x

x

Cassazione Civile: nulla la clausola del bando che subordina la vittoria al giudizio della commissione esaminatrice

Il bando di concorso, essendo al contempo atto amministrativo e atto negoziale, non può contenere clausole di riserva, che subordinano l’assunzione ad un giudizio meramente discrezionale dell’amministrazione. È quanto stabilito in una recente pronuncia della Cassazione.

È il caso di un soggetto che, avendo partecipato ad un concorso per la nomina del direttore generale di una società, non era stato assunto dall’azienda, per la presenza, all’interno del bando di concorso, di una clausola che subordinava l’assunzione ad un giudizio favorevole della Commissione Giudicatrice.

Impugnata la mancata assunzione davanti al Tribunale di Teramo, il soggetto ricorreva in appello, ottenendo dalla Corte territoriale una pronuncia che, in riforma della sentenza di primo grado, condannava la società al risarcimento dei danni in favore dell’appellante, liquidati in misura pari alle retribuzioni che questi avrebbe percepito quale direttore generale della società, ritenendo leso il proprio diritto all’assunzione.

La Corte, tenendo conto della duplice natura giuridica del bando di concorso di provvedimento amministrativo e di atto negoziale, dichiarava nulla la clausola che subordinava l’assunzione al giudizio della commissione in base all’articolo 1355 del Codice Civile, in quanto condizione meramente potestativa.

Avverso tale decisione, la società datrice di lavoro ha proposto ricorso in Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione di alcune norme del Codice Civile e affermando che la nomina del direttore generale risponde a criteri discrezionali, stante la natura fiduciaria di tale incarico. Inoltre, contrastava la definizione della natura giuridica del bando di concorso proposta dalla Corte territoriale, limitandone gli effetti giuridici a quelli propri di un invito all’offerta o di una promessa.

La Corte di Cassazione ha stabilito, in primo luogo, che la nomina del direttore generale può avvenire in diversi modi, nelle forme del concorso, per chiamata diretta discrezionale, essendo la scelta della modalità di individuazione del soggetto idoneo pienamente discrezionale.

Ciò che si contesta alla società è l’aver introdotto nel bando di concorso una clausola che subordinava l’assunzione del primo classificato al giudizio discrezionale della commissione giudicatrice.

Confermando la natura giuridica del bando di concorso, come correttamente individuata dalla Corte territoriale, ossia di atto amministrativo e atto negoziale, i giudici di legittimità hanno dichiarato l’illegittimità della procedura concorsuale così come prevista nel bando, annullando la clausola del necessario giudizio della commissione per contrasto con l’articolo 1355 del Codice Civile, in quanto clausola meramente potestativa, che subordina l’obbligo di assunzione alla mera volontà dell’amministrazione medesima.

In conclusione, la Cassazione ha stabilito che risulta contrario all’interesse pubblico primario, perseguito con l’apertura del procedimento, “la trasformazione del concorso indetto per la copertura di determinati posti in mera verifica di idoneità professionale di personale da assumere solo in relazione a fabbisogni futuri e incerti”. Ha, di conseguenza, rigettato il ricorso e confermato la sentenza impugnata.

(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 1 ottobre 2014, n. 20735)

Il bando di concorso, essendo al contempo atto amministrativo e atto negoziale, non può contenere clausole di riserva, che subordinano l’assunzione ad un giudizio meramente discrezionale dell’amministrazione. È quanto stabilito in una recente pronuncia della Cassazione.

È il caso di un soggetto che, avendo partecipato ad un concorso per la nomina del direttore generale di una società, non era stato assunto dall’azienda, per la presenza, all’interno del bando di concorso, di una clausola che subordinava l’assunzione ad un giudizio favorevole della Commissione Giudicatrice.

Impugnata la mancata assunzione davanti al Tribunale di Teramo, il soggetto ricorreva in appello, ottenendo dalla Corte territoriale una pronuncia che, in riforma della sentenza di primo grado, condannava la società al risarcimento dei danni in favore dell’appellante, liquidati in misura pari alle retribuzioni che questi avrebbe percepito quale direttore generale della società, ritenendo leso il proprio diritto all’assunzione.

La Corte, tenendo conto della duplice natura giuridica del bando di concorso di provvedimento amministrativo e di atto negoziale, dichiarava nulla la clausola che subordinava l’assunzione al giudizio della commissione in base all’articolo 1355 del Codice Civile, in quanto condizione meramente potestativa.

Avverso tale decisione, la società datrice di lavoro ha proposto ricorso in Cassazione, deducendo violazione e falsa applicazione di alcune norme del Codice Civile e affermando che la nomina del direttore generale risponde a criteri discrezionali, stante la natura fiduciaria di tale incarico. Inoltre, contrastava la definizione della natura giuridica del bando di concorso proposta dalla Corte territoriale, limitandone gli effetti giuridici a quelli propri di un invito all’offerta o di una promessa.

La Corte di Cassazione ha stabilito, in primo luogo, che la nomina del direttore generale può avvenire in diversi modi, nelle forme del concorso, per chiamata diretta discrezionale, essendo la scelta della modalità di individuazione del soggetto idoneo pienamente discrezionale.

Ciò che si contesta alla società è l’aver introdotto nel bando di concorso una clausola che subordinava l’assunzione del primo classificato al giudizio discrezionale della commissione giudicatrice.

Confermando la natura giuridica del bando di concorso, come correttamente individuata dalla Corte territoriale, ossia di atto amministrativo e atto negoziale, i giudici di legittimità hanno dichiarato l’illegittimità della procedura concorsuale così come prevista nel bando, annullando la clausola del necessario giudizio della commissione per contrasto con l’articolo 1355 del Codice Civile, in quanto clausola meramente potestativa, che subordina l’obbligo di assunzione alla mera volontà dell’amministrazione medesima.

In conclusione, la Cassazione ha stabilito che risulta contrario all’interesse pubblico primario, perseguito con l’apertura del procedimento, “la trasformazione del concorso indetto per la copertura di determinati posti in mera verifica di idoneità professionale di personale da assumere solo in relazione a fabbisogni futuri e incerti”. Ha, di conseguenza, rigettato il ricorso e confermato la sentenza impugnata.

(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 1 ottobre 2014, n. 20735)