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Il trust: brevi note sull’ utilizzo nell’ amministrazione di sostegno

Il trust in generale

Il trust è un istituto di origine anglosassone, introdotto nel nostro ordinamento dalla Legge 9 ottobre 1989, n. 364 (entrata in vigore l’1 gennaio 1992), in recepimento della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985.

Con il trust un soggetto (settlor) trasferisce uno o più beni ad un altro soggetto (trustee), affinché li utilizzi a vantaggio di un terzo beneficiario (beneficiary) o per il perseguimento di uno scopo. Con il conferimento, il settlor perde in via definitiva la proprietà delle cose.

I beni del trust, pur essendo di proprietà del trustee, costituiscono patrimonio separato rispetto agli altri dello stesso, escono dal patrimonio del soggetto destinante, ma non si confondono col patrimonio del soggetto gestore. La proprietà del trustee, per i vincoli che la caratterizzano, ha carattere formale ed è finalizzata all’interesse altrui.

Le vicende personali delle parti coinvolte non incidono sulla situazione giuridica dei beni ed  i loro creditori  non possono aggredire il patrimonio del trust, che così rimane indenne anche in caso di un eventuale fallimento (salvo il caso di esercizio di azioni revocatorie; vedi Tribunale Reggio Emilia 5 novembre 2013, in Famiglia e Diritto 2014, 362). I beni “segregati” risponderanno solo delle obbligazioni assunte nella gestione del trust stesso.

Il trust può comprendere beni di ogni tipo: denaro, mobili semplici, mobili registrati, immobili, diritti reali immobiliari, royalties di brevetti, canoni di locazione.

Il trustee gestisce il patrimonio a lui affidato sotto la propria responsabilità e nell’interesse dei beneficiari. Può essere anche  prevista  la nomina di un guardiano (protector) che vigila sul comportamento del trustee, affinché le sue azioni siano dirette al conseguimento del fine indicato nell’atto costitutivo (deed of trust).

Per l’articolo 6 della citata Convenzione, il disponente può scegliere la legge dalla quale il trust sarà disciplinato, oggi una legge straniera, dato che l’Italia non dispone ancora di una disciplina propria che regoli l’istituto.

Il trust a tutela dei soggetti deboli

Il trust, in considerazione della sua duttilità e dell’effetto segregativo che produce, può essere utilizzato  efficacemente a tutela dei soggetti deboli, dove  trova uno dei suoi terreni di massima elezione, incontrando comunque un limite nelle norme imperative (non può ad esempio spiegare efficacia contro i principi posti a salvaguardia  della successione necessaria dall’articolo 457 del Codice Civile).

L’istituto può servire a tutelare soggetti incapaci quali minori, interdetti, inabilitati, può essere disposto a vantaggio di altri soggetti deboli quali anziani, malati, tossicodipendenti, alcolisti, prodighi. Consente anche di provvedere all’ assistenza della persona svantaggiata  dopo la scomparsa della famiglia di origine.

La veste di trustee può essere assunta da una persona fisica (genitore, altro parente, coniuge, convivente, professionista di fiducia o altro soggetto) oppure da una persona giuridica o da un’associazione non riconosciuta

L’istituto può anche disciplinare rapporti nell’ambito della famiglia di fatto, cui è peraltro  precluso l’utilizzo del fondo patrimoniale, riservato dalla legge alle coppie sposate.

Si può anche ipotizzare che il trust venga promosso dalla stessa persona beneficiaria. Come nel caso di un soggetto affetto da una malattia progressivamente invalidante, che predisponga a proprio favore uno strumento di tutela per il tempo in cui non sarà più in grado di provvedere ai propri interessi, potendo inoltre eventualmente designare beneficiari ulteriori rispetto a se stesso.

Anche nell’ambito della protezione dei soggetti deboli il trust svolge la funzione di colmare lacune nel diritto positivo, assicurando protezione ad interessi meritevoli di tutela, che non trovano in tutto o in parte riconoscimento negli istituti tradizionali di diritto civile (cfr. M. Lupoi, Lettera ad un notaio conoscitore del trust, in Rivista del notariato 2001, 1168).  

L’utilizzo del trust nell’amministrazione di sostegno

Il trust, quale mezzo di tutela dei soggetti bisognosi di aiuto, trova poi applicazione nell’amministrazione di sostegno. Quest’ultima, infatti, introdotta nell’ordinamento dalla Legge 9 gennaio 2004 n. 6, si applica a persone che “per effetto di una infermità o di una menomazione fisica o psichica si trovino nell’impossibilità, anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi”. La genericità del dettato legislativo lascia spazio ad una amplia applicazione  pratica.

Il connubio tra trust e amministrazione di sostegno può costituire una soluzione ottimale di tutela per soggetti colpiti da disabilità. I due istituti hanno infatti in comune un aspetto saliente: la duttilità , che permette loro di modellarsi in modo differente ed efficace alle necessità della situazione concreta, in ragione anche del suo evolversi nel tempo (si pensi al caso che il beneficiario dell’assistenza sia un malato, la cui condizione può migliorare o peggiorare, dovendosi così necessariamente adeguare gli interventi).

Il trust, negozio privatistico e amministrazione di sostegno, misura legale di protezione, diventano istituti complementari che “camminano per mano” per tutelare le persone prive di autonomia (A. Di Sapio,  Protective trust e amministrazione di sostegno: un dialogo, in Trusts e attività fiduciarie, 2014, 12). Gli stessi si caratterizzano da due fattori concomitanti: la cura della persona e la cura del patrimonio.

La scelta del trustee deve ricadere su una persona che, per quanto possibile, possa godere della fiducia dell’assistito ed essere capace di ascoltare e portare a compimento i suoi bisogni, seguendo lo stesso nella vita di relazione. Il trustee deve essere anche in possesso delle cognizioni tecniche necessarie per una profittevole amministrazione del patrimonio. Non è peraltro precluso a chi richiede l’amministrazione di sostegno di indicare nel ricorso il nome del trustee.

Il trustee ha l’obbligo di perseguire le finalità del trust, può utilizzare i beni  ed i loro redditi , compiere gli atti relativi alla gestione, non a proprio vantaggio, ma nell’interesse del beneficiario, nei limiti stabiliti dall’atto costitutivo e dalla legge di riferimento.

La segregazione, peculiare caratteristica del trust, evita che il patrimonio vincolato possa essere aggredito dai creditori,  impedendo altresì al trustee il compimento di atti di disposizione lesivi degli interessi protetti.

Può inoltre verificarsi una suddivisione di compiti tra trustee e amministratore di sostegno: attribuendo al primo l’amministrazione dei beni, al secondo l’emanazione dei provvedimenti necessari per la cura della persona.

All’amministratore di sostegno può essere pure attribuita una funzione di controllo sull’operato del trustee, rivestendo, in tale ipotesi, anche la veste di guardiano, con eventuale potere di revoca del trustee medesimo.

Non si può peraltro escludere che la veste di trustee sia assunta dallo stesso amministratore di sostegno, evitando in tal modo interferenza fra competenze di soggetti diversi.

L’atto istitutivo del trust potrà anche prevedere il ricorso a personale specialistico, che aiuti il trustee nell’assistenza del disabile (A. Palazzo, Autonomia privata e trust protettivi, in Trusts e attività fiduciarie, 2003, 196).

Può essere poi attribuito al trustee il potere, alla morte del disabile, di trasferire il patrimonio del trust alla associazione di volontariato che ha provveduto alle sue necessità.

Casistica giurisprudenziale

Il Tribunale di Bologna, con decreto del 12 giugno 2013 (in Trusts e attività fiduciarie, 2014, 44), ha autorizzato l’amministratore di sostegno ad istituire un trust, su esplicita richiesta del beneficiario della procedura, persona dedita al gioco d’azzardo e preoccupata che il vizio potesse prosciugare le sue sostanze.

Nel trust vengono apportati i beni di quest’ultimo, con lo scopo di preservarli ed utilizzarli al fine del soddisfacimento dei suoi bisogni e delle sue aspirazioni per la durata della vita. Il trust, regolato dalla legge di Jersey, distribuisce in modo analitico ed equilibrato competenze e poteri tra trustee e guardiano (l’amministratore di sostegno medesimo), prevedendo, inoltre, una copertura assicurativa al guardiano, con lo scopo di garantire una protezione idonea al patrimonio dell’assistito.

Per una vicenda analoga, il Tribunale di Milano, con Decreto del 20 gennaio 2011 (in www.trusts.it ), ha autorizzato l’amministrazione di sostegno alla creazione di un trust al fine di tutelare una madre affetta dal vizio del gioco (mania del “gratta e vinci”), patologia compulsiva che può comportare in tempi brevi la dispersione del patrimonio. Il trust, avente ad oggetto le proprietà mobiliari della beneficiaria, è finalizzato alla conservazione di tali beni, evitando che subiscano un depauperamento per effetto del comportamento incontrollato della signora.

Ancora il Tribunale di Bologna, con Decreto dell’11 maggio 2009 (in www.trusts.it), ha autorizzato il trasferimento al trustee di beni ereditati da un soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno, previa accettazione con beneficio di inventario.

Nella fattispecie in esame il beneficiario, in epoca successiva all’apertura della procedura, aveva iniziato una relazione sentimentale, seguita dalla convivenza more uxorio, con una lavoratrice dipendente della struttura di cura che lo aveva ospitato assieme al padre, dimostrando nel contempo una crescente ostilità verso l’amministrazione di sostegno, un amico di famiglia col quale in precedenza aveva avuto un rapporto collaborativo. Dal timore che la relazione istaurata potesse essere motivata anche da ragioni di mero interesse economico, si è avvertita la necessità di garantire attraverso il trust la consistenza, l’integrità e la corretta amministrazione dei beni, nell’interesse del soggetto debole.

Ancora il Tribunale di Genova, con Decreto del 14 marzo 2006 (in www.avvocatidifamiglia.net) nel disporre l’apertura dell’amministrazione di sostegno a favore di una persona malata di Alzheimer, ha autorizzato  l’istituzione di un trust, con la relativa dotazione di beni. Lo scopo è quello di tutelare sia il beneficiario, sia l’unico suo figlio cerebropatico, invalido al 100%, provvedendo nel contempo alla trasmissione del patrimonio, da destinarsi alle cure del figlio disabile (vedi anche Tribunale di Rimini 21 aprile 2009, in Famiglia e Diritto 2009, 817).

Come risulta dalla giurisprudenza presa in considerazione, il trust riesce a valorizzare e dare pratica attuazione alla finalità a cui mira l’istituto dell’amministrazione di sostegno, vale a dire quella di salvaguardare i soggetti che si trovino in una obiettiva condizione di debolezza,  in vista della protezione dei loro interessi e della realizzazione delle loro aspirazioni. La versatilità del trust consente pure di tutelare contemporaneamente più persone, con modalità diversificate,  anche in tempi diversi.

Il trust in generale

Il trust è un istituto di origine anglosassone, introdotto nel nostro ordinamento dalla Legge 9 ottobre 1989, n. 364 (entrata in vigore l’1 gennaio 1992), in recepimento della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985.

Con il trust un soggetto (settlor) trasferisce uno o più beni ad un altro soggetto (trustee), affinché li utilizzi a vantaggio di un terzo beneficiario (beneficiary) o per il perseguimento di uno scopo. Con il conferimento, il settlor perde in via definitiva la proprietà delle cose.

I beni del trust, pur essendo di proprietà del trustee, costituiscono patrimonio separato rispetto agli altri dello stesso, escono dal patrimonio del soggetto destinante, ma non si confondono col patrimonio del soggetto gestore. La proprietà del trustee, per i vincoli che la caratterizzano, ha carattere formale ed è finalizzata all’interesse altrui.

Le vicende personali delle parti coinvolte non incidono sulla situazione giuridica dei beni ed  i loro creditori  non possono aggredire il patrimonio del trust, che così rimane indenne anche in caso di un eventuale fallimento (salvo il caso di esercizio di azioni revocatorie; vedi Tribunale Reggio Emilia 5 novembre 2013, in Famiglia e Diritto 2014, 362). I beni “segregati” risponderanno solo delle obbligazioni assunte nella gestione del trust stesso.

Il trust può comprendere beni di ogni tipo: denaro, mobili semplici, mobili registrati, immobili, diritti reali immobiliari, royalties di brevetti, canoni di locazione.

Il trustee gestisce il patrimonio a lui affidato sotto la propria responsabilità e nell’interesse dei beneficiari. Può essere anche  prevista  la nomina di un guardiano (protector) che vigila sul comportamento del trustee, affinché le sue azioni siano dirette al conseguimento del fine indicato nell’atto costitutivo (deed of trust).

Per l’articolo 6 della citata Convenzione, il disponente può scegliere la legge dalla quale il trust sarà disciplinato, oggi una legge straniera, dato che l’Italia non dispone ancora di una disciplina propria che regoli l’istituto.

Il trust a tutela dei soggetti deboli

Il trust, in considerazione della sua duttilità e dell’effetto segregativo che produce, può essere utilizzato  efficacemente a tutela dei soggetti deboli, dove  trova uno dei suoi terreni di massima elezione, incontrando comunque un limite nelle norme imperative (non può ad esempio spiegare efficacia contro i principi posti a salvaguardia  della successione necessaria dall’articolo 457 del Codice Civile).

L’istituto può servire a tutelare soggetti incapaci quali minori, interdetti, inabilitati, può essere disposto a vantaggio di altri soggetti deboli quali anziani, malati, tossicodipendenti, alcolisti, prodighi. Consente anche di provvedere all’ assistenza della persona svantaggiata  dopo la scomparsa della famiglia di origine.

La veste di trustee può essere assunta da una persona fisica (genitore, altro parente, coniuge, convivente, professionista di fiducia o altro soggetto) oppure da una persona giuridica o da un’associazione non riconosciuta

L’istituto può anche disciplinare rapporti nell’ambito della famiglia di fatto, cui è peraltro  precluso l’utilizzo del fondo patrimoniale, riservato dalla legge alle coppie sposate.

Si può anche ipotizzare che il trust venga promosso dalla stessa persona beneficiaria. Come nel caso di un soggetto affetto da una malattia progressivamente invalidante, che predisponga a proprio favore uno strumento di tutela per il tempo in cui non sarà più in grado di provvedere ai propri interessi, potendo inoltre eventualmente designare beneficiari ulteriori rispetto a se stesso.

Anche nell’ambito della protezione dei soggetti deboli il trust svolge la funzione di colmare lacune nel diritto positivo, assicurando protezione ad interessi meritevoli di tutela, che non trovano in tutto o in parte riconoscimento negli istituti tradizionali di diritto civile (cfr. M. Lupoi, Lettera ad un notaio conoscitore del trust, in Rivista del notariato 2001, 1168).  

L’utilizzo del trust nell’amministrazione di sostegno

Il trust, quale mezzo di tutela dei soggetti bisognosi di aiuto, trova poi applicazione nell’amministrazione di sostegno. Quest’ultima, infatti, introdotta nell’ordinamento dalla Legge 9 gennaio 2004 n. 6, si applica a persone che “per effetto di una infermità o di una menomazione fisica o psichica si trovino nell’impossibilità, anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi”. La genericità del dettato legislativo lascia spazio ad una amplia applicazione  pratica.

Il connubio tra trust e amministrazione di sostegno può costituire una soluzione ottimale di tutela per soggetti colpiti da disabilità. I due istituti hanno infatti in comune un aspetto saliente: la duttilità , che permette loro di modellarsi in modo differente ed efficace alle necessità della situazione concreta, in ragione anche del suo evolversi nel tempo (si pensi al caso che il beneficiario dell’assistenza sia un malato, la cui condizione può migliorare o peggiorare, dovendosi così necessariamente adeguare gli interventi).

Il trust, negozio privatistico e amministrazione di sostegno, misura legale di protezione, diventano istituti complementari che “camminano per mano” per tutelare le persone prive di autonomia (A. Di Sapio,  Protective trust e amministrazione di sostegno: un dialogo, in Trusts e attività fiduciarie, 2014, 12). Gli stessi si caratterizzano da due fattori concomitanti: la cura della persona e la cura del patrimonio.

La scelta del trustee deve ricadere su una persona che, per quanto possibile, possa godere della fiducia dell’assistito ed essere capace di ascoltare e portare a compimento i suoi bisogni, seguendo lo stesso nella vita di relazione. Il trustee deve essere anche in possesso delle cognizioni tecniche necessarie per una profittevole amministrazione del patrimonio. Non è peraltro precluso a chi richiede l’amministrazione di sostegno di indicare nel ricorso il nome del trustee.

Il trustee ha l’obbligo di perseguire le finalità del trust, può utilizzare i beni  ed i loro redditi , compiere gli atti relativi alla gestione, non a proprio vantaggio, ma nell’interesse del beneficiario, nei limiti stabiliti dall’atto costitutivo e dalla legge di riferimento.

La segregazione, peculiare caratteristica del trust, evita che il patrimonio vincolato possa essere aggredito dai creditori,  impedendo altresì al trustee il compimento di atti di disposizione lesivi degli interessi protetti.

Può inoltre verificarsi una suddivisione di compiti tra trustee e amministratore di sostegno: attribuendo al primo l’amministrazione dei beni, al secondo l’emanazione dei provvedimenti necessari per la cura della persona.

All’amministratore di sostegno può essere pure attribuita una funzione di controllo sull’operato del trustee, rivestendo, in tale ipotesi, anche la veste di guardiano, con eventuale potere di revoca del trustee medesimo.

Non si può peraltro escludere che la veste di trustee sia assunta dallo stesso amministratore di sostegno, evitando in tal modo interferenza fra competenze di soggetti diversi.

L’atto istitutivo del trust potrà anche prevedere il ricorso a personale specialistico, che aiuti il trustee nell’assistenza del disabile (A. Palazzo, Autonomia privata e trust protettivi, in Trusts e attività fiduciarie, 2003, 196).

Può essere poi attribuito al trustee il potere, alla morte del disabile, di trasferire il patrimonio del trust alla associazione di volontariato che ha provveduto alle sue necessità.

Casistica giurisprudenziale

Il Tribunale di Bologna, con decreto del 12 giugno 2013 (in Trusts e attività fiduciarie, 2014, 44), ha autorizzato l’amministratore di sostegno ad istituire un trust, su esplicita richiesta del beneficiario della procedura, persona dedita al gioco d’azzardo e preoccupata che il vizio potesse prosciugare le sue sostanze.

Nel trust vengono apportati i beni di quest’ultimo, con lo scopo di preservarli ed utilizzarli al fine del soddisfacimento dei suoi bisogni e delle sue aspirazioni per la durata della vita. Il trust, regolato dalla legge di Jersey, distribuisce in modo analitico ed equilibrato competenze e poteri tra trustee e guardiano (l’amministratore di sostegno medesimo), prevedendo, inoltre, una copertura assicurativa al guardiano, con lo scopo di garantire una protezione idonea al patrimonio dell’assistito.

Per una vicenda analoga, il Tribunale di Milano, con Decreto del 20 gennaio 2011 (in www.trusts.it ), ha autorizzato l’amministrazione di sostegno alla creazione di un trust al fine di tutelare una madre affetta dal vizio del gioco (mania del “gratta e vinci”), patologia compulsiva che può comportare in tempi brevi la dispersione del patrimonio. Il trust, avente ad oggetto le proprietà mobiliari della beneficiaria, è finalizzato alla conservazione di tali beni, evitando che subiscano un depauperamento per effetto del comportamento incontrollato della signora.

Ancora il Tribunale di Bologna, con Decreto dell’11 maggio 2009 (in www.trusts.it), ha autorizzato il trasferimento al trustee di beni ereditati da un soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno, previa accettazione con beneficio di inventario.

Nella fattispecie in esame il beneficiario, in epoca successiva all’apertura della procedura, aveva iniziato una relazione sentimentale, seguita dalla convivenza more uxorio, con una lavoratrice dipendente della struttura di cura che lo aveva ospitato assieme al padre, dimostrando nel contempo una crescente ostilità verso l’amministrazione di sostegno, un amico di famiglia col quale in precedenza aveva avuto un rapporto collaborativo. Dal timore che la relazione istaurata potesse essere motivata anche da ragioni di mero interesse economico, si è avvertita la necessità di garantire attraverso il trust la consistenza, l’integrità e la corretta amministrazione dei beni, nell’interesse del soggetto debole.

Ancora il Tribunale di Genova, con Decreto del 14 marzo 2006 (in www.avvocatidifamiglia.net) nel disporre l’apertura dell’amministrazione di sostegno a favore di una persona malata di Alzheimer, ha autorizzato  l’istituzione di un trust, con la relativa dotazione di beni. Lo scopo è quello di tutelare sia il beneficiario, sia l’unico suo figlio cerebropatico, invalido al 100%, provvedendo nel contempo alla trasmissione del patrimonio, da destinarsi alle cure del figlio disabile (vedi anche Tribunale di Rimini 21 aprile 2009, in Famiglia e Diritto 2009, 817).

Come risulta dalla giurisprudenza presa in considerazione, il trust riesce a valorizzare e dare pratica attuazione alla finalità a cui mira l’istituto dell’amministrazione di sostegno, vale a dire quella di salvaguardare i soggetti che si trovino in una obiettiva condizione di debolezza,  in vista della protezione dei loro interessi e della realizzazione delle loro aspirazioni. La versatilità del trust consente pure di tutelare contemporaneamente più persone, con modalità diversificate,  anche in tempi diversi.