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Le variazioni di bilancio negli enti locali ante riforma contabile armonizzata

Toscana
Ph. Antonio Zama / Toscana

Indice:

 

1. Variazioni di bilancio nel D.P.R. n. 421/1979

 

2. Variazioni di bilancio nel D. Lgs. n. 77/1995 integrato con le disposizioni del D. Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 e nel Tuel 18 agosto 2000, n. 267

3. Conclusioni

 

1. Variazioni di bilancio nel D.P.R. n. 421/1979

L’istituto delle variazioni di bilancio consiste in una serie di operazioni contabili che possono essere effettuate nel corso dell’esercizio per apportare e/o modificare le originarie previsioni sia di entrata che di spesa o, più in generale, ad ogni postazione contabile che abbia costituito oggetto di iscrizione in bilancio in conseguenza di sopravvenute esigenze finanziarie che potrebbero rendere il bilancio non più adeguato rispetto alla reale situazione di fatto.

La variazione presuppone, pertanto, un bilancio di esercizio già approvato, sul quale occorre intervenire in quanto, per effetto di fattori non preventivamente ipotizzabili in via generale, si manifesta la necessità di adeguare o comunque aggiornare le previsioni degli iniziali stanziamenti contabili. Generalmente, le variazioni al bilancio riguardano soprattutto il bilancio di previsione annuale, ma non è escluso che possano riguardare anche il bilancio pluriennale, e non soltanto per il collegamento che esiste con riferimento alle previsioni al primo anno.

Fino ad oggi è mancata una disciplina organica delle variazioni al bilancio.

In effetti in questa materia si registravano una moltitudine di norme che costringeva a trarre da disposizioni diversificate le regole da applicare alla specifica ipotesi di variazione. In estrema sintesi, già prima del D.P.R. 19 giugno 1979, n. 421, il sistema si articolava in quattro diversi tipi di variazioni:

  1. i prelevamenti dai fondi di riserva, istituiti fin dal T.U.L.C.P. 4 febbraio 1915, n. 148 (articolo 202);
  2. gli storni di fondi e cioè quelle variazioni che, aumentando lo stanziamento di un capitolo mediante contestuale riduzione dell’importo di un altro, non modificavano l’ammontare complessivo delle spese (articolo 25 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 2839);
  3. l’assestamento di bilancio e cioè la variazione da apportare a seguito della approvazione del rendiconto, per aggiornare le previsioni in relazione alle risultanze del precedente esercizio (articolo 307 del T.U.L.C.P. del 1934, adottato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383);
  4. le vere e proprie variazioni di bilancio con cui si aumentava la spesa complessiva utilizzando maggiori entrate accertate o indicando, a copertura, la previsione di nuove o maggiori entrate.

A questa tipologia delle variazioni di bilancio corrispondeva poi un diverso regime delle competenze, tanto che per l’assestamento e le variazioni vere e proprie doveva intervenire il Consiglio, mentre ai prelevamenti dai fondi di riserva ed agli storni poteva provvedere, seppure con alcune limitazioni, la Giunta.

Merita segnalare che nell’ordinamento degli EE.LL. si era consolidata l’idea che la distinzione tra variazioni e storni fosse in grado di riassumere la diversa rilevanza delle modifiche apportate al bilancio: idea abbastanza semplicistica, tenuto conto che in tal modo si rendeva necessario l’intervento del Consiglio per apportare modifiche prive di discrezionalità, come nel caso dell’adeguamento delle previsioni di entrata ai maggiori accertamenti e della conseguente destinazione delle relative risorse a spese di natura obbligatoria, e viceversa si consentiva magari alla Giunta di sottrarre risorse ad iniziative considerate particolarmente qualificanti in sede di approvazione del bilancio.

Su questo sistema è poi intervenuto il D.P.R. 1979, n. 421 che, invece di ridisciplinare organicamente la materia, si è limitato ad integrare con ulteriori disposizioni la normativa preesistente. In via generale, la rilevanza riconosciuta alla situazione economica (articolo 3 c. 2) e l’elenco delle entrate e spese una tantum (articolo 11 c. 2) hanno integrato e razionalizzato le limitazioni, già previste da precedenti disposizioni, alla possibilità di apportare variazioni e storni di bilancio. 

Più in particolare, l’articolo 14 c. 2, in considerazione dell’introduzione del bilancio di cassa, ha precisato che mediante l’assestamento di bilancio vanno apportate le modificazioni al conto dei residui ed alle previsioni di cassa in relazione ai risultati del precedente esercizio, quali accertati con l’approvazione del rendiconto. L’articolo 13 ha ridisciplinato i fondi di riserva, ma a conferma dell’impostazione non organica del provvedimento, nulla ha detto in ordine al relativo procedimento di prelevamento. Infine l’articolo 14 c. 1 ha fissato al 30 novembre il termine ultimo per disporre le variazioni di bilancio: la norma non contiene alcuna precisazione, tanto da suscitare il dubbio interpretativo se intenda riferirsi soltanto alle vere e proprie variazioni di bilancio o anche agli storni (dubbio, chiarito poi dalla pronunzia della Corte dei Conti che ha esteso il termine del 30 novembre a tutte le variazioni di bilancio, compresi gli storni, con la sola eccezione dei prelevamenti dai fondi di riserva).

L’articolo 1/bis del D.L. 1 luglio 1986, n. 318 (convertito nella l. 9 agosto 1986, n. 488) ha poi modificato l’istituto dell’assestamento di bilancio investendolo di due distinte funzioni. Quella tradizionale, collegata all’approvazione del rendiconto e già prevista dall’articolo 14 del D.P.R. 1979, n. 421, veniva arricchita dalla adozione dei provvedimenti di riequilibrio qualora “il consuntivo si chiuda con un disavanzo di amministrazione o rechi l’indicazione di debiti fuori bilancio”. Quella nuova, collegata al controllo finanziario di gestione e da esercitare entro la medesima data, con cui doveva essere verificata la situazione finanziaria dell’intero bilancio al fine di apportare, se del caso, le necessarie correzioni (comma 2). La medesima disposizione imponeva poi il rispetto “nelle variazioni di bilancio del pareggio finanziario e degli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme finanziarie stabilite dalla legge”.

Le disposizioni della riforma dell’ordinamento contabile e finanziario degli enti locali hanno soppresso la distinzione tra variazioni e storni di bilancio.

Con il termine di variazioni di bilancio, infatti, veniva indicata una modifica del bilancio che influiva sulla dotazione complessiva del bilancio stesso; mentre con il termine di storno si indicavano le variazioni interne al bilancio che, senza incidere sull’importo complessivo dello stesso, modificavano la destinazione delle risorse rispetto alle varie impostazioni di bilancio. Oltre al profilo strettamente tecnico e concettuale, la distinzione rilevava, in taluni casi anche rispetto alle specifiche competenze degli organi, in quanto le variazioni di bilancio, intese nel senso tecnico sopra descritto rientravano nella competenza dell’organo consiliare, mentre, per quanto riguarda gli storni di bilancio era prevista una disciplina separata a seconda che gli stessi incidessero sui capitoli del bilancio, ed in questo caso la competenza era attribuita al Consiglio, oppure soltanto sugli articoli, ed in questo caso rientravano nella competenza dell’organo esecutivo (Giunta), in quanto l’unità elementare del bilancio era individuata nel capitolo.

 

2. Variazioni di bilancio nel D. Lgs. n. 77/1995 integrato con le disposizioni del D. Lgs. 11 giugno 1996, n. 336 e nel Tuel 18 agosto 2000, n. 267

La disciplina introdotta dal Decreto Legislativo 77/1995, ed ora recepita dal testo unico, ha soppresso tale distinzione, considerando tutti i fatti modificativi degli stanziamenti di bilancio in modo uniforme sotto il termine di variazione e prevedendo, quindi, una uniforme disciplina, ad eccezione, ovviamente, delle modifiche che non influiscono sul bilancio di previsione, ma soltanto sul piano esecutivo di gestione, rispetto alle quali viene invece definita una autonoma disciplina.

L’articolo 175 del T.U.E.L. n. 267/2000 (Tuel) riconosce la competenza generale ed esclusiva del Consiglio in ordine alle variazioni di bilancio (comma 2) e precisa poi che la Giunta può:

a) deliberare i prelevamenti dal fondo di riserva ai sensi dell’articolo 176 del testo unico;

b) deliberare le variazioni al piano esecutivo di gestione;

c) adottare modifiche al bilancio soltanto in via d’urgenza ed a condizione di sottoporle a ratifica del Consiglio “nei sessanta giorni successivi a pena di decadenza” (comma 4, articolo 175).

La norma ha una portata talmente onnicomprensiva che non vi sono più margini per distinguere tra le vere e proprie variazioni e gli storni, e semmai si pone addirittura il problema del regime delle competenze a cui sottoporre i prelevamenti dai fondi di riserva; su questo punto è poi intervenuto il Ministero dell’interno per riconoscere alla Giunta, “quale normale attività di esecuzione” la competenza per gli storni sui fondi di riserva.

Per quanto riguarda i prelevamenti dal fondo di riserva e le variazioni al piano esecutivo di gestione, la competenza della Giunta trova piena giustificazione nell’attività di indirizzo e di coordinamento dell’attività di gestione da parte dell’esecutivo. Nel primo caso, detta competenza è assoggettata ai limiti di ordine qualitativo e quantitativo stabiliti dalla legge e dal Consiglio, in sede di approvazione del bilancio, attraverso la determinazione del fondo di riserva.

Le variazioni al piano esecutivo di gestione rientrano invece nella regola generale in quanto la competenza ad adottare il piano medesimo, e dunque le relative modifiche, spetta alla Giunta stessa. Queste ultime variazioni riguardano i passaggi di fondi da un capitolo all’altro nel medesimo intervento e presentano, pertanto, natura compensativa. Possono essere attivate anche su istanza del responsabile del servizio, ai sensi dell’articolo 177 del testo unico n. 267/2000, e possono essere adottate dalla giunta fino al 15 dicembre di ciascun anno.

In sostanza, la vera eccezione è quella indicata alla lettera c) che rappresenta l’unico caso previsto dalla vigente normativa in cui la Giunta può adottare deliberazioni in via sostitutiva e con i poteri del Consiglio.

L’istituto della delega dei poteri, largamente diffuso in passato tanto da porre in ombra l’attività dei consigli, è stato definitivamente superato dal nuovo ordinamento delle autonomie locali disciplinato dalla prima grande legge di riforma datata 8 giugno 1990, n. 142, ora confluita nel nuovo testo unico, che stabilisce, in maniera rigorosa ed esclusiva, le competenze degli organi degli enti locali.

Il motivo di tale eccezione è da individuare nella maggiore celerità con la quale la giunta è in grado di intervenire per introdurre variazioni al bilancio rispetto alla normale procedura che prevede la competenza del consiglio in materia. Affinché ciò avvenga, è necessario che sussistano due precise condizioni previste dalla norma e che contraddistinguono tutti i casi in cui i poteri di un organo sono assunti, sia pure in via eccezionale, da un altro organo. Tali condizioni sono:

  • l’esistenza di una oggettiva situazione di urgenza;
  • l’obbligo della ratifica del provvedimento da parte del consiglio, a pena di decadenza.

La situazione di urgenza deve essere tale da non consentire di attendere i tempi di convocazione, di esame e di deliberazione da parte del consiglio del provvedimento di variazione, in quanto occorre intervenire subito e tale attesa potrebbe pregiudicare gli interessi dell’ente o arrecare danni al medesimo. La stessa situazione di urgenza, dalla medesima motivata in sede di adozione del relativo atto, verrà successivamente valutata dal Consiglio in sede di ratifica. Quest’ultima assume, pertanto, valore fondamentale in quanto è proprio con la ratifica che il consiglio verifica il provvedimento di variazione al bilancio adottato dalla giunta e lo fa proprio con efficacia ex tunc.

In presenza della deliberazione di variazione del bilancio adottata dalla Giunta, si possono verificare tre casi:

  1. la mancata ratifica della deliberazione stessa da parte del Consiglio, che non ne condivide le motivazioni e i contenuti;
  2. la parziale ratifica del provvedimento di variazione nelle sole parti condivise dal Consiglio;
  3. il mancato esame della deliberazione medesima entro i termini stabiliti dalla norma.

Nei primi due casi, l’articolo 175 del Tuel n. 267/2000 prevede che il consiglio debba comunque adottare i provvedimenti ritenuti necessari per regolare i rapporti eventualmente sorti sulla base della deliberazione della Giunta non ratificata. La questione è rilevante in quanto, essendo la variazione rivolta a modificare stanziamenti di bilancio allo scopo di consentire di assumere, per ragioni di urgenza, i relativi impegni di spesa, l’esecutività della deliberazione adottata dalla Giunta avrebbe potuto comportare l’assunzione di obbligazioni nei confronti di terzi sulle quali il Consiglio deve comunque pronunciarsi. Inoltre, qualora si consideri che le variazioni di bilancio si ripercuotano sul piano esecutivo di gestione e che l’assunzione degli impegni di spesa sui relativi capitoli rientri normalmente nella competenza dei responsabili dei servizi, l’esigenza di regolare tali rapporti assume fondamentale rilievo anche al fine di individuare le eventuali responsabilità, in relazione ai poteri attribuiti dall’ordinamento ai diversi soggetti che intervengono nel processo di variazione e di esecuzione del bilancio.

Nel caso di cui alla lettera c), si verifica la decadenza dell’atto emanato dalla Giunta che, in quanto tale, non produce effetti e che investe, pertanto, pienamente la responsabilità della giunta stessa. Anche in questo caso, per le considerazioni espresse in precedenza, non può escludersi un provvedimento del consiglio, anche tardivo o succedaneo, rivolto a regolare i rapporti eventualmente sorti sulla base della deliberazione decaduta; deliberazione che, sul piano sostanziale, equivale alla sua mancata ratifica. 

Con l’articolo 175 del Testo Unico sull’Ordinamento degli Enti Locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, di riproduzione senza modifiche dell’articolo 17 del Decreto Legislativo n. 77/1995, si ha finalmente una organica disciplina della materia, che va letta proprio alla luce delle vicende sommariamente ripercorse, dal momento che la gran parte delle disposizioni riassumono gli esiti cui era pervenuta l’evoluzione della precedente normativa.

In linea di massima, le variazioni di bilancio possono consistere nelle seguenti operazioni:

  1. aumento o diminuzione delle previsioni di entrata;
  2. aumento o diminuzione delle previsioni di spesa;
  3. passaggi di somme da un’unità previsionale ad un’altra, in misura compensativa, nella parte entrata o, più spesso, nella parte spesa del bilancio;
  4. istituzione, modifica o cancellazione di unità previsionali o altre modifiche, consentite dalla legge, da introdurre nella struttura del bilancio.

Viene poi stabilito che:

  1. per tutte le variazioni di bilancio, compresi anche gli storni, è affermata la competenza del Consiglio ed è prescritto il termine del 30 novembre (articolo 175 c. 2 e 3);
  2. una prima eccezione a questa regola riguarda le variazioni da adottare in via d’urgenza, che sono di competenza della Giunta (articolo 42 c. 4) e che devono essere ratificate dal Consiglio entro sessanta giorni e comunque non oltre il 31 dicembre (articolo 175 c. 4);
  3. una seconda eccezione attiene i prelevamenti dal fondo di riserva che competono anch’essi alla Giunta (articolo 176), che devono essere semplicemente comunicati al Consiglio nei termini stabiliti dai regolamenti locali di contabilità (articolo 166 c. 2) e che possono essere adottati fino al termine dell’esercizio (articolo 176);
  4. sono infine vietate le variazioni che comportano disavanzo nella situazione economica (articolo 175 c. 6) e, mediante la riproduzione dell’articolo 1/bis del d.l. 1986, n. 318, è ribadito il vincolo a rispettare gli equilibri stabiliti dal bilancio (articolo 193 c. 1).

Nell’accezione più ampia, le variazioni di bilancio comprendono, pertanto, anche gli storni di fondi e i prelevamenti dai fondi di riserva.

Lo storno di fondi implica il cambiamento di destinazione di una parte o di tutto lo stanziamento da utilizzare per altri scopi ed è perciò sottoposto a particolari limiti, al fine di evitare che possano essere impiegate somme che non siano effettivamente disponibili.

Sia gli storni che i prelevamenti dai fondi di riserva non sono fondi a imputazione diretta, bensì sono preordinati a dare copertura anticipata a spese che si verificano nel corso dell’esercizio.

Si differenziano, tuttavia, dalle altre variazioni di bilancio per un duplice ordine di motivi. In primo luogo, essi non comportano cambiamenti nel totale complessivo delle entrate e delle spese iscritte in bilancio, proprio perché le relative operazioni presentano carattere compensativo. In secondo luogo, essendo queste ultime operazioni originate da esigenze di gestione che si verificano nel corso dell’esercizio, la competenza ad effettuarle è normalmente attribuita dalla legge all’organo esecutivo.

Sotto il profilo operativo, la possibilità prevista dalla legge di poter ricorrere alle variazioni di bilancio nel corso dell’esercizio attribuisce alle previsioni originarie un utile carattere di flessibilità. Ciò non vuol dire che le previsioni di bilancio vadano formulate senza porre la massima cura all’osservanza dei principi della veridicità e dell’attendibilità delle previsioni medesime, ma può accadere che non siano completamente note le variabili che influenzano le previsioni, specie se il bilancio viene deliberato prima dell’inizio dell’esercizio cui si riferisce, a prescindere dal termine massimo previsto dalla legge.

D’altra parte, il ricorso eccessivo alle variazioni di bilancio può denotare la mancanza di una linea programmatica da seguire nel corso della gestione, ponendo in luce la frammentarietà degli interventi che spesso caratterizza la realtà operativa degli enti locali e di altre amministrazioni pubbliche. A tale riguardo, occorre altresì considerare che, per effetto della riforma dei sistemi di bilancio introdotta a partire dagli enti locali nel 1995, gli strumenti di riferimento delle variazioni sono sostanzialmente due:

  • il bilancio di previsione annuale;
  • il piano esecutivo di gestione.

Nel primo caso, inteso il bilancio come strumento di decisione politica che presenta previsioni aggregate, le variazioni dovrebbero essere meno frequenti, in quanto rivolte a modificare l’allocazione delle risorse tra interventi, servizi, funzioni e titoli, soprattutto in conseguenza di nuove possibilità di finanziamento o di cambiamenti delle scelte originarie di bilancio.

Nel secondo caso, le variazioni da introdurre sono essenzialmente determinate da esigenze di gestione le quali rendono necessaria una maggiore flessibilità nella distribuzione per capitoli della spesa e una maggiore rapidità e frequenza nell’adozione dei relativi provvedimenti.

Nell’ambito dell’istituto delle variazioni, rientra anche l’assestamento del bilancio, che spesso si confonde con esso, pur essendo rivolto a finalità specifiche negli enti, come lo Stato e le regioni, dotati di un sistema di bilancio misto di competenza e di cassa.

L’istituto dell’assestamento nasce con la legge n. 335/1976 con riferimento alle regioni, per estendersi successivamente allo Stato con la legge n. 468/1978 e per interessare gli enti locali con il D.P.R. n. 421/1979, che aveva introdotto il medesimo sistema di bilancio di competenza e di cassa anche per questi ultimi. In tali sistemi, le previsioni di cassa devono essere formulate, per ciascuna unità elementare di bilancio, con riferimento alla massa acquisibile (residui attivi + previsioni di competenza) per quanto riguarda le entrate e alla massa spendibile (residui passivi + previsioni di competenza) per quanto riguarda le spese. Ora avviene che, nel momento della formazione del bilancio, non sono ancora noti i risultati finali dell’esercizio precedente quello cui il bilancio stesso si riferisce e, in particolare, i residui attivi e passivi per ciascuna unità elementare di entrata e di spesa, che compongono le masse di riferimento della previsione, nonché il saldo finale che costituisce, nel caso delle regioni e degli enti locali, un valore di riporto nell’esercizio successivo.

Ciò premesso, attraverso l’assestamento l’ente provvede, normalmente entro il 30 giugno di ogni anno e sulla base del rendiconto, ad aggiornare le previsioni di cassa e i valori da riportare a saldo negli esercizi pregressi. In tale occasione, l’ente può introdurre qualsiasi altra variazione al bilancio, anche nella parte concernente le previsioni di competenza. Di qui la confluenza dei due istituti in unica operazione sostanzialmente rivolta a modificare le previsioni originarie del bilancio.

Per quanto riguarda gli enti locali, venuto meno l’obbligo di redigere il bilancio di cassa, l’espressione assestamento generale, contenuta nel comma 8 dell’articolo 175 del Tuel n. 267/2000, assume un significato diverso che riguarda la verifica di tutte le voci di entrata e di spesa allo scopo di assicurare il mantenimento del pareggio del bilancio. Esso viene pertanto a coincidere con il significato della variazione di bilancio.

Il limite temporale delle variazioni (adottate sia dal Consiglio che dalla Giunta in via d’urgenza) non serve soltanto ad evitare la produzione di economie e di residui (funzione questa che renderebbe forse inutile riferirlo alle variazioni in via d’urgenza), ma serve anche ad assicurare che  alla ultima e definitiva valutazione dell’andamento complessivo della gestione non si sovrappongono processi decisionali di settore, aventi ad oggetto specifiche parti del bilancio: a fronte di una esigenza del genere, è evidente che, se è giustificabile sottrarre al termine ultimo del 30 novembre i prelevamenti dal fondo di riserva non vi è invece motivo di riservare analogo trattamento alle variazioni da adottare in via d’urgenza.

Altra questione, su cui permangono margini di incertezza, attiene a specifici divieti che le variazioni di bilancio devono rispettare i quali verrebbero ad alterare gli equilibri del bilancio medesimo, sia nei saldi di bilancio che nell’ambito delle singole componenti che lo costituiscono.

È una incertezza che si ritrovava anche nella precedente disciplina e che il Tuel n. 267/2000 ripropone, allorché, da un lato, vieta il disavanzo nella situazione economica (articolo 175 c. 6) e, da un’altra parte, impone il rispetto degli equilibri di bilancio anche da parte delle relative variazioni (articolo 176).

La conflittualità tra le due prescrizioni appare evidente nel caso in cui l’ente, dopo aver deliberato il bilancio con una situazione economica in avanzo, intenda stornare stanziamenti di spesa d’investimento a favore della parte corrente: una scelta del genere, se non determina disavanzo economico, sarebbe conforme al primo limite, ma contrasterebbe invece con il secondo. In realtà, nella disposizione che sancisce il rispetto degli equilibri stabilito in bilancio viene subito precisato che questi equilibri sono garantiti “secondo le norme contabili recate dal presente t.u.”: in altri termini, la norma, più che salvaguardare le decisioni di equilibrio prese con il bilancio, intende “imporre” determinati equilibri, cosicché, fintanto nel bilancio vi siano margini per peggiorare i saldi senza violare tale prescrizione, le variazioni possono alterare le scelte prese originariamente.

Rispetto alla precedente normativa, nel T.U.E.L. n. 267/2000 vi sono anche elementi di novità.

A parte la disciplina delle ipotesi di mancata ratifica da parte del Consiglio delle variazioni apportate in via d’urgenza dalla Giunta, con cui viene in definitiva dato seguito al sistema introdotto dall’articolo 32, c. 3, della legge n. 142/1990, va segnalato che nessuna altra limitazione alle variazioni di bilancio dovrebbe valere, oltre quelle viste. Ed infatti, la struttura più disarticolata del bilancio pluriennale, che giunge a rappresentare la spesa da destinare a ciascun intervento alla stregua del bilancio annuale, dovrebbe attrarre nel vincolo degli equilibri le molte limitazioni previste dalla disciplina preesistente, quale ad esempio la regola che impediva di stornare  spese una tantum a favore di spese permanenti: è evidente che in una ipotesi del genere, la variazione del bilancio annuale deve accompagnarsi con analoga variazione su quello pluriennale ed in un contesto del genere perde rilievo il carattere permanente o meno delle spese ridotte ai fini di copertura.

Altra novità, introdotta dall’articolo 175 del Tuel n. 267/2000, di riproduzione integrale dell’articolo 17 del Decreto Legislativo n. 77/1995, attiene all’istituto dell’assestamento. Come si è visto, l’articolo 1/bis del d.l. 1986, n. 318 aveva conferito all’assestamento una duplice funzione: quella tradizionale (comma 2), collegata all’approvazione del rendiconto, e quella nuova (comma 3), connessa al controllo finanziario di gestione. Entrambe le funzioni andavano svolte con il medesimo atto, per l’adozione del quale era fissato il termine ultimo del 15 ottobre, in considerazione del fatto che per l’approvazione del conto consuntivo era stabilita la data del 30 settembre. La legge n. 142 ha anticipato al 30 giugno l’approvazione del conto consuntivo (articolo 55 c. 8) e, in conseguenza di ciò, l’articolo 12/bis del D.L. 12 gennaio 1991, n. 6 (convertito nella l. 15 marzo 1991, n. 80) ha spostato al 15 luglio la data ultima per l’assestamento: il Ministero dell’interno, con circolare 15 maggio 1991 della Direzione centrale finanza locale, sostenne che, accanto al nuovo termine del 15 luglio, fosse rimasto fermo anche quello precedente del 15 ottobre.

È da questa vicenda che trae origine la soluzione di scomporre l’assestamento in atti distinti, a seconda della funzione svolta, e di prevedere per la loro adozione date differenti: il 15 luglio per l’assestamento collegato al consuntivo, il 15 ottobre per quello connesso al controllo finanziario di gestione. L’articolo 175 del Tuel n. 267/2000, di conferma dell’articolo 17 del D. Lgs. n. 77/1995, ha approvato questo sistema, apportandovi però due tipi di trasformazioni.

La prima attiene alle date: il 30 settembre per l’assestamento collegato al conto consuntivo (articolo 193 c. 2) ed il 30 novembre per quello da disporre a seguito del controllo finanziario di gestione (articolo 175 c. 8). La seconda trasformazione riguarda l’assestamento da predisporre entro il 30 settembre, che deve essere utilizzato anche in funzione del controllo finanziario di gestione (articolo 193 c. 2), oltre che per aggiustare le previsioni in relazione ai risultati espressi dal conto consuntivo.

In generale va segnalato che il collegamento del bilancio alla programmazione scompare completamente nella disciplina delle variazioni finanziarie, quasi che la necessità di aggiornare quest’ultime non implichi l’esigenza, o non discenda dalla eventualità, di un aggiustamento degli obiettivi che l’ente si sia prefissato.

Anzi, nell’ambito dei sistemi di programmazione di bilancio, l’istituto della variazione dovrebbe investire la relazione previsionale e programmatica e il bilancio pluriennale tutte le volte che si renda necessario provvedere all’aggiornamento dei programmi e alla messa a punto dei relativi progetti, via via che si svolge l’azione amministrativa rivolta alla realizzazione dei programmi e dei progetti medesimi. Si tratta di un limite di fondo che i regolamenti locali di contabilità potrebbero superare mediante la considerazione della dimensione programmatoria nella disciplina dei procedimenti.

In conclusione, nel considerare le variazioni di bilancio nell’ambito più ampio degli strumenti utili per modificare le previsioni di entrata e di spesa espresse da documenti ispirati a logiche di programmazione, particolare interesse assumono per gli organi di direzione politica le due variazioni generali di bilancio previste dalla nuova normativa di contabilità.

In particolare, la prima, da effettuare almeno una volta l’anno entro il 30 settembre, è strettamente collegata alla ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi e sul permanere degli equilibri generali di bilancio, anche sulla base del rendiconto dell’esercizio precedente nel frattempo approvato. In questa sede, il Consiglio può inoltre procedere al riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio, nei casi e con le modalità previste dall’articolo 194. In stretta aderenza al dettato della norma, è dunque la verifica sull’attuazione dei programmi che determina (o dovrebbe determinare) le conseguenti variazioni di bilancio le quali non sono necessariamente tutte incrementative. Anzi, qualora si accerti un rallentamento nei procedimenti di attuazione dei programmi medesimi, che determina il mancato o il parziale utilizzo delle risorse assegnate alla loro realizzazione, la variazione potrebbe riguardare anche il bilancio pluriennale, attraverso una diversa collocazione nel tempo delle risorse finanziarie disponibili in base al principio della fattibilità della spesa.

L’altra operazione di variazione del bilancio che il Consiglio deve deliberare entro il 30 novembre, denominata variazione di assestamento generale, è maggiormente mirata ad assicurare il mantenimento del pareggio del bilancio attraverso la verifica di tutte le voci di entrata e di uscita.

Da notare che la mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio da parte dell’ente è equiparata, ad ogni effetto, alla mancata approvazione del bilancio di previsione, con la conseguente applicazione delle gravi sanzioni previste. La variazione di assestamento generale del bilancio, meglio se anticipata rispetto al termine massimo stabilito, può altresì consentire di concentrare le risorse sugli interventi la cui spesa si presenta più dinamica, prevenendo la formazione di eventuali economie. Le opzioni politiche emergenti in questa sede possono trovare soluzioni alternative nell’ambito del bilancio relativo all’esercizio successivo il cui processo di formazione è stato nel frattempo avviato.

 

3. Conclusioni

Volendo formulare un giudizio complessivo, si può affermare che è stata persa una occasione per meglio differenziare le variazioni di bilancio, in modo da tener conto delle molteplici ipotesi per le quali può rendersi necessario modificare le previsioni ed al fine di aggravare o alleggerire il relativo procedimento in considerazione del diverso grado di discrezionalità da esercitare.

Sarebbe stato preferibile introdurre distinzioni più sofisticate e, ancor prima, sarebbe stato opportuno demandare ai regolamenti locali di contabilità la possibilità di disciplinare questi aspetti, che in definitiva attengono ai rapporti tra gli organi dell’ente e che presentano valenze differenti a seconda della sua dimensione.

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