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Decreto rilancio: semplificazione di procedimenti amministrativi?

Decreto rilancio
Decreto rilancio

Il Decreto Legge del 19 maggio 2020 n. 34 è stato convertito con Legge del 17 luglio 2020 n. 77 - Decreto “Rilancio” che disciplina le misure urgenti connesse all’emergenza Covid fino al 31.12.2020.

Il Decreto convertito dedica l’articolo 264 alla “semplificazione” dei procedimenti amministrativi. Semplificare è parola che piace al Governo che pare però confuso sul suo significato.  A dire il vero il Governo produce decreti seriali, della cui urgenza si comincia a dubitare, che vengono convertiti per essere subito modificati da altri decreti che modificano, abrogano articoli di leggi appena convertite. Decreti che si accavallano alle leggi. Il Caos.

 

Rimozione ostacoli burocratici

L’articolo 264 del DL 34/2020 è un buon esempio di confusione, incertezza governativa laddove ha già subito tre modifiche nel giro di due mesi (anche dal DL 76/2020) ma anche un esempio di comunicazione governativa.

Il primo comma dell’articolo 264 si apre con parole enfatiche (e demagogiche) che rilassano il lettore e inducono alla speranza, esaudiscono i desideri di ogni cittadino. Il primo comma indica la finalità che non è terrena ma aspira alla “massima semplificazione”, alla “accelerazione dei procedimenti amministrativi” ma soprattutto alla “rimozione di ogni ostacolo burocratico nella vita dei cittadini e delle imprese. Ma attenzione, perché il comma si chiude indicando che tale obiettivo “massimo” è “in relazione all’emergenza Covid” dalla data di entrata in vigore del presente decreto (maggio 2020) e fino al 31.12.2020. Riferimento temporale che getta un’ombra sulla speranza di rimuovere l’ostacolo burocratico per sempre e tuttavia il riferimento temporale pare formale laddove la lettura del testo sembra preannunciare modifiche permanenti al DPR 445/2000 (di cui infra).

 

Dichiarazioni

La lettura dell’articolo 264 chiarisce che la semplificazione non è attuata attraverso percorsi di controllo amministrativo più snelli ma sollevando l’amministrazione dal controllo iniziale e trasferendo la responsabilità sulla veridicità delle dichiarazioni ai soggetti istanti.

Il Governo, per intenderci, non riduce, ad esempio, il numero dei documenti da presentare per ottenere un certo beneficio rendendo più snella la procedura ma continua a chiedere quei documenti, tutti, sui quali il richiedente dichiara non solo l’esistenza ma anche la veridicità. Il soggetto richiedente dovrà prestare, in vece del deposito dei soliti documenti, la dichiarazione di cui all’articolo 46 e 47 DPR 445/2000.

Utile palestra per comprendere la comunicazione Governativa è la lettera a) comma 1 dell’articolo 264 relativa alle istanze per l’erogazione di benefici economici (indennità, prestazioni previdenziali, erogazione contributi, finanziamenti, prestiti, sospensioni ecc..).

L’agevolazione consiste nel sostituire il deposito documentale con le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 DPR 445/2000 che sostituiscono i documenti e comprovano i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento anche in deroga ai limiti previsti dagli stessi o dalla normativa di settore. Quest’ultimo inciso lascia perplessi. La deroga è riferita al contesto normativo di cui al DPR 445/2000 o a normativa di riferimento o di settore che preveda ad esempio il deposito fisico dei documenti? Pare che il Governo, con deroga imprecisa, voglia porre silenzio ad eventuali contestazioni già sorte in costanza di COVID-19 sull’applicazione proprio delle dichiarazioni sostitutive ex DPR 445/2000 – che tutti abbiamo conosciuto nei ripetuti moduli che ci imponevano di dichiarare, firmare l’inutile. In effetti qualche stortura applicativa del DPR 445/2000 è già nota.

 

Disciplina regionale

La preoccupazione del Governo di superare le contestazioni del passato/covid – e di porsi quale fonte che trova le sue radici nella Costituzione – è ben espressa nel comma 4 dell’articolo 264 che si preoccupa del potere legislativo Regionale che tanto si è contrapposto, nel rispetto (o meno) della gerarchia delle fonti, al volere governativo. Così recita il comma 4 citato: “Le disposizioni del presente articolo attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117 comma 2 lettera m) della costituzione e prevalgono su ogni diversa disciplina regionale”. Traspare la tensione del Governo a sottrarre le proprie disposizioni a contestazioni pur legittime.

 

Certificazioni e atti notori

È bene ricordare che le dichiarazioni possono avere ad oggetto “certificazioni” (articolo 46 DPR 445/2000) e dunque il soggetto dichiara il proprio stato anagrafico, di famiglia, di essere rappresentante legale, di non aver condanne penali ecc..

L’articolo 46 citato elenca gli atti, i certificati che possono essere sostituiti dalla dichiarazione. Norma applicabile in ogni contesto e dunque appare richiamo inutile, salva la volontà di applicare tale meccanismo laddove alcune norme di settore (appunto) ne escludano il beneficio. Anche questa è comunicazione governativa. Forse doveva essere precisata la comune applicazione dell’articolo 46 DPR 445/2000 ed indicate invece le norme che vengono derogate, si badi (forse) fino al 31.12.2020.

Lo stesso dicasi per le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà ex articolo 47 DPR 445/2000 che hanno ad oggetto dichiarazioni su stati personali, fatti che non rientrano nelle certificazioni sopra riferite. Sono dichiarazioni che in genere vengono rese avanti a pubblico ufficiale/notaio.

La portata applicativa delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni o atti notori è dunque generale e già previsto nel DPR 445/2000. Il richiamo nell’articolo 264 pare concentrare la portata innovativa (di semplificazione) solo sull’inciso derogativo “ai limiti previsti dagli stessi o dalla normativa di settore”.

 

Modifica articoli 71,75,76 DPR 445/2000 – decreto Rilancio articolo 264

La semplificazione, così intesa come ampliamento dei casi in cui è possibile la dichiarazione sostitutiva o autocertificazione, ha un costo che non ricade sull’amministrazione ma sul soggetto istante.

Così il Governo dopo aver ampliato l’applicazione della norma generale di cui agli artt. 46 e 47 DPR 445/2000 provvede a riformare proprio il DPR 445/2000 nella parte relativa ai controlli e alle sanzioni, a carico ovviamente del dichiarante.

1) Articolo 71 DPR 445/2000 (controlli)

Il comma 1 dell’articolo 71 del DPR 445/2000 in materia di controlli viene sostituito. Utile la lettura comparativa delle modifiche. Il “fondato dubbio” previgente viene sostituito dal “ragionevole dubbio” in ragione della proporzione tra il rischio e l’entità del beneficio. Ad ogni lettore la propria interpretazione applicativa. 

articolo 71 DPR 445/2000 previgente

Articolo 71 DPR 445/2000 vigente dal 17.7.2020

1. Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione, e in tutti i casi in cui sorgono fondati dubbi, sulla veridicità delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47. 

 

1. Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione in misura proporzionale al rischio e all'entità del benefìcio, e nei casi di ragionevole dubbio, sulla veridicità delle dichiarazioni dì cui agli articoli 46 e 47, anche successivamente all'erogazione dei benefici, comunque denominati, per i quali sono rese le dichiarazioni.

2) Articolo 75 DPR 445/2000 (decadenza benefici)

Il Governo riforma anche l’articolo 75 DPR 445/2000 relativo alla decadenza dei benefici concessi inserendo il comma 1bis. Il primo comma già prevedeva la decadenza dei benefici conseguenti al provvedimento emanato laddove sia accertata una dichiarazione “non veritiera”. La dichiarazione mendace ora aggrava la situazione del dichiarante perché consegue anche

  1. revoca di benefici già erogati, non solo di quello concesso;
  2. il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo di 2 anni

Così il nuovo articolo 75 DPR 445/2000:

Articolo 75 Decadenza dai benefici 

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 76, qualora dal controllo di cui all'articolo 71 emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera.

1-bis. La dichiarazione mendace comporta, altresì, la revoca degli eventuali benefìci già erogati nonché il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo di 2 anni decorrenti da quando l'amministrazione ha adottato l'atto di decadenza. Restano comunque fermi gli interventi, anche economici, in favore dei minori e per le situazioni familiari e sociali di particolare disagio.

3) Articolo 76 DPR 445/2000 (sanzioni penali)

Il Governo provvede a riformare anche l’articolo 76 DPR 445/2000 dedicato proprio alle sanzioni penali che conseguono alla dichiarazione mendace. Sanzioni penali non precisate dal legislatore che si riferisce genericamente al codice penale e alle leggi speciali in materia. Le conseguenze invero sono variabili a seconda del contesto. In ogni caso il Governo ha pensato di inasprire le pene con un aumento da un terzo alla metà. La lettura comparata delle modifiche all’articolo 76 DPR 445/2000 chiarisce la novità:

 articolo 76 previgente

Articolo 76 vigente

1. Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia.

1. Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. La sanzione ordinariamente prevista dal codice penale è aumentata da un terzo alla metà.

La modifica che, si teme, non avrà vigenza solo fino al 31.12.2020, è significativa. Si consideri che uno dei reati tipici conseguenti alle dichiarazioni mendaci è l’articolo 483 Codice Penale che così recita:

Codice Penale articolo 483. Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità è punito con la reclusione fino a due anni.

Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile [c.c. 449; Codice Penale 495], la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.

Ciò significa che la dichiarazione mendace, in forza dell’aumento, verrà punita con una pena della reclusione di 2 anni e 8 mesi (aumento di 1/3) o 3 anni (aumento ½); nel caso del secondo comma la reclusione non potrà essere inferiore a 4 mesi o 6 mesi. Non è poco.

 

Conclusioni

La comunicazione governativa, la scrittura della norma, permette di avere dubbi sulla finalità di “semplificazione” del Governo.

Si pensi che la riforma del DPR 445/2000, sopra descritta, trova premessa nell’urgenza e nella necessità di assicurare l’applicazione di principio noto: non è consentito alle amministrazioni richiedere la produzione di documenti e informazioni già in loro possesso. La finalità dell’inasprimento delle pene nel caso di dichiarazioni mendaci viene giustificata dalla necessità di “accelerare la massima semplificazione dei procedimenti” nonché “l’attuazione di misure urgenti per il sostegno dei cittadini e per la ripresa a fronte dell’emergenza economica derivante dalla diffusione Covid”.

Il problema è che anziché sanzionare l’amministrazione che richiede documenti inesigibili o dichiarazioni su documenti in proprio possesso, viene sanzionato il cittadino. La premessa normativa sembra segnalare, ribadire, il principio, spesso disatteso, che attiene alla buona amministrazione (non aggravare il cittadino) ma non prevede sanzioni per il mancato rispetto della stessa (amministrazione che richiede ad esempio dichiarazioni su documenti già in suo possesso).

Non esime la dichiarazione mendace neppure il comma 2 lett. d) dell’articolo 264 che si riferisce a diverso contesto i cui non vengono esibiti documenti nell’ambito di verifiche, ispezioni e controlli: “È nulla ogni sanzione disposta nei confronti dei privati per omessa esibizione di documenti già in possesso dell’amministrazione …” (cfr. articolo 264 comma 2 lett. d)). Qualcosa non torna.