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Nuovo Codice dei Contratti Pubblici – la “coperta” dei principi generali

atti processuali
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Nuovo Codice dei Contratti Pubblici – la “coperta” dei principi generali

 

Abstract: L’affidamento di un contratto pubblico è una procedura e, come tale, necessita di principi- guida vincolanti per gli attori coinvolti nel processo, che siano esplicitati all’interno di un Corpus normativo a carattere settoriale e non più desumibili dall’attività degli interpreti o da leggi sul procedimento di portata generale e che, come una coperta, “avvolgano” sia l’operatore nel suo tortuoso percorso di applicazione delle norme, sia l’intero assetto di situazioni giuridiche soggettive e interessi pubblici coinvolti.

 

Premessa

Nell’ottica di dare una nuova linfa al settore delle commesse pubbliche, e al fine di consentire agli addetti ai lavori di fronteggiare al meglio le sfide che vedono numerose amministrazioni coinvolte nel perseguimento degli obiettivi indicati dal PNRR, il legislatore ha confezionato il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici, approvato con il d.lgs. 31 marzo 2023, n.36, il quale entrerà in vigore dal 1° luglio 2023. Il presente contributo intende fare una disamina della parte dedicata ai Principi generali in tema di digitalizzazione, programmazione e progettazione, che ispireranno le future procedure di affidamento dei contratti pubblici, cercando di evidenziare la diversa impostazione e la cesura rispetto al D. Lgs. N. 50 del 2016, che il legislatore ha introdotto, giungendo ad elaborare un catalogo di principi, frutto di un copioso lavoro interpretativo, svolto negli anni soprattutto dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. Occorre tuttavia precisare che, alcuni di questi principi (buona fede e tutela dell’affidamento, solidarietà e sussidiarietà orizzontale, auto-organizzazione amministrativa, tassatività delle cause di esclusione e di massima partecipazione). erano già  stati elaborati dal diritto unionale, pertanto in questa sede, si focalizzerà l’attenzione sui tre principi che risultano avere portata maggiormente innovativa proprio perché, finalmente, vengono ad essere esplicitati dal legislatore: il principio del risultato, il principio della fiducia, il principio del libero accesso al mercato.

 

Il principio del risultato

L’art. 1 si rivolge agli interlocutori coinvolti nel processo: stazioni appaltanti ed operatori economici. I responsabili delle procedure di affidamento, sono infatti chiamati a perseguire il risultato, qui da intendersi, nell’accezione plasmata dalle teorie del New Public Management. Il risultato non dovrà più quindi culminare esclusivamente nell’avvio della procedura ad evidenza pubblica e successiva individuazione dell’aggiudicatario, nel rispetto dei tempi e degli strumenti di programmazione economico-finanziaria, seguendo il semplice rispetto formale della procedura, ma andrà a permeare nell’insieme la conduzione di un duplice dialogo: tra stazione appaltante e operatori economici e tra stazione appaltante e cittadini.

La procedura dovrà essere tempestiva, ed esigerà non solo il rispetto dei passaggi formali e l’attivazione dei controlli previsti dalla legge, ma dovrà altresì garantire la massima trasparenza delle informazioni sulle procedure, affinché la scelta finale, pur sempre ancorata a parametri di natura tecnica, possa consentire alle stazioni appaltanti di ricevere la massima fiducia da parte del cittadino, che da osservatore della regolarità delle procedure, diverrà poi valutatore del servizio, attraverso gli strumenti di democrazia partecipativa (feedback), e non si riduca più a un mero esito rivolto agli operatori del settore che vi partecipano, i quali, dovranno garantire non solo il possesso dei requisiti per concorrere, ma anche “il miglior risultato possibile” ai consumatori finali del servizio.

Il legislatore ha voluto porre l’accento sulla performance dei soggetti chiamati a svolgere la procedura: la trasparenza è funzionale alla tempestività della procedura. Il principio del risultato, più in generale, oltre a costituire ulteriore declinazione del principio costituzionale di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, entra a pieno titolo nel ciclo di gestione della performance.
 

Il principio della fiducia

L’articolo enfatizza il ruolo giocato dal funzionario pubblico responsabile delle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione del contratto pubblico. Ciò fa sì che si possa attribuire credibilità, correttezza ed autonomia all’agere publico, che si manifesta per il tramite dei suoi funzionari. Il legislatore ha voluto in qualche modo riprodurre un assetto simile a quello introdotto nella Legge n. 241 del 1990, elaborando la figura del responsabile del procedimento, il quale, una volta individuato, è tenuto a curare e sovraintendere la procedura dall’inizio alla fine, in qualità di leading manager. Nel caso della commessa pubblica, il funzionario risponde a titolo di colpa grave per la violazione delle norme giuridiche vincolanti in materia. A monte viene fatta una valutazione sulle competenze professionali di colui che viene investito della conduzione di una procedura di affidamento, che dovranno riflettere un elevato livello di autonomia nell’agire, secondo criteri di competenza e correttezza, fermo restando l’introduzione a carico dell’amministrazione, di programmi di formazione e di coperture assicurative a tutela del personale adibito alla gestione delle gare. Viene inoltre chiarito all’interno del testo, che il funzionario non risponde di colpa grave, e sarà quindi scusabile, tutte le volte in cui la condotta omissiva sia stata determinata dall’applicazione di orientamenti giurisprudenziali o pareri emessi dalle autorità competenti. Le azioni presenti e future, che le pubbliche amministrazioni dovranno mettere in campo, dovranno essere certe, affidabili e non ci sarà posto per l’esitazione o la c.d. “paura della firma”. Del resto, anche la nuova formulazione del reato di abuso d’ufficio (Art. 323 c.p.), consente al pubblico funzionario di agire in modo più consapevole e senza più essere costretto ad avventurarsi per sentieri incerti e ambigui. La fiducia nel pubblico funzionario e nella sua azione nei confronti degli operatori economici coinvolti, presuppongono un rapporto di buona fede che deve scaturire da ambo le parti, alla stessa stregua di un rapporto contrattuale privatistico, originato dallo ius civile, buona fede che il legislatore aveva già voluto specificare,  nella legge generale sul procedimento amministrativo, come modificata dal Decreto Semplificazioni (l. 120 del 2020), all’interno dell’Art. 1 comma 2 bis, secondo il quale «I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai principi della collaborazione e della buona fede», e che ha voluto ulteriormente rimarcare nel successivo Art. 5 del Nuovo Codice (Principi di buona fede e di tutela dell’affidamento). La fiducia riposta nell’agente pubblico, impone una maggior cautela nel presidiare la procedura fino alla fine, nonché l’accuratezza necessaria nel condividere con gli interessati il dispiegarsi della procedura, in condizioni di trasparenza e parità di accesso, scongiurando quanto più possibile l’eventuale sorgere di contenziosi.


Il principio dell’accesso al mercato

Il Legislatore ha inteso qui consolidare un principio di diretta ascendenza comunitaria, ormai diventato diritto vivente e immediatamente cogente. Assicurare il mantenimento di un mercato concorrenziale, scongiura le rendite di posizione e consente agli operatori economici, di concorrere in condizioni di parità di accesso. L’accesso al mercato assicura la competitività, che a sua volta diviene strumento di realizzazione del miglior risultato possibile.  La disposizione enuncia quanto segue: “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono, secondo le modalità indicate dal codice, l’accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei princìpi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità”. E’ inevitabile soffermare l’attenzione, anche qui, sull’ennesima enunciazione dei principi di imparzialità, della pubblicità e della trasparenza, corollari del buon andamento sancito a livello costituzionale. In un unico articolo, vengono condensati i principi che devono guidare le modalità di accesso alle informazioni sulle procedure, da parte degli operatori economici, in condizioni di assoluta parità e non discriminazione. La trasparenza e la parità nell’accesso al mercato si realizzano in termini di accessibilità totale ai dati presenti, passati e futuri. Tuttavia, l’enfasi che il legislatore del 2023 ha inteso dare alla trasparenza degli atti di gara, mal si coniuga rispetto alla più recente impostazione data dalla Giurisprudenza amministrativa. Si prenda ad esempio, il dictum del Consiglio di Stato, Sez. V, 02/ 03/ 2021, n. 1779, secondo cui si configurerebbe come accesso esplorativo, la richiesta di prendere visione e di estrarre copia dei provvedimenti concernenti le gare relative a un determinato intervallo temporale, allo scopo di individuare gli operatori invitati. Nel caso di specie, l’operatore economico aveva impugnato la sentenza del Tar Abruzzo che ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la nota della stazione appaltante che aveva negato l’accesso agli atti e provvedimenti preliminari adottati con riguardo alle gare sotto e sopra soglia di euro 40.000,00 indette nel periodo 2014-2019, nonché degli inviti spediti a ciascuno degli operatori economici in relazione a ciascuna delle predette procedure. La stazione appaltante aveva negato l’ostensione ritenendo la finalità di trasparenza già assolta mediante la pubblicazione delle procedure sia all’albo pretorio online che nell’apposita Sezione di Amministrazione Trasparente. Il Consiglio di Stato ha ritenuto di rigettare il ricorso, inquadrando l’istanza quale richiesta meramente esplorativa, rientrante nel divieto di cui all’art. 24 comma 3 della L. n. 241 del 1990, la quale non è meritevole di accoglimento poiché comporta un ingiustificato carico di lavoro per la stazione appaltante. Tuttavia, il D. Lgs. N. 33 del 2013, prevede all’art. 8, co. 3, che “documenti, informazioni e dati oggetto di specifici obblighi di pubblicazione sono pubblicati per un periodo di 5 anni, decorrente dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello da cui decorre l’obbligo di pubblicazione, e comunque fino a che gli atti pubblicati producono i loro effetti, fatti salvi i diversi termini previsti dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali e quanto previsto dagli artt. 14, co. 2, e 15, co. 4 del medesimo decreto. Decorsi detti termini, la trasparenza è assicurata mediante la possibilità di presentare l’istanza di accesso civico ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 33/2013.”

Stando al dato normativo, l’istanza rigettata ricadrebbe nella fattispecie dell’accesso civico semplice, laddove la stessa sia stata esercitata al tempo in cui sussisteva ancora, per gli atti riferiti alle procedure di affidamento avviate nel quinquennio 2014-2019, l’obbligo di pubblicazione nell’apposita sezione Amministrazione Trasparente. In questa prima ipotesi, la stazione appaltante può mettere a disposizione del richiedente il collegamento ipertestuale necessario a raggiungere gli atti oggetto di richiesta di consultazione. Diverso è il caso in cui i cinque anni di pubblicazione obbligatoria siano decorsi, o la stessa abbia cessato di produrre i suoi effetti. In questo secondo caso, verrebbe in soccorso l’accesso civico generalizzato, che, alla pari dell’accesso civico semplice, esclude in nuce l’applicazione del divieto di cui all’art. 24 comma 3 della legge n. 241 del 1990, poiché finalizzati ad assicurare la prevalenza dell’interesse conoscitivo, fermo restando il bilanciamento degli interessi e il rispetto della normativa in materia di trattamento dei dati personali. Inoltre, il Consiglio di Stato sembra aver bypassato il principio elaborato in sede di Adunanza Plenaria n. 10 del 2020, dove, sempre in tema di accesso agli atti di gara aveva operato un riferimento a quanto affermato dal Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione nella Circolare n. 2 del 6 giugno 2017 sull’Attuazione delle norme sull’accesso civico generalizzato (c.d. FOIA) – laddove, nel valorizzare il criterio della tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo, al par. 2.2 affermava quanto segue: «dato che l’istituto dell’accesso generalizzato assicura una più ampia tutela all’interesse conoscitivo, qualora non sia specificato un diverso titolo giuridico della domanda (ad es. procedimentale, ambientale, ecc.), la stessa dovrà essere trattata dall’amministrazione come richiesta di accesso generalizzato». In presenza di una istanza di accesso, l’amministrazione ha il potere-dovere di identificare chi sia l’istante e a che titolo richiede quell’accesso. E’ chiaro che, l’accesso agli atti di gare risalenti al passato, esercitato da un operatore economico, quindi un soggetto qualificato rispetto a un privato cittadino, non può qualificarsi come meramente esplorativo, poiché ha la finalità di indagare se siano stati rispettati i principi in materia di rotazione degli inviti e di par conditio tra operatori economici, non potendo pertanto essere trattata come accesso documentale tout court per carenza del presupposto di legittimità del richiedente (che non era nemmeno parte del procedimento, ma un potenziale operatore economico concorrente, presente o futuro, che potrebbe essere interessato a conoscere quali competitors si siano avvicendati in determinate commesse pubbliche).

Alla luce della più accentuata rilevanza attribuita alla pubblicità e alla trasparenza delle procedure di affidamento, a tutela dell’accesso al libero mercato da parte degli operatori economici, occorrerà attendere gli sviluppi futuri dell’interprete, sulla necessità di assicurare agli stessi una conoscenza pregressa delle vicende riferite alle commesse pubbliche, che, lungi dall’essere meramente esplorative, sono finalizzate, come vuole il nuovo Codice, ad accrescere la competitività fermo restando il presidio e la riservatezza sui segreti industriali e commerciali