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La problematicità dell’ ammortamento alla francese

Una matematica dal difficile accesso
ammortamento alla francese
ammortamento alla francese

La problematicità dell’ ammortamento alla francese

Una matematica dal difficile accesso [1]
 

Premessa

Nelle più recenti sentenze in materia di finanziamenti con ammortamento alla francese viene riconosciuto l’impiego del regime composto nella determinazione della rata. Tuttavia, riscontrando nel piano di ammortamento il calcolo degli interessi semplici sul debito residuo, si perviene ad escludere la violazione dell’art. 1283 c.c. ed ogni vizio del consenso.

Anche riferendo il dettato dell’art. 1283 c.c. degli ‘interessi scaduti’, nel significato allargato al periodo di maturazione ed esigibilità, non si ravvisa alcuna produzione di interessi su interessi. Nella recente sentenza del Tribunale di Torino[2], nel riscontrare nell’ammortamento alla francese una coincidenza fra maturazione, scadenza e pagamento, si è ritenuto che si calcoli l’interesse sul capitale residuo o sulla quota capitale che viene a scadenza, comunque il tempo di maturazione e di esigibilità della quota interessi coincidononon si da quindi il caso di interessi “scaduti” e nondimeno produttivi di interessi ulteriori …’. ‘La capitalizzazione composta prevista nella formula di calcolo del sistema francese, al fine di calcolare la rata costante che consente la chiusura finanziaria dell’operazione, secondo i dati del problema (capitale, tasso periodale, periodi), appare quindi estranea al campo dell’art. 1283 c.c.

La menzionata coincidenza fra tempi di maturazione e di esigibilità farebbe ritenere ‘il regime composto impiegato nella determinazione della rata, estraneo al campo dell’art. 1283 c.c.’, risolvendosi la capitalizzazione composta, come riporta la sentenza, in un semplice ‘metodo per calcolare la somma dovuta da una parte all’altra in esecuzione del contratto .... è, in altre parole, una forma di quantificazione di una prestazione’.

La coincidenza fra tempi di maturazione ed esigibilità, nella debenza degli interessi alle distinte scadenze, che si riscontra nel piano di ammortamento ordinariamente adottato, attiene, senza dubbio alcuno, ad interessi aventi natura primaria. Ma, propriamente, non è il piano di ammortamento ad essere oggetto di accordo contrattuale: in un rigoroso rapporto di dipendenza, i risvolti contabili riportati nel piano di ammortamento derivano dai termini della pattuizione; l’impiego del regime composto interviene nella pattuizione, alla quale risultano riferiti i presidi posti dagli att. 1283 e 1284 c.c. [3]

Un’attenta e ponderata riflessione sulla natura giuridica dei riflessi che, dalla rata pattuita nel valore corrispondente al regime composto, discendono nel piano di ammortamento, richiede l’accesso a concetti della scienza finanziaria che possono risultare assai complessi per i non iniziati ma dai quali non sembra si possa prescindere. Appare opportuno soffermarsi su tali concetti – quando vengono applicati a contratti di finanziamento che prevedono l’obbligazione accessoria convenuta al tasso ex art. 1284 c.c. (spettanza) e distintamente le modalità di corresponsione della stessa (debenza) - per comprendere compiutamente i diversi contorni giuridici che caratterizzano i termini della spettanza degli interessi pattuiti, distinti dai risvolti di calcolo espressi nella debenza degli interessi prevista alle distinte scadenze.[4]

Gli elementi che qualificano la pattuizione

E’ opportuno preliminarmente osservare che i vincoli posti dall’ordinamento giuridico alla produzione di interessi prescindono dall’impiego del regime, semplice o composto, appuntandosi esclusivamente nel divieto di produzione di interessi su interessi e nella prescrizione della proporzionalità della spettanza degli interessi, in rapporto al finanziamento utilizzato, nel rapporto espresso dal tasso ex art. 1284 c.c.[5]

Il regime dell’interesse composto non si pone in un rapporto di sinonimia con l’anatocismo, bensì è il Genus nel cui ambito si colloca l’anatocismo come Specie quando gli interessi, in luogo di essere pagati, vengono a produrre nuovi interessi (secondari). Si usa talvolta indicare quest’ultimo con ‘regime di capitalizzazione degli interessi (o esponenziale)’ e il precedente con ‘regime degli interessi anticipati’, per distinguerli dal ‘regime semplice’, nel quale, nei periodi intermedi prima della scadenza del capitale, non interviene né pagamento né capitalizzazione degli interessi maturati. L’anatocismo si identifica solo con la prima delle due anime che caratterizzano il regime composto: la norma consente la corresponsione degli interessi maturati, anticipata rispetto alla scadenza del capitale, ma ne vieta l’ulteriore produzione di interessi secondari che violerebbe il principio di proporzionalità: ove gli interessi risultino capitalizzati anziché corrisposti, la proporzionalità viene traslata sul montante, con potenziale lievitazione degli interessi in rapporto al capitale, non più proporzionale ma esponenziale. Nel regime semplice la produzione di interessi su interessi è esclusa, ma è altresì escluso che il pagamento degli interessi avvenga in un momento anticipato rispetto alla scadenza del capitale: é’ questa una qualità definitoria del regime semplice.[6]

Nel prescrivere esclusivamente il carattere di proporzionalità, la metrica del tasso disposta dagli artt. 821 e 1284 c.c. travalica il regime semplice, comprendendo anche il regime composto quando gli interessi conservano la natura primaria che lascia invariato l’importo proporzionale del regime semplice, ancorché corrisposto anticipatamente rispetto alla scadenza del capitale.

Il quadro giuridico previsto dagli artt. 820, 821, 1283 e 1284 c.c. delinea una produzione degli interessi rispondente ad una convenzione informata alla metrica lineare, dove gli interessi maturano in ragione proporzionale al tempo, oltre che al capitale, e, una volta maturati, rimangono infruttiferi sino al loro pagamento. L’art. 1284 c.c. è riferito alla misura degli interessi da corrispondere; nel suo concetto economico, come per ogni altro prodotto o servizio, esprime l’ammontare da corrispondere, mentre i tempi e modalità di pagamento attengono ad aspetti distinti e diversi dal prezzo, configurando impegni da onorare che riflettono per il mutuatario costi ‘figurativi’, non rientranti nel concetto di prezzo ex art. 1284 c.c., rigorosamente aderente all’effettivo importo degli interessi da corrispondere.

Se il tasso ex art. 1284 c.c. è posto come espressione della misura del prezzo, in luogo dell’ammontare degli interessi, deve necessariamente corrispondergli un diretto ed univoco rapporto di proporzionalità al capitale finanziato, a prescindere dai tempi e modalità di pagamento: con ciò realizzando non solo quel ‘contenuto assolutamente univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse’ stabilito dall’art. 1284, 3° comma c.c. ma anche l’intercambiabilità con l’ammontare degli interessi riveniente dal regime semplice, nella proporzionalità al capitale finanziato stabilita dall’art. 1284 c.c.[7]

Il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. fissa, nell’unità di misura costante e proporzionale al capitale, la ‘velocità annuale’ convenuta per la produzione degli interessi nel periodo di finanziamento. [8] Come richiamato sin dalla risalente Cass. S.U. n. 3797 del 23 novembre 1974, ove necessario, occorre distinguere la spettanza degli interessi pattuiti, tassativamente espressi nella modalità di produzione proporzionale stabilita dagli artt. 821 e  1284 c.c., dalla debenza degli stessi, nelle modalità di pagamento, informate a distinti criteri di calcolo, tempi e parametri (TAN), rimessi alla volontà delle parti.

Il tasso ex art. 1284 c.c. assume contorni definitori non propriamente coincidenti con quelli ricoperti nella scienza finanziaria dal parametro di calcolo espresso dal TAN (Tasso Annuo Nominale): ancorché frequentemente le due aliquote coincidono, le risultanze che ne derivano non sono sempre sovrapponibili. I due tassi rispondono a impieghi distinti, il primo dettato da una norma giuridica, il secondo informato a principi matematici: la commistione fra i due tassi risulta talvolta fonte di equivoci e confusioni. Il TAN attiene al parametro di calcolo impiegato nel pagamento alle distinte scadenze e può essere declinato vuoi nell’algoritmo di calcolo del regime semplice, vuoi in quello del regime composto, con esiti economici distinti. La produzione di interessi su interessi non deriva dal TAN ma dall’algoritmo di calcolo espressivo del regime composto che rimane non pertinente al tasso: infatti, per il medesimo ammontare degli interessi, il TAN del regime semplice è diverso (maggiore) dal TAN del regime composto. Questo peculiare aspetto rimarrebbe facilmente sottratto all’attenzione dell’operatore retail che, ove fosse consentita la pattuizione del regime composto con capitalizzazione degli interessi, assocerebbe al relativo TAN la misura del prezzo ex art. 1284 c.c. proporzionale al capitale utilizzato.

Con un ambiguo retaggio storico, si continua ad esprimere in contratto la misura del costo del finanziamento con il tasso del parametro matematico (TAN) che, tuttavia, nella circostanza, assume propriamente la funzione di tasso convenzionale (art. 1284 c.c.). [9] La norma prescrive l’indicazione in contratto del prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c., non del TAN che, congiuntamente all’algoritmo di calcolo adottato, deve necessariamente esprimere, in rapporto all’utilizzo del capitale, l’importo proporzionale dell’obbligazione accessoria definita dall’art. 1284 c.c.

Mentre nel regime semplice il TAN coincide sempre con il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., nel regime composto può discostarsi anche apprezzabilmente. Per un finanziamento a tre anni di € 100 al TAN del 10%, con interessi capitalizzati annualmente, il corrispettivo al termine del triennio si ragguaglia a € 33,1: il prezzo del finanziamento, espresso dall’art. 1284 c.c., è pari all’11,03% e il TAN del 10% impiegato in regime di capitalizzazione composta perde la funzione di prezzo ex art. 1284 c.c. Se, invece, gli interessi vengono corrisposti annualmente, il monte interessi nel triennio è pari a € 30,0 e il prezzo del finanziamento, espresso dall’art. 1284 c.c., è pari al 10,0%, corrispondente al TAN del regime semplice. L’impiego del medesimo tasso convenzionale quale parametro di calcolo (TAN) del regime composto, intanto è legittimo in quanto esprime il medesimo esito del regime semplice, al quale si informa la proporzionalità dell’art. 1284 c.c. [10]
 

Ammortamento alla francese: regime semplice e composto

La problematica del rispetto delle prescrizioni normative, nel finanziamento con ammortamento alla francese (o a rata costante), presenta aspetti assai peculiari, discosti dagli ordinari finanziamenti a scadenza, in quanto, oltre ad un’obbligazione principale che non rimane invariata nel periodo di ammortamento, presenta, accanto al tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., la corrispondente spettanza degli interessi, implicitamente inclusa nella rata riportata in contratto, che rimane, nell’espressione della velocità di produzione convenuta, propriamente distinta dalle modalità di pagamento nella debenza alle distinte scadenze. Il valore complessivo della spettanza degli interessi risulta pattuito direttamente in contratto, nel valore desumibile dalla somma delle rate, decurtata del capitale inizialmente finanziato (I = Σ Rk – C), mentre la corrispondente debenza alle distinte scadenze viene ad assumere la veste di variabile dipendente, espressa nelle modalità più variegate, rimesse alla volontà delle parti, le quali rimangono libere di scadenzare e stabilire come meglio credono l’esigibilità e il calcolo dell’importo preordinatamente convenuto nella spettanza.

Con riguardo alla debenza degli interessi, occorre osservare che il rispetto del principio per il quale il pagamento fatto in conto capitale e conto interessi deve essere imputato prioritariamente agli interessi (art. 1194, 2° comma c.c.) viene riferito esclusivamente al capitale liquido ed esigibile.  Non è affatto scontato che gli interessi periodicamente esigibili debbano coincidere con l’intero ammontare maturato: al contrario, se il contratto non contempla alcuna pattuizione sul criterio di imputazione degli interessi, a tutela della parte che subisce il contratto predisposto dall’intermediario, nei principi di applicazione ribaditi dalla Suprema Corte, l’art. 1194 c.c. impone il calcolo riferito esclusivamente agli interessi cumulativamente maturati sul capitale divenuto liquido ed esigibile, costituito dalla quota capitale in scadenza, ricompresa nella rata.[11] Possono, di riflesso, essere convenute modalità diverse, tutte consentite e finanziariamente corrette, di imputare, nella rata, la quota capitale e la quota  interessi, evitando che il pagamento del capitale preceda il pagamento degli interessi allo stesso riferiti.

Nell’ammortamento alla francese assume rilevanza la spettanza degli interessi che rimane pattuita nella rata indicata in contratto, espressa nella metrica di produzione/maturazione proporzionale del tasso ex art. 1284 c.c. in rapporto all’obbligazione principale: nel pagamento della stessa, alle distinte scadenze, rimangono praticabili tempi, algoritmi e anche parametri di calcolo diversi, con un duplice vincolo: i) i pagamenti via via frazionati attengono esclusivamente ad interessi già maturati; ii) l’importo complessivo dei pagamenti periodici corrisponde alla spettanza preordinatamente pattuita. Definita la spettanza ricompresa nella rata pattuita, come, poi, venga corrisposta, nel rispetto dei due vincoli menzionati, attiene alle condizioni accessorie richiamate dall’art. 117 TUB, che prescindono dal dettato degli artt. 821, 1284 e 1283 c.c., nonché dall’art. 120, comma 2, lettera b) TUB. [12]

I rapporti del tasso ex art. 1284 c.c. con l’obbligazione principale e accessoria, definiti nella rata costante, si rivestono di un’ulteriore peculiarità. Mentre per i finanziamenti a rimborso unico alla scadenza, l’importo convenuto dell’obbligazione principale rimane invariato, uniformemente determinato per l’intero periodo, nei finanziamenti a rimborso graduale tale importo non rimane costante nel periodo, bensì si fraziona, riducendosi nei valori in essere ad ogni scadenza a seguito dei rimborsi. L’obbligazione principale non si esaurisce nel valore iniziale e il prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. si rapporta in termini proporzionali, non solo a detto valore, bensì con riferimento anche ai diversi valori che residuano (debito residuo), a seguito dei rimborsi alle distinte scadenze; per l’intero periodo, il tasso convenzionale si ragguaglia matematicamente, in termini proporzionali, in ragione d’anno, al finanziamento medio di periodo.[13]

Per la stessa definizione del prezzo, sia nell’espressione assoluta dell’ammontare dell’obbligazione accessoria, sia nell’espressione relativa, in ragione d’anno, del tasso ex art. 1284 c.c., rimane, pertanto, determinante il finanziamento medio di periodo, risultante dai distinti valori di utilizzo nei sottoperiodi che precedono i rimborsi periodici: è questo il valore di riferimento nell’equilibrio dei termini contrattuali, al quale fa altresì riferimento la menzionata Cassazione 11400/14 nel richiamare ‘la misura composita predeterminata di capitale ed interessi’ delle rate. Risulta palese che, senza un’indicazione completa dell’obbligazione principale, nel valore iniziale e in quelli corrispondenti agli utilizzi periodali – convenuti direttamente o attraverso i valori di rimborso - risulterebbe indeterminato ed indeterminabile il costo stesso del finanziamento espresso dalla proporzionalità dell’art. 1284 c.c.

Definita compiutamente l’obbligazione principale e il prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c., in corrispondenza al tempo, risulta univocamente definita l’obbligazione accessoria e, con essa, nell’ammortamento alla francese, la rata costante, data dal rapporto: (C + I)/n. Diversamente, l’architettura dell’operazione ordinariamente adottata dagli intermediari nella formulazione contrattuale del finanziamento con ammortamento alla francese, assume una forma alquanto involuta e complessa: infatti, l’obbligazione accessoria non discende direttamente dal tasso ex art. 1284 c.c. rapportato all’obbligazione principale compiutamente definita nei distinti valori di utilizzo periodale, bensì discende, implicitamente, dall’algoritmo di calcolo della rata.

Tuttavia, si può agevolmente riscontrare che obbligazioni di capitale aventi il medesimo valore iniziale, ma diversi valori di utilizzo periodale, vengono sostanzialmente a costituire – paradossalmente anche per il medesimo flusso di pagamenti periodici - finanziamenti diversi, ai quali corrispondono, per la medesima spettanza degli interessi, prezzi e parametri di calcolo differenti.

Il medesimo finanziamento iniziale (€ 1.000) e la medesima rata costante (€ 402,1) possono essere declinati secondo alternativi piani di ammortamento: in regime semplice al tasso ex art. 1284 c.c. del 10,63%, in regime composto al TAN del 10%.

Rimane pertanto determinante la pattuizione dell’obbligazione principale, compiutamente definita nei suoi valori, iniziale e periodali risultanti dai rimborsi

Per i finanziamenti a rimborso graduale, la Cassazione ha reiteratamente precisato che ‘la formazione delle rate di rimborso, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene alle mere modalità di adempimento di due obbligazioni poste a carico del mutuatario – aventi ad oggetto l’una la restituzione della somma ricevuta in prestito e l’altra la corresponsione degli interessi per il suo godimento – che sono ontologicamente distinte e rispondono a finalità diverse’ (Cass. n. 11400/14, cfr. anche Cass. nn. 3479/71, 1724/77, 2593/03, 28663/13, 603/13, 2072/13).

Dall’enunciato della Cassazione si evince l’autonomia delle due obbligazioni predeterminate nella pattuizione. Le modalità di adempimento delle due obbligazioni pattuite – capitale (C) e spettanza degli interessi (I = ΣR - C) – attengono al piano di ammortamento che interviene in un momento successivo. Come riporta la Cassazione n. 3224/1972 le implicazioni economiche delle modalità temporali dell’adempimento sono estranee al contenuto dell’obbligazione’. I frutti civili, a norma degli artt. 820 e 821 c.c., ‘si acquistano’ giorno per giorno, e, una volta maturati, l’esigibilità degli stessi, nella debenza alle distinte scadenze, è rimessa, nei modi e nei tempi, all’autonomia delle parti. Pertanto, il divieto dell’art. 1283 c.c., come anche il rispetto della proporzionalità dell’art. 1284 c.c., non attengono all’algoritmo e al parametro di calcolo impiegato nell’adempimento corrispondente alla debenza degli interessi alle distinte scadenze.

Nei finanziamenti con ammortamento, il rimborso del capitale e la corresponsione degli interessi sono preceduti e regolati dai termini della pattuizione che definiscono l’oggetto del contratto. I criteri di imputazione alle distinte scadenze assumono una veste di variabile dipendente, rimanendo successivi, distinti e subordinati alla pattuizione delle due obbligazioni: ricompresi nelle ‘altre condizioni’ dell’art. 117 TUB, completano i vincoli necessari alla determinazione univoca del piano di ammortamento e costituiscono aspetti dipendenti dai valori delle obbligazioni, accessoria e principale, convenute in contratto: seguono la pattuizione dell’oggetto del contratto, non la precedono.

Se il contratto riporta i distinti utilizzi periodali del finanziamento, direttamente o tramite il criterio di rimborso periodale, rimane univocamente determinata l’obbligazione principale e, con essa, l’obbligazione accessoria nella proporzionalità del regime semplice dettata dall’art. 1284 c.c., che verrà corrisposta nelle modalità convenute fra le parti e, in difetto, nelle modalità previste dall’art. 1194 c.c.

Mentre nell’ammortamento all’italiana, l’obbligazione principale è compiutamente definita, dedotta implicitamente dalle quote uniformi di rimborso, nell’ammortamento alla francese, di regola, si conviene l’obbligazione principale definita esclusivamente nel valore iniziale e viene definita, solo implicitamente, anche l’obbligazione accessoria, nel valore unitario incluso nella rata costante calcolato, tuttavia, in regime composto. Se viene meno l’indicazione in contratto dei valori di utilizzo periodale dell’obbligazione principale, che residuano dai rimborsi convenuti, ai quali riferire il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., non è riscontrabile la rispondenza proporzionale della spettanza degli interessi inclusa nella rata: per contro, emerge evidente, nell’impiego del regime composto di definizione della rata, una maggiorazione che si riversa sulla spettanza inclusa,  assumendo una natura di interesse secondario, che conduce ad un esito economico discosto dalla proporzionalità espressa dal regime semplice.[14]

Come accennato, la composizione delle rate costanti attiene ad una modalità dell'adempimento delle due obbligazioni. Con il regime composto impiegato nell’ammortamento alla francese, insorge una sostanziale commistione fra l’oggetto del contratto, espresso dalle due obbligazioni, e la relativa corresponsione. A differenza del regime semplice, sussistono più modalità di comporre la medesima rata costante, alle quali corrispondono obbligazioni principali periodali diverse e, corrispondentemente, differenti rapporti proporzionali ex art. 1284 c.c. (Tav. 1). In assenza di una completa definizione dell’obbligazione principale, tale circostanza viene a creare la menzionata commistione, con risvolti matematici e giuridici non prontamente definibili.

Si consideri il contratto che preveda esclusivamente: il finanziamento di € 1.000, rimborsabile in n. 3 rate annuali costanti di € 402,1, da cui discende la spettanza degli interessi convenuta pari a € 206,3 (Tav. 1).

Giova osservare che, propriamente, è il prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. riportato in contratto che determina il valore della rata, non il viceversa: nella proporzionalità dettata dall’art. 1284 c.c., al tasso del 10% la matematica finanziaria restituisce la rata espressa dal regime semplice, pari a € 398,1, mentre nel regime composto restituisce la rata di € 402,1. Al valore della rata di € 402,1 la matematica finanziaria restituisce il tasso proporzionale del 10,63% nel regime semplice e il tasso del 10,0% nel regime di capitalizzazione composta.

Immagine rimossa.Risulta alquanto evidente che solo il primo tasso (10,63%) esprime l’effettivo prezzo della spettanza degli interessi inclusa nella rata di € 402,1, nella proporzionalità dettata dall’art. 1284 c.c. Il tasso del 10,0%, corrispondente al regime di capitalizzazione composta, fa riferimento ad una diversa metrica, distinta da quella adottata dall’ordinamento per il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. (analogamente al miglio, anziché il chilometro, per la misura della distanza).

Immagine rimossa.Espressa nell’algoritmo di calcolo di capitalizzazione, l’unità di misura della velocità di produzione degli interessi, espressa dal tasso, risulta maggiorata e, conseguentemente, il medesimo ammontare della spettanza degli interessi viene conseguito con un tasso inferiore (10,0%), non più espressivo della proporzionalità al capitale. Nella circostanza, dall’indicazione in contratto del tasso del 10% ne consegue che: i) il tasso del 10% risponde esclusivamente alla funzione di parametro di calcolo, distinto dal tasso ex art. 1284 c.c. e, pertanto, il contratto è privo dell’indicazione del prezzo; ii) il tasso del 10%, inteso nella funzione propria dell’art. 1284 c.c., esprime l’importo della rata di € 398,1, mentre l’importo di € 402,1 include la produzione di interessi su interessi. Come agevolmente si rileva, il tasso del 10% rappresenta l’unità di misura composta, matematicamente equivalente alla misura semplice del 10,6%, così come, per la medesima distanza, la misura di 10 in miglia sta alla misura di 16 in chilometri. [15]

La convenzione anatocistica rimane inclusa nel valore stesso della rata pattuita, determinata con la formula dell’interesse composto, nella quale si esprime la volontà, questa sì giuridica oltre che matematica, di equiparare al capitale finanziato C, il corrispondente valore futuro, espresso da M = C*(1+i)k, comprensivo di interessi anatocistici, anziché il valore futuro, espresso da M = C*(1+k*i), che lascerebbe improduttivi gli interessi maturati.[16]

L’ammontare degli interessi capitalizzati, nella definizione della spettanza inclusa nella rata, ancorché distribuiti nella debenza in ragione semplice, non rispetta il criterio di proporzionalità in quanto nel maturare giorno per giorno, dopo il primo periodo, il tasso viene commisurato al montante, cioè a dire, oltre che ‘in ragione della durata del diritto’ (obbligazione principale), anche in ragione della durata dell’obbligazione accessoria, contabilmente scaduta e non ancora liquidata. [17]

Come prescrive la Cassazione n. 12276/10 ‘affinché una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell’art. 1284 c.c., terzo comma, cod. civ., che è norma imperativa, deve avere forma scritta ed un contenuto assolutamente univoco in ordine alla puntuale specificazione del tasso di interesse’. E la Cassazione n. 25205 del 2014 precisa che, il rispetto della norma imperativa, dettata dall’art. 1284 c.c. presuppone la specificazione in contratto del criterio di calcolo con la conoscenza a priori dei dati necessari ‘per eseguire un calcolo matematico il cui criterio risulti con esattezza dallo stesso contratto. I dati ed il calcolo devono perciò essere facilmente individuabili in base a quanto previsto dalla clausola contrattuale, mentre non rilevano la difficoltà del calcolo che va fatto per pervenire al risultato finale né la perizia richiesta per la sua esecuzione’. In assenza di un’obbligazione principale di riferimento, compiutamente espressa nei distinti valori periodali, il ‘contenuto assolutamente univoco in ordine al tasso di interesse’, viene ricondotto dalla matematica finanziaria in un quadro operativo informato al regime semplice che, come detto, per il tasso del 10% esprime la rata di € 398,1, mentre per la rata di € 402,1 esprime il tasso del 10,63%.

L’anatocismo sanzionato dall’art. 1283 c.c. e la corrispondente violazione della proporzionalità dettata dagli artt. 821 e 1284 c.c. – riferiti entrambi, come detto, alla produzione degli interessi espressi dalla spettanza inclusa nella rata pattuita – si accompagnano inscindibilmente: costituiscono, in buona misura, le due facce di Giano Bifronte, configurando la ratio del divieto, che rimane funzionale all’espressione  dell’uniforme proporzionalità della misura del costo nel mercato del credito.[18]

Come accennato, il prezzo del finanziamento espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. – nel rapporto proporzionale dell’obbligazione accessoria all’obbligazione principale – rimane indipendente dai tempi e modalità di pagamento. Ne consegue che, se la pattuizione della spettanza fosse espressa correttamente al tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. del 10,63%, l’eventuale impiego nella debenza del corrispondente importo espresso dal parametro di calcolo (10%) in regime composto, non evocherebbe, come riportato dalla menzionata sentenza di Torino, ‘a sproposito l’art. 1283 c.c. per colpire un’operazione finanziaria, in regime composto, perfettamente equivalente all’altra pienamente lecita, in regime semplice’. Al contrario, la spettanza inclusa nella rata definita con il parametro di calcolo del 10% impiegato in regime composto, esprime l’importo maggiorato, discosto da quello corrispondente alla proporzionalità dell’art. 1284 c.c., e, quale variabile indipendente rimane invariato, anche quando il medesimo parametro viene impiegato in ragione semplice nella debenza alle distinte scadenze, ‘evocando a proposito’ la contestuale violazione degli artt. 821 e 1284 c.c. e, di riflesso, dell’art. 1283 c.c.[19]

E’ agevole riscontrare che la spettanza, inclusa nella rata, viene prima definita in regime di capitalizzazione degli interessi (modalità Zero Coupon, anima illecita del regime composto), per poi essere distribuita – invertendo l’ordine temporale delle rate – nella debenza alle distinte scadenze, corrisposta anticipatamente rispetto al capitale di riferimento (modalità Bullet, anima lecita del regime composto).[20] Nell’inversione, il flusso costante dei pagamenti rimane inalterato, ma la composizione si modifica, e con essa anche l’obbligazione principale di riferimento, conservando, tuttavia, la maggiorazione inclusa nella spettanza: al tempo stesso, nel passaggio dalla pattuizione alla corresponsione, con la menzionata inversione temporale si modificano i criteri di imputazione, pregiudicando l’autonomia delle due obbligazioni e, di riflesso, il relativo rapporto proporzionale ex art. 1284 c.c., implicitamente espressi nella pattuizione della rata. La Cassazione ha avuto modo di precisare che ‘l’obbligazione relativa agli interessi è legata da un vincolo di accessorietà all’obbligazione principale solo nel momento genetico e le sue vicende sono indipendenti da quelle del capitale’ (Cass. 5954/07), mentre nell’ammortamento alla francese, con l’impiego del regime composto, l’obbligazione principale, nei valori di utilizzo periodale, e il corrispondente prezzo ex art. 1284 c.c., divengono importi accessori e dipendenti dalla spettanza degli interessi convenuta e dalle relative imputazioni di pagamento adottate.[21] Osserva V. Farina: ‘Nei mutui cd. ad ammortamento, la formazione delle varie rate, nella misura composita predeterminata di capitale ed interessi, attiene ad una modalità dell’adempimento delle due obbligazioni. Nella rata concorrono infatti la graduale restituzione della somma ricevuta in prestito e la corresponsione degli interessi. Trattandosi di una pattuizione che ha il solo scopo di scaglionare nel tempo le due distinte obbligazioni del mutuatario, essa non è idonea a mutare la natura né ad eliminare l’autonomia delle stesse’.[22]

In ogni finanziamento, le modalità, l’algoritmo e lo stesso parametro di calcolo impiegato per il rimborso del capitale e la corresponsione della debenza degli interessi assumono la veste di variabili dipendenti, subordinate e funzionali ad esprimere i valori delle due obbligazioni predeterminate nella pattuizione, nel rapporto proporzionale espresso dal tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. In termini matematici, oltre che giuridici, sono le variabili indipendenti, fissate nella pattuizione, che condizionano la costruzione del piano ed i valori assunti dalle variabili dipendenti, espresse nelle distinte imputazioni del piano stesso.

Il rapporto causa-effetto e la direzione del nesso causale, si proiettano dalla pattuizione delle obbligazioni alla costruzione del piano di ammortamento, non viceversa: giustappunto, il rispetto della norma, in particolare gli artt. 821, 1283, 1284 c.c., viene riferito ai termini della pattuizione, nel rapporto della spettanza degli interessi al tasso convenzionale convenuto, non ai termini dell’adempimento, nell’algoritmo e nel parametro di calcolo impiegato nella debenza. Come accennato, l’art. 1284 c.c. regola la pattuizione, propriamente nel tasso con il quale gli interessi si generano, non le modalità, tempi e parametri impiegati nella relativa corresponsione.

La violazione rimane impregiudicabilmente espressa nella spettanza pattuita, calcolata al tasso pattuito (10%) impiegato in regime composto: la metrica da impiegare con il tasso convenzionale, esprimente il corrispettivo pattuito per il finanziamento, non è rimessa alla disponibilità delle parti, bensì è stabilita dall’ordinamento proprio per evitare confusioni e facili elusioni: entrambe le prescrizioni normative, come detto, prescindono completamente da ogni problematicità connessa con l’algoritmo e parametro di calcolo della debenza, oltre che con i termini della scadenza, esigibilità e pagamento. [23]

Metaforicamente, nel calcolo della debenza da corrispondere alle distinte scadenze si può anche esprimere nella corresponsione la misura in miglia, ma nella pattuizione della spettanza l’assenso del mutuatario va raccolto sulla velocità espressa nell’unità di misura prescritta dall’art. 1284 c.c. (chilometri): diversamente, nell’inversione si esprime la spettanza impiegando il parametro di calcolo nell’unità di misura accelerata del regime composto (miglio), assumendo impropriamente il parametro quale tasso di proporzionalità ex art. 1284 c.c.[24]

La questione - che investe, in via mediata, il problema di onerosità del regime impiegato, semplice o composto - come rileva propriamente la sentenza del Tribunale di Torino, concerne sostanzialmente il prezzo del finanziamento, cioè diviene rilevante che in contratto ‘il tasso d’interesse sia rappresentato in modo corretto’, coerentemente con i principi di trasparenza bancaria, ma soprattutto in rapporto all’art. 1284 c.c., norma imperativa che, come detto, fissa l’unità di misura praticata nel credito.[25]

L’anatocismo non attiene all’importo degli interessi, bensì attiene alla forma nella quale si esprime in contratto la velocità di produzione degli stessi. Come osserva A. Nigro, la criticità dell’anatocismo coinvolge e si fonde, sul piano della consapevolezza, con la trasparenza, visto che ad ogni tasso composto impiegato nel pagamento degli interessi corrisponde un equivalente tasso semplice, corrispondente al rapporto proporzionale del tasso ex art. 1284 c.c. da indicare in contratto. L’operatore che accede al finanziamento deve essere reso edotto in contratto del prezzo espresso dal tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., commisurato all’effettivo ammontare degli interessi richiesti, in ragione d’anno, nel rapporto proporzionale al capitale finanziato, indipendentemente dalle modalità e tempi convenuti per il relativo pagamento. [26]

La prescrizione normativa degli artt. 821 e 1284 c.c., in rapporto all’obbligazione principale, stabilisce univocamente l’importo dell’obbligazione accessoria in corrispondenza della misura proporzionale espressa dal tasso. Ciò presuppone per antecedente la definizione dell’obbligazione principale, mentre nei finanziamenti con ammortamento alla francese, con il regime composto, nelle modalità ordinariamente adottate dagli intermediari, l’obbligazione principale, nei rispettivi valori periodali, segue e dipende dai criteri di imputazione dell’obbligazione accessoria, preordinatamente definita nel valore maggiorato, espresso dal parametro di calcolo (TAN) impiegato in regime di capitalizzazione composta nella pattuizione della rata. 

All’obbligazione principale compiutamente predeterminata in contratto, nel rapporto proporzionale del tasso ex art. 1284 c.c., corrisponde univocamente l’obbligazione accessoria, mentre non è vero il viceversa. Come mostrato (Tav. 1), con il regime composto, per la medesima obbligazione accessoria (€ 206,3), e pur anche il medesimo parametro di calcolo (10%), criteri di imputazione diversi corrispondono a valori differenti dell’obbligazione principale periodale e dei relativi prezzi ex art. 1284 c.c. Rimanendo nell’ambito dei due menzionati vincoli che interessano la debenza – pagamento riferito ad interessi già maturati e importo complessivo pari alla spettanza pattuita - la definizione del piano di ammortamento può andare dal pagamento anticipato ad ogni scadenza degli interessi maturati sul debito residuo (Tav. 1.B), al pagamento posticipato degli interessi capitalizzati e corrisposti in uno con il capitale a rimborso in ciascun periodo (Tav. 1.E), comprendendo tutte le scelte intermedie (Tav. 1.C e D). L’importo della spettanza rimane invariato nel valore maggiorato incluso nella rata pattuita, ciò che varia è l’obbligazione principale periodale, che viene ad assumere la veste di variabile sottratta all’assenso del mutuatario, che viene a dipendere dal criterio di imputazione adottato.[27]

Con il regime semplice, invece, in corrispondenza al tasso ex art. 1284 c.c. del 10,63%, nell’ammortamento alla francese i valori dell’obbligazione principale alle distinte scadenze risultano univocamente determinati e possono, quindi, anche rimanere inespressi in contratto, senza alcuna commistione fra pattuizione e corresponsione. Infatti, oltre al valore della rata, risultano univocamente determinati anche i valori di utilizzo periodale dell’obbligazione principale alle distinte scadenze, che i vincoli di chiusura del piano esprimono con il parametro di calcolo (TAN) pari al tasso convenzionale (10,63%), nella debenza calcolata ad ogni scadenza, in ragione semplice, sulla quota capitale rimborsata, cosi come prescrive l’art. 1194 c.c. (Tav. 1.A). [28]

Nell’ammortamento alla francese, nella formulazione ordinariamente adottata dagli intermediari, l’assenso non è raccolto sul piano di ammortamento e sui criteri di imputazione che lo definiscono, bensì è raccolto sul finanziamento iniziale e, solo in via implicita, sul valore della spettanza degli interessi inclusa nella rata costante pattuita, il cui valore risulta maggiore di quello espresso dal prezzo ex art. 1284 c.c. nel regime semplice.[29] Nell’apparente formulazione semplificata del contratto si cela una modalità involuta, complessa e impropria di raccolta dell’assenso. Si omette una compiuta indicazione dell’obbligazione principale, negli importi periodici utilizzati, che renderebbero superflua e ridondante l’indicazione stessa della rata, univocamente determinata dall’art. 1284 c.c. e, in una commistione fra adempimento e pattuizione, si inverte il rapporto causa-effetto di dipendenza/subordinazione: il tasso riportato in contratto assume la funzione propria di parametro di calcolo (TAN) al quale si fa corrispondere, con l’imputazione anticipata degli interessi, un tasso inferiore a quello espresso dalla spettanza nel tasso proporzionale del regime semplice.[30]

Il divario fra parametro di calcolo (TAN) e tasso ex art. 1284 c.c. viene ulteriormente accentuato nel calcolo della rata avente cadenza infrannuale: frequentemente, senza alcuna notazione in contratto, il regime composto viene esteso dalla capitalizzazione annuale alla capitalizzazione infrannuale, in un’impropria commistione fra esigibilità degli interessi e capitalizzazione degli stessi.[31]

In assenza di un convenuto criterio di imputazione a rimborso del capitale che individui compiutamente i valori dell’obbligazione principale, iniziale e periodale - il ‘contenuto assolutamente univoco’ dell’obbligazione accessoria rimane rimesso alla proporzionalità del tasso ex art. 1284, per i valori di utilizzo periodale dell’obbligazione principale che risultano dall’imputazione ex art. 1194 c.c., entrambi informati al regime semplice.[32] Valori diversi dell’obbligazione principale periodale devono necessariamente risultare pattuiti in contratto, direttamente o per il tramite del criterio di rimborso, ai quali riferire la rata, univocamente determinata al tasso indicato in contratto, nel rapporto della spettanza al capitale finanziato, espresso nel valore proporzionale del regime semplice dettato dagli artt. 821 e 1284 c.c.

Solo se la pattuizione esprime compiutamente l’assenso delle parti sul capitale finanziato, nel valore iniziale e in quelli periodali, e detti valori risultano corrispondenti all’imputazione anticipata degli interessi calcolati sul debito residuo, viene meno ogni elemento di indeterminatezza e scongiurata, altresì, ogni forma di anatocismo e vizio del consenso, in quanto per tale obbligazione principale, la spettanza inclusa nella rata pattuita risulta corrispondente al rapporto proporzionale dell’art. 1284 c.c., nel medesimo valore espresso dal regime semplice.[33]

Infatti, per l’obbligazione principale, nei valori iniziale e periodale sopra descritti, l’imputazione anticipata degli interessi, calcolati sul debito residuo (Tav. 2.B), lascia invariato il valore della spettanza restituita dall’impiego del regime semplice per la medesima obbligazione principale (Tav. 2.A).

Immagine rimossa.Come mostra la Tavola, la spettanza e la rata costante discendono univocamente dall’obbligazione principale compiutamente definita nei criteri sopra menzionati, riferita al tasso ex art. 1284 c.c., che viene a coincidere con il parametro di calcolo: conseguentemente, in tale circostanza, alla determinazione della rata in regime di capitalizzazione composta non corrisponde alcuna forma di produzione di interessi su interessi.

Come accennato in precedenza, l’impiego del regime composto nel calcolo della debenza degli interessi anticipati è legittimo nella misura in cui esprime il medesimo importo del regime semplice impiegato nella spettanza pattuita. Si consegue, nell’ipotesi sopra descritta, la completa determinatezza dei termini contrattuali e risulta scongiurata la violazione degli artt. 1283, 1284 cc. e 120 TUB. Nella circostanza – in alternativa al calcolo della spettanza in ragione proporzionale e della rata costante ricavata dal rapporto: (capitale iniziale + obbligaz. access.)/n – detti valori possono anche essere dedotti dall’impiego del regime di capitalizzazione composta che, in tal modo, viene a costituire solo una modalità alternativa e semplificata ‘per calcolare la somma dovuta da una parte all’altra in esecuzione del contratto.[34]

Riepilogando quanto sin qui esposto, il medesimo piano di ammortamento con la rata costante e la debenza degli interessi calcolata ad ogni scadenza al tasso ex art. 1284 c.c. riferito, in ragione semplice, al debito residuo, può, alternativamente, costituire: i) la risultante illecita della pattuizione, se riferita esclusivamente alla spettanza degli interessi in regime composto, inclusa nella rata definita in contratto (Tav. 1.B); ii) la risultante lecita della pattuizione, se riferita all’obbligazione principale compiutamente definita nei valori iniziali e periodali sopra indicati, alla quale corrisponde la spettanza degli interessi definita in regime semplice, corrisposta nella debenza anticipatamente, rispetto alla scadenza del capitale di riferimento (Tav. 2.B).[35] Rimane dirimente sul piano giuridico la variabile indipendente posta ad oggetto del contratto. Per le due formulazioni descritte il piano di ammortamento è il medesimo, mentre la distinzione si qualifica giuridicamente nella pattuizione, l’una definita esclusivamente nella spettanza maggiorata corrispondente al regime composto, l’altra definita nell’obbligazione principale, iniziale e periodale, al tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. corrispondente in regime semplice alla spettanza  inclusa nella rata.[36]

La distinta impostazione dell’accordo negoziale trova riscontro anche nella matematica finanziaria. E. Levi, con riferimento, in generale, ai rimborsi graduali di un finanziamento considera due diverse modalità di concordare e intendere il rimborso stesso: i) una forma elementare che distingue pagamenti in conto interessi e pagamenti in conto capitale, nella quale si conviene il pagamento periodico degli interessi maturati (senza capitalizzazione) e, distintamente il graduale rimborso del capitale; ii) una forma più complessa, nella quale l’operazione è concepita come uno scambio fra la somma inizialmente mutuata e l’insieme dei pagamenti che il debitore farà al mutuante, senza fare distinzione fra pagamenti in conto capitale e pagamenti in conto interessi e, in questo caso, occorre stabilire, non più una legge per calcolare interessi semplici, ma una legge che determini la “equivalenza” fra prestazioni e controprestazioni. Nella misura in cui il contratto non indica il criterio di rimborso del capitale e quello relativo alla debenza periodica degli interessi, i termini pattuiti rispecchiano la seconda impostazione prospettata da E. Levi, nella quale il regime finanziario adottato assume un ruolo dirimente, nella circostanza dettato dalla norma. (E. Levi, Corso di matematica finanziaria e attuariale, 1964, pagg. 215 e segg.). D’altro canto, il TAN, impiegato proporzionalmente in regime semplice, esprime un’obbligazione accessoria inferiore, mentre, se impiegato in regime composto, dà luogo a prezzi ex art. 1284 c.c. non significativi, in quanto diversi in funzione della tempistica di pagamento degli interessi che è estranea al principio che sottende l’art. 1284 c.c. (Tav. 1). [37]  

Giova osservare che nell’ammortamento alla francese, la preordinata convenzione dell’obbligazione principale, compiutamente definita nei valori iniziale e periodale, che restituisce la medesima spettanza del regime semplice, rimane univocamente definita anche dal vincolo della rata costante nell’imputazione degli interessi anticipati, calcolati sul debito residuo. Nella circostanza, tuttavia, all’opacità contrattuale si aggiungono ulteriori criticità, con significative violazioni delle prescrizioni dell’art. 117 TUB, tanto più se la definizione dell’obbligazione principale, rimane relegata, per differenza dalla rata costante, dall’indicazione in contratto dell’imputazione anticipata degli interessi.[38]

Nelle circostanze sopra considerate, la definizione contrattuale dell’obbligazione principale - che discende dal criterio di rimborso del capitale o dal criterio di imputazione anticipata degli interessi maturati - rimane informata a completo beneficio dell’intermediario: il capitale inizialmente finanziato risulta significativamente procrastinato nel rimborso, con un corrispondente incremento della spettanza degli interessi, senza alcun beneficio per il mutuatario. Infatti, per il medesimo finanziamento iniziale e il medesimo tasso ex art. 1284 c.c. (10%), tale scelta risulta più onerosa della definizione della rata costante nel regime semplice (€ 398,1), che distribuisce nel tempo l’imputazione degli interessi maturati in uno con il capitale in scadenza (Tav. 3.A in Allegato). Posto che la scelta del rimborso del capitale è una prerogativa ordinariamente riconducibile all’utilizzatore, nella circostanza esigenze di buona fede, diligenza  e trasparenza  richiederebbero, quanto meno, uno specifico assenso sul criterio di rimborso e una più attenta consapevolezza della marcata gradualità dello stesso che, senza alcun beneficio, induce una spettanza degli interessi al tempo stesso anticipata e più elevata, del tutto corrispondente alla produzione di interessi su interessi, corrisposti in uno alla scadenza periodica del capitale (Tav. 3.C in Allegato). [39]

Per via della costanza della rata, con il pagamento anticipato di tutti gli interessi periodicamente maturati, si riproduce una doppia penalizzazione, cioé sia l’onere monetario, matematicamente corrispondente alla lievitazione esponenziale degli interessi, tipico del finanziamento Zero coupon, sia l’onere ‘figurativo’ espresso dall’anticipazione del pagamento, tipico del finanziamento Bullet. Infatti, come si può agevolmente verificare, a differenza dell’ammortamento all’italiana, la debenza degli interessi, risultante dal piano di ammortamento alla francese, è identica sia nell’imputazione anticipata degli interessi maturati sul debito residuo, sia nell’imputazione degli interessi capitalizzati, riferiti alla quota capitale in scadenza (Cfr. Tav. 4.B e C in Allegato).[40]

Margini di opacità contrattuale che celano tale penalizzazione possono ben configurare, nei confronti del mutuatario consumatore, la violazione del canone di buona fede oggettiva, così come ribadito recentemente nel principio di diritto espresso dalla Cassazione 23655/21: ‘In tema di contratti conclusi fra professionista e consumatore, le clausole redatte in modo non chiaro e comprensibile possono essere qualificate vessatorie o abusive e pertanto affette da nullità, se determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto e ciò anche ove esse concernano la stessa determinazione dell'oggetto del contratto o l'adeguatezza del corrispettivo dei beni e dei servizi, se tali elementi non sono individuati in modo chiaro e comprensibile’.

La rata costante incontra un generale gradimento per la semplicità di gestione. Anche il pagamento anticipato degli interessi presenta un apprezzabile favore, per i riflessi fiscali che ne conseguono. Tuttavia, all’anticipato pagamento degli interessi non corrisponde alcuna economia in quanto, come detto, il monte interessi rimane invariato (Tav. 4.B e C in Allegato); per giunta, anticipando il pagamento degli interessi maturati, si realizza un significativo ritardo nel rimborso del capitale, dal quale l’intermediario finanziario trae ulteriori non trascurabili benefici sul piano del trattamento giuridico con riguardo all’ipoteca (art. 2855), alla prescrizione (art. 2948 c.c.), al privilegio (art. 2749) e alla cessione del credito (art. 1263 c.c.).[41] Al riguardo V. Farina richiama il non trascurabile profilo di meritevolezza della pattuizione atipica (art. 1322 c.c.).

Senza gli elementi di delucidazione sopra menzionati, appare ineludibile la violazione dell’art. 1195 c.c. Risulta assai frequente riscontrare lo stupore e la ‘sorpresa’ ex art. 1195 c.c. della clientela retail che, dopo aver pagato per più anni le rate di un finanziamento, constata un debito residuo ancora marcatamente elevato.[42] Questa ‘sorpresa’ palesa sì una modesta emancipazione finanziaria ma, al tempo stesso, denuncia un sostanziale vizio del consenso, riconducibile all’originaria carenza di informazione e alle ermetiche peculiarità enunciative e di calcolo, implicite nella formulazione contrattuale adottata. Il mutuatario non ha modo di avvedersi della metodica adottata dall’intermediario, salvo poi, nel tempo o nel caso di estinzione anticipata, cogliere con sorpresa (ex art. 1195 c.c.) l’evidenza che i versamenti effettuati - risultando per lo più rivolti al pagamento degli interessi maturati, preordinatamente convenuti nella spettanza calcolata in regime di capitalizzazione composta - lasciano in buona parte da ripianare il capitale finanziato.[43]

Il testo della norma richiamata, osserva A.A. Dolmetta[44] – già per sé stesso univoco e chiaramente applicativo del canone di buona fede ex art. 1375 c.c. – risulta incentrato sui seguenti profili di fondo: l’imputazione è una di quelle materie dove occorre tenere in conto particolare i ruoli (competenza, professionalità, cultura, …) delle parti; se il rapporto è dispari, il creditore non può “sorprendere” il debitore, nel senso puntuale che lo stesso deve conformarsi all’”imputazione che il debitore aveva interesse di fare” sul piano oggettivo: in presenza di margini di opacità contrattuale soccorre l’art. 1370 c.c., nell’interpretazione consona a contratti predisposti dall’intermediario.[45] Non vi è dubbio che, per il finanziamento, tasso e durata convenuti, il prenditore abbia inteso scontata l’applicazione del tasso nel più conveniente regime semplice, coerente con i dettami degli artt. 821 e 1284 c.c. e nel rispetto dell’art. 120, 2° comma, lettera b) del TUB. [46]

Note

[1] La versione completa, con gli Allegati, è disponibile sul sito www.assoctu.it.

[2] Tribunale Torino, E. Astuni, 18 febbraio 2022. Per il testo della sentenza ed un’analisi critica della stessa, cfr.: ‘La sentenza del Tribunale di Torino (E. Astuni, 18 febbraio 2022) ritiene priva di vizi la formulazione contrattuale: esame critico’, in assoctu.it.

[3] Vengono sempre più diffondendosi pronunce che ravvisano vizi e criticità nell’ammortamento alla francese: Cfr. Trib. Velletri, E. Colognesi, n. 1098 del 30/5/2022; C.A. Napoli, n. 1724 del 26/4/2022; Trib. Taranto, A. Attanasio, n. 796 del 29/03/2022; Trib. Campobasso, M. Dentale, n. 156 del 18/03/2022; Trib. Vicenza, F. Lamagna, 1/02/2022; Trib. La Spezia, T. Lottini, 20/12/2021; Trib. Nola, A.F.Fabbri, 9/12/2021; Trib. Lecce, P. Errede, 15/11/2021; Ord. Trib. Udine, L. Massarelli, 4/1/2021; Ord. Trib. Terni, Ord. 8/8/2021; Trib. Pesaro, n. 739/2021; Trib. di Roma n. 2188/21, Trib. di Viterbo n. 733/2021, Trib. di Brindisi n. 709/21 del 21/05/21, C. d’App. di Bari n. 1890/20 del 3/11/20, C. d’App. Genova n. 410/20; Trib. di Campobasso n. 528 del 6/11/20, Trib. Prato, M. Sirgiovanni, n. 250/2020; C. d’App. di Campobasso n. 412/19, Trib. di Cremona n. 201/19, n. 221/19 e n. 227/19, Trib. di Roma del 29/05/19, Trib. di Massa n. 90/2020, 7/2/19 e 13/11/18, Trib. di Lucca n. 476/20 e n. 763/18 e Trib. di Napoli n. 4102/20 e n. 1558/18. In precedenza, cfr, Trib. Bari, Sez. Rutigliano 29/10/08; Trib. Larino, Sez. Termoli n. 119/12; Trib. Ferrara 5/12/13; Trib. Isernia 28/7/14, reperibili in Assoctu.it.

[4] Per una trattazione del tema: De Luca N., Mutuo alla francese: anatocismo, indeterminatezza od altro. Di sicuro c’è qualcosa che non va, in Banca borsa e titoli di credito, 2021, 2, II, p. 233 ss.; Farina V., Interessi, finanziamento e piano di ammortamento alla francese: un rapporto problematico, in Contratti, 2019, 4, I, p. 445; Cacciafesta F., L'ammortamento francese "in interesse composto": un normale ammortamento progressivo, in ilcaso.it, 2021; ID., Un commento tecnico-matematico su una sentenza (Bari 1890/2020) in tema di ammortamento francese, in Giurimetrica, N. 1, 2021; ID., Ammortamento francese e bullet: simul stabunt, simul cadent, gennaio 2021, in assoctu.it; Colangelo G., Mutuo, ammortamento ‘alla francese’ e nullità, Il Foro Italiano, aprile 2014; ID., Interesse semplice, interesse composto e ammortamento alla francese, in Foro it., 2015,11, c. 469 ss.; ID., Contrasto tra il tasso d'interesse quantificato in cifra numerica e quello determinato dal piano di rimborso di un mutuo: anatomia di una controversia, Danno e responsabilità, Ipsoa, 05/05/2017; Marcelli R., L’anatocismo nei finanziamenti con ammortamento graduale. Matematica e diritto: due linguaggi che stentano ad incontrarsi, Banca Borsa e Tit. di Cred. 2021, n. 5; ID., Finanziamenti con ammortamento graduale: italiano e francese. Nella conformazione dell’oggetto del contratto si consuma la criticità posta sul crinale fra trasparenza e violazione degli artt. 1284 e 1283 c.c., in ilcaso.it, 2021; ID., L’ammortamento alla francese nei prestiti a larga diffusione: l’opacità delle rate infrannuali, in Contratti, 2021, 4; ID., L’ammortamento a rata costante (alla francese). Il roll over del finanziamento e anatocismo, in Contratti, 2020, 3; ID., R. Marcelli, A.G. Pastore, A. Valente, L’ammortamento a rata costante (alla francese). I plurimi risvolti di criticità, in Minerva Bancaria, n. 3, 2021; ID., TAN, TAE, TAEG nei finanziamenti a rimborso in unica soluzione e nei finanziamenti a rimborso graduale, Banca Borsa e Tit. di Cred. 2019, n. 6; P. Fersini, G. Olivieri, Sull’anatocismo nell’ammortamento alla francese, in Banche & Banchieri, 2015, n. 2; Quintarelli A., Leibniz e il mutuo feneratizio con ammortamento “alla francese” a rata fissa, in Tempo Finanziario, 2019, 3, pp. 49 ss.; ID., Ancora sul mutuo con ammortamento francese a rata costante e sull’anatocismo: le regole del diritto e della matematica finanziaria. In ilcaso.it, 2021; Nigro, L’anatocismo nei rapporti bancari: una storia infinita?, in Diritto delle Banche e del Mercato finanziario, 2001, 269 ss.

[5]  Così come per la lunghezza occorre esprimerne il valore in una predeterminata unità convenzionale di misura (metro, yard), per esprimere l’equivalenza fra il denaro a pronti e quello a termine si pattuisce la velocità costante di produzione degli interessi convenzionalmente espressa dal tasso, prescritto dagli artt. 820, 821 e 1284 c.c. nella misura proporzionale, corrispondente all’importo espresso dal regime semplice. Per l’operatore retail che accede al mercato del credito - nella modesta educazione finanziaria che lo caratterizza, congiunta all’esigua concorrenza del mercato stesso - rimane più funzionale, chiaro e protettivo esprimere l’importo da corrispondere nella misura del tasso proporzionale al capitale utilizzato, distintamente accompagnato dalle modalità e tempi di pagamento. ‘Il saggio di interesse costituisce, infatti, la misura della fecondità del denaro (predeterminata ex legge o stabilita dalla autonomia negoziale) ed è normalmente determinato con espressione numerica percentuale in funzione della durata della disponibilità e dell'ammontare della somma dovuta o del capitale (cfr. art. 1284 c.c., comma 1), ed opera, pertanto, su un piano distinto dalla disciplina giuridica della modalità di acquisto del diritto, fornendo il criterio di liquidazione monetaria dello stesso indipendentemente dal periodo - corrispondente od inferiore all'anno - da assumere a base del conteggio (nel caso in cui occorra determinare, sulla base di un saggio di interesse stabilito in ragione di anno, l'importo degli interessi per un periodo inferiore, bisogna dividere l'ammontare degli interessi annuali per il numero di giorni che compongono l'anno e moltiplicare il quoziente per il numero dei giorni da considerare)’. (Cass. n. 20600/2011).

[6]Il parametro i che caratterizza una particolare legge appartenente al regime finanziario semplice rappresenta non soltanto l’interesse del capitale unitario per una unità di tempo ma anche “l’interesse per ogni unità di capitale e per ogni unità di tempo” Ciò dipende, manifestamente dal fatto che nel regime considerato l’interesse è proporzionale, oltre che al capitale, anche al tempo» (Trovato, Matematica per le applicazioni finanziarie, Milano, 1975). «Se i è il tasso di interesse, l’interesse complessivo di un capitale C per un tempo t è: I = C*t*i. Si parla in tal caso di interesse semplice (…) l’interesse risulta proporzionale al tempo, anzi questa proprietà può assumersi come definizione dell’interesse semplice’(E. Levi, Corso di matematica finanziaria e attuariale, Milano, 1964).

[7] Cfr. R. Marcelli, A.G. Pastore, A. Valente, TAN, TAE, TAEG nei finanziamenti a rimborso in unica soluzione e nei finanziamenti a rimborso graduale, Banca Borsa e Tit. di Cred. n. 6/2019. R. Marcelli, Ammortamento alla francese: equivoci alimentati da semplicismo e pregiudizio, in Diritto della banca e del mercato finanziario, n. 3/2020

[8] Nel linguaggio degli operatori giuridici e della legge, dunque, gli interessi individuano prima di tutto una tecnica di quantificazione di una prestazione e, poi, anche determinati frutti civili, creando così una tale confusione, che la problematica degli interessi è sempre stata una delle più intricate della scienza civilistica. La confusione è accresciuta dal fatto che le norme alcune volte richiamano il termine interessi, per individuare e dettare regole destinate ad incidere sul corrispettivo che il creditore ritrae dai contratti di credito (frutti civili), altre volte, invece, le norme, nel richiamare il termine interessi, individuano e dettano le regole destinate ad incidere su meccanismo di quantificazione di una prestazione. Orbene, in questa seconda categoria di norme va annoverato l’art. 1283 del codice civile, dal momento che in sua assenza ed in mancanza di un’apposita convenzione tra i privati, la modalità di quantificazione che viene individuata con il termine interessi, diventerebbe un meccanismo incontrollabile.’ (O.T. Scozzafava, L’anatocismo e la Cassazione: così è se vi pare, I contratti, N. 3/2005).

Come riporta V. Barba ‘L’interesse anatocistico si differenzia dall’interesse semplice per il modo di essere computato e in ragione della regola di matematica finanziaria che ne controlla la determinazione quantitativa’. (V. Barba. Interessi dovuti per effetto dell’inderogabile divieto di anatocismo, Obbligazioni e Contratti. 2009, pag. 539).

[9]A causa dell’improprio utilizzo terminologico del TAN in luogo del tasso corrispettivo ex art. 1284 c.c., si riscontra frequentemente un uso promiscuo dei due tassi. (…) Il divieto di anatocismo risponde fondatamente ad un’esigenza di trasparenza, interessando, non tanto il calcolo degli interessi alle distinte scadenze di pagamento, quanto la modalità, in corrispondenza al tasso ex art. 1284 c.c., con la quale viene pattuito il costo del finanziamento espresso in contratto’. (R. Marcelli, Ammortamento alla francese: equivoci alimentati da semplicismo e pregiudizio, in Diritto della banca e del mercato finanziario, n. 3/2020). Con il divieto introdotto nell’attuale stesura dell’art. 120, 2° comma, l’impiego del TAN nei finanziamenti non può che essere utilizzato nel rapporto di proporzionalità al capitale, in ragione d’anno, espresso dal regime semplice. Anche nel glossario dei termini tecnici della Banca d’Italia si riporta: ‘Il TAN indica il tasso di interesse (ossia il prezzo), in percentuale e su base annua, richiesto da un creditore sull’erogazione di un finanziamento. Nell’Allegato 3 delle Norme di Trasparenza la Banca d’Italia definisce il ‘Tasso di interesse nominale annuo’ come il ‘Rapporto percentuale, calcolato su base annua, tra l’interesse (quale compenso del capitale prestato) e il capitale prestato. Il TAN ordinariamente riportato in contratto, quale espressione del prezzo ex art. 1284 c.c., risulta pertanto dover rispondere pienamente al criterio di proporzionalità, coerentemente con quanto espresso dall’art. 821 c.c.

[10] Giova, inoltre, non incorrere nella confusione terminologica che talvolta si riscontra nell’uso promiscuo dei termini ‘tasso effettivo’ e ‘interessi effettivi’, il primo impiegato nel linguaggio matematico con riferimento al TAE (Tasso Annuo Effettivo) ricomprendente l’onere connesso al tempo del pagamento, che può risultare ‘figurativo’ o ‘concreto’, il secondo, impiegato nel linguaggio giuridico con riferimento agli interessi effettivamente corrisposti, corrispondenti al tasso ex art. 1284 c.c. Il TAE esprime anche il timing del pagamento o della capitalizzazione ed é fissato convenzionalmente pari al tasso equivalente finanziariamente al pagamento annuale degli interessi, ricomprendente il reimpiego degli interessi scaduti e capitalizzati infrannualmente. Il TAE non esprime il costo monetario dell’operazione: rappresenta solo un indicatore finanziario del costo stesso, alla stregua del TAEG. Per il corretto impiego del tasso proporzionale ex art. 1284 c.c., espresso nel valore risultante dal regime semplice, non rileva l’eventuale divergenza fra TAN e TAE che - in quanto parametri finanziari informati a criteri matematici diversi tra loro, oltre che dal principio sotteso al tasso ex art. 1284 c.c. - non esprimono necessariamente il medesimo tasso. Rispetto alla misura del TAN corrispondente al tasso proporzionale dell’art. 1284 c.c., se gli interessi vengono corrisposti anticipatamente rispetto alla scadenza annuale, il TAE risulterà maggiore, cogliendo l’effetto economico derivante al creditore dall’anticipata riscossione degli interessi stessi, mentre risulterà minore per pagamenti procrastinati oltre l’anno. Di regola, sul mercato finanziario l’attenzione dell’investitore si appunta esclusivamente sul TAE, spesso indicato nella circostanza con l’acronimo TIR (Tasso Interno di Rendimento dell’investimento); sul mercato del credito l’attenzione del debitore, soprattutto se cliente al dettaglio, si appunta sul prezzo ex art. 1284 c.c., che propriamente misura la dimensione dell’effettivo esborso richiesto, a prescindere dalle modalità di pagamento, non trascurate ma separatamente considerate. Nella metrica del mercato del credito l’informazione sintetica espressa dal rendimento effettivo (TAE) viene scissa nei due aspetti che la compongono: il quantum del corrispettivo da corrispondere (tasso ex art. 1284 c.c.) e, distintamente, i tempi nei quali interviene il pagamento di detto corrispettivo. Questa distinzione è più adatta alla modesta emancipazione dell’operatore retail, più accostata alle sue esigenze e più funzionale all’asimmetria informativa/contrattuale che caratterizza il mercato del credito. L’ordinamento giuridico non si pone in conflitto con la matematica finanziaria, né risulta propriamente corretto affermare che la metrica del mercato finanziario sia migliore o più corretta della metrica lineare dell’art. 1284 c.c.: costituiscono semplicemente modalità diverse di espressione del prezzo del finanziamento riferito all’obbligazione accessoria pattuita. Definita quest’ultima nelle modalità lineare del tasso ex art. 1284 c.c., le modalità di corresponsione della stessa, come accennato, sono rimesse alla volontà delle parti, nei tempi, algoritmi, anche composti, e parametri di calcolo, anche diversi dal tasso convenzionale, liberamente convenuti.

[11] Come accennato, in difetto di una diversa e legittima convenzione, l’operatività del criterio di imputazione legale dell’art. 1194 c.c. viene dalla giurisprudenza circoscritta alla contemporanea sussistenza dei requisiti di liquidità ed esigibilità, sia del capitale che degli interessi (Cass. n. 10941/16, 6022/2003, 20904/2005, 9510/2007 e 16448/2009), che si ravvisano, nelle rate, per la quota capitale in scadenza, non per il debito residuo. Anche una recente pronuncia della Cassazione, nell’ambito di un rapporto di conto corrente, sembra confortare quanto esposto: ‘Non vi è dubbio che il debito di interessi, quale accessorio, debba seguire il regime del debito principale, salvo una diversa pattuizione tra le parti che dovrebbe, tuttavia, specificare una modalità di calcolo degli interessi (intrafido) idonea a scongiurare in radice il meccanismo dell’anatocismo’. (Cass. N. 9141 del 19 maggio 2020, Pres. De Chiara, Rel. Fidanza). Appare del tutto coerente con il consolidato orientamento della Cassazione – nel corretto equilibrio fra tutela del creditore e presidio all’anatocismo – che il criterio legale dettato dal comma 2 dell’art. 1294 c.c.: ‘Il pagamento fatto in conto di capitale e d’interessi deve essere imputato prima agli interessi’, risulti esclusivamente applicabile ove entrambi i crediti, per capitale ed interessi, siano liquidi ed esigibili. In ciò si realizza un baluardo posto a presidio dell’anatocismo la cui ‘perversione’ si configura nel considerare implicito ed automatico il pagamento degli interessi maturati, con riflessi economici del tutto identici alla capitalizzazione: infatti, venendo meno l’esigenza della simultaneità di scadenza del capitale ed interessi, il pagamento anticipato di questi ultimi si sostituirebbe al rimborso del capitale, producendo in tal modo ulteriori interessi sino alla scadenza dello stesso capitale di riferimento.

In dottrina, osserva B. Inzitari: ‘... è evidente che, come del resto stabilito dallo stesso art. 1499 cod. civ. la maturazione di tali interessi debba avvenire dal momento in cui è maturato il presupposto del loro sorgere e cioè vale a dire dal momento della consegna del bene fruttifero, mentre il momento dell’esigibilità non può che essere diverso e legato alla scadenza del debito principale, vale a dire al momento in cui diviene esigibile il credito relativo al prezzo’. (B. Inzitari, Obbligazioni pecuniarie, in Commentario Scialoja Branca, Bologna-Roma, 2011, 329).

[12] Il piano di ammortamento, nel regime composto, segue una successione logica di definizione. Viene preceduto dalla definizione del piano di rimborso nelle distinte rate di pagamento, che si ottiene combinando la condizione elementare (somma delle quote capitale = finanziamento, C = C1 + C2 + .... Cn), con il regime finanziario e la tipologia di piano prescelto (francese, italiano, ecc.). Definita la rata – corrispondente nella somma al montante di obbligazione principale e accessoria – rimane stabilito il piano di rimborso; per passare al piano di ammortamento occorre precisarne la composizione, informata ai criteri di imputazione, a rimborso della quota parte del capitale e corresponsione della quota parte della spettanza convenuta. Nel regime semplice la composizione delle rate risulta univocamente definita dal menzionato art. 1194 c.c. (il calcolo degli interessi è univocamente calcolato alla scadenza del relativo capitale di riferimento), mentre nel regime composto, il calcolo degli interessi può essere scelto fra le diverse soluzioni consentite dai vincoli di chiusura del piano.

[13] i x (C0 + C1 + C2 + ……) = i x Cm x n, con Cm pari al finanziamento medio di periodo.  

Al finanziamento di €1.000, rimborsato per la metà il 1° anno e per il residuo al 2° anno, corrisponde il finanziamento medio di € 750 e, al tasso del 10%, il monte interessi complessivo è pari a € 150 = 10% x (€ 1.000 + € 500) = 10% x € 750 x 2 anni. Il medesimo finanziamento di € 1.000, con il rimborso di € 800 al 1° anno e € 200 al 2° anno, sortirebbe un finanziamento medio di € 600 per un monte interessi complessivo di € 120.

 

[14] La produzione di interessi su interessi, ricompresa nell’obbligazione accessoria inclusa nella rata, rimane estranea al tasso convenuto, in quanto attiene all’algoritmo di calcolo del regime composto impiegato. Il sistematico impiego, da parte degli intermediari bancari, del piano di ammortamento uniformemente concepito in capitalizzazione composta e interessi calcolati sul capitale in essere a ciascuna scadenza, ha quasi fatto perdere le tracce dei piani di ammortamento sviluppati in capitalizzazione semplice; nei più recenti manuali di tecnica finanziaria al più vengono accennati, senza essere trattati: adeguandosi agli usi uniformemente impiegati sul mercato finanziario, si associa ormai l’impiego dell’ammortamento a rata costante alla capitalizzazione composta, con gli interessi della rata calcolati sul debito residuo. Ma questa non è l’unica alternativa che la scienza finanziaria offre per i piani a rata costante: è solo un uso o consuetudine negoziale, praticato nel mercato finanziario, trasposto ed ‘imposto’ nei contratti impiegati dagli intermediari bancari nel mercato del credito.

[15]E’ noto che esistono almeno due regimi finanziari alternativi, applicabili a qualunque tipo di ammortamento prescelto (che sia a rata costante, altrimenti detto alla “francese”, come nel caso di specie, ovvero a quota capitale costante, c.d. “all’italiana”), tra cui: il regime finanziario della “capitalizzazione composta” e quello della “capitalizzazione semplice”. Il primo prevede una maturazione degli interessi ad un ritmo “esponenziale”, e quindi più oneroso, il secondo limita la maturazione degli interessi ad un ritmo lineare e “proporzionale al tempo”. Ne consegue che a parità di importo finanziato, di TAN contrattuale, di durata del piano di rimborso e di numero di rate, due prestiti, a seconda del regime di capitalizzazione adottato, produrranno un costo del tutto diverso, che risulterà ovviamente più alto in regime di capitalizzazione composta. Pertanto, mentre in un regime di capitalizzazione semplice il TAN può rappresentare una corretta misura del costo del finanziamento, esso perde questa caratteristica in un regime di capitalizzazione composta (dal momento che la relazione tra tempo e interesse non è lineare), anzi in tali circostanze il TAN fornisce una misura sottodimensionata del prezzo del costo dell’operazione. Ne consegue che la mancata esplicitazione nel contratto del regime di capitalizzazione adottato incide sul monte interessi e quindi sulla determinatezza del tasso. (…) Sul punto, è tornato di recente a pronunciarsi il Supremo Collegio, enunciando un principio definibile perentorio sulla determinatezza delle clausole inserite nei contratti bancari: “Le clausole dei contratti bancari che disciplinano le condizioni economiche sono nulle, se non contengono l’indicazione di un criterio che consenta di determinare ex ante in maniera univoca ad entrambi i contraenti l’oggetto della prestazione, irrilevante essendo che gli scostamenti dei risultati dei calcoli consentiti da una clausola che non contiene un criterio univoco siano minimi” (Cass. Civile, Sez. III, n. 16907/2019). (…) Posto poi che, nel nostro ordinamento, l’art. 821, comma 3, c.c. prescrive che “i frutti civili” (tra cui anche gli “interessi dei capitali”) “si acquisiscono giorno per giorno” stabilendo così una maturazione lineare e proporzionale degli interessi al capitale prestato, un diverso regime di capitalizzazione doveva necessariamente essere pattuito per iscritto. Ne consegue che, nel caso di specie, il piano di rimborso del mutuo a rata costante, ovvero c.d. “alla francese”, dovrà essere rielaborato utilizzando il tasso BOT annuale minimo dei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto, adottando il regime di capitalizzazione semplice’. (Trib. Vicenza, Lamagna, n. 170/2022).

[16] E’ agevole riscontrare che nella formula di determinazione della rata, ancorché i parametri di calcolo (TAN) nei due distinti regimi finanziari (semplice e composto), siano diversi (10,6% e 10,0%), i rimborsi del capitale, come anche il rapporto fra la spettanza e il finanziamento medio, nel regime semplice e nel regime di capitalizzazione composta, presentano valori prossimi: cambia l’unità di misura, ma il rapporto proporzionale rimane ancorato al tasso ex art. 1284 c.c. espresso dal 10,6%.

Nella formula di determinazione in regime composto della rata si riporta: [(1 + TAN)n = (1 + TAN) x (1 +TAN) x ... (1 + TAN), da cui: TAN x TAN x ... TAN]; è evidente la presenza di interessi secondari e, quindi, la convenzione anteriore dell’impegno “ora per allora” al pagamento di interessi anatocistici sugli interessi primari scaduti prima che l’obbligazione sia scaduta. Con l’impiego del regime di capitalizzazione composta, il parametro (TAN), nella formula di calcolo della rata, viene applicato al montante periodico, espresso nel moltiplicatore/divisore (1 + TAN)n che, per conseguire il medesimo importo della rata, viene ridotto dal tasso del 10,6% al tasso del 10,0%, espresso, però, nell’unità di misura maggiorata, che esprime  l’aggiunta di interessi secondari; di conseguenza, il parametro del 10% non coincide più con il tasso proporzionale dell’art. 1284 c.c. Con riferimento alla menzionata sentenza del Tribunale di Torino, premesso che, nel fraseggio dell’art. 1283 c.c., il divieto è rivolto alla pattuizione, non al pagamento, come si può riscontrare, nella pattuizione il tempo di maturazione degli interessi sopravanza la scadenza periodica delle rate, producendo interessi secondari, sino al momento dell’esigibilità: nel calcolo della rata pattuita, come anche nell’imputazione degli interessi composti riferiti alla quota capitale che scade, gli interessi computati successivamente alla prima rata, comprendono interessi precedentemente scaduti e capitalizzati; nella debenza alle distinte scadenze, solo con l’imputazione anticipata, i tempi di maturazione ed esigibilità vengono a coincidere con la scadenza della rata, ma il valore maggiorato, precedentemente calcolato in regime di capitalizzazione composta, già include interessi secondari e, per il piano stesso, viene a costituire un vincolo di chiusura, che detta i valori del parametro di calcolo e della quota di capitale a rimborso. 

[17] Se si escludesse la sterilità degli interessi, con la produzione secondaria degli stessi verrebbe ad essere disattesa la prescritta proporzionalità. In questo senso il divieto di anatocismo è già ricompreso nella forma vincolata di calcolo della spettanza prevista dai menzionati artt. 821 e 1284 c.c. L’anatocismo disciplinato dall’art. 1283 c.c. si pone come limite all’art. 1282 c.c. che, diversamente, sarebbe applicabile anche al debito di interessi semplicemente maturati (Cfr. Libertini, voce Interessi, Enc. del Dir. Vol. XXII, Milano, 1972, 136). Non si può trascurare che l’art. 1283 c.c., nel limitare la regolazione dell’anatocismo agli interessi scaduti e dovuti almeno per sei mesi, ne vieta la precedente pattuizione che, per non vanificare il divieto, non può che essere riferita ad ogni forma di interesse, maturato, scaduto, esigibile ed inesigibile: risulterebbe alquanto singolare che il sistema riservasse un trattamento più severo al creditore per interessi scaduti ed esigibili, rispetto al creditore per interessi non ancora esigibili.

[18] Rimane, anche teoricamente, arduo concepire uno scostamento dalla proporzionalità dell’art. 1284 c.c., senza la produzione di interessi su interessi e, viceversa, con la produzione di interessi su interessi – anche semplicemente maturati e non ancora esigibili - il tasso impiegato viene a perdere la proporzionalità stabilita dagli artt. 821, 1284 c.c. Non si ritiene che la ratio, come riporta la menzionata sentenza di Torino, sia riconducibile esclusivamente ad ‘evitare di esporre il debitore, colto in un momento di debolezza finanziaria – l’interesse scade senza essere pagato -, al pericolo di una crescita indefinita e senza limiti degli interessi composti’, che condurrebbe alla conclusione che nell’ammortamento alla francese, ‘malgrado l’uso della capitalizzazione composta, difetta la caratteristica qualificante del divieto, consistente nel pericolo di crescita indefinita e senza limiti del debito per interessi’. Non solo il regime di capitalizzazione composta, ma qualunque convenzione degli interessi, che preveda una crescita, ancorché definita, che esondi l’ordinaria proporzionalità degli interessi nel tempo – indipendentemente dalla tecnica finanziaria di maturazione adottata e a prescindere dalla scadenza, solo contabile o di esigibilità - determina una maggiorazione che si pone in contrasto con il presidio normativo, salvo le deroghe specifiche previste nella norma stessa. ‘L’unica pattuizione ammessa dall’art. 1283 c.c. è quella che le parti possano porre in essere in data posteriore alla scadenza degli interessi e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. Questa costatazione porta ad una prima conclusione; in base all’art. 1283 c.c. l’anatocismo è ammesso nei limiti indicati positivamente nella stessa norma (interessi dovuti per almeno sei mesi, nonché domanda giudiziale ovvero convenzione posteriore alla loro scadenza)’; (Cass. Civ. 2593/03). Il principio risulta ribadito anche dalla recente Cassazione n. 24011/2021: ‘ove non ricorrano le particolari condizioni legittimanti previste dall’art. 1283 c.c. (Cass. S.U. n. 21095/2004), la capitalizzazione, fondandosi su un uso negoziale, anziché normativo (il solo che ammette la deroga dell’art. 1283 c.c.), deve ritenersi vietata per violazione di una norma cogente, dettata a tutela di un interesse pubblico’. Il riferimento alla capitalizzazione appare riferito agli interessi, siano essi scaduti ed insoluti o semplicemente maturati.

[19] Nel richiamare un recente arresto a sezioni unite (n. 8770 del 15/05/2020), la Corte d’Appello di Bari (n.1890 del 3/11/2020) osserva, per altro: ‘l’esigenza ai fini di una precisa misurabilità/determinazione dell’oggetto del contrattuale, di tener conto anche dei “cd. costi occulti”, qual è, in difetto di pattuizione scritta del regime finanziario adottato per il calcolo degli interessi, “il differenziale di costo” implicato dall’impiego della capitalizzazione composta in luogo di quella semplice. Né vale di certo ad integrare il requisito in parola la predisposizione, in un momento successivo alla conclusione del contratto di mutuo, del piano di ammortamento, il quale costituisce solo l’esito numerico finale dell’applicazione di “criteri” e “parametri” di calcolo del tasso di interesse (quali, in particolare, il regime finanziario ed il metodo di computo degli interessi utilizzati) mai esplicitati in contratto né conoscibili all’atto dell’assunzione dell’obbligo negoziale’.

[20] Come si può rilevare nel prospetto di equivalenza finanziaria riportato in precedenza, impiegato nella determinazione della rata, i valori risultanti dal calcolo della rata e della relativa spettanza pattuita in contratto risultano, nel piano di ammortamento, invertiti temporalmente, con l’imputazione anticipata della debenza degli interessi riferita al debito residuo. L’equivalenza finanziaria di determinazione della rata e della relativa spettanza corrisponde alle imputazioni di Tav. 1.E, mentre ordinariamente il piano di ammortamento adottato dagli intermediari corrisponde alle imputazioni invertite di Tav. 1.B.

Immagine rimossa.

Appare alquanto scontato che, se l’enunciato del contratto non precisa alcunché del criterio di imputazione, la menzionata inversione temporale passa del tutto inosservata, nella convinzione applicativa degli artt. 821 c.c. e 1284 c.c. al calcolo proporzionale della spettanza pattuita. Risulterebbe alquanto paradossale, per un medesimo testo contrattuale, far derivare riflessi giuridici diversi solo perché, a rata immutata, nell’allegato al contratto predisposto dall’intermediario, risulta simmetricamente invertito l’ordine temporale delle imputazioni della stessa: di questa inversione, e dei riflessi giuridici che ne conseguono all’obbligazione principale, il mutuatario – e, ad oggi, anche ricorrente giurisprudenza - rimangono completamente ignari. Lo stesso calcolo del TAEG riportato in contratto fa riferimento all’algoritmo impiegato nella determinazione della rata (Tav. 1.E). Una tale omissione, per contratti di adesione, predisposti unilateralmente dall’intermediario, rende la formulazione pattizia inidonea a prevenire l’effetto sorpresa ex art. 1195 c.c., viziando alla radice l’espressione del consenso negoziale

[21] Di fatto, ordinariamente nei contratti predisposti dagli intermediari, anziché riportare il tasso ex art. 1284 c.c. (10,63%) corrispondente alla rata di € 402,1, (Tav.1.A) – o la rata (€ 398,1) corrispondente al tasso ex art. 1284 c.c. (10,0%) - viene riportato il parametro di calcolo (TAN = 10,0%) che determina nel regime di capitalizzazione composta la spettanza (€ 206,3) corrispondente al tasso proporzionale (10,63%): il medesimo valore della spettanza viene, poi, restituito nella debenza alle distinte scadenze, impiegando il parametro di calcolo (TAN = 10,0%), riferito in ragione semplice al debito residuo, per il quale i vincoli di chiusura del piano restituiscono un’obbligazione principale media di periodo proporzionalmente maggiorata (€ 687,8). Nella peculiarità del vincolo della rata costante, anticipando il pagamento della spettanza pattuita, si ritarda il rimborso del capitale: si perviene in tal modo a recuperare nel piano di ammortamento, la proporzionalità del tasso espresso dal parametro di calcolo (TAN = 10,0%), riferita tuttavia, rispetto al regime semplice, a valori maggiorati di entrambe le obbligazioni (Tav. 1.B).

[22] V. Farina, Finanziamento con restituzione rateale a mezzo di piano di ammortamento alla francese. Profili di disciplina, giugno 2022, in ilcaso.it.

[23] Già nel ’92 A. Nigro riconduceva l’anatocismo all’interno della tematica della trasparenza (‘La legge sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari: note introduttive’, in Dir. Banc., 1992, I, p. 421). Non si può impiegare lo stesso numero indifferentemente riferito al all’unità di misura del chilometro o del miglio. Se l’art. 1283 c.c. fosse circoscritto ai soli interessi scaduti e rimasti insoluti, l’art. 1284 c.c., riferito dalla norma alla maturazione degli interessi, potrebbe, per lo stesso tasso, liberamente essere impiegato in regime semplice o composto, con esiti economici diversi: nella circostanza, risulterebbe ‘scardinata’ l’univocità convenzionale di misurazione, che risponde all’imprescindibile esigenza di omogeneità di prezzo dettata da un mercato efficiente. Analogamente, anche se ‘si intende “l’interesse scaduto” ai fini dell’art. 1283 c.c. nel significato allargato di interesse che ha esaurito il periodo di maturazione’, in detto periodo non è possibile concepire l’impiego alternativo dei due regimi: la produzione degli interessi deve risultare uniforme e proporzionale al tasso convenuto per il periodo.

[24] Con un esempio elementare, riferito ad un prestito a rimborso unico di € 1.000 al tasso annuale composto espresso dal TAN del 10% per il periodo di 3 anni, è indubbio che, con il pagamento annuale degli interessi maturati, il tasso convenzionale ex art. 1284 c.c. rimane invariato al 10%; ma se gli interessi vengono, prima definiti nella pattuizione al tasso composto C x (1+10%)3, corrispondente ad un ammontare di € 333,1, e poi corrisposti nell’ammontare in ciascuno dei tre anni, il tasso convenzionale nel valore proporzionale dettato dall’art. 1284 c.c., si commisura all’11,03%. Questo, in termini assimilati, é quanto si consegue con l’impiego del regime composto nella determinazione del valore maggiorato della spettanza inclusa nella rata pattuita, poi distribuita, con l’imputazione degli interessi semplici che, per i vincoli di chiusura del piano, vengono riferiti ad un diverso capitale, ritardato nel rimborso. Questa peculiarità, come accennato, non si riscontra nell’ammortamento all’italiana, che presenta una definizione dell’obbligazione principale, completa dei suoi valori di rimborso e, nel regime composto, con il pagamento anticipato degli interessi maturati, l’ammontare rimane invariato, rispetto al regime semplice (Cfr.: Tav. 5 in Allegato).

[25] Una riprova della menzionata inversione si riscontra matematicamente nel debito residuo alle varie scadenze, nell’equivalenza finanziaria rispetto alla rate future, che risulta pari al parametro (10%) impiegato nel valore attuale espresso dalla formula del regime composto: Ct / (1 + 10%)n-t + Ct+1 / (1 + 10%)n-t-1…., corrispondente, a meno della diversa gradualità del capitale, al tasso ex art. 1284 c.c. (10,63%) impiegato nel valore attuale espresso dalla formula del regime semplice: Ct / (1 + (n-t) x 10,63%) + Ct+1 / (1 + (n-t-1) x 10,63%)….

[26] Senza alcun pregiudizio per il costo del servizio, l’impiego della metrica del tasso semplice, in luogo di quello composto, comporta, in genere, l’indicazione di un tasso ex art. 1284 c.c. più alto, che induce, nell’operatore che accede al credito, una maggiore consapevolezza della corretta misura degli interessi da corrispondere. Tale circostanza é suscettibile di apportare un contenimento della domanda di credito, con un più significativo temperamento al fenomeno del sovraindebitamento e dei default imprenditoriali, altrimenti favoriti dall’equivoca indicazione di un tasso che, in quanto espresso in forma composta, risulta inferiore all’effettivo esborso espresso dal prezzo ex art. 1284 c.c.

[27] Appare concorde F. Quarta, ad avviso del quale, ‘la metodologia adottata per la costruzione del piano di ammortamento non rappresenta un fattore neutro, né sotto il profilo giuridico né sotto quello economico, ma incide sensibilmente sull’equilibrio sinallagmatico del contratto’, cioè sulla causa. ‘Il punto non è far emergere il piano di per sé, bensì la sua ratio: cioè, la metodologia concretamente applicata all’ammortamento e, soprattutto, i suoi riflessi sul processo di determinazione del prezzo. Si è rilevato che tra due o più offerte di mutuo contraddistinte dallo stesso capitale, stessa durata e finanche il medesimo tasso nominale annuo (TAN), sono le diverse tecniche sottese ai piani di ammortamento stilate dai finanziatori a fare la differenza in termini di costi attesi a carico dei mutuatari’. (F. Quarta, Il credito ai consumatori tra contratto e mercato. Percorsi di studio sul prestito «responsabile», Napoli, 2020, p. 61 e segg.).

[28] Nel regime semplice, per definizione, gli interessi risultano corrisposti unitamente al rimborso del capitale di riferimento: salvo diversa convenzione fra le parti, questa rappresenta l’unica modalità coerente con il quadro giuridico che presiede il contratto di credito. In matematica finanziaria, per l’ammortamento alla francese, nell’impiego del regime semplice si prospettano ordinariamente due soluzioni, che conducono a distinti valori della rata, in funzione dell’equivalenza prospettiva o retrospettiva. Tuttavia, nei termini giuridici che ordinariamente qualificano l’operazione di credito, rimane univocamente espresso il rapporto di equivalenza finanziaria basato sul criterio retrospettivo, informato al principio dell’art. 1194 c.c. nel quale, salvo diversa pattuizione, gli interessi divengono liquidi ed esigibili in uno con il capitale in scadenza. In ogni operazione finanziaria le parti convengono lo scambio di una somma ‘a pronti’, C al tempo t0, con una somma ‘a termine’, M = C + I al tempo tn. Come rileva il Varoli (Matematica finanziaria, Patron 1979, pag. 17): ‘nelle valutazioni delle operazioni che si svolgono in regime di capitalizzazione semplice il principio di equivalenza finanziaria deve essere applicato prendendo come tempo di valutazione la scadenza dell’operazione, scadenza stabilita quando è sorta l’operazione’. Il rapporto di equivalenza intertemporale, fra il finanziamento iniziale e i rimborsi alle distinte scadenze, previsto dagli artt. 821 e 1284 c.c., è informato esclusivamente al rapporto proporzionale dei valori degli interessi maturati corrispondenti al capitale in essere alle distinte scadenze, prescindendo dai tempi della corresponsione. Coerentemente, nei finanziamenti con ammortamento graduale il rapporto di equivalenza è stabilito fra il capitale erogato al tempo t0, frazionato nei distinti rimborsi che intervengono ai tempi t1, t2, … con i rispettivi interessi maturati, divenuti liquidi ed esigibili, nel rapporto di proporzionalità degli artt. 821 e 1284 c.c., pari a Ck x (1 + 10% x k): tale equivalenza – rispondente propriamente al criterio di attualizzazione in regime semplice della rata costante convenuta – rimane implicita nel rapporto giuridico sotteso al credito e corrisponde matematicamente alla valutazione retrospettiva. Il metodo prospettivo - che riconduce i rimborsi periodici e il capitale iniziale in equivalenza finanziaria al termine del periodo – non trova alcun riscontro nella pattuizione che qualifica i finanziamenti con ammortamento progressivo: in tale criterio la spettanza che esita dal valore della rata pattuita non corrisponde propriamente agli interessi che giungono a maturazione nel corso del periodo, nella proporzionalità ex art. 1284 c.c. riferita al tempo dell’effettivo godimento del capitale  sino al momento del rispettivo rimborso pro quota.

[29] Ancorché nei finanziamenti con ammortamento alla francese il contratto riporti sia il valore della rata che il tasso ex art. 1284 c.c., oggetto del contratto rimane esclusivamente il tasso ex art. 1284 c.c., mentre la rata si qualifica più per la natura costante del vincolo che per il valore: infatti, il valore della rata propriamente dipende dall’obbligazione principale, rapportata al tasso convenzionale per il periodo di utilizzo. Se l’obbligazione principale, congiuntamente alle rispettive scadenze, risultasse compiutamente definita in contratto, il valore, sia dell’obbligazione accessoria [I = i x (C1 + C2 + … + Cn)], sia della rata costante [(C + I)/n] risulterebbe univocamente individuato dal tasso ex art. 1284 c.c.: pertanto, l’indicazione del valore della rata, pur rivestendo un pregnante valore informativo, non assume propriamente una funzione essenziale del contratto. Ma, se il contratto non riporta i criteri di imputazione, la rata e il piano di ammortamento rimangono univocamente definiti nei valori espressi dal regime semplice. E’ privo, altresì, di ogni fondamento ritenere – come talvolta si riporta - che l’impiego del regime composto è dettato dalla necessità di avere la rata costante o che, dato capitale, tasso e scadenze la soluzione matematica è univocamente determinata dal regime composto.

[30] Si riporta nella menzionata sentenza del Tribunale di Torino: ‘le condizioni economiche sono determinate in modo univoco, visto che entrambi i contratti contengono tutti gli elementi necessari a risolvere l’equazione, ossia capitale iniziale C, tasso di interesse nominale (i), numero di rate (n) e la soluzione dell’equazione, ossia la rata fissa (R)’. Poiché l’equazione richiamata esprime l’algoritmo del regime composto, il tasso di interesse nominale costituisce esclusivamente il parametro di calcolo, che risulta inferiore al tasso corrispettivo ex art. 1284 c.c. corrispondente al valore della rata indicata in contratto. Per altro, come accennato, l’equazione esprime gli interessi inclusi in ciascuna rata, nella forma capitalizzata, dal tempo t0 al tempo tk del pagamento, corrispondente alla tipologia di finanziamenti Zero coupon.

[31] Il dettato degli artt. 820, 821, 1283 e 1284 c.c., nonché dell’art. 120 TUB, interessa esclusivamente la velocità di produzione (maturazione) espressa, in ragione d’anno, nel rapporto proporzionale al capitale. Il tasso relativo alla ‘spettanza’ degli interessi ricompresa nel valore della rata calcolata in regime composto, capitalizza gli interessi, accelerandone la produzione. Per giunta, la capitalizzazione degli interessi implicita nella rata, nelle modalità ordinariamente adottate dagli intermediari, viene frequentemente applicata in ragione della periodicità infrannuale della rata che ne accelera ulteriormente la produzione. L’esigibilità infrannuale della rata deve rimanere distinta dal regime di capitalizzazione adottato, rispondendo a concetti distinti e separati. Nei piani di ammortamento, quando le rate sono disposte con cadenza infrannuale, si riscontra, invece, frequentemente l’adozione del tasso nominale proporzionale nella periodicità infrannuale pari a jm =i/m, in luogo del tasso equivalente jm = (1+i)1/m – 1. Con tale improprio espediente si introduce un’ulteriore maggiorazione, riportando la capitalizzazione dalla frequenza annuale alla frequenza infrannuale. Senza alcuno specifico assenso, quando è prevista la periodicità infrannuale delle rate, viene celata anche la capitalizzazione infrannuale, attraverso un’impropria formula di calcolo, contraria alle regole di matematica finanziaria, fatte proprie dalla Banca d’Italia ed esplicitamente espresse, sino al 2015, nell’allegato 4B delle norme di trasparenza. (Cfr. Cfr A. Palestini, Allegato 3; E. Levi, Corso di Matematica finanziaria e attuariale, Giuffré 1964, pagg. 238 e segg.; R. Marcelli, L’ammortamento alla francese nei prestiti a larga diffusione: l’opacità delle rate infrannuali, in Contratti, 2021, 4;). Questo aspetto viene frequentemente confuso e/o trascurato nei lavori che si sono occupati del tema (cfr.: Silvestri e Tedesco, Sulla pretesa non coincidenza fra il tasso espresso in frazione d’anno e il tasso annuo nel rimborso rateale dei prestiti secondo il metodo “francese, in Giur. Merito, I, 2009, 82; Mantovi e Tagliavini, Anatocismo e capitalizzazione annuale degli interessi, in dirittobancario.it, giugno 2015).

Anche in Francia, ancor prima della Direttiva 2014/17/EU sul credito al consumo relativo ai beni immobili, con decreto del Ministero dell’Economia n. 2002-927 del 10 giugno 2002, era stato disposto per il credito al consumo, nei pagamenti infrannuali, in luogo del tasso proporzionale, l’adozione del tasso equivalente (tasso attuariale): Le premier alinéa de l'article R. 313-1 du code de la consommation est remplacé par les dispositions suivantes  « Sauf pour les opérations de crédit mentionnées au 3° de l'article L. 311-3 et à l'article L. 312-2 du présent code pour lesquelles le taux effectif global est un taux annuel, proportionnel au taux de période, à terme échu et exprimé pour cent unités monétaires, le taux effectif global d'un prêt est un taux annuel, à terme échu, exprimé pour cent unités monétaires et calculé selon la méthode d'équivalence définie par la formule figurant en annexe au présent code. Le taux de période et la durée de la période doivent être expressément communiqués à l'emprunteur.»’.

Per altro, l’art. 6 della Delibera CICR 9 febbraio ’00, prima dei mutamenti introdotti dal legislatore all’art. 120 TUB, prevedeva che le clausole relative alla capitalizzazione infrannuale degli interessi non avessero effetto se non fossero specificatamente approvate. Ma prima ancora di essere specificatamente approvate, devono essere specificatamente riportate nel testo del contratto, attraverso modalità compiutamente acquisibili alla consapevolezza del prenditore (Cfr.: R. Marcelli, L’ammortamento alla francese nei prestiti a larga diffusione: l’opacità delle rate infrannuali, in Contratti, 2021).

[32] Sui criteri di imputazione degli interessi si è anche espressa una recente Decisione dell’ABF di Napoli, che non sembra lasciare margini di dubbio sui principi che governano la figura: ‘Costretto in limiti peculiari è pure, nel vigente ordinamento, il fenomeno dell’imputazione agli interessi prima che al capitale. Che, in sé stessa (per il suo essere ammessa nel sistema, cioè), è figura di forte deroga al principio generale espresso dalla norma dell’art. 1193, comma 1, c.c., per cui l’imputazione del pagamento è frutto di una decisione unilaterale del debitore (per il carattere negoziale dell’atto di imputazione v., ad esempio, Cass., 18 luglio 1991, n. 11014; per il carattere meramente residuale, e cioè «suppletivo», dell’eventuale intervento del creditore v. poi Cass., 5 febbraio 2013, n. 2672, e Cass., 13 dicembre 2005, n. 27405) e va perciò letta in termini non già di estensione, quanto piuttosto di restrizione. In specie, la detta figura incontra in ogni caso il limite invalicabile del divieto dell’imputazione sfavorevole al debitore, che, ai sensi della norma dell’art. 1195 c.c., risulti nel concreto comunque effettuata in modo da venire a «sorprendere» quest’ultimo (ovvero, e in alternativa, sia frutto di un artificio, di «dolo» cioè, del creditore imputante). Incontra altresì il limite - questo pure non valicabile - per cui l’imputazione dei pagamenti agli interessi e non già il capitale necessariamente suppone, nella prospettiva applicativa segnata dalla norma dell’art. 1194 c.c., che tanto la sorte capitale del debito, quanto la linea d’interesse del medesimo siano già liquide ed esigibili nel momento in cui si verificano i versamenti del debitore. Su questo punto risulta in effetti attestato, e da tempo, l’orientamento della Corte di Cassazione. E non solo – va evidenziato - in punto di lettura generale della norma dell’art. 1194 c.c., ma pure con specifico riferimento ai rapporti obbligatori che seguono a operazioni e prodotti immessi nel mercato dalle imprese bancarie (cfr., con riguardo a quest’ultimo tipo di fattispecie, tra le altre, le pronunce di Cass., 15 febbraio 2021, n. 3858 e di Cass., 26 maggio 2016, n. 10941; per l’enunciazione del principio in generale v. poi, oltre a Cass., n. 11014/12991 richiamata appena più sopra, spec. Cass., 8 marzo 1988, n. 2352; Cass., 1 luglio 1994, n. 6228; Cass., 14 marzo 1996, n. 2115; Cass., 16 aprile 2003, n. 6022; Cass., 27 ottobre 2005, n. 20904; Cass., 20 aprile 2007, n. 9510; Cass., 15 luglio 2009, n. 16448) (ABF Napoli, N. 5822, 8 aprile 2022).

[33] Come accennato, convenuta l’obbligazione principale e il tasso ex art. 1284 c.c., rimane univocamente determinata la rata costante e l’obbligazione accessoria nel valore espresso dal rapporto proporzionale del regime semplice; nella circostanza, l’eventuale previsione ulteriore dell’imputazione degli interessi calcolati sul debito residuo, per i vincoli stessi di chiusura del piano, comportano l’impiego di un parametro di calcolo (TAN) inferiore. Diversamente, definita l’obbligazione accessoria in regime composto, il tasso impiegato non coincide con il tasso ex art. 1284 c.c.: la coincidenza si verifica solo per la propedeutica convenzione dell’obbligazione principale corrispondente, nei valori periodali, a quella risultante dall’imputazione anticipata degli interessi calcolati sul debito residuo.

[34] Alquanto estranee all’ambito giuridico appaiono le considerazioni esposte da F. Cacciafesta che, nel commentare la sentenza del Tribunale di Bari 1890/2020, viene ad esprimere un radicato pregiudizio informato al primato della matematica: travisando il concetto di tasso convenzionale ex art. 1284 c.c., espressivo degli interessi corrisposti, si considerano “sostanzialmente” diverse le ipotesi di costo annuo di 25 trimestrale, 50 semestrale o 100 annuale e si ritiene ‘ingenua’ l’osservazione che, in ogni caso, si paga pur sempre 100 nell’anno; assunta a riferimento la metrica ‘standard’ della Matematica finanziaria (TAE), si viene a ritenere ‘incauta’   l’affermazione  del Giudice di Bari: ‘in un regime di capitalizzazione semplice, il TAN può rappresentare una corretta misura del costo del finanziamento’.  (F. Cacciafesta, Un commento tecnico-matematico su una sentenza (Bari 1890/2020) in tema di ammortamento francese, in Giurimetrica, N. 1, 2021). Né assume alcun rilievo giuridico, ritenere una ‘condizione naturale’che il debitore paghi periodicamente tutto l’interesse generato dal debito ancora non rimborsato’. La conclusione è emblematica del singolare ed opaco pregiudizio matematico asserito (la presenza dell’interesse composto è del tutto accidentale) ma soprattutto del riflesso ‘scollamento’ logico dedotto: ‘Quest’ultima (la condizione naturale) è di uso comune per la sua semplicità; ma non è in alcun modo necessaria. A rigore, che la banca l’abbia usata è indimostrato; e parlare di utilizzo dell’interesse composto è, dal punto di vista tecnico e logico, una mera forzatura’. Si trascura completamente ogni rapporto funzionale fra le variabili indipendenti pattuite e quelli dipendenti riportate nel piano. Per altro, non si comprende come si possa conciliare questa conclusione con quanto riportato dallo stesso autore in un precedente documento nel quale si palesa ‘la riluttanza (dell’intermediario) a dichiarare apertamente che (come avviene, a quanto ci risulta, sempre) si sta usando l’interesse composto’. (F. Cacciafesta, A proposito di una sentenza sul tema dell’ammortamento alla francese, maggio 2020, in www.eclegal.it).

[35]Più in generale, la conformazione dell’accordo nei finanziamenti ad ammortamento graduale si appunta sostanzialmente sul prezzo espresso dal tasso ex art. 1284 c.c. congiunto, vuoi all’obbligazione principale, come nell’ammortamento all’italiana, con il principio di uniforme rimborso convenuto in contratto, vuoi all’obbligazione accessoria, come nell’ammortamento alla francese, definita implicitamente nel valore della rata costante convenuta in contratto. Il medesimo piano di ammortamento, ordinariamente convenuto nell’imputazione degli interessi calcolati sul debito residuo: i) se il contratto è conformato sulla prima tipologia di pattuizione, riferita all’obbligazione principale, definita compiutamente nei suoi valori, iniziale e periodali (in particolare, ammortamento all’italiana), non si ravvisa alcun vizio di anatocismo, né di trasparenza se il criterio di imputazione degli interessi risulta specificato in contratto; ii) se, invece, il contratto è conformato sulla seconda tipologia di pattuizione, riferita all’importo delle rate (in particolare ammortamento francese), si configurano pregnanti omissioni di trasparenza, che appaiono funzionali a mascherare l’anatocismo’. (R. Marcelli, Finanziamenti con ammortamento. La prescrizione degli artt. 1283 e 1284 c.c. e la distinzione fra la spettanza pattuita e la debenza corrisposta, dicembre 2021, ilcaso.it).

[36] Frequentemente nelle sentenze si motiva l’assenza di anatocismo, vizi del consenso e trasparenza, facendo esclusivamente riferimento alle modalità di costruzione del piano di ammortamento che, tuttavia, é informato a criteri e condizioni che non trovano alcun riscontro nei termini sui quali è stato racconto l’assenso nella pattuizione. ‘Nella fattispecie in esame, va pertanto escluso, sulla base dei dati documentali in atti, che l'applicazione del piano di ammortamento cosiddetto "alla francese" abbia generato alcun anatocismo ex art. 1283 c.c., risultando all'evidenza il calcolo degli interessi, qualsiasi sia la durata complessiva del piano e la cadenza periodica dei pagamenti, sempre effettuato sul debito residuo, onero sul capitale che rimane da restituire al mutuante. A partire poi dall'interesse si determina per differenza la quota capitale del pagamento, la cui restituzione viene portata a riduzione del debito. In tal modo, l'interesse non ha mai prodotto altro interesse, non venendo accumulato al capitale ma, tramite pagamenti periodici, viene scisso dal capitale, quest'ultimo solo, per sua natura, produttivo di interessi. Una volta che l'interesse (insieme naturalmente alla quota capitale) è stato corrisposto, il capitale torna ad evolvere depurato da qualsiasi accumulazione anatocistica, nonchè ridotto per effetto della restituzione di una parte dello stesso tramite la quota capitale. Con questo meccanismo, la generazione d'interessi su interessi, e quindi l'anatocismo, è preclusa nel caso in esame. (Tribunale Ordinario di Santa Maria Capua Vetere. M Sodano, 30/3/2022).

[37] Anche F. Cacciafesta mostra come il medesimo piano di ammortamento possa configurare una distinta pattuizione. Riporta l’autore: ‘Un finanziatore presta 100 euro, e ne riceve in cambio 40 dopo un anno e 77 dopo due. E’ del tutto naturale la domanda di quale sia il tasso in base a cui egli ha investito il suo capitale. Simmetricamente: un soggetto riceve 100 euro e li restituisce in due anni, pagando 40 euro alla fine del primo e 77 alla fine del secondo: a quale tasso gli è stato concesso il prestito? E’ facile convincersi che il problema in due modi proposto ammette (almeno) due soluzioni, a seconda della legge finanziaria che si adotti per risolverlo. Ragionando in termini di interesse composto, si ottiene infatti il valore del 10% annuo: infatti, a questo tasso 36,36 euro ne diventano 40 dopo un anno, ed i residui 100 – 36,36 = 63,64 ne diventano 77 dopo due. Se però si ragiona in termini di interesse semplice, il tasso annuo diventa il 10,38%. A questo tasso, per generare 40 euro in capo ad un anno ne bastano 36,24, mentre per averne 77 in capo a due occorrono, giustamente, i residui 100 – 36,24 = 63,76’. (F. Cacciafesta, In che senso l’ammortamento francese (e non solo esso) dia luogo ad anatocismo, Politeia, n. 120, 2015, pag. 24 segg.). Dall’esempio risulta evidente che se la pattuizione si configura sull’importo delle due rate (40 e 77) e quindi sulla spettanza di 17 (= 100 – 44 – 77), al tasso convenzionale del 10% corrisponde l’impiego del regime composto, quindi l’anatocismo e la violazione degli artt. 821 e 1284 c.c., in quanto il tasso convenzionale nel rapporto proporzionale espresso dal regime semplice, esiterebbe le rate di 40 e 76,37 e quindi la spettanza di 16,37. Diversamente, se la pattuizione, anziché sulla spettanza di 17, corrispondente alle due rate di 40 e 77, si configura sull’obbligazione principale di 100 per il 1° anno, ridotta a 70 nel 2° anno, si può facilmente riscontrare l’impiego del tasso convenzionale del 10%, nella proporzionalità dettata dall’art. 1284 c.c., senza alcun anatocismo, con gli interessi maturati al 1° anno, pari a 10, corrisposti congiuntamente al rimborso del capitale di 30 e, per il 2° anno, quelli maturati sul debito residuo, pari a 7, corrisposti congiuntamente al rimborso di 70. Pertanto, risulta dirimente la pattuizione: se posta sulle rate, quindi sulla spettanza, emerge il regime composto degli interessi; se posta sull’obbligazione principale, la spettanza risulta proporzionale, nel rispetto degli artt. 821. 1283. 1284 c.c. e 120 TUB. Il piano dei pagamenti, da solo, non corrisponde ad un’indicazione univoca del rapporto giuridico sovrastante. Anche quando l’imputazione degli interessi alle distinte scadenze è riferita al debito residuo, non è possibile discernere la corretta applicazione del tasso convenzionale nel rispetto della proporzionalità dettata dall’art. 1284 c.c. D’altra parte, lo stesso autore qualifica nella pattuizione la legge finanziaria impiegata: ‘Importa rilevare che, in generale, le modalità di formazione dell’interesse (se si vuole: la velocità con cui il capitale investito cresce al passare del tempo) non ha niente a che fare con quella secondo la quale l’interesse prodotto viene staccato e reso disponibile. In particolare, questa osservazione vale con riferimento alle espressioni legge dell’interesse semplice e dell’interesse composto: esse fanno riferimento, appunto, solo alla regola secondo cui l’interesse via via si genera al passare del tempo’

[38] L’indicazione in contratto dell’imputazione anticipata degli interessi, dalla quale dedurre, per differenza dalla rata costante, l’obbligazione accessoria principale, solleva anche ulteriori criticità, affrontate nel proseguo, che attengono al prezzo del finanziamento.

[39] La penalizzazione conseguente alle modalità di imputazione adottate, viene lucidamente esposto in una recente decisione dell’ABF di Napoli: ‘… secondo quanto ebbe a osservare già la pronuncia di Cass., 17 luglio 1991, n. 7960 – il creditore può trovare «il massimo della tutela» della propria posizione nel «congiunto disposto degli artt. 1283 e 1194 c.c.», ovvero (e forse meglio) nelle due figure che sono contemplate nel contesto di tali disposizioni. Nei fatti, l’operatività anatocistica, con il suo portare a capitale il debito per interessi, è in grado di far lievitare in modo esponenziale la misura delle somme complessivamente dovute dal debitore. A sua volta, l’imputazione dei pagamenti a interessi, e non già al capitale, è in grado di ridurre in modo (non meno) potente la portata solutoria dei versamenti che il debitore vada ad effettuare, posto che per l’appunto la sorte capitale, rimasta indifferente al verificarsi dei versamenti, si ripropone identica a base della maturazione dei nuovi interessi. Con la conseguenza che si tratta, in definitiva, di fenomeni tra loro prossimi sotto il profilo dell’effetto pratico che viene a realizzarsi, a detrimento della posizione del debitore. Tanto più – è anche il caso di aggiungere – che entrambi i fenomeni, nel loro produrre la sostanza degli effetti appena accennata, si manifestano come meccanismi appartenenti a un momento fortemente tecnicistico dell’esperienza giuridica (sub specie del diritto delle obbligazioni). In quanto tali, essi risultano difficilmente percepibili sul piano oggettivo – prima ancora che per la quantità, per il tipo di effetti che alla loro applicazione consegue – da chi, quand’anche non consumatore, non possegga una competenza professionale e specifica della relativa materia. Con conseguente, e tuttavia successivo, effetto «sorpresa» per il debitore.

«Sorpresa» che, in sé e per sé, può diventare più forte ancora nel caso in cui l’operatività venga a proporre una congiunta applicazione delle due figure. E così, per esempio, allorquando la restituzione del debito sia configurata con capitalizzazione di interessi non ancora scaduti e con imputazione dei versamenti comunque riscossi dal creditore dapprima al pagamento integrale della linea degli interessi e solo dopo all’estinzione della sorte capitale. Non può stupire, quindi, che l’ordinamento positivo – che pure ammette entrambe le figure – ne contenga le possibili espressioni entro determinati limiti specifici (e, perciò, pure al di là dei vincoli in generale conformanti l’operare dell’autonomia dei privati in sede di contratto e di conseguente rapporto obbligatorio; come anche al di là dei vincoli inerenti al genere dei rapporti obbligatori con consumatori). Così, nel sistema vigente il patto di capitalizzazione di interessi non scaduti risulta – salvo solo ipotesi affatto eccezionali ed extravaganti (così, nel prestito vitalizio ipotecario) – in sé stesso vietato (molto chiara sul punto è anche la disposizione dell’art. 12, comma 2, lett. b., alinea 1, TUB). E così il patto di capitalizzazione su interessi scaduti risulta contingentato alle situazioni specificamente indicate nella norma dell’art. 1283 c.c. ovvero limitato, per le imprese che si avvantaggiano dell’«esercizio» autorizzato dell’«attività bancaria» ex art. 120 TUB, dalla peculiare disciplina dettata in questa disposizione (secondo le diverse versioni della disposizione via via succedutesi nel tempo).’ (ABF Napoli, n.5822, 8 aprile 2022).

[40] L’impiego del regime composto nella definizione della rata sortisce l’effetto di maggiorare la spettanza inclusa e, al tempo stesso, per complemento al valore della rata costante, anche l’effetto di procrastinare il rimborso del capitale nelle imputazioni alle distinte scadenze. A differenza dell’ammortamento all’italiana, il pagamento anticipato degli interessi maggiorati inclusi nella rata sottrae ad ogni scadenza risorse altrimenti rivolte al rimborso del capitale, che in tal modo produce ulteriori interessi primari, corrispondenti a quelli secondari ricompresi nella rata convenuta. A seguito del pagamento anticipato degli interessi, mentre nell’ammortamento all’italiana l’obbligazione accessoria rimane invariata nell’importo corrispondente al tasso convenuto impiegato in regime semplice, nell’ammortamento alla francese l’obbligazione accessoria rimane invariata nell’importo corrispondente al parametro di calcolo impiegato in regime composto nella determinazione della rata, diverso (più basso) del tasso corrispondente al regime semplice. Nell’ammortamento all’italiana il maggior carico degli interessi anticipati nel pagamento si riversa in una maggiorazione delle prime rate, mentre nell’ammortamento alla francese (a rata costante) il maggior carico degli interessi, maggiorati ed anticipati nel pagamento, si riversa in un ampliamento dell’obbligazione principale, indotto dal differimento dei rimborsi.

[41] Chiare, puntuali e pertinenti appaiono le osservazioni avanzate nell’antesignana sentenza del Tribunale di Bari, Sez. di Rutigliano, n. 113/2008, Rel.: P. Mastronardi: ‘Mentre nella parte letterale del contratto si stabilisce un tasso rispettoso del sistema civilistico italiano della maturazione dei frutti civili, nel piano di ammortamento viene applicato, in maniera del tutto inaspettata, quanto illegittima, il c.d. ‘ammortamemento alla francese’: ossia un metodo che comporta la restituzione degli interessi con una proporzione più elevata in quanto contiene una formula di matematica attuariale, giusta la quale l’interesse applicato è quello composto e già non quello semplice (previsto dal nostro codice civile all’art. 821, comma 3). Ora, se da un lato, il creditore può scegliere di imputare il rimborso prima 21 agli interessi che al capitale o proporzionalmente ad entrambi o, ancora, al solo capitale; dall’altro lato, lo stesso creditore, nel momento in cui viene convenuto il tasso contrattuale, deve tenere conto dell’incidenza sui costi, che comporta la modalità prescelta per il rimborso, e sul tasso, che deve restare sempre pari a quello contrattualmente convenuto. In definitiva, possiamo affermare che il diritto stabilito per il creditore dall’art. 1194 c.c., rispetto all’imputazione del rimborso del credito, non può divenire un diritto di incrementare surrettiziamente il tasso (pattuito ai sensi dell’art. 1284 c.c.), gli interessi e la remunerazione del capitale prestato. Ad avviso del Giudicante, il tasso nominale di interesse pattuito letteralmente nel contratto di mutuo non si può assolutamente maggiorare nel piano di ammortamento, né si può mascherare tale artificioso incremento nel piano di ammortamento, poichè il calcolo dell’interesse nel piano di ammortamento deve essere trasparente ed eseguito secondo regole matematiche dell’interesse semplice (Cfr., COLA.). La banca, che utilizza nel contratto di mutuo questo particolare tipo di capitalizzazione, viola non solo il dettato dell’art. 1283 c.c. ma anche quello dell’art. 1284 c.c., che in ipotesi di mancata determinazione e specificazione, ovvero di incertezza (tra tasso nominale contrattuale e tasso effettivo del piano di ammortamento allegato al medesimo contratto), impone l’applicazione del tasso legale semplice e non quello ultralegale indeterminato o incerto. La sanzione dell’interesse legale è prevista e disposta dalla norma imperativa dell’art. 1284 c.c’.

[42] Richiamando F. Quarta (Credito irresponsabile e soluzioni al sovraindebitamento), V. Farina riporta: ‘Certo è, che come è stato puntualmente rilevato anche nella normale ipotesi di allegazione dl piano la percepibilità del cliente circa la tecnica di ammortamento prescelta tra le diverse esistenti é normalmente affidata alla materiale allegazione al contratto “di un gruppuscolo di fogli contenenti tabelle ricolme di numeri, indicanti un piano di rimborso rateale con efficacia asseritamente integrativa del regolamento negoziale”, con buona pace di ogni regola di trasparenza’.( V. Farina, Finanziamento con restituzione rateale a mezzo di piano di ammortamento alla francese. Profili di disciplina, giugno 2022, in ilcaso.it).

[43] Nell’unito Allegato 1, si riprende l’esempio iniziale, illustrando in dettaglio, nelle varie alternative, i riflessi matematici connessi con le discrasie illustrate nel paragrafo.

[44] A.A. Dolmetta, Trasparenza nei prodotti bancari, Regole, Zanichelli 2013, pag. 180.

[45]Di solito si ritiene che la conformazione delle rate secondo il metodo di ammortamento alla francese – per quota capitale e quota interesse – non dia luogo, in quanto tale, a fatti anatocistici (così Trib. Modena, 11 novembre 2014, in Il caso.it; ABF Napoli, 8 luglio 2014, n. 4429). Simile struttura sembra legarsi, piuttosto, a un peculiare meccanismo di imputazione delle somme che il debitore viene via via a versare. Va peraltro registrata anche l’opinione secondo cui comunque l’”imputazione dei pagamenti fatta prima agli interessi produce un effetto anatocistico perché in generale contraria alla legge dell’interesse semplice”. In ogni caso- nella non difficile ipotesi in cui il cliente rimanga “sorpreso” dei risultati pratici in cui il meccanismo in concreto risulta condurre – potrà trovare applicazione la struttura rimediale disposta dall’art. 1195 c.’. (A.A. Dolmetta, Rilevanza usuraria dell’anatocismo (con aggiunte note sulle clausole “da inadempimento), Rivista di Diritto Bancario, 2015).

[46] Nell’ordinario formulazione contrattuale il cliente rimane del tutto ignaro delle condizioni che presiedono la determinazione del valore della rata e della scelta del criterio di imputazione degli interessi; anzi, viene lasciato nell’indotta presunzione che, fissati importo del finanziamento, TAN e scadenze, risulti univocamente determinato il piano di ammortamento. Il contratto bancario non è un contratto qualsiasi: norme speciali integranti quelle ordinarie, impongono più rigorosi vincoli e condizioni a presidio della trasparenza, correttezza e buona fede, principi generali previsti dall’ordinamento, ma specificati e rigorosamente sanzionati dal T.U.B. che riconduce, all’intermediario predisponente il contratto, la responsabilità di omissioni e carenze in tema di trasparenza. Troppo spesso gli intermediari adottano formulazioni contrattuali informate ad una sospinta opacità, perseguita frequentemente con involuzioni matematiche di dubbia utilità, che consentono di prevaricare finanche elementari principi di trasparenza e correttezza, confidando nella generale acquiescenza della clientela a subire le condizioni poste nei contratti di adesione: rimostranze, contestazioni e sanzioni non pervengono a modificare il rapporto costi/benefici che presiede le scelte dell’intermediario. Si confida, infatti, nei consistenti benefici apportati a bilancio, prima che, a distanza di tempo, si realizzino condanne giudiziarie di qualche rilievo, tardivamente prodotte nelle ricorrenti vertenze seriali che, per altro, impegnano, oltre ogni ragionevole e fisiologica misura, la magistratura, con le conseguenti ricadute in termini di costi della giustizia e di oneri sociali ed economici sulla platea dell’utenza del credito.