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Dichiarazione di fallimento: rapporto tra Giudice Delegato e Pubblico Ministero nella fase pre fallimentare

Nota a Corte di Cassazione - Prima Sezione Civile, Sentenza 2 febbraio 2009, n.4632
Massima: “In caso di desistenza dall’istanza di fallimento, il procedimento per la relativa dichiarazione si estingue ed il tribunale non può segnalare l’insolvenza del debitore al pubblico ministero, per difetto di terzietà ed imparzialità che altrimenti sussisterebbe in capo a tale giudice nell’eventuale pronuncia, attesa l’abrogazione dell’iniziativa officiosa; ne consegue che in caso, ciononostante, di sentenza di fallimento resa su richiesta del p.m., così avvertito, la pronuncia è nulla”.

Con la citata decisione la prima sezione della Corte di cassazione si è pronunciata sul rapporto tra giudice delegato e pubblico ministero nella fase pre fallimentare.

La decisione chiarisce che a seguito di rinunzia all’istanza di fallimento da parte del creditore, il procedimento si estingue: in conseguenza, non è consentito al tribunale segnalare l’insolvenza al p.m., poichè la successiva sentenza dichiarativa di fallimento resa dallo stesso tribunale, all’esito della richiesta presentata ai sensi dell’art 7, comma II, l. fall., sarebbe affetta da nullità per difetto di terzietà ed imparzialità del giudice.

Nello specifico, la Corte ha respinto il ricorso formulato dal curatore fallimentare avverso la pronuncia resa dalla Corte di appello di Milano, con la quale era stata annullata la sentenza dichiarativa di fallimento di una società, pronunciata dal tribunale meneghino, su segnalazione del p.m., sollecitato dallo stesso organo giudicante in seguito alla desistenza del creditore istante.

La decisione trae fondamento dai principi che hanno ispirato la riforma della legge fallimentare e che hanno ridotto i margini di intervento del giudice all’interno della procedura stessa, sino ad abolire l’istituto della dichiarazione di fallimento ex officio.

Muovendo da tali presupposti, i giudici di legittimità hanno affermato che al procedimento civile di cui all’art. 7, comma II, legge fallimentare, non può essere assimilata la fase istruttoria pre fallimentare, rectius, il procedimento per la dichiarazione di fallimento, secondo la nuova disciplina introdotta dal legislatore del 2007.

Più precisamente, a giudizio della Suprema corte, è consentito al tribunale fallimentare segnalare al p.m. l’insolvenza di un imprenditore, solo ove questa riguardi un soggetto diverso da quello nei confronti del quale lo stesso organo è chiamato a giudicare e purchè sia stata rilevata in via incidentale.

In caso contrario, la notitia decoctionis così acquista dal p.m., condurrebbe ad una pronuncia dichiarativa di fallimento certamente nulla, per violazione del principio di terzietà del giudice.

Massima: “In caso di desistenza dall’istanza di fallimento, il procedimento per la relativa dichiarazione si estingue ed il tribunale non può segnalare l’insolvenza del debitore al pubblico ministero, per difetto di terzietà ed imparzialità che altrimenti sussisterebbe in capo a tale giudice nell’eventuale pronuncia, attesa l’abrogazione dell’iniziativa officiosa; ne consegue che in caso, ciononostante, di sentenza di fallimento resa su richiesta del p.m., così avvertito, la pronuncia è nulla”.

Con la citata decisione la prima sezione della Corte di cassazione si è pronunciata sul rapporto tra giudice delegato e pubblico ministero nella fase pre fallimentare.

La decisione chiarisce che a seguito di rinunzia all’istanza di fallimento da parte del creditore, il procedimento si estingue: in conseguenza, non è consentito al tribunale segnalare l’insolvenza al p.m., poichè la successiva sentenza dichiarativa di fallimento resa dallo stesso tribunale, all’esito della richiesta presentata ai sensi dell’art 7, comma II, l. fall., sarebbe affetta da nullità per difetto di terzietà ed imparzialità del giudice.

Nello specifico, la Corte ha respinto il ricorso formulato dal curatore fallimentare avverso la pronuncia resa dalla Corte di appello di Milano, con la quale era stata annullata la sentenza dichiarativa di fallimento di una società, pronunciata dal tribunale meneghino, su segnalazione del p.m., sollecitato dallo stesso organo giudicante in seguito alla desistenza del creditore istante.

La decisione trae fondamento dai principi che hanno ispirato la riforma della legge fallimentare e che hanno ridotto i margini di intervento del giudice all’interno della procedura stessa, sino ad abolire l’istituto della dichiarazione di fallimento ex officio.

Muovendo da tali presupposti, i giudici di legittimità hanno affermato che al procedimento civile di cui all’art. 7, comma II, legge fallimentare, non può essere assimilata la fase istruttoria pre fallimentare, rectius, il procedimento per la dichiarazione di fallimento, secondo la nuova disciplina introdotta dal legislatore del 2007.

Più precisamente, a giudizio della Suprema corte, è consentito al tribunale fallimentare segnalare al p.m. l’insolvenza di un imprenditore, solo ove questa riguardi un soggetto diverso da quello nei confronti del quale lo stesso organo è chiamato a giudicare e purchè sia stata rilevata in via incidentale.

In caso contrario, la notitia decoctionis così acquista dal p.m., condurrebbe ad una pronuncia dichiarativa di fallimento certamente nulla, per violazione del principio di terzietà del giudice.