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Musica e istigazione a delinquere: quali sono i limiti della libertà artistica?

Musica e Diritto: i limiti dell'arte
istigazione a delinquere e musica
istigazione a delinquere e musica

Musica e istigazione a delinquere: quali sono i limiti della liberta’ artistica?

 

Abstract: Ai sensi dell’art. 414 del codice penale italiano chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punibile con la reclusione, anche se il crimine non è commesso. Questa accusa può essere mossa nei confronti dei cantanti per il testo delle loro canzoni?

Under the article 414 of the italian criminal code whoever publicly istigates to commit a crime shall be liable to be imprisoned, even if the crime is not committed. Can this kind of charge be brought against the singers due to the lyric of their song?

 

SOMMARIO: 1. Premessa. 2. I reati di istigazione a delinquere e di apologia di delitti. 3. La conformità delle fattispecie incriminatrici alla Costituzione italiana. 4. La difficile configurabilità dei delitti in esame nel caso di musica “trasgressiva”. 5. La recente ordinanza riguardante il gruppo trap P38 LA GANG. 6. Conclusioni.

 

1. Premessa

Nel repertorio musicale di cantanti o gruppi musicali sono sempre più spesso presenti canzoni con riferimento a comportamenti antigiuridici che, secondo alcuni, denotano un atteggiamento di disprezzo per le regole del vivere civile.

Ad essere criticati sono soprattutto (ma non solo) gli artisti di musica trap i cui testi spesso si contraddistinguono per l’impiego di messaggi fortemente provocatori. L’ostentazione nei video musicali di armi, automobili, gioielli e banconote, così come il riferimento all’uso di droghe, contribuiscono ad alimentare le polemiche dei detrattori.

Sotto il profilo giuridico, il malcontento si è talvolta tradotto in diffide della Questura rivolte, ai sensi dell’art. 1 R.D. 773/1931 (Testo Unico Pubblica Sicurezza), ai titolari dei locali intenti a far esibire gli artisti e dirette a inibire gli eventi musicali programmati, pena altrimenti il rischio di un procedimento a carico per inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità ex art. 650 del codice penale e salva ovviamente la possibilità di esperire ricorso gerarchico al Prefetto o ricorso giurisdizionale al TAR.

La cronaca ci segnala addirittura alcune iniziative penali nei confronti dei cantanti, deferiti all’Autorità Giudiziaria con l’accusa di istigazione a delinquere o apologia di delitti ai sensi dell’art. 414 del codice penale.

Considerato che il nostro ordinamento agli artt. 21 e 33 della Costituzione riconosce e garantisce alla musica, in tutti i suoi generi e manifestazioni, ivi compresa la musica popolare contemporanea (trap, drill, ecc.), la massima libertà, quale mezzo di espressione artistica del pensiero e di promozione culturale, non ci si può non chiedere se le iscrizioni di procedimenti per istigazione a delinquere a carico degli artisti possano dirsi realmente giustificate.

 

2. I reati di istigazione a delinquere e di apologia di delitti

L’istigazione a delinquere (art. 414, comma 1, c.p.) e l’apologia di delitti (art. 414, comma 3, c.p.), così come le affini fattispecie di istigazione o apologia di delitti di terrorismo o di crimini contro l'umanità (art. 414, comma 4, c.p.), di istigazione o apologia a pratiche di pedofilia e di pedopornografia (art. 414-bis c.p.) e la meno grave fattispecie di istigazione a disobbedire alle legge o all’odio fra le classi (art. 415 c.p.), sono disciplinate tra i delitti contro l’ordine pubblico al Libro II, Titolo V del codice penale.

Queste incriminazioni rappresentano una chiara deroga al principio generale sancito dall’art. 115 del codice penale per cui la mera istigazione a commettere un reato non è punibile laddove non sia seguita dall’effettiva commissione del reato.

La minaccia alla pace pubblica e alla sicurezza sociale che può derivare dalla pubblicizzazione di azioni criminali giustifica l’intervento repressivo dello Stato.

Tratto comune delle fattispecie menzionate è invero la pubblicità del comportamento criminale atteso che il fatto deve essere realizzato «pubblicamente».

In particolare, ai sensi dell’art. 266, comma 4, del codice «agli effetti della legge penale, il reato si considera avvenuto pubblicamente quando il fatto è commesso:

  1. col mezzo della stampa, o con altro mezzo di propaganda;
  2. in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone;
  3. in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degli intervenuti, o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata».

Ovviamente deve ritenersi commessa «pubblicamente» anche la condotta realizzata per mezzo di strumenti telematici, utilizzando i social network, come peraltro testimonia l’apposita aggravante prevista all’art. 414, comma 4, ultimo periodo, del codice penale.

Ciò che è vietato è la pubblica istigazione a commettere uno o più reati (delitti o contravvenzioni) o la pubblica apologia di (soli) delitti.

Mentre l’istigazione consiste in una condotta persuasiva che agisce direttamente sulla psiche delle altre persone, rafforzando gli altrui impulsi volitivi o inibendo gli altrui freni inibitori, per spronare all’azione criminale, l’apologia consiste in una sorta di istigazione indiretta realizzata mediante l’esaltazione di un fatto criminoso o del suo autore allo scopo di favorire comportamenti imitativi.

Perché siano applicabili gli artt. 414 e 414 bis del codice penale, è necessario che l’istigazione o esaltazione riguardi reati specifici (laicamente determinati, senza necessità quindi di indicare l’esatto nomen iuris), essendo l’istigazione a commettere reati in genere punibile ai sensi della fattispecie di istigazione a disobbedire alle leggi di cui all’art. 415 del codice penale.

Non solo. E’ necessario che la condotta istigatrice o apologetica, avuto riguardo alla forza di suggestione dell’istigatore e della capacità critica che ci si può ragionevolmente attendere dal pubblico, sia tale da determinare – sulla base di giudizio di prognosi postuma - il rischio concreto e non meramente teorico della commissione di reati.

Solo tale pericolo giustifica invero una deroga alla libertà di manifestazione del pensiero sancita dall’art. 21 della Costituzione.

La Corte di Cassazione ha infatti precisato che il delitto di istigazione a delinquere, previsto dall' art. 414 c.p., comma 1, del codice penale “è reato di pericolo concreto e non presunto e richiede, di conseguenza, per la sua configurazione, un comportamento che sia ritenuto concretamente idoneo, sulla base di un giudizio ex ante, a provocare la commissione di delitti” (Cass., sez. V pen., 12 settembre 2019, n. 48247).

Allo stesso modo, ai fini dell'integrazione del delitto di apologia di delitti di cui all'articolo 414, comma 3, c.p., “non basta l'esternazione di un giudizio positivo su un episodio criminoso, ma occorre che il comportamento dell'agente sia tale per il suo contenuto intrinseco, per la condizione personale dell'autore e per le circostanze di fatto in cui si esplica, da determinare il rischio effettivo della consumazione di altri reati lesivi di interessi omologhi a quelli offesi dal crimine esaltato” (Cass., sez. VI pen., 18 aprile 2019, n.31562).

Infine, per la configurabilità del reato di istigazione a delinquere è richiesta la prova del dolo, e cioè della coscienza e volontà di istigare alla commissione di reati, con la consapevolezza di farlo pubblicamente.

 

3. La conformità delle fattispecie incriminatrici alla Costituzione italiana

I dubbi di legittimità costituzionale della fattispecie in trattazione per contrasto con la libertà di manifestare il proprio pensiero di cui all’art. 21 Costituzione sono stati dissipati tanto tempo addietro dalla Corte Costituzionale.

Chiamata a pronunciarsi sul reato di apologia di delitti di cui all’art. 414, comma terzo, del codice penale, la Consulta - con sentenza del 4 maggio 1970, n. 65 – ha invero evidenziato che la fattispecie incriminatrice “non limita in alcun modo la critica della legislazione o della giurisprudenza, né l'attività propagandistica di singoli, partiti, movimenti, gruppi, diretta a promuovere la deletio di qualsiasi norma incriminatrice.

Diversa dalla critica alla legge, dalla propaganda per il suo aggiornamento, dal giudizio favorevole sui moventi dell'autore, che sono tutte lecite manifestazioni di pensiero, è la pubblica apologia diretta, e idonea, a provocare la violazione delle leggi penali”.

Ed infatti “plaudire a fatti che l'ordinamento giuridico punisce come delitto e glorificarne gli autori è da molti considerata una ipotesi di istigazione indiretta”.

In altri termini “l'apologia punibile ai sensi dell'art. 414, ultimo comma, del codice penale non è, dunque, la manifestazione di pensiero pura e semplice, ma quella che per le sue modalità integri comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti”.

La libertà di manifestazione del pensiero, garantita dall'art. 21, primo comma, della Costituzione, trova invero “i suoi limiti non soltanto nella tutela del buon costume, ma anche nella necessità di proteggere altri beni di rilievo costituzionale e nell'esigenza di prevenire e far cessare turbamenti della sicurezza pubblica, la cui tutela costituisce una finalità immanente del sistema”.

E’ chiaro che questi principi, sebbene siano stati affermati con specifico riguardo al reato di apologia di delitti di cui all’art. 414, comma 3, del codice penale, sono perfettamente estensibili anche all’affine (e più generico) delitto di istigazione a disobbedire alle leggi (art. 415 c.p.), oltre che ovviamente all’istigazione (diretta) a delinquere di cui agli artt. 414, comma 1 e 4, e 414-bis del codice penale.

E’ altrettanto chiaro che i limiti tracciati dalla Corte Costituzionale alla libertà di manifestazione del pensione (art. 21 Cost.) valgono a maggior ragione per la libertà artistica di cui all’art. 33 della Costituzione.

 

4. La difficile configurabilità dei delitti in esame nel caso di musica “trasgressiva”

Cosi tracciati gli elementi costitutivi del delitto di istigazione a delinquere e dei delitti assimilati, non ci può che domandare se una canzone possa integrare gli estremi del reato.

A bene vedere, il collegamento tra l’ascolto di musica “eversiva” o “trasgressiva” e la commissione di reato e/o atti di violenza è alquanto evanescente.

Ed invero, a fronte di milioni di fan e/o ascoltatori, soltanto una minima percentuale di essi è coinvolto in attività illegali ed è estremamente difficile dimostrare, anche da un punto di vista criminologico, che la tendenza a delinquere di questi pochi dipenda dalla musica ascoltata e non da altri fattori (genetici, sociali o fattori diversi).

In altri termini, è estremamente complicato sostenere che un testo di una canzone possa essere concretamente idoneo, sulla base di un giudizio ex ante, a provocare la commissione di delitti.

L’inidoneità della musica ad istigare alla violenza è stata riconosciuta in passato anche rispetto a generi musicali addirittura più trasgressivi, come l’heavy metal.

In una prospettiva comparatistica, si pensi al (forse più famoso) caso che ha visto coinvolto Ozzy Osbourne, citato nell’ottobre del 1985 avanti alla Corte della California per aver istigato, con la canzone “Suicide Solution”, il suicidio del diciannovenne John McCollum. Causa conclusa il 7 agosto del 1986 con un verdetto di non colpevolezza.

Ed infatti, secondo il giudice John Cole, i testi musicali e le poesie non possono istigare al suicidio o alla violenza “per la ragione elementare che semplicemente non sono destinati ad essere e non dovrebbero essere letti letteralmente". Ed infatti “le persone ragionevoli intendono i testi musicali e le convenzioni poetiche come espressioni figurative quali sono” ("Musical lyrics and poetry cannot be construed to contain the requisite 'call to action' for the elementary reason they simply are not intended to be and should not be read literally,” … “Reasonable persons understand musical lyrics and poetic conventions as the figurative expressions which they are.”).

Ma non è tutto. In alcuni casi, le condotte stigmatizzate esorbitano totalmente dalla fattispecie incriminatrici. Per fare un esempio, il riferimento al consumo di droghe nei testi di alcune canzoni è da taluni visto come un’istigazione all’uso di sostanze stupefacenti. Tuttavia, il consumo di sostanze stupefacenti non costituisce più reato dal referendum abrogativo del 1993. La detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale costituisce oggi infatti un mero illecito amministrativo ai sensi dell’art. 75 d.p.r. 309/90 (cd. Testo Unico della droga). Senza contare che è attualmente in corso un vivo dibattito intorno alla possibile legalizzazione della cannabis e delle droghe cd. leggere che ha portato addirittura ad una proposta di referendum nel 2021, che dopo aver raccolto nel giro di pochi mesi oltre 600.000 firme e l’ok dell'Ufficio centrale per il referendum il 10 gennaio 2022, è stata dichiarata inammissibile con sentenza n. 51 del 15 febbraio 2022 della Corte costituzionale.

Inoltre, sebbene i testi di alcuni generi musicati, come la drill, sono da taluno criticati perché possono assumere connotati violenti e nichilisti, gli artisti che ne sono interpreti nelle interviste rilasciate hanno spesso evidenziato come le canzoni hanno il solo fine di raccontare la vita difficile nel contesto di provenienza, evidenziando come la musica ha consentito loro –e consente a tanti altri ragazzi – di allontanarsi dalla “strada”.

Se questo fosse vero e se quindi le canzoni avessero una funzione “narrativa” più che “propulsiva”, verrebbe allora a mancare anche l’elemento soggettivo del reato, il dolo.

 

5. La recente ordinanza riguardante il gruppo trap P38 LA GANG

Queste e ulteriori criticità sono state evidenziate nella recente e nota ordinanza del 6 marzo 2023 con cui il Tribunale del Riesame di Torino, nel procedimento che vedeva indagati di apologia di delitti terroristici (art. 414, commi 3 e 4, c.p.) i componenti del gruppo musicale trap P38 LA GANG per aver fatto apologia appunto dell’operato delinquenziale delle Brigate Rosse, ha respinto l’appello del Pubblico Ministero avverso il rigetto dell’istanza di applicazione degli arresti domiciliari.

Il Giudice per le Indagini Preliminari, che aveva rigettato l’istanza, valorizzando la condizione personale degli indagati (incensurati e non collegati a nuclei estremisti); il contesto spazio/temporale in cui si esplicava la condotta contestata e i destinatari del messaggio (canali digitali e concerti rivolti ad un pubblico giovane non legato ai fatti storici evocati) e il contenuto dei messaggi, aveva escluso la pericolosità concreta della condotta degli indagati e cioè l’idoneità dei testi delle canzoni a provocare atti terroristici o eversivi.

Contestando simili considerazioni, il Pubblico Ministero con appello cautelare aveva evidenziato che, a suo dire, vi fossero diversi elementi a sostegno della pericolosità della condotta, tra cui il fatto che gli indagati si presentassero nei video con il volto coperto da passamontagna e che si esibissero in locali notoriamente frequentati da aree politiche estreme.

Nel respingere l’appello, il Tribunale del Riesame ha confermato l’insussistenza sotto il profilo oggettivo e soggettivo del reato contestato.

Cercando di fare una cernita dei passaggi più importanti, si legge nella motivazione che “è fatto notorio…come il genere trap si caratterizzi spesso per l’utilizzo di messaggi comunicativi fortemente provocatori. Non solo nei testi delle canzoni, ma anche nell’immagine pubblica che il cantante complessivamente presenta (quindi nei video, nei concerti, nelle interviste), si vuole offrire una figurazione del tutto anticonvenzionale, e in diversi casi di vera e propria “antisocialità” ed “illegalità”. L’esaltazione del denaro facile tramite, ad esempio, l’attività di spaccio di droghe; la presentazione della violenza come modalità per risolvere conflitti interpersonali; l’utilizzo di linguaggi e messaggi di carattere misogino.

La distinzione fra il profilo “artistico” e quello reale, di vita vissuta, diventa in alcuni casi così labile che non è infrequente che alcuni cantanti (che inneggiano al denaro profitto di spaccio, alla violenza fisica, etc.) siano arrestati per effettivo spaccio di droghe (…), per il coinvolgimento reale in risse, o per altri episodi di violenza effettiva contro le persone”.

Secondo il Tribunale quindi per stabilite la sussistenza del reato sul piano soggettivo occorre valutare “se le contestate condotte costituiscano soltanto un’operazione artistico/musicale provocatoria che affonda le sue radici nel genere rap/trap” o se, invece, siano effettivamente collegate ad un’attività delinquenziale.

Così se il “cantante .. si “rappresenta” al pubblico come “spacciatore” (ad esempio)” è giusto che venga “penalmente perseguito laddove emerge che tale attività delinquenziale venga posta in essere per davvero, fuori dunque dalle finzioni provocatorie ed estreme delle strofe di canzoni e delle pose ed immagini di video musicali”.

Sul piano oggettivo, la pericolosità del comportamento e cioè la minaccia per l’ordine pubblico dell’istigazione (diretta o indiretta che sia) deve invece essere valutata alla luce del contesto spazio/temporale in cui si inserisce l’azione.

Sotto questo profilo il Tribunale ha evidenziato che il caso sottoposto alla sua attenzione era ben lontano da due precedenti giudiziari recenti (quello della pubblicazione di alcuni opuscoli in cui si affermava che “i C.I.E. si chiudono con il fuoco” e quello dello striscione inneggiante l’uso di coltelli esibito sugli spalti durante la partita Roma-Inter) in cui era stato ritenuto integrato il delitto di istigazione a delinquere.

In quei casi la sussistenza del reato era stata affermata proprio in relazione al contesto spazio/temporale dell’azione, e cioè in considerazione della riferibilità dell’istigazione ad un gruppo che aveva precedentemente organizzato attentati incendiari contro alcuni C.I.E, nel primo caso, e in considerazione dell’impiego dello striscione durante una partita ad alto rischio per l’ordine pubblico e da parte di ultras che si erano distinti di recente per l’uso di coltelli, nel secondo.

Secondo il Tribunale, il raffronto fra questi esempi e la vicenda oggetto del procedimento rendeva evidente, sia in relazione “alle affatto differenti condizioni soggettive che ai significativi differenti contesti operativi”, come nel caso del gruppo musicale potesse parlarsi “al più, di un pericolo astratto, meramente congetturale”.

Gli elementi emergenti dalle indagini evidenziavano infatti come gli indagati fossero soggetti sostanzialmente incensurati, slegati da gruppi eversivi o comunque nuclei violenti. Nelle interviste rilasciate tendevano a spiegare che il loro progetto aveva la finalità di attirare l’attenzione dei giovani rispetto a periodi e personaggi storici a loro magari sconosciuti

Tanto detto, secondo il Tribunale di Torino “uno Stato liberal/democratico saldo e maturo non ha né deve avere timore di queste “provocazioni”. Anzi, a fronte dell’assenza di seri pericolo per l’ordine pubblico e per gli altri beni pubblici, deve tollerarle. Non solo in nome di quei principi fondamentali di pluralismo e libertà che costituiscono l’ossatura del nostro ordinamento costituzionale … ma anche per una profonda valutazione di politica/criminale. Interpretazioni eccessivamente ampie nella delimitazione dei confini applicativi di questi gravi tipologie di reato (quali quelle qui contestate) che ricomprendano al loro interno sanzionatorio condotte anche solo simboliche e provocatore di protesta radicale, poste in essere magari da strati di popolazione che in tal modo “sfogano” e “rappresentano” all’esterno profondi disagi economici, difficoltà sociali di reale integrazione (conseguente, ad esempio, al fenomeno sempre più accentuato negli ultimi decenni del multiculturalismo) e altre eventuali marginalità di vita, possono determinare infatti, in una sorta di eterogenesi dei fini, concrete conseguenze pericolose proprio per l’ordine pubblico che si vuole tutelare”.

 

6. Conclusioni

Alla luce delle superiori considerazioni e della giurisprudenza richiamata, può fondatamente sostenersi che le iniziative penali per istigazioni a delinquere o fattispecie assimilate nei confronti di cantanti di musica trap o comunque di musica trasgressiva possano ritenersi giustificate soltanto nei limitati casi in cui il singolo artista o gruppo musicale operi attivamente e nell’attualità all’interno di specifici contesti criminali o eversivi e la musica possa ritenersi finalizzata a favorirne l’adesione o a istigarne l’azione.

A ben vedere, nemmeno la sussistenza di precedenti penali o di polizia può di per sé solo fondare un giudizio di pericolosità concreta dell’istigazione, laddove si tratti di precedenti risalenti nel tempo e non sia provata la persistente vicinanza del musicista alla criminalità.

Un effettiva minaccia all’ordine pubblico non può infatti dirsi sussistente quando l’artista - che, grazie alla musica, magari sia riuscito ad uscire da condizioni di disagio sociale - racconti nei propri brani quanto vissuto in “strada” o descriva – magari con linguaggio colorito o con modi provocatori – la vita del difficile contesto da cui proviene.