò, le transazioni che devono essere sottoposte a parere obbligatorio dell’organo di revisione sono solo quelle destinate a essere oggetto di una decisione di Consiglio comunale, e non anche gli accordi che si concludono in determinazioni dirigenziali o atti di Giunta”.

Per gli accordi transattivi,  la funzione della delibera consiliare non è quella di legittimare il debito che già è stato quantificato e validato in sede processuale, ma di ricondurre al sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che è maturato all’esterno.

A corroborare tale interpretazione ermeneutica è l’impossibilità di ricondurre la fattispecie degli accordi transattivi al concetto di sopravvenienza passiva e dunque alla nozione di debito fuori bilancio, con la precisazione che, a differenza dei debiti derivanti da sentenze esecutive, riconducibili al concetto di sopravvenienza passiva, gli accordi transattivi presuppongono, invece, la decisione dell’Ente di pervenire ad un accordo con la controparte, per cui è possibile prevedere, da parte del Comune, tanto il sorgere dell’obbligazione quanto i tempi per l’adempimento.

In tali evenienze, l’Ente pubblico può (deve) attivare le ordinarie procedure contabili di spesa previste dall’articolo 191 del Tuel e conseguentemente assumere le obbligazioni scaturenti dagli accordi transattivi.

La Corte dei Conti, Sezioni Riunite in sede giurisdizionale, con sentenza n. 37 del 16/12/2020, ha affermato che “l’asserita qualifica di transazione (nella fattispecie un accordo tra un Comune e la regione Calabria) non può comportare ex se l’applicazione di una disciplina eccezionale, rispetto alla stessa eccezionalità della disciplina dei debiti fuori bilancio, in costanza di una ripetuta violazione delle relative disposizioni. A tal fine va evidenziato che la previsione di un tempo massimo per il pagamento dei creditori mira a tutelare soggetti che si trovano in una posizione debole rispetto a chi gestisce il bilancio pubblico perché privati delle azioni esecutive, evitando possibili abusi, in violazione di elementari principi di correttezza nei rapporti con i creditori”.

Altro indirizzo giurisprudenziale contabile (Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Lazio, deliberazione n. 14 del 17/2/2021) ha ravvisato l’esistenza di un’alterità soggettiva tra una pubblica Amministrazione e un proprio ente in house, ritenendo che possa escludersi il ricorso alla procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio dell’ente locale e, dunque, all’applicazione dell’art. 194, comma 1, lett. a) del Tuel in presenza di debiti originati da provvedimenti giudiziari adottati direttamente nei confronti di una società in house, rispetto a cui, pertanto, si rileva l’estraneità della posizione giuridica dell’ente socio.

Né a diverse conclusioni pare possa condurre la qualificazione della società in house come “strumentale” all’ente locale di appartenenza laddove la relativa attività di impresa si estrinsechi a diretto beneficio dell’ente socio.

In detto pronunciamento viene precisato che la scelta della pubblica Amministrazione di acquisire partecipazioni in società di diritto comune implica il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta: in primo luogo, in caso di società di capitali, quelle dell’autonomia patrimoniale e della limitazione di responsabilità. Sul punto, difatti, costituisce principio generale in materia di responsabilità per debiti la circostanza per cui, nelle società per azioni e in quelle a responsabilità limitata, per le obbligazioni risponde unicamente la società con il suo patrimonio.

Tale principio non viene meno nel caso in cui un soggetto pubblico partecipi, in tutto o in parte, a una società di capitali, anche assumendone il controllo, in quanto il rapporto tra la società e l’ente è di assoluta autonomia, sicché non è consentito al comune incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, potendo lo stesso influire sul funzionamento della società avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare per il tramite dei membri di nomina comunale presenti negli organi della società.

Secondo i magistrati contabili della Calabria (deliberazione n. 48 del 6/6/2023), premesso che l’elencazione delle fattispecie di riconoscimento dei debiti fuori bilancio è da considerarsi tassativa (numerus clausus), rappresentando la disciplina dei debiti fuori bilancio “eccezione rispetto alle ordinarie procedure di spesa” che impone di privilegiare una “interpretazione della normativa strettamente aderente al tenore letterale delle disposizioni di rilievo” (Sezione delle autonomie, deliberazione n. 27/SEZAUT/2019/QMIG), hanno statuito che la legittimità del ricorso alla procedura ex art. 194, comma 1, Tuel, postula la ricorrenza di una delle fattispecie ivi elencate tra cui, in virtù di un’interpretazione letterale della lett. a), non essendo sussumibili le sentenze esecutive emesse nei confronti di amministrazione diversa dall’ente locale interessato (Corte dei conti, Sez. reg. contr. Puglia, deliberazione n. 14/2023/PAR).

E’ stato giustamente rilevato che la presenza di una eventuale transazione (nella fattispecie un decreto ingiuntivo) non esime l’Ente dall’obbligo del riconoscimento formale del debito da parte dell’organo competente, che il Testo Unico degli enti locali individua nel Consiglio comunale (Corte dei conti, Sez. Umbria, n. 85/2017; Corte dei conti, Sez. Puglia, n. 57/2017, n. 2/2019 e n. 112/2021/PRSP) e che il ricorso alla transazione, in sostituzione del riconoscimento del debito fuori bilancio, potrebbe assumere carattere elusivo e rappresentare un comodo espediente per evitare la pronuncia sulla fattispecie da parte dell’organo consiliare e la trasmissione degli atti alla Procura contabile (Corte dei conti, Sez. Puglia, n. 112/2021).

Un sistematico e considerevole ricorso a negozi transattivi tesi a ricondurre a bilancio passività sommerse, costituisca una scorretta procedura contabile della gestione finanziaria, inibendo lo svolgimento dei procedimenti di spesa secondo canoni di buona amministrazione e di sana gestione finanziaria; principi che, al contrario, richiedono di effettuare il puntuale riconoscimento dei debiti fuori bilancio la cui mancata tempestiva adozione, oltre a costituire una violazione di legge, può generare responsabilità a carico di amministratori e/o dipendenti a causa della eventuale formazione di oneri aggiuntivi.

Inoltre, i Giudici contabili meneghini (Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere n. 40 del 10/03/2022) in risposta ad un quesito posto dal Comune di Pavia, nel richiamare l’indirizzo giurisprudenziale contabile (cit. Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 27/SEZAUT/2019/QMIG) che, proprio in merito alla possibilità, in caso di riconoscimento del debito derivante da sentenze esecutive, ai sensi dell’articolo 194, comma 1, lettera a), del Tuel n. 267/2000, di effettuare il pagamento prima della prevista deliberazione di Consiglio comunale, hanno statuito il seguente principio di diritto: “Il pagamento di un debito fuori bilancio riveniente da una sentenza esecutiva deve, sempre, essere preceduto dall’approvazione da parte del Consiglio dell’ente della relativa deliberazione di riconoscimento”.

Principio di diritto, si legge nel parere, a cui questa Sezione deve attenersi e che condivide pienamente, né si rinvengono valide ragioni per un’eventuale ed ulteriore rimessione alla Sezione delle Autonomie legata alla particolarità “qualitativa” delle sentenze di condanna del giudice di pace derivante, da un lato, dall’esiguità della condanna legata alla soccombenza in giudizio e dal fatto che la condanna sarebbe basata “soltanto su differenti interpretazioni ermeneutiche dei Comandi di Polizia locale rispetto alla prospettazioni dei contravvenuti, talché non paiono residuare, né sembrano ipotizzabili, fattispecie adeguatamente sorrette da dolo o colpa grave degli Agenti e Ufficiali di Polizia locale”.

E’ il caso di segnalare una prassi ricorrente in diversi Enti locali i quali, pur in presenza di sentenza sfavorevole passata in giudicato, sono addivenuti con la controparte ad un accordo transattivo, strumentale a ridurre l’importo fissato da sentenza.

Deve certamente riconoscersi la possibilità per l’Ente locale di presentare al Consiglio comunale un debito di importo ridotto, ottenuto a seguito di negoziazione con il fornitore, ritenendo la competenza del Consiglio comunale ad approvare la suddetta transazione, in quanto sostitutiva del debito originario, trattandosi nella fattispecie di un provvedimento che sostanzialmente assorbe il riconoscimento del debito fuori bilancio, ottenuto dalla previa transazione da parte dell'ente locale, con conseguente obbligo della trasmissione di tale transazione agli organi di controllo e alla competente Procura della Corte dei conti.

In detta evenienza, e per una corretta procedura da seguire, l’Ente dovrebbe in primis riconoscere il debito fuori bilancio per la somma determinata con la sentenza e poi, eventualmente, laddove ci sia disponibilità a procedere a reciproche concessioni, all’approvazione di una transazione.

La giurisprudenza contabile ha sostenuto “Ferma restando la necessità della permanenza di una situazione giuridica incerta, in presenza di una sentenza esecutiva sfavorevole, la transazione deve eventualmente intervenire, quindi, dopo il riconoscimento del debito fuori bilancio e deve sempre comportare un concreto vantaggio per l’ente (es. rinuncia all’appello da parte del Comune in cambio di una significativa riduzione della somma dovuta al creditore)” (Delibera n. 57/2017/PRSP della Corte dei Conti Sez. Regionale di Controllo per la Puglia).

La delibera consiliare svolge una duplice funzione: da un lato, giuscontabilistica, finalizzata ad assicurare la salvaguardia degli equilibri di bilancio; dall’altro garantista, ai fini dell’accertamento dell’eventuale responsabilità amministrativa.

A regime, dunque, solo successivamente al riconoscimento del debito fuori bilancio da parte del Consiglio Comunale per l’intero importo, le strutture competenti (Settori-Aree-Servizi-Dipartimenti) potranno assumere autonome decisioni in merito alla definizione dell’accordo transattivo, qualora ritenute sussistenti le ragioni di convenienza economica per l’Ente.

Solo in casi straordinari e per i motivi adeguatamente evidenziati nella proposta deliberativa da sottoporre all’approvazione del Consiglio Comunale e in considerazione dello stato di avanzamento dell’accordo transattivo tra le parti, si potrà ammettere il riconoscimento del debito fuori bilancio pari all’importo della transazione, specificando che occorrerà procedere al riconoscimento dell’intero importo in caso di intervenuta impossibilità di conclusione dell’accordo in parola.

In riferimento alla competenza, la materia delle transazioni è attribuibile di norma al dirigente/responsabile; entra a fare parte della competenza della Giunta o del Consiglio solo in presenza di situazioni particolari, ovvero qualora la transazione comporti l’adozione di atti non solo gestionali ma implica valutazioni decisioni di natura politico-amministrativo esorbitanti la mera gestione, posto che la transazione fa sorgere una obbligazione ex novo (cfr. Corte dei Conti, Sezione Regionale di controllo per l’Umbria, deliberazione n. 123/2015).

Sicuramente la competenza è del Consiglio (articolo 42, comma 2, lettera i) del Tuel) qualora dall’atto di transazione derivano spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo (pareri della Corte dei conti Sezioni Riunite per la Regione Siciliana, deliberazione n. 9/2005; parere n. 9/2005, Sezione Campania; parere n. 16/07, Sezione Piemonte Corte dei conti; parere n. 26/08 della Corte dei conti, sezione Lombardia).

Affermano i giudici emiliani con la citata deliberazione n. 199/2023/PRSP, “L’esame di casi nei quali è richiesto il parere del Collegio conferma che si tratta di un’attività di collaborazione che riguarda le attribuzioni consiliari nelle materie economico-finanziarie, propedeutica all’assunzione delle delibere di competenza del Consiglio” (Corte dei conti, Sezione Piemonte, deliberazione n. 345 del 25/09/2013).

In ragione di ciò, le transazioni che devono essere sottoposte a parere obbligatorio dell’organo di revisione sono solo quelle destinate a essere oggetto di una decisione di Consiglio comunale, e non anche gli accordi che si concludono in determinazioni dirigenziali o atti di Giunta.

“La natura del parere, funzionale allo svolgimento delle competenze consiliari, evidenzia che l’obbligo riguarda principalmente le proposte di transazione riferite a: - passività in relazione alle quali non è stato assunto uno specifico impegno di spesa, vale a dire quelle che possono generare un debito fuori bilancio nei casi previsti dalle lettere a), d) ed e) dell’art. 194, comma 1, del Tuel 267/2000; - accordi che comportano variazioni di bilancio; - accordi che comportano l’assunzione di impegni per gli esercizi successivi (art. 42, comma 2, lett. i) del Tuel); - accordi che incidono su

acquisti, alienazioni immobiliari e relative permute (art. 42, co. 2, lett. l) del Tuel” (Corte dei conti, Sezione Piemonte, deliberazione n. 345 del 25/09/2013).

Peraltro, proprio questa Sezione (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Regione Emilia-Romagna, deliberazione n. 129/2017) aveva già messo in evidenza l’importanza del parere dell’Organo di revisione contabile sulle delibere di approvazione di accordi transattivi, sottolineando l’opportunità da parte dell’ente locale di acquisire il parere all’Organo di revisione anche in riferimento a transazioni non di competenza del Consiglio, ove le stesse fossero tuttavia di

particolare rilievo, suggerendo un intervento in via regolamentare, ai sensi dell’art. 239, comma 6 del Tuel, in considerazione del fatto che tale ampliamento è rimesso alla discrezionale potestà dell’ente locale.

I giudici contabili non ignorano che il prevalente indirizzo giurisprudenziale - prendendo le mosse dalla non riconducibilità del contratto di transazione in cui è parte un ente locale alle ipotesi di debito fuori bilancio tassativamente previste dall’art. 194 del Tuel, di competenza del Consiglio, per la “natura eccezionale di detta previsione normativa finalizzata a limitare il ricorso ad impegni non derivanti dalla normale procedura di bilancio” (Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Regione Umbria, del. n. 123/2015), non suscettibili di estensione ad altre tipologie di spesa, la quale ha, come detto, carattere tassativo, sicché non è possibile riconoscere debiti fuori bilancio che non rientrano nelle tipologie individuate - esclude la competenza consultiva dell’Organo di revisione.

Per individuare se l’atto debba essere munito del preventivo parere dell’Organo di revisione, non è rilevante la natura della transazione (giudiziale o stragiudiziale) ma la competenza funzionale del Consiglio a deliberare in merito alla conclusione della transazione, considerato che il parere deve essere reso all’organo consiliare, il quale è tenuto “ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall’organo di revisione”.

Per i giudici contabili il parere dell’Organo di revisione è obbligatorio per le proposte di transazione riferite a:

- passività in relazione alle quali non è stato assunto uno specifico impegno di spesa, vale a dire quelle che possono generare un debito fuori bilancio nei casi previsti dalle lettere a, d, ed e) dell’art. 194, comma 1, Tuel;

- accordi che comportano variazioni di bilancio;

- accordi che comportano l’assunzione di impegni per gli esercizi successivi (art. 42, comma 2, lett. i) Tuel);

- accordi che incidono su acquisti, alienazioni immobiliari e relative permute (art. 42, comma 2, lett. l) Tuel (cfr. Corte dei Conti, Sezione di controllo Puglia, n. 183/2013 e Sezione controllo Piemonte n. 345/2013).

Per la sua indiscussa utilità, è opportuno, infine, evidenziare che secondo i magistrati contabili (vedi Corte dei Conti, Sezione Emilia Romagna, deliberazione n. 129/2017), sarebbe ragionevole, per l’Ente locale, richiedere il parere dell’Organo di revisione, anche in presenza di transazione di notevole entità, in quanto l’atto non è di competenza del Consiglio; opzione, quindi, esercitabile esclusivamente se prevista in sede regolamentare, che, in caso contrario, esclude l’obbligo del Revisore dei conti di rendere il parere.
 

 

[1] Per un approfondimento si rinvia a: G. Fiorillo – C. Lombardi – La gestione dei debiti fuori bilancio degli Enti locali – Iter procedurale • Profili di responsabilità • Modulistica – Maggioli Editore – Giugno 2023

[2] Pubblicata sul sito della Corte dei Conti al seguente link https://www.corteconti.it/Download?id=e5a5312b-b956-4793-a98f-99abe9c18573

[3] Pubblicata sul sito della Corte dei conti al seguente link https://www.corteconti.it/Download?id=8281ed75-ac20-48c0-b7c6-a3995c05f417

Bibliografia

A. Brancasi – A. Ancillotti, “L’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali” - 1996

AA.VV. - Commento al Testo Unico in materia di ordinamento degli Enti Locali – Maggioli Editore – 2001

M. Collevecchio - “Ordinamento finanziario e contabile” Maggioli Editore – 2003

G. Cascone – Debiti fuori bilancio: evoluzioni normative, definitorie e giurisprudenziali – Azienditalia 8-9/2014

V. Giannotti - Le conseguenze del ritardo da parte del Consiglio comunale nel riconoscimento dei debiti fuori bilancio da sentenze esecutive – Azienditalia 5/2018

V. Giannotti - La contabilizzazione del debito fuori bilancio riconosciuto nell’esercizio successivo – ANUTEL - Tributi & Bilancio – n. 2 – 2023

A. Bufarale – Debiti fuori bilancio e passività pregresse: similitudini e differenze. Lo stato dell’arte dopo il parere Corte dei Conti Lombardia n. 290/2023 – ANUTEL - Tributi & Bilancio – n. 1 – 2024

E. D’Aristotile – Le transazioni negli Enti Locali. Contabilità, Finanza e Tributi -  FOCUS Gennaio 2024