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Usura e tasso di mora. Sancita la verifica alla pattuizione: riflessi operativi

Cassazione n. 23192/17, Cassazione S.U. n. 24675/17

Abstract

Con una concisa Ordinanza la Cassazione n. 23192/17 è tornata ad occuparsi della mora rigettando il ricorso della banca che deduceva la falsa applicazione dell’articolo 1815 del codice civile e della legge 108/96 in due distinti aspetti: i) nella valutazione dell’usurarietà originaria del tasso di mora; ii) nella conseguente nullità estesa agli interessi corrispettivi, posti al di sotto della soglia d’usura. Un eccessivo valore della mora configura uno squilibrio fra le prestazioni convenute: la conseguenza rimane eventuale per il cliente ma statisticamente risulta certa sia nel profitto illecito dell’intermediario, sia nella lesione al mercato del credito.

La nullità prevista dal comma 2 dell’articolo 1815 del codice civile, si estende a tutti gli interessi, siano essi corrispettivi che moratori: la nozione di interesse prevista da detto articolo è univocamente determinata dall’articolo 644 del codice penale. Lo stretto collegamento fra i due articoli, è puntualizzato dalla sentenza della Cassazione S.U. n. 24675/17; nel declinare i riflessi indotti dal d.l. n. 394/00, si precisa: ‘Una sanzione (che implica il divieto) dell’usura è contenuta, per l’esattezza, anche nell’articolo 1815, secondo comma, cod. civ. – pure oggetto dell’interpretazione autentica di cui si discute – il quale però presuppone una nozione di interessi usurari definita altrove, ossia, di nuovo, nella norma penale integrata dal meccanismo previsto dalla legge 108.’, pervenendo alla conclusione che ‘in tanto è configurabile un illecito civile, in quanto sia configurabile la violazione dell’articolo 644 del codice penale, come interpretato dall’articolo 1, comma 1, d.l. n. 394 del 2000’.

Pertanto, la verifica dell’usura è imposta con riferimento all’entità del credito erogato e all’equilibrio delle condizioni contrattuali disposte inizialmente; alla scadenza, nella rata rimasta impagata, non si configura alcuna nuova pattuizione né alcuna erogazione. Il finanziamento è unico e l’onerosità va misurata nella sua interezza, nelle prestazioni convenute inizialmente fra le parti, non nelle risultanze alle distinte scadenze.

Quale che sia lo scenario di possibili insolvenze del debitore, il rendimento effettivo del mutuo sarà in ogni caso una media ponderata del tasso corrispettivo, applicato al capitale in essere e riferito ai periodi convenuti e del tasso di mora, applicato al capitale scaduto e riferito ai periodi di insolvenza.

Considerando il worst case – che ricorre quando il prenditore del finanziamento risulta insolvente ad ogni scadenza ma provvede ad effettuare versamenti che coprono solo ed esclusivamente gli interessi di mora – il costo complessivo del finanziamento sale con il protrarsi dell’insolvenza, convergendo gradualmente verso un tasso asintotico limite. L’accertamento dell’usura su tale tasso potrà guidare il giudice nella valutazione dell’effettivo pregiudizio arrecato all’equilibrio del contratto dalla mora.

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