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Detenzione domiciliare speciale: applicazione provvisoria in caso di grave pregiudizio per il minore

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Detenzione domiciliare speciale: applicazione provvisoria in caso di grave pregiudizio per il minore

 

  1. Premessa e considerazioni introduttive
  2. La questione sollevata con l’ordinanza di remissione
  3. Le argomentazioni delle parti
  4. Le conclusioni della Corte Costituzionale
     

1. Premessa e considerazioni introduttive

Negli ultimi anni, la Consulta è più volte intervenuta sul tema riguardante i requisiti di ammissione della madre alla detenzione domiciliare speciale e sulla competenza del Tribunale e del Magistrato di Sorveglianza nell’applicazione e nell’attuazione della misura.

Nella pronuncia de quo ha ricostruito la natura dell’istituto ribadendo la funzione complementare e sussidiaria rispetto a quella ordinaria – in linea con la sentenza n. 173/2021 – ed evidenziando che la sua applicazione deve valutarsi operando preventivamente dei “bilanciamenti, caso per caso, refrattari a qualsiasi preclusione e automatismo”. La decisione, ben si inserisce nel novero delle molte declaratorie di incostituzionalità volte al superamento di presunzioni legislative e di consequenziali auomatismi di ordine sia processuale che sanzionatorio.

Il percorso motivazionale intrapreso dalla Corte nella pronuncia ha condotto all’equiparazione delle due misure – ordinaria e speciale – nonostante i diversi presupposti per l’applicazione, muovendo dall’intento di tutelare il rapporto genitoriale con il minore in tenera età e ovviando al pericolo di danno riflesso della cosiddetta carcerizzazione dell’infante.

Con la sentenza n. 30, depositata il 3 febbraio 2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 47 quinquies, commi primo, terzo e settimo della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui non prevede che, laddove vi sia un grave pregiudizio per il minore, derivante dalla protrazione dello stato di detenzione del genitore, l’istanza di detenzione domiciliare possa essere proposta al magistrato di sorveglianza che può disporre l’applicazione provvisoria della misura con la conseguente applicazione delle disposizioni di cui al quarto comma dell’articolo 47 della richiamata legge del 1975.

Il Tribunale di sorveglianza è tenuto ad effettuare un giudizio di bilanciamento e di valutazione circa la possibilità di reinserimento sociale del richiedente e di garanzia della giusta assistenza al figlio.

La ratio della norma è quella di garantire alle madri la cura e l’assistenza dei figli, scongiurando il pericolo che l’esecuzione della pena possa influire e condizionare lo sviluppo del minore. La L. n. 62 del 2011 – Modifiche al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e altre disposizioni a tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori – ha novellato il primo comma dell’articolo 47-quinquies stabilendo che la prima parte di pena (un terzo o, nel caso di condanna all’ergastolo, quindici anni), potesse espiarsi “secondo le modalità di cui al comma 1-bis” il quale consente alle detenute madri di minori di anni 10 (e ai padri, in caso di impossibilità assoluta della madre), di espiare la pena detentiva anche nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, di cura, di assistenza e accoglienza, purchè non sussistano in concreto pericolo di ulteriori delitti o fuga.

Riguardo quest’ultima ipotesi, era, tuttavia, precluso alla condannata per reati ostativi – ex articolo 4 bis Ordinamento Penitenziario – l’accesso alla misura domiciliare prima che fosse rispettato il requisito temporale di cui al primo comma. Preclusione superata con la pronuncia n. 76 del 2017, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 47-quinquies comma 1-bis o.p. limitatamente all’inciso “salvo che nei confronti delle madri condannate per taluno dei delitti indicati nell’articolo 4-bis”.

Allo stato attuale, dunque, è consentita l’applicazione della detenzione domiciliare speciale anche prima dell’espiazione di un terzo della pena o di anni 15 nel caso di condanna all’ergastolo, purché sia possibile escludere il rischio del pericolo di fuga e di commissione di altri reati.

Riguardo quest’ultimo requisito, la decisione della Consulta ben si allinea con la sentenza n. 16945 del 4 giugno 2020, con la quale la Cassazione, nel ribadire che la finalità della misura è quella di garantire l’interesse del minore a crescere al fianco dei genitori e in un ambiente rispettoso del proprio sviluppo psico-fisico, ha affermato che il superiore interesse del minore debba considerarsi preminente anche rispetto alle esigenze di sicurezza della collettività.

In tal modo, il Tribunale di Sorveglianza, è tenuto a valutare prima di qualsiasi altro elemento, il rispetto dell’interesse del minore lungamente sacrificato in nome di presunte esigenze di difesa della collettività. Subordinare l’accesso alla misura a particolari condizioni, quali la presunta pericolosità del condannato, non trova alcuna giustificazione allorquando la tutela riguardi un interesse esterno ed eterogeneo, quale quello del minore (ex multis: sentenza n. 174/2018; n. 76/2017 e n. 239/2014).
 

2.  La questione sollevata con l’ordinanza di remissione

La vicenda che ha originato la questione di legittimità costituzionale, riguardava la concessione della detenzione domiciliare speciale ad un padre condannato di una minore degli anni dieci, richiesta sia in ragione dell’espiazione del quantum di pena previsto dall’articolo 47-quinquies o.p., sia a causa della grave malattia della moglie e per l’assenza di altri familiari in grado di subentrare nelle cure parentali.

Al fine di evitare qualsivoglia pregiudizio alla minore, il Magistrato di Sorveglianza riteneva necessario provvedere, in via d’urgenza, sì da valutare tempestivamente il caso senza attendere i tempi previsti per la fissazione dell’udienza in camera di consiglio, innanzi al Tribunale di sorveglianza. Soluzione, tuttavia, non prevista dall’articolo 47-quinquies alla cui disciplina occorre far riferimento in ragione dell’entità della pena residua gravante in capo al padre, così come nessun rinvio è fatto alla disciplina di cui all’articolo 47-ter, comma 1- quater dell’Ordinamento Penitenziario, che regola espressamente l’ipotesi di concessione, in via provvisoria, della misura domiciliare ordinaria.

Partendo da queste considerazioni, con ordinanza  del 2 febbraio 2021, sollevava questione di legittimità costituzionale per asserita violazione degli articoli 3, 27, terzo comma, 30, 31 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 3, paragrafo 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, e 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, “ nella parte in cui non prevede che, ove vi sia un grave pregiudizio per il minore derivante dalla protrazione dello stato di detenzione del genitore, l’istanza di detenzione domiciliare speciale può essere proposta al Magistrato di sorveglianza, che può disporre l’applicazione provvisoria della misura”. La richiamata disposizione penitenziaria, al terzo comma, attribuisce al Tribunale di sorveglianza la competenza a disporre la detenzione domiciliare speciale, tacendo sulla possibilità di applicazione provvisoria da parte del Magistrato.

Il rimettente sottolineava che la lacuna normativa non fosse superabile in via interpretativa e che l’applicazione urgente della misura domiciliare da parte dell’organo monocratico avrebbe garantito il superiore interesse del minore, in attesa della decisione del Tribunale di Sorveglianza. Evidenziava, il giudice, che l’applicazione provvisoria per motivi di urgenza di misure alternative alla detenzione, è prevista anche per l’affidamento in prova al servizio sociale e per la semilibertà.

I profili di costituzionalità sollevati, possono così sintetizzarsi:

violazione dell’articolo 3 Costituzione, a causa della ingiustificabile esclusione della detenzione domiciliare speciale dal meccanismo di applicazione provvisoria, in spregio del fondamentale diritto alla tutela dell’infanzia, così come rappresentato nella Raccomandazione n. 1469 del 2000, del Consiglio d’Europa su Madri e bambini in carcere (attuativa dei principi della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991);

violazione dell’articolo 27 Costituzione, terzo comma, perché la disposizione contrasterebbe con il principio che impone l’umanità dell’esecuzione della pena, prescrivendo al condannato detenuto di attendere i tempi di decisione dell’organo collegiale senza poter avere immediato accesso al beneficio della misura domiciliare speciale;

contrasto con l’articolo 30 Costituzione, in quanto la mancata previsione dell’applicazione provvisoria della detenzione domiciliare speciale non è in linea con il principio costituzionale che tutela i figli, prescrivendo che si individuino tutte le modalità idonee alla loro assistenza;

contrasto con l’articolo 31 Costituzione per violazione del principio posto a tutela della famiglia e dei diritti dei minori; infine,

contrasto con l’articolo 117 Costituzione, primo comma, per violazione della normativa internazionale sulla tutela del superiore interesse del fanciullo.
 

3. Le argomentazioni delle parti e la risposta della Corte

Nel giudizio interveniva, per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, il Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale chiedeva che le questioni sollevate fossero dichiarate inammissibili – per difetto di rilevanza e ciò in quanto l’ordinanza di remissione ha mancato di dimostrare l’effettivo svolgimento di un’analisi reale ed effettiva riguardo lo stato di salute della madre della minore e l’esistenza di altri congiunti, oltre al padre, in grado di accudire la bambina – e non fondate – perché l’interesse della minore alla relazione con il genitore condannato ad espiare una pena detentiva, non godrebbe di una tutela assoluta se non quando l’età della stessa sia inferiore ad un anno, ipotesi nella quale l’articolo 146, primo comma, numero 2) Codice Penale, stabilisce il rinvio obbligatorio all’esecuzione della pena.

Per l’Avvocatura, la mancanza di previsione dell’anticipazione con provvedimento monocratico della detenzione domiciliare speciale, sarebbe il risultato della discrezionalità legislativa in quanto la peculiarità della misura non anticipabile è l’avvenuta espiazione di un terzo della pena e, pertanto, un provvedimento di questa portata, non richiederebbe urgenza “in quanto il minore, figlio della persona condannata, può aver già trascorso svariati anni della propria esistenza lontano dal proprio genitore”.

Si costituiva in giudizio anche l’istante, eccependo sia la titolarità dei requisiti richiesti per l’applicazione della misura, avendo egli scontato più di un terzo della pena ed essendo il residuo estraneo a delitti ostativi, sia la necessità di cura della figlia minore di anni dieci, vista l’impossibilità della madre di provvedervi per ragioni di salute e per l’assenza di altri congiunti a ciò disponibili.

Per ciò che attiene l’obiezione di inammissibilità per difetto di rilevanza, sollevata dall’Avvocatura, la Corte ha osservato che le questioni che ne sono oggetto riguardano la sussistenza del potere cautelare del Magistrato di Sorveglianza e, pertanto, si collocano in una fase anteriore rispetto a quella dell’esercizio concreto del potere medesimo. Per giurisprudenza costante della Corte, il giudizio incidentale di legittimità costituzionale non è condizionato da alcuna vicenda successiva all’ordinanza di rimessione e, pertanto, la rilevanza delle questioni caratterizzanti il fatto concreto, deve essere valutata ex ante. Di conseguenza, non ha alcuna rilevanza la circostanza secondo la quale, nelle more del giudizio, la minore abbia compiuto gli anni dieci e ciò perché l’età (inferiore agli anni dieci), deve ricorrere al momento del deposito della richiesta di concessione della misura e non a quello della decisione.
 

4. Le conclusioni della Corte Costituzionale

Sulla base delle argomentazioni rappresentate e sulla scorta della ratio della norma (che, per la Consulta, ha senza ombra di dubbio agevolato il compito, per le condannate madri, di provvedere fattivamente alla cura e all’assistenza della prole) e ai dettami costituzionali ed internazionali, la Corte Costituzionale ha dichiarato che il Magistrato di Sorveglianza deve poter applicare, in via provvisoria, la misura della detenzione domiciliare speciale “quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’ammissione”, intervenendo con ordinanza tipicamente interinale, la quale preserva la sua efficacia “fino alla decisione del Tribunale di Sorveglianza, cui il magistrato trasmette immediatamente gli atti, che decide entro sessanta giorni”.

Il Giudice di legittimità ha evidenziato che l’ambito delle questioni sollevate non riguarda l’intera disciplina dell’articolo 47-quinquies Ordinamento Penitenziario ma solo i commi primo – relativo ai requisiti per l’accesso alla misura – terzo – relativo alle competenze del Tribunale e del Magistrato di Sorveglianza – e settimo – che consente l’applicazione della misura anche al detenuto padre nell’ipotesi in cui la madre sia impossibilitata a prendersi cura del minore.

Così circoscritta la questione, la Consulta l’ha considerata fondata solo in relazione all’articolo 31 Costituzione, e ciò in quanto l’esclusione dell’anticipazione della detenzione domiciliare speciale non trova alcuna giustificazione nel carattere sommario della decisione monocratica tanto da compromettere l’interesse del minore all’accudimento genitoriale, impedendo al Magistrato di Sorveglianza di valutare la pericolosità del caso che si trova ad affrontare di volta in volta, in aperta violazione con quel favor minorile garantito dall’articolo 31 Costituzione.  

Poiché la ratio della disciplina della misura speciale, è la tutela del benessere della prole anche nell’ipotesi di genitori condannati a pene superiori ai quattro anni o alla pena massima, appare privo di ragionevolezza il trattamento differenziato attribuito dalla disciplina dell’articolo 47-quinquies all’applicazione provvisoria della misura, in ragione del quantum della pena da espiare. La mancata previsione di una delibazione urgente nell’interesse del minore, impedirebbe il vaglio di quell’interesse in comparazione con le esigenze di difesa sociale, essendo suscettibile di determinare l’ingresso del bambino in istituti per minori nell’ attesa della decisione collegiale.

Pertanto, l’articolo 47-quinquies, commi primo, terzo e settimo della L. n. 354/1975 deve dichiararsi costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’articolo 31 Costituzione, nella parte in cui non prevede che “ove vi sia un grave pregiudizio per il minore derivante dallo stato di detenzione del genitore, l’istanza di detenzione domiciliare può essere proposta al Magistrato di Sorveglianza, che può disporre l’applicazione provvisoria della misura, nel qual caso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 47, comma 4 della medesima legge”.

Letture consigliate:

  • V. MAFFEO, I benefici penitenziari e la politica del cd doppio binario, in La legislazione penale in materia di criminalità organizzata, misure di prevenzione ed armi, in Trattato teorico pratico di diritto penale, Torino, 2015.
  • F. FIORENTIN, C. FIORIO, La riforma dell’Ordinamento penitenziario, Milano, 2019.
  • F. DELLA CASA e G. GIOSTRA, Manuale di diritto penitenziario, Milano, 2006.
  • P. CANEVELLI, Misure alternative al carcere e tutela delle detenute madri, in Dir. Pen. Proc., 2001.
  • T. PICHT, Dove si vive, come si vive, in E. Campelli, F. Faccioli, V. Giordano, T. Pitch., Donne in carcere. Ricerca sulla detenzione femminile in Italia, Milano, 1992.
  • G. CECANESE, Pena (profili reali della) e benefici penitenziari, in GAITO, (a cura di), Digesto delle discipline penalistiche, IV Ed., Tomo II, Aggiornamento 2005, Torino, 2005.