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Le modalità di redazione degli atti processuali: la chiarezza, sinteticità ed i criteri di redazione

atti processuali
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Le modalità di redazione degli atti processuali: la chiarezza, sinteticità ed i criteri di redazione

Abstract: nell’articolo si commenta la normativa in tema di chiarezza e sinteticità degli scritti difensivi introdotta dalla Riforma Cartabia ed il Decreto ministeriale 110/2023 recante i criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari. Al termine dell’analisi, l’autrice commenta le novità normative e propone uno schema di sommario per un atto giudiziario in materia di famiglia con allegazione di violenza. 

 

Chiarezza e sinteticità degli atti processuali, il nuovo art. 121 cpc

L’art 121 CPC inserito nel Libro I Disposizioni generali, Titolo VI Degli atti processuali, Capi I Delle forme degli atti e dei provvedimenti, titolato “Libertà di forme. Chiarezza e sinteticità degli atti” come riformato dal DLGS 149/2022 recita “ Gli atti del processo 1, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo [c.p.c. 125, 126, 131, 156; disp. att. c.p.c. 46].  Tutti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico”.

Il Codice di procedura civile non contiene la definizione di atto processuale, il che ha portato la dottrina a elaborare varie teorie a riguardo.

La prevalente è quella risalente a Carnelutti che nel 1956, nelle sue Istituzioni di diritto processuale civile, individuò nel criterio effettuale il discrimine per ritenere processuale un atto: ossia ogniqualvolta l'atto è in grado di produrre conseguenze sul processo, e dunque di influenzare, orientare lo svolgimento dello stesso, allora è meritevole di essere designato con la nozione di atto processuale.

Atti processuali sono dunque tutti quegli atti e fatti che spiegano i loro effetti in relazione allo svolgimento di un rapporto processuale, dalla sua instaurazione alla sua estinzione.

Gli elementi che contraddistinguono un atto processuale sono il contenuto e la forma.  Il contenuto è l’espressione di pensiero di colui che scrive, la forma è l'estrinsecazione dell'atto espressivo.

L’impossibile controllo da parte dell'ordinamento sul contenuto del pensiero di colui che scrive trova il limite nella necessità che atto processuale con cui tale pensiero viene espresso rispetti una determinata forma per essere considerato valido ed efficace. La ratio è evitare che confluiscano nel processo atti non finalizzati al suo svolgimento.

Ecco dunque perché l'ordinamento giuridico pone il principio di obbligatorietà delle forme legali per la maggior parte degli atti, per i quali richiede una forma determinata e di cui indica il contenuto.

Con la modifica dell’art 121 cpc, operata dal D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149, la Riforma Cartabia ha aggiunto il principio di sinteticità e chiarezza degli atti processuali.  Il precetto riguarda ogni scritto processuale, delle parti, del Giudice degli ausiliari, ed ogni atto compiuto nel corso del processo, ossia ogni difesa spiegata oralmente dal difensore, dichiarazione orale resa dalle parti e dall’ausiliario, ordinanza emessa in corso di udienza dal giudice

L’art 121 CPC rimanda all’art 46 disp att CPC che pone quanto ai processi verbali ed agli altri atti giudiziari specifici criteri redazionali: scrittura in carattere chiaro ed intellegibile.

La norma è precettiva quanto agli avvocati: il VI comma pone il principio secondo cui “Il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell'atto non comporta invalidità, ma può essere valutato dal giudice ai fini della decisione sulle spese del processo”.

La previsione è stata una soluzione di compromesso fra Ministero della Giustizia, Consiglio Superiore della Magistratura e CNF rispetto alla necessità di aumentare gli importi del contributo unificato: si sono responsabilizzati così agli avvocati a formare testi con caratteri chiari ed intellegibili ma il potere sanzionatorio del Giudice delle violazioni dell’onere non prescinde alla soccombenza processuale.

Il precetto redazionale è stato imposto anche al Giudice, ma nulla è stato previsto per il caso della inosservanza.

 

Il linguaggio, fra uomini, prima che fra giuristi

A norma del V comma dell’art 46 disp att CPC il Ministero di Giustizia ha emesso il 7.8.2023 il Decreto Ministeriale n 110 con cui ha fissato ed introdotto criteri di redazione e regola degli schemi informatici del processo civile.

Una breve disgressione per comprendere perché l’art 121 CPC, l’art 46 disp. att Cpc e le norme introdotte del DM 110/2023 non limitano l’esercizio della difesa, la dignità e funzione del legale, ma sono per questo preziose guide operative.

Il linguaggio nasce dalla necessità dell’uomo, essere sociale, di comunicare con l’altro. L’uomo ha iniziato a parlare per avere contatti con il suo simile, per trasmettergli informazioni non comunicabili con un semplice grugnito.

Comunicare ci serve per chiedere all’altro qualcosa e per ottenere risposte positive alle nostre richieste. Ogni parola assolve quindi due scopi: far passare una informazione, convincere l’altro.

Ogni parola è destinata all’interlocutore ed ogni testo al lettore.  Una buona comunicazione necessita chiarezza espositiva da parte di chi parla o scrive.

La diversità di vedute, di opinioni e di richieste sono l’essenza del processo.  Usare le parole con proprietà è più importante nel processo che in una comune conversazione, poiché l’interlocutore cui è diretta, il giudice, deve comprendere quanto gli viene esposto ed esserne persuaso.

Il modo e la situazione in cui la comunicazione si svolge influiscono sulla possibilità che il messaggio sia compreso. 

Scrivere è un riuso della parola fatta dal soggetto ed il mezzo, lo scritto, modifica la parola anche quando ne rispetta il significato etimologico.

Alla comunicazione scritta manca poi l’immediatezza ed il colore di una conversazione in presenza: manca cioè la comunicazione non verbale che offre informazioni aggiuntiva alla parola, quali l’intenzione del messaggio e lo stato d’animo del soggetto che parla. Manca anche lo scambio dinamico fra interlocutori, l’invio e la ricezione di informazioni che conduce alla costruzione di significati comuni e, se del caso, alla condivisione del pensiero.

L’avvocato usa lo scritto difensivo per esporre nel processo le ragioni del suo assistito, per argomentare la sua tesi, contrastare la tesi avversaria, persuadere il Giudice ad accogliere la domanda proposta.

Alla costruzione del pensiero logico secondo scienza e competenza deve quindi aggiungersi proprietà di linguaggio e consapevolezza del mezzo di comunicazione usato e di come esso è fruito dal destinatario.

 

Il Decreto ministeriale 110 del 7.08.2023: criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari

Nell’era del processo telematico chiarezza e sinteticità degli scritti difensivi sono un vero e proprio canone da rispettare per gli avvocati, i precetti normativi in esame ne sono solo la canonizzazione.

Lo scritto dell’avvocato è destinato ai mezzi digitali: il processo telematico si sostanzia di testi pdf che vengono letti dal giudice sul video del computer; difficilmente il magistrato stampa gli atti. E’ poi dato consolidato che di un testo cartaceo viene letto il 77% e di un testo video il 62%.

Occorre quindi che l’avvocato, che ha interesse a che il suo scritto sia letto dal magistrato certo nelle parti saliente, ne renda più agevole la lettura, in modo da evitare che il magistrato si annoi e salti parti rilevanti.

Il testo deve essere pulito nell’impatto grafico, organizzato, chiaro nel contenuto. Dotato di un indice navigabile che consenta di tornare rapidamente ad un dato argomento.

L’atto difensivo è poi lo strumento di lavoro dell’avvocato che tramite esso rende una prestazione professionale al cliente: pur se non strettamente diretto a questi, l’atto connota la prestazione professionale che gli si rende.

Affinché essa sia incontestabile dal cliente, quindi l’avvocato deve saper padroneggiare la comunicazione, fermo il limite della natura della prestazione professionale, obbligazione di mezzi e non di risultato.

La sinteticità e la chiarezza dell’atto giova, peraltro, all’avvocato che più facilmente individua gli argomenti di difesa dell’altro e meglio svolge il dovere di contestazione (art 115 CPC).

L’art 2 DM 110/2023 è la norma migliore di questa decretazione: contiene le indicazioni operative chiare e sintetiche per la redazione dell’atto, finalizzate al sua migliore lettura e quindi efficacia. E’ una sorta di griglia per la stesura di ogni atto.

Letta la norma, seguite con attenzione le prescrizioni, ogni scritto difensivo verrà facilmente letto dal destinatario, che ne trarrà ogni informazione atta a consentirgli lo svolgimento della propria funzione processuale, giudicante o difensiva che sia.

L’elencazione degli elementi dell’atto fornita dalla norma consente di indicizzare ed organizzare ogni atto in modo chiaro, rendendolo più facilmente leggibile, quindi comprensibile.

Ovviamente è rimessa alla competenza professionale dell’avvocato la scelta degli argomenti difensivi, la loro presentazione, la loro argomentazione.

L’inserimento di collegamenti ipertestuali agli allegati è finalizzato a dare al magistrato la possibilità di esaminare i documenti durante la lettura dell’atto, senza doveri stampare. Non è un incombente particolarmente gravoso per il legale mentre è utile alla causa del cliente.

L’art 3 DM n. 110/2023 pone limiti dimensionali degli atti processuali difensivi con ciò dando agli avvocati un’indicazione di massima per uno stile asciutto ed essenziale. Il numero delle pagine consentite, diverso a seconda dello scritto difensivo, non risulta in realtà limitativo del diritto di difesa né della funzione dell’avvocato.  Le pagine consentite sono più che sufficienti anche in questo nuovo processo nel quale allegazioni, domande ed istanze istruttorie devono essere presente già nei primi scritti difensivi.

L’esclusione dai limiti dimensionali degli elementi dell’atto indicati dall’art 3, intestazione, parti, parole chiave etc. consente poi il pieno utilizzo del numero di pagine previste per le difese.

Non è peraltro il numero delle pagine che fa una buona difesa ma la sua comprensibilità che passa per la scansione logica del ragionamento, deduzione in fatto ed argomentazione in diritto, per l’articolazione dei mezzi di prova, puntuale indicizzazione dei documenti.

Ulteriore apertura a difese estese è data dall’art 5 che pone deroghe ai limiti dimensionali in ragione della natura delle questioni controverse, della tipologia, del valore della causa, del numero delle parti. È imposto però al difensore di motivare le regioni che hanno reso necessario il superamento del limite dimensionale e di inserire un indice dell’atto preferibilmente con collegamenti ipertestuali ed una breve sintesi del contenuto dell’atto. Un abstract quindi, a fronte di un testo più lungo del consentito.

L’art 6 fissa tecniche redazionali senza tuttavia imporle. L’utilizzo dell’avverbio “preferibilmente” consente deroga già comunque contenuta nel prevedere l’uso di caratteri “di tipo corrente”, senza imporne uno specifico. Interessante ed utile per la facile lettura da schermo dell’atto l’indicazione circa la dimensione del carattere, l’interlinea, i margini.

Taluno sta utilizzando un diverso carattere per connotare le modificazioni e le integrazioni delle conclusioni nelle memorie ex art 473 bis. 17 CPC.  Sforzo apprezzabile ma che forse appesantisce la lettura rendendo disarmonico l’atto.

Ragionevole il divieto di apposizione di note salvo per indicare riferimenti giurisprudenziali e dottrinari, che snellisce l’atto e ne agevola la lettura a video. Lo scritto difensivo non è una tesi di laurea o di dottorato, il riferimento alla dottrina è utile ma il passo di dottrina lo appesantisce e stanca chi legge (indisponendolo..?).

L’art 7 disciplina i criteri di redazione dei provvedimenti del giudice, con ciò mettendo in pratica il precetto generale fissato all’art 121 CPC e i precetti di cui all’art 46 disp att CPC, ma senza imporre limiti dimensionali e criteri redazionali.

Vero è che ogni pronuncia deve essere esaustiva: quindi deve presentare nitore sintattico, chiarezza logica ed espositiva ed adeguata motivazione. Diversamente, pur non volendo, il giudice potrebbe indurre le parti a coltivare la lite o appesantire il processo, rendendo loro necessario proporre istanza di chiarimento.

 

Gli schemi informatici ed il temuto avvento dell’intelligenza artificiale

L’art 8 che prevede che gli atti siano corredati di “schemi informatici” è quello che forse ha seminato maggior panico fra gli avvocati. Si è temuto di essere soppiantati da schemi informatici pre confezionati navigabili e quindi utilizzabili da intelligenze artificiali!

La norma attiene agli aspetti degli atti processuali conseguenti l’informatizzazione del processo e non incide sulla sua formazione. 

L’atto giudiziario rimane tale, come sempre si è conosciuto, formato dall’uomo con il suo ingegno e nel quale le informazioni sono inserite con un’attività manuale. Solo sarà inserito nel sistema informatico secondo specifiche tecniche fissate dal Ministero di Giustizia, anche di concerto con il Garante della privacy.  Recentemente è stato emanato il DM 217 del 29.12.2023, che entrerà in vigore il 14.1.24, Regolamento concernente regole tecniche per l’adozione nel processo civile e penale di tecnologie dell’informazione e comunicazione in attuazione del DLGS 82/2005. L’art 11 di tale decreto ribadisce che l’atto del procedimento in formato telematico è privo di elementi attivi ed è redatto secondo le tecniche ammesse dal Ministero di Giustizia.  E’ stata esclusa l’intelligenza artificiale!

Anche le parole chiave hanno sgomentato taluni, ma forse perché non se ne è compreso subito lo scopo che, come l’indice, è consentire la costruzione di banche dati. Ed infatti se ne sono già visto i primi risultati con la recente apertura di banche dati pubblica sul sito del Ministero di Giustizia “la giurisprudenza di merito a servizio del cittadino”. Quanto poi l’iniziativa giovi agli avvocati è da valutare.

 

Conclusioni ed esempio pratico

In conclusione l’atto scritto deve rappresentare al giudice la storia in fatto e gli argomenti in diritto affinché questo li possa recepire e tradurre in sentenza.

La prosa deve essere sobria, scorrevole, ordinata, proporzionata ad ogni argomento. Il contenuto dell’atto organizzato, gli allegati possibilmente facilmente consultabili con navigazione ipertestuale.

I caratteri di scrittura e l’impaginazione del testo non devono affaticare il lettore.

I criteri redazionali sono imposti a tutti gli attori del processo. Il fine ultimo collettivo è garantire il giusto, e rapido, processo. 

Passando dalla teoria alla pratica, riporto di seguito le parole chiave e l’indice di un ricorso giudiziale per separazione e divorzio con domanda di provvedimenti indifferibili in punto di frequentazione padre/figlia, richiesta di abbreviazione dei termini ex art 473 bis. 40 CPC per deduzioni di violenza intrafamiliare, con istanza di sentenza parziale ex art 473 bis.22 CPC.

 

Parole chiave: separazione, cessazione effetti civili del matrimonio, affidamento esclusivo, incontri protetti, provvedimenti indifferibili, violenza intrafamiliare, termini ridotti, concorso mantenimento figlia.