x

x

Agenzia Entrate: regime fiscale del consignment stock

OGGETTO:

Interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 – ALFA ITALIA S.p.A. Articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633.

Con l’interpello di cui in oggetto - concernente l’esatta applicazione dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633- è stato esposto il seguente

QUESITO

La società ALFA ITALIA S.p.A. (di seguito ALFA) opera nel settore dell’Automotive e più precisamente nella fabbricazione di parti ed accessori per autoveicoli e loro motori.

ALFA intende stipulare un contratto di fornitura di semilavorati, da utilizzare nel proprio processo produttivo, con altre società di nazionalità Extra UE, che non hanno rappresentanza fiscale in Italia, tramite lo schema negoziale del “consignment stock”.

Detto contratto prevede il differimento del trasferimento della proprietà dei beni ad un momento successivo a quello della loro consegna o spedizione; in particolare, i beni sono immagazzinati presso i locali dell’acquirente ed il trasferimento della proprietà avviene solo all’atto del loro prelievo ad opera dell’acquirente (ALFA).

La merce rimane, quindi, di proprietà del cedente fino al momento dell’eventuale prelievo da parte del cessionario.

Il materiale viene importato con clausole di trasporto EXW, FCA, DDU ed è a carico della ALFA la pratica di sdoganamento, l’espletamento delle formalità doganali ed il versamento dell’Iva in dogana.

Secondo l’istante, poiché non si realizza immediatamente il trasferimento della proprietà della merce importata, pur essendo un esportatore abituale, egli non ha la possibilità di importare i beni avvalendosi dell’articolo 8, comma 1, lettera c) del d.P.R. n. 633 del 1972.

Per motivi analoghi, l’istante ritiene non auspicabile l’utilizzo di un deposito Iva ai sensi del quarto comma lettera b) dell’art. 50-bis del D.l. n. 331 del 1993.

Ciò posto, l’istante chiede se l’Iva corrisposta in dogana, essendo relativa a beni inerenti l’attività dell’impresa, possa essere, comunque, portata immediatamente in detrazione.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DALL’ISTANTE

Il caso rappresentato dovrebbe risolversi nel modo di seguito prospettato:

1) la ALFA importerà i materiali inerenti alla propria attività da paesi Extra UE – non immessi in libera pratica in altro paese UE- come detentore delle merci e non come proprietario, assolvendo a tutti gli obblighi doganali (dazi e gli altri costi inerenti allo sdoganamento) e all’obbligo di versamento dell’Iva.

2) quale impresa detentrice della merce, il diritto alla detrazione dell’Iva assolta in dogana sorgerà contestualmente al suo pagamento;

3) la merce importata verrà immagazzinata nei locali della ALFA in esecuzione di un contratto di consignment stock;

4) ALFA, depositaria dei beni di proprietà del fornitore extra UE, al fine di vincere le presunzioni di acquisto e di vendita annoterà le movimentazioni dei beni in conto deposito (introduzioni e prelievi) nell’apposito registro di cui all’art. 50, comma 5 del D.L. n. 331 del 1993.

5) al momento del prelievo delle merci, ALFA ne diventerà proprietaria ed emetterà autofattura con Iva ai sensi dell’art. 17, terzo comma del d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto il fornitore Extra UE non ha un rappresentante fiscale in Italia.

6) l’autofattura sarà registrata sia nel registro delle fatture emesse che nel registro acquisti (l’imponibile non concorrerà a formare il volume d’affari) neutralizzando, in tal modo, l’effetto dell’Iva.

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Il contratto di consignment stock, utilizzato in particolar modo nel commercio internazionale, si basa sul trasferimento di beni di proprietà del fornitore presso un deposito del cliente, il quale ha la facoltà, in base alle sue esigenze, di effettuare prelievi in qualsiasi momento.

La caratteristica essenziale di questo tipo di pattuizioni si rinviene nella circostanza che il diritto di proprietà sui beni si trasferisce in capo al cliente solo nel momento del prelievo da parte del medesimo.

Con il contratto di consignment stock si ha quindi il vantaggio, per il compratore, di spostare in avanti nel tempo il momento dell’uscita finanziaria, dato che, in assenza del prelievo, nonostante egli abbia la disponibilità della merce in magazzino, non sarà tenuto ad effettuare alcun pagamento.

Quest’Amministrazione ha già avuto modo in passato di occuparsi degli effetti fiscali derivanti dall’adozione del sistema di consignment stock, in particolare con riferimento ad una cessione nei confronti di un operatore stabilito in un paese terzo è stato chiarito che all’atto dell’invio all’estero dei beni e del conseguente espletamento delle formalità doganali di esportazione si è in presenza di una cessione a titolo oneroso delle merci in uscita, cessione che è realizzata secondo un procedimento che si perfezionerà solo in un secondo momento, all’atto del prelievo dal deposito (cfr. risoluzione del 5 maggio 2005, n. 58) .

A conclusioni analoghe, peraltro, la scrivente era giunta con riferimento a contratti di consignment stock stipulati nei confronti di operatori stabiliti all’interno della comunità europea (cfr. risoluzione del 18 ottobre 1996, n. 235), laddove è stato chiarito che, sebbene si sia in presenza di un’unica operazione, la cessione intracomunitaria si considera effettuata non all’atto dell’invio nel territorio di altro Stato membro, bensì nel momento in cui si produce l’effetto traslativo della proprietà per l’acquirente, vale a dire all’atto del prelievo dei beni dal deposito ad opera di quest’ultimo. Ne consegue che solo al verificarsi del prelievo viene a costituirsi il plafond di cui all’articolo 8, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.

Ciò posto, con riferimento alla fattispecie prospettata dall’istante, nella quale si realizza un’operazione di importazione di merci per le quali l’effetto traslativo della proprietà è rinviato nel tempo, possono tornare utili le medesime considerazioni elaborate nella risoluzione n. 96 dell’11 maggio 2007, con riferimento al “contratto di prestito d’uso” di merce importata.

Nel richiamato documento di prassi, si è precisato che, salvo casi di esclusione indicati nel Codice Doganale Comunitario, in generale, per i beni importati, anche se non a titolo definitivo, l’Iva deve essere accertata, liquidata e riscossa in dogana all’atto della loro introduzione nel territorio nazionale.

Inoltre, la circostanza che le disposizioni in materia doganale consentono a soggetti diversi dal proprietario effettivo delle merci di operare in dogana in nome proprio e per conto del proprietario, consente di affermare che la proprietà dei beni importati non è condizione necessaria per ottenere la detrazione dell’Iva pagata, bensì occorre che i beni o servizi acquisiti presentino un nesso immediato e diretto con l’oggetto dell’attività d’impresa, ossia siano ad essi inerenti.

Da quanto detto, anche nel caso in esame, sebbene la merce in argomento sia importata in virtù di un contratto di consignment stock, in base al quale l’acquirente italiano acquisterà la proprietà dei beni solo al momento del loro prelievo dal deposito, e quindi in un momento successivo rispetto al transito delle merci in dogana, si ritiene che la società istante abbia, da un lato, l’obbligo di assolvere l’Iva in dogana e, dall’altro, il diritto di esercitare la detrazione dell’Iva medesima ai sensi dell’articolo 19 del dPR n. 633 del 1972, previa annotazione della bolletta doganale nel registro di cui all’articolo 25 del medesimo decreto.

All’atto del prelievo delle merci dal deposito in Italia l’operazione dovrà essere documentata dal cedente con il titolo certificativo previsto nel paese del cedente, mentre la società istante emetterà autofattura, nella quale indicherà l’ammontare del corrispettivo corrisposto e dell’Iva relativa, nonché gli estremi della bolletta doganale con cui i beni sono stati introdotti e quelli di registrazione nel registro degli acquisti.

Detta autofattura andrà annotata nel registro delle vendite e degli acquisti in una separata colonna appositamente contrassegnata, assolvendo l’unica funzione di documentazione dell’operazione di acquisto ai fini delle imposte sui redditi, posto che ai fini Iva l’imposta è già stata assolta ed annotata all’atto dell’importazione.

Si precisa, comunque, che qualora il prezzo corrisposto al momento dell’acquisto definitivo sia superiore a quello indicato in dogana al momento dell’introduzione delle merci nel territorio dello Stato, l’importo medesimo, da documentare ed annotare integralmente nel registro delle fatture emesse e delle fatture d’acquisto, concorrerà alla liquidazione solo per la differenza corrisposta.

Diversamente, nell’ipotesi di restituzione dei beni ricevuti in deposito al fornitore l’operazione dovrà essere considerata una cessione all’esportazione e, pertanto, dovrà essere documentata con fattura non imponibile ai sensi dell’articolo 8 del d.P.R. n. 633 del 1972.

Con riferimento, infine, alla possibilità di annotare le movimentazioni dei predetti beni in conto deposito (introduzione e prelievi) nel registro di cui all’articolo 50, comma 5 del D.L. n. 331 del 1993, al fine di vincere le presunzioni di acquisto e di cessione, si osserva che tale registro è destinato ad accogliere le movimentazioni in entrata ed in uscita dei beni che vengono

trasferiti da un paese all’altro della “Comunità” a titolo non traslativo della proprietà. Ancorché le annotazioni prospettate dal contribuente possano, in via di fatto, risultare funzionali alla predetta esigenza, il registro di cui trattasi è specifico e non può essere utilizzato per annotare beni diversi da quelli comunitari.

Nel caso di specie, si ritiene che la natura di bene di terzi in conto deposito debba risultare dalla bolletta d’importazione da annotare nel registro di cui all’articolo 25 del d.P.R. n. 633 del 1972 al fine di esercitare il diritto alla detrazione.

Ciò non toglie che il contribuente possa istituire un registro di carico e scarico della merce movimentata nel deposito a seguito del contratto di consignment stock, da tenere e conservare ai sensi dell’articolo 39 del d.P.R. n. 633 del 1972.

Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dagli uffici.

OGGETTO:

Interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 – ALFA ITALIA S.p.A. Articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633.

Con l’interpello di cui in oggetto - concernente l’esatta applicazione dell’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633- è stato esposto il seguente

QUESITO

La società ALFA ITALIA S.p.A. (di seguito ALFA) opera nel settore dell’Automotive e più precisamente nella fabbricazione di parti ed accessori per autoveicoli e loro motori.

ALFA intende stipulare un contratto di fornitura di semilavorati, da utilizzare nel proprio processo produttivo, con altre società di nazionalità Extra UE, che non hanno rappresentanza fiscale in Italia, tramite lo schema negoziale del “consignment stock”.

Detto contratto prevede il differimento del trasferimento della proprietà dei beni ad un momento successivo a quello della loro consegna o spedizione; in particolare, i beni sono immagazzinati presso i locali dell’acquirente ed il trasferimento della proprietà avviene solo all’atto del loro prelievo ad opera dell’acquirente (ALFA).

La merce rimane, quindi, di proprietà del cedente fino al momento dell’eventuale prelievo da parte del cessionario.

Il materiale viene importato con clausole di trasporto EXW, FCA, DDU ed è a carico della ALFA la pratica di sdoganamento, l’espletamento delle formalità doganali ed il versamento dell’Iva in dogana.

Secondo l’istante, poiché non si realizza immediatamente il trasferimento della proprietà della merce importata, pur essendo un esportatore abituale, egli non ha la possibilità di importare i beni avvalendosi dell’articolo 8, comma 1, lettera c) del d.P.R. n. 633 del 1972.

Per motivi analoghi, l’istante ritiene non auspicabile l’utilizzo di un deposito Iva ai sensi del quarto comma lettera b) dell’art. 50-bis del D.l. n. 331 del 1993.

Ciò posto, l’istante chiede se l’Iva corrisposta in dogana, essendo relativa a beni inerenti l’attività dell’impresa, possa essere, comunque, portata immediatamente in detrazione.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DALL’ISTANTE

Il caso rappresentato dovrebbe risolversi nel modo di seguito prospettato:

1) la ALFA importerà i materiali inerenti alla propria attività da paesi Extra UE – non immessi in libera pratica in altro paese UE- come detentore delle merci e non come proprietario, assolvendo a tutti gli obblighi doganali (dazi e gli altri costi inerenti allo sdoganamento) e all’obbligo di versamento dell’Iva.

2) quale impresa detentrice della merce, il diritto alla detrazione dell’Iva assolta in dogana sorgerà contestualmente al suo pagamento;

3) la merce importata verrà immagazzinata nei locali della ALFA in esecuzione di un contratto di consignment stock;

4) ALFA, depositaria dei beni di proprietà del fornitore extra UE, al fine di vincere le presunzioni di acquisto e di vendita annoterà le movimentazioni dei beni in conto deposito (introduzioni e prelievi) nell’apposito registro di cui all’art. 50, comma 5 del D.L. n. 331 del 1993.

5) al momento del prelievo delle merci, ALFA ne diventerà proprietaria ed emetterà autofattura con Iva ai sensi dell’art. 17, terzo comma del d.P.R. n. 633 del 1972, in quanto il fornitore Extra UE non ha un rappresentante fiscale in Italia.

6) l’autofattura sarà registrata sia nel registro delle fatture emesse che nel registro acquisti (l’imponibile non concorrerà a formare il volume d’affari) neutralizzando, in tal modo, l’effetto dell’Iva.

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

Il contratto di consignment stock, utilizzato in particolar modo nel commercio internazionale, si basa sul trasferimento di beni di proprietà del fornitore presso un deposito del cliente, il quale ha la facoltà, in base alle sue esigenze, di effettuare prelievi in qualsiasi momento.

La caratteristica essenziale di questo tipo di pattuizioni si rinviene nella circostanza che il diritto di proprietà sui beni si trasferisce in capo al cliente solo nel momento del prelievo da parte del medesimo.

Con il contratto di consignment stock si ha quindi il vantaggio, per il compratore, di spostare in avanti nel tempo il momento dell’uscita finanziaria, dato che, in assenza del prelievo, nonostante egli abbia la disponibilità della merce in magazzino, non sarà tenuto ad effettuare alcun pagamento.

Quest’Amministrazione ha già avuto modo in passato di occuparsi degli effetti fiscali derivanti dall’adozione del sistema di consignment stock, in particolare con riferimento ad una cessione nei confronti di un operatore stabilito in un paese terzo è stato chiarito che all’atto dell’invio all’estero dei beni e del conseguente espletamento delle formalità doganali di esportazione si è in presenza di una cessione a titolo oneroso delle merci in uscita, cessione che è realizzata secondo un procedimento che si perfezionerà solo in un secondo momento, all’atto del prelievo dal deposito (cfr. risoluzione del 5 maggio 2005, n. 58) .

A conclusioni analoghe, peraltro, la scrivente era giunta con riferimento a contratti di consignment stock stipulati nei confronti di operatori stabiliti all’interno della comunità europea (cfr. risoluzione del 18 ottobre 1996, n. 235), laddove è stato chiarito che, sebbene si sia in presenza di un’unica operazione, la cessione intracomunitaria si considera effettuata non all’atto dell’invio nel territorio di altro Stato membro, bensì nel momento in cui si produce l’effetto traslativo della proprietà per l’acquirente, vale a dire all’atto del prelievo dei beni dal deposito ad opera di quest’ultimo. Ne consegue che solo al verificarsi del prelievo viene a costituirsi il plafond di cui all’articolo 8, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.

Ciò posto, con riferimento alla fattispecie prospettata dall’istante, nella quale si realizza un’operazione di importazione di merci per le quali l’effetto traslativo della proprietà è rinviato nel tempo, possono tornare utili le medesime considerazioni elaborate nella risoluzione n. 96 dell’11 maggio 2007, con riferimento al “contratto di prestito d’uso” di merce importata.

Nel richiamato documento di prassi, si è precisato che, salvo casi di esclusione indicati nel Codice Doganale Comunitario, in generale, per i beni importati, anche se non a titolo definitivo, l’Iva deve essere accertata, liquidata e riscossa in dogana all’atto della loro introduzione nel territorio nazionale.

Inoltre, la circostanza che le disposizioni in materia doganale consentono a soggetti diversi dal proprietario effettivo delle merci di operare in dogana in nome proprio e per conto del proprietario, consente di affermare che la proprietà dei beni importati non è condizione necessaria per ottenere la detrazione dell’Iva pagata, bensì occorre che i beni o servizi acquisiti presentino un nesso immediato e diretto con l’oggetto dell’attività d’impresa, ossia siano ad essi inerenti.

Da quanto detto, anche nel caso in esame, sebbene la merce in argomento sia importata in virtù di un contratto di consignment stock, in base al quale l’acquirente italiano acquisterà la proprietà dei beni solo al momento del loro prelievo dal deposito, e quindi in un momento successivo rispetto al transito delle merci in dogana, si ritiene che la società istante abbia, da un lato, l’obbligo di assolvere l’Iva in dogana e, dall’altro, il diritto di esercitare la detrazione dell’Iva medesima ai sensi dell’articolo 19 del dPR n. 633 del 1972, previa annotazione della bolletta doganale nel registro di cui all’articolo 25 del medesimo decreto.

All’atto del prelievo delle merci dal deposito in Italia l’operazione dovrà essere documentata dal cedente con il titolo certificativo previsto nel paese del cedente, mentre la società istante emetterà autofattura, nella quale indicherà l’ammontare del corrispettivo corrisposto e dell’Iva relativa, nonché gli estremi della bolletta doganale con cui i beni sono stati introdotti e quelli di registrazione nel registro degli acquisti.

Detta autofattura andrà annotata nel registro delle vendite e degli acquisti in una separata colonna appositamente contrassegnata, assolvendo l’unica funzione di documentazione dell’operazione di acquisto ai fini delle imposte sui redditi, posto che ai fini Iva l’imposta è già stata assolta ed annotata all’atto dell’importazione.

Si precisa, comunque, che qualora il prezzo corrisposto al momento dell’acquisto definitivo sia superiore a quello indicato in dogana al momento dell’introduzione delle merci nel territorio dello Stato, l’importo medesimo, da documentare ed annotare integralmente nel registro delle fatture emesse e delle fatture d’acquisto, concorrerà alla liquidazione solo per la differenza corrisposta.

Diversamente, nell’ipotesi di restituzione dei beni ricevuti in deposito al fornitore l’operazione dovrà essere considerata una cessione all’esportazione e, pertanto, dovrà essere documentata con fattura non imponibile ai sensi dell’articolo 8 del d.P.R. n. 633 del 1972.

Con riferimento, infine, alla possibilità di annotare le movimentazioni dei predetti beni in conto deposito (introduzione e prelievi) nel registro di cui all’articolo 50, comma 5 del D.L. n. 331 del 1993, al fine di vincere le presunzioni di acquisto e di cessione, si osserva che tale registro è destinato ad accogliere le movimentazioni in entrata ed in uscita dei beni che vengono

trasferiti da un paese all’altro della “Comunità” a titolo non traslativo della proprietà. Ancorché le annotazioni prospettate dal contribuente possano, in via di fatto, risultare funzionali alla predetta esigenza, il registro di cui trattasi è specifico e non può essere utilizzato per annotare beni diversi da quelli comunitari.

Nel caso di specie, si ritiene che la natura di bene di terzi in conto deposito debba risultare dalla bolletta d’importazione da annotare nel registro di cui all’articolo 25 del d.P.R. n. 633 del 1972 al fine di esercitare il diritto alla detrazione.

Ciò non toglie che il contribuente possa istituire un registro di carico e scarico della merce movimentata nel deposito a seguito del contratto di consignment stock, da tenere e conservare ai sensi dell’articolo 39 del d.P.R. n. 633 del 1972.

Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dagli uffici.