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La soppressione delle Autorità d’Ambito Territoriale di cui alla Legge 26 marzo 2010, n.42

Occorre riflettere entro un quadro di assetti e di valori, piuttosto che invocare criteri efficientisti
La recente conversione operata dalla Legge 26 marzo 2010, n.42[1] al decreto-legge (denominato “enti locali”) 25 gennaio 2010, n. 2[2], recante <Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni>, all’art 1, c. 1 quinquies prevede che:

<All’articolo 2, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo il comma 186, è inserito il seguente: «186-bis. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge[3], sono soppresse le Autorità d’ambito territoriale di cui agli articoli 148 e 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Decorso lo stesso termine, ogni atto compiuto dalle Autorità d’ambito territoriale è da considerarsi nullo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Le disposizioni di cui agli articoli 148 e 201 del citato decreto legislativo n.152 del 2006 sono efficaci in ciascuna regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al periodo precedente. I medesimi articoli sono comunque abrogati decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge»>[4].

Com’è noto gli A.T.O. sono individuati dalle Regioni con apposita legge (nel caso del servizio idrico integrato con riferimento ai bacini idrografici e dei rifiuti, principalmente corrispondono alle province) in essi operano le Autorità d’Ambito, enti che, com’è noto, hanno non solo il compito di organizzare, affidare e controllare la gestione del servizio, ma anche di svolgere talune funzioni ad esso delegate (sovente nella Convenzione e nello Statuto istitutivo, altre volte già nella Legge regionale che disciplina la materia).

Come abbiamo in altre occasioni segnalato, la scelta per una gestione dei rifiuti che passa attraverso l’individuazione degli A.T.O., <quale parametro geografico di autosufficienza e di prossimità> è una scelta italiana, consentita dall’ordinamento europeo, ovvero trattasi di una <scelta del livello amministrativo ritenuto adatto alla creazione di un sistema integrato di gestione e di smaltimento dei rifiuti>[5] dove, comunque si deve, tra altri elementi, <tener conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti>[6].

Siffatta scelta legislativa va apprezzata anche rispetto alle precedenti previsioni normative che vedevano ricadere unicamente nella Provincia l’A.d.A. (nel ritaglio territoriale-amministrativo dell’A.T.O.), ciò in quanto:

1) la scelta de qua viene rimessa alla disciplina regionale, su più opzioni, con il che si potranno avere scelte differenziate in ambito nazionale;

2) sinteticamente le opzioni non sono a binario “fisso” poiché (invero molto teoricamente) potremmo, esemplificativamente, avere:

2a) scelta A.d.A. come ente regionale;

2b) scelta A.d.A. in parte come ente regionale e, in parte, distribuita su altre realtà territoriali (forme di cooperazione e/o Provincia);

2c) scelta A.d.A. come ente di emanazione provinciale o comunque ancorata alla Provincia;

2d) scelta forme di cooperazione (consorzi e/o convenzioni) su base provinciale o su altre ripartizioni territoriali (sub provinciali, sovra provinciali, misto);

2e) un misto di scelte, eccetera;

3) la mera corrispondenza delle A.d.A. alla Provincia può valere in certe zone (vedasi per esempio la scelta operata –per le note questioni - dalla legislazione emergenziale in Campania, dove le Provincie, anche tramite le loro società, assumono un ruolo vieppiù rilevante) ma può non esserlo in altre, talchè occorrono (ancorchè sottostanti alle scelte legislative) puntuali considerazioni, valutazioni e motivate (oltre che responsabili) decisioni riferite alla dimensione territoriale e sociale di riferimento;

4) la scelta (amministrativa e/o politica) di riconduzione provinciale dell’A.d.A. non necessariamente (ovvero, non automaticamente e, quindi men che meno, apoditticamente) corrisponde a criteri razionali e/o di economia di spesa e sembra invece porre – sempre che non si voglia spicciolatamente liquidare se non banalizzare la tematica - altre questioni che qui ci limitiamo a segnalare, con riserva di ulteriori approfondimenti, quali, solo per fare un esempio, l’invocabilità del mero criterio cosiddetto “efficientista” per il quale sarebbe la Provincia e non gli altri enti locali, quali i Comuni (che dovrebbero traslare parte delle loro funzioni in materia di rifiuti all’A.d.A.) ad avere competenza in talune attività/funzioni (di rilevanza enorme sotto il profilo dell’impattamento – negli anni - economico e tariffario) pare sconoscere (o sottovalutare) la delicatissima questione “democratica” che è, tra altro, implicita nelle forme di cooperazione tra gli enti locali, dove – solo per limitarci ad un aspetto - nelle scelte statutarie e convenzionali possono trovare inserimento talune clausole di “salvaguardia” (nei quorum, nelle modifiche, nella gestione delle risorse, nelle scelte fondamentali, eccetera) delle cc.dd. “minoranze” (per gli enti minoritari, per gli enti – per così dire…. - non aventi “numi tutelari” e/o “ancoraggi” nella maggioranza politica provinciale e così via).

Infine, lo sbilanciamento a favore dell’attribuzione ad un soggetto che “salta” – accorpando, tra altro, competenze e funzioni che dovrebbero essere distinte e “dialettiche”[7] - l’anzidetta modellistica degli enti locali (mascherato dalla pretesa di buona amministrazione e di evitare lacci e lacciuoli) onde pervenire a (e svolgere) una gestione efficientista, pare a noi disinvoltamente passare sopra queste considerazioni (che hanno una certa “storia” culturale e giuridica) e fors’anche (almeno in certi casi) sembrano violare i principi costituzionali (e comunitari) connessi allo svolgimento delle funzioni (che poi riguardano anche la gestione) secondo corretti ed auspicabili criteri e principi di differenziazione, di adeguatezza, di sussidiarietà, eccetera[8].



[1] G.U. n. 72 del 27 marzo 2010.

[2] G.U. n. 20 del 26 gennaio 2010.

[3] Ovvero al termine del 27 marzo 2011.

[4] Il tentativo di soppressione degli ATO non è nuovo, in proposito vedasi l’art. 2, commi 3 e 38, della Legge 24 dicembre 2007, n.244 (L. finanziaria 2008) ove le competenze della A.d.A. (che si prevedeva di sopprimere) tra le quali il piano d’ambito che sarebbero dovute passare alle Province.

[5] Così il punto 59 della sentenza C.G.U.E., Sez. 4^, 4 marzo 2010, causa C-297/08 riportata oltre.

[6] Vedasi il punto 62 della C.G.U.E. appena citata.

[7] Che le competenze della Provincia vengano ad essere scontatamente assommate (come mero criterio computazionale) a quelle delle A.d.A., ovvero sconsiderando i criteri e i principi che devono sottostare a siffatte scelte, potrebbe comportare fors’anche un vulnus, quantomeno uno stravolgimento degli assetti di rapporti e delle competenze, i quali erano stati “pensati” e “voluti” in modo diverso, ma che soprattutto godono di una (tra di loro) diversa autonomia (costituzionalmente prevista e garantita), di una diversa regolamentazione, di diversi e più variegati assetti di interesse e partecipativi, eccetera, eccetera. Diversamente occorrerebbe forse ripensare all’architettura complessiva del sistema di competenze/funzioni, evitando - come pare avvenire in senso generale (ovvero al di là della tematica in esame) - di infilare surrettiziamente competenze e/o di attribuire funzioni e/o risorse a soggetti in modo tale che essi vengano potenziati o valorizzati in modo indiretto e omeopatico, anziché operando una scelta diretta, trasparente, responsabile e coerente con l’intero sistema e valoriale.

[8] Sui quali non pare qui il caso di intrattenerci, si veda quanto do viziosamente contenuto nel volume AA.VV., <Governo e gestione dei rifiuti. Idee, percorsi, proposte>, Napoli, 2009.

La recente conversione operata dalla Legge 26 marzo 2010, n.42[1] al decreto-legge (denominato “enti locali”) 25 gennaio 2010, n. 2[2], recante <Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni>, all’art 1, c. 1 quinquies prevede che:

<All’articolo 2, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo il comma 186, è inserito il seguente: «186-bis. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge[3], sono soppresse le Autorità d’ambito territoriale di cui agli articoli 148 e 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Decorso lo stesso termine, ogni atto compiuto dalle Autorità d’ambito territoriale è da considerarsi nullo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Le disposizioni di cui agli articoli 148 e 201 del citato decreto legislativo n.152 del 2006 sono efficaci in ciascuna regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al periodo precedente. I medesimi articoli sono comunque abrogati decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge»>[4].

Com’è noto gli A.T.O. sono individuati dalle Regioni con apposita legge (nel caso del servizio idrico integrato con riferimento ai bacini idrografici e dei rifiuti, principalmente corrispondono alle province) in essi operano le Autorità d’Ambito, enti che, com’è noto, hanno non solo il compito di organizzare, affidare e controllare la gestione del servizio, ma anche di svolgere talune funzioni ad esso delegate (sovente nella Convenzione e nello Statuto istitutivo, altre volte già nella Legge regionale che disciplina la materia).

Come abbiamo in altre occasioni segnalato, la scelta per una gestione dei rifiuti che passa attraverso l’individuazione degli A.T.O., <quale parametro geografico di autosufficienza e di prossimità> è una scelta italiana, consentita dall’ordinamento europeo, ovvero trattasi di una <scelta del livello amministrativo ritenuto adatto alla creazione di un sistema integrato di gestione e di smaltimento dei rifiuti>[5] dove, comunque si deve, tra altri elementi, <tener conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti>[6].

Siffatta scelta legislativa va apprezzata anche rispetto alle precedenti previsioni normative che vedevano ricadere unicamente nella Provincia l’A.d.A. (nel ritaglio territoriale-amministrativo dell’A.T.O.), ciò in quanto:

1) la scelta de qua viene rimessa alla disciplina regionale, su più opzioni, con il che si potranno avere scelte differenziate in ambito nazionale;

2) sinteticamente le opzioni non sono a binario “fisso” poiché (invero molto teoricamente) potremmo, esemplificativamente, avere:

2a) scelta A.d.A. come ente regionale;

2b) scelta A.d.A. in parte come ente regionale e, in parte, distribuita su altre realtà territoriali (forme di cooperazione e/o Provincia);

2c) scelta A.d.A. come ente di emanazione provinciale o comunque ancorata alla Provincia;

2d) scelta forme di cooperazione (consorzi e/o convenzioni) su base provinciale o su altre ripartizioni territoriali (sub provinciali, sovra provinciali, misto);

2e) un misto di scelte, eccetera;

3) la mera corrispondenza delle A.d.A. alla Provincia può valere in certe zone (vedasi per esempio la scelta operata –per le note questioni - dalla legislazione emergenziale in Campania, dove le Provincie, anche tramite le loro società, assumono un ruolo vieppiù rilevante) ma può non esserlo in altre, talchè occorrono (ancorchè sottostanti alle scelte legislative) puntuali considerazioni, valutazioni e motivate (oltre che responsabili) decisioni riferite alla dimensione territoriale e sociale di riferimento;

4) la scelta (amministrativa e/o politica) di riconduzione provinciale dell’A.d.A. non necessariamente (ovvero, non automaticamente e, quindi men che meno, apoditticamente) corrisponde a criteri razionali e/o di economia di spesa e sembra invece porre – sempre che non si voglia spicciolatamente liquidare se non banalizzare la tematica - altre questioni che qui ci limitiamo a segnalare, con riserva di ulteriori approfondimenti, quali, solo per fare un esempio, l’invocabilità del mero criterio cosiddetto “efficientista” per il quale sarebbe la Provincia e non gli altri enti locali, quali i Comuni (che dovrebbero traslare parte delle loro funzioni in materia di rifiuti all’A.d.A.) ad avere competenza in talune attività/funzioni (di rilevanza enorme sotto il profilo dell’impattamento – negli anni - economico e tariffario) pare sconoscere (o sottovalutare) la delicatissima questione “democratica” che è, tra altro, implicita nelle forme di cooperazione tra gli enti locali, dove – solo per limitarci ad un aspetto - nelle scelte statutarie e convenzionali possono trovare inserimento talune clausole di “salvaguardia” (nei quorum, nelle modifiche, nella gestione delle risorse, nelle scelte fondamentali, eccetera) delle cc.dd. “minoranze” (per gli enti minoritari, per gli enti – per così dire…. - non aventi “numi tutelari” e/o “ancoraggi” nella maggioranza politica provinciale e così via).

Infine, lo sbilanciamento a favore dell’attribuzione ad un soggetto che “salta” – accorpando, tra altro, competenze e funzioni che dovrebbero essere distinte e “dialettiche”[7] - l’anzidetta modellistica degli enti locali (mascherato dalla pretesa di buona amministrazione e di evitare lacci e lacciuoli) onde pervenire a (e svolgere) una gestione efficientista, pare a noi disinvoltamente passare sopra queste considerazioni (che hanno una certa “storia” culturale e giuridica) e fors’anche (almeno in certi casi) sembrano violare i principi costituzionali (e comunitari) connessi allo svolgimento delle funzioni (che poi riguardano anche la gestione) secondo corretti ed auspicabili criteri e principi di differenziazione, di adeguatezza, di sussidiarietà, eccetera[8].



[1] G.U. n. 72 del 27 marzo 2010.

[2] G.U. n. 20 del 26 gennaio 2010.

[3] Ovvero al termine del 27 marzo 2011.

[4] Il tentativo di soppressione degli ATO non è nuovo, in proposito vedasi l’art. 2, commi 3 e 38, della Legge 24 dicembre 2007, n.244 (L. finanziaria 2008) ove le competenze della A.d.A. (che si prevedeva di sopprimere) tra le quali il piano d’ambito che sarebbero dovute passare alle Province.

[5] Così il punto 59 della sentenza C.G.U.E., Sez. 4^, 4 marzo 2010, causa C-297/08 riportata oltre.

[6] Vedasi il punto 62 della C.G.U.E. appena citata.

[7] Che le competenze della Provincia vengano ad essere scontatamente assommate (come mero criterio computazionale) a quelle delle A.d.A., ovvero sconsiderando i criteri e i principi che devono sottostare a siffatte scelte, potrebbe comportare fors’anche un vulnus, quantomeno uno stravolgimento degli assetti di rapporti e delle competenze, i quali erano stati “pensati” e “voluti” in modo diverso, ma che soprattutto godono di una (tra di loro) diversa autonomia (costituzionalmente prevista e garantita), di una diversa regolamentazione, di diversi e più variegati assetti di interesse e partecipativi, eccetera, eccetera. Diversamente occorrerebbe forse ripensare all’architettura complessiva del sistema di competenze/funzioni, evitando - come pare avvenire in senso generale (ovvero al di là della tematica in esame) - di infilare surrettiziamente competenze e/o di attribuire funzioni e/o risorse a soggetti in modo tale che essi vengano potenziati o valorizzati in modo indiretto e omeopatico, anziché operando una scelta diretta, trasparente, responsabile e coerente con l’intero sistema e valoriale.

[8] Sui quali non pare qui il caso di intrattenerci, si veda quanto do viziosamente contenuto nel volume AA.VV., <Governo e gestione dei rifiuti. Idee, percorsi, proposte>, Napoli, 2009.