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Avvocato Generale UE: sequestro di merci contraffatte ad opera delle dogane comunitarie

Merci in regime di transito esterno ­– Diritti di proprietà intellettuale –Regolamenti (CE) nn. 3295/94 e 1383/2003 – Assimilazione delle merci in transito alle merci prodotte nel territorio dell’Unione («finzione di produzione») – Condizioni per l’intervento delle autorità doganali nei casi di merci contraffatte o usurpative in situazione di transito – Sospetta violazione di un diritto di proprietà intellettuale
CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

CRUZ VILLALÓN

Causa C‑446/09

Koninklijke Philips Electronics NV

contro

Lucheng Meijing Industrial Company Ltd

contro

Far East Sourcing Ltd

contro

Röhlig Hong Kong Ltd

contro

Röhlig Belgium NV

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen (Belgio)]

Causa C‑495/09

Nokia Corporation

contro

Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Court of Appeal of England and Wales (Regno Unito)]

Indice

I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – Il regolamento n. 3295/94

B – Il regolamento n. 1383/2003

III – Cause principali e questioni pregiudiziali

A – La causa Philips

B – La causa Nokia

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

V – Una questione preliminare: analogie e differenze tra le cause Nokia e Philips

VI – Analisi della questione pregiudiziale nella causa Philips

A – Dal testo della disposizione invocata non si deduce la «finzione di produzione»

B – L’interpretazione suggerita dalla Philips va oltre gli obiettivi del regolamento doganale

C – Il bilancio finale della giurisprudenza anteriore non avalla la «finzione di produzione»

D – Conclusione

VII – Analisi della questione pregiudiziale sollevata nella causa Nokia

A – Considerazioni preliminari

B – Gli artt. 1, 4 e 9, del regolamento introducono un criterio specifico per giustificare l’intervento: i «sospetti» di violazione

C – Le autorità doganali non possono anticipare il senso della futura decisione di merito

D – Requisiti in materia di prova eccessivi potrebbero rendere inutile l’ampiezza della sfera di applicazione del regolamento

E – Il regolamento introduce il criterio dei «sospetti»

VIII – Conclusione

A – Sulla questione pregiudiziale posta dal Rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen (causa C-446/09)

B – Sulla questione pregiudiziale posta dalla Court of Appeal of England and Wales (causa C-495/09)

I – Introduzione

1. Nelle presenti cause riunite due organi giurisdizionali nazionali pongono alcune questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione della normativa dell’Unione relativa all’intervento delle autorità doganali a fronte di potenziali violazioni dei diritti di proprietà intellettuale.

2. Più in particolare, in entrambi i casi si tratta di merci presumibilmente contraffatte o usurpative che si trovavano nella situazione doganale di «transito esterno», una modalità del regime di sospensione doganale che, conformemente all’art. 91, n. 1, lett. a), del codice doganale comunitario (2) consente « la circolazione da una località all’altra del territorio doganale della Comunità (…) di merci non comunitarie, senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e ad altre imposte, né alle misure di politica commerciale». Come ha indicato la giurisprudenza, tale «transito esterno» si basa su una finzione giuridica, poiché tutto si svolge come se tali merci non comunitarie non fossero mai entrate nel territorio di uno Stato membro (3).

3. Nella prima delle due cause, la causa C‑446/09, Koninklijke Philips Electronics NV contro Lucheng Meijing Industrial Company Ltd e a., (in prosieguo: «la causa Philips»), la ricorrente nella causa principale propone di applicare, nell’ambito della detta finzione giuridica costituita dalla situazione di transito esterno, un’altra finzione, cosiddetta «di produzione», in virtù della quale le merci non comunitarie in transito sarebbero trattate come se fossero state prodotte nello Stato membro in cui si trovano, venendo pertanto assoggettate alla normativa sulla tutela della proprietà intellettuale in tale Stato membro. In tal modo si eluderebbe l’onere di provare che le dette merci saranno commercializzate nell’Unione, condizione in principio ineludibile per ottenere la protezione di qualsiasi diritto di proprietà intellettuale.

4. Nella seconda causa, la causa C‑495/09, Nokia Corporation contro Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs (in prosieguo: la «causa Nokia»), le autorità doganali britanniche hanno negato a tale impresa il sequestro di merci apparentemente contraffatte con il motivo che le stesse erano destinate alla Colombia e non sussistevano indizi di una loro possibile deviazione sul mercato dell’Unione europea. Il giudice del rinvio chiede alla Corte se il detto elemento di prova risulti indispensabile al fine di considerare le merci in questione «contraffatte» ai sensi della normativa doganale e, quindi, affinché le autorità doganali possano procedere al sequestro delle stesse.

5. Poste in tali termini, le presenti cause riunite forniranno alla Corte l’occasione di precisare l’influenza o meno dei regolamenti doganali sul regime materiale della proprietà intellettuale nel contesto di merci in posizione di transito, nonché di chiarire le possibilità di intervento delle autorità doganali nei confronti di tali merci che si trovano nella detta situazione, tutto ciò in un contesto giurisprudenziale abbastanza complicato.

II – Contesto normativo

6. Le presenti questioni pregiudiziali hanno ad oggetto la regolamentazione comunitaria relativa all’intervento delle autorità doganali nei confronti di potenziali violazioni dei diritti della proprietà intellettuale.

7. In particolare, la causa Philips verte sul regolamento (CE) 22 dicembre 1994, n. 3295, che stabilisce alcune misure relative all’introduzione nella Comunità ed all’esportazione e riesportazione al di fuori della Comunità, di merci che violano taluni diritti di proprietà intellettuale (in prosieguo: «il vecchio regolamento doganale» ovvero «il regolamento del 1994») (4). Al contrario, nella causa C-446/09, Nokia, risulta di applicazione il regolamento (CE) del Consiglio 22 luglio 2003, n. 1383, relativo all’intervento dell’autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale e alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali diritti (in prosieguo: il «nuovo regolamento doganale» ovvero il «regolamento del 2003») (5), che ha abrogato e sostituito il regolamento precedente.

8. Entrambi i regolamenti sono stati adottati sulla base dell’art. 133 CE (6), relativo alla politica commerciale comune, il cui n. 1 stabiliva quanto segue: «[l]a politica commerciale comune è fondata su principi uniformi, specialmente per quanto concerne le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali, l’uniformazione delle misure di liberalizzazione, la politica di esportazione, nonché le misure di difesa commerciale, tra cui quelle da adottarsi in casi di dumping e di sovvenzioni» (7).

9. Tanto il regolamento doganale precedente quanto quello attualmente in vigore definiscono il proprio ambito di applicazione con riferimento alle diverse situazioni doganali in cui possono trovarsi le merci che possono essere oggetto di intervento da parte dell’autorità doganale e, a tal fine, delineano la nozione di «merci che violano i diritti di proprietà intellettuale».

10. Entrambi i regolamenti prevedono un primo intervento anteriore delle autorità doganali (art. 4 di entrambi i regolamenti), cui può far seguito la domanda d’intervento da parte del titolare del diritto (art. 3 del vecchio regolamento e art. 5 del nuovo regolamento), l’eventuale accoglimento di quest’ultima, l’adozione delle misure corrispondenti e, se del caso, l’avvio di un procedimento «nel merito» dinanzi all’autorità competente.

A – Il regolamento n. 3295/94 (8)

11. L’art. 1 definisce l’ambito di applicazione del regolamento:

«1. Il presente regolamento stabilisce:

a) le condizioni d’intervento delle autorità doganali qualora merci sospettate di essere merci di cui al paragrafo 2, lettera a):

– siano dichiarate per l’immissione in libera pratica, l’esportazione o la riesportazione a norma dell’articolo 61 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario.

– siano scoperte, in occasione di un controllo effettuato su merci sotto vigilanza doganale a norma dell’articolo 37 del regolamento (CEE) n. 2913/92, vincolate ad un regime sospensivo ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, lettera a), dello stesso regolamento, riesportate previa notifica o poste in zona franca o deposito franco ai sensi dell’articolo 166 dello stesso regolamento; e

b) le misure che le autorità competenti devono prendere nei riguardi delle merci anzidette qualora si accerti che sono effettivamente merci di cui al paragrafo 2, lettera a).

2. Ai sensi del presente regolamento si intendono per:

a) “merci che violano un diritto di proprietà intellettuale”:

– le “merci contraffatte”, vale a dire:

– le merci, compreso il loro imballaggio, su cui sia stato apposto senza autorizzazione un marchio di fabbrica o di commercio identico a quello validamente registrato per gli stessi tipi di merci, o che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio di fabbrica o di commercio e che pertanto violi i diritti del titolare del marchio in questione ai sensi della legislazione comunitaria o della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali (…)

– le “merci usurpative”, vale a dire: le merci che costituiscono o che contengono copie fabbricate senza il consenso del titolare del diritto d’autore o dei diritti connessi o del titolare dei diritti relativi al disegno o modello registrato o meno a norma del diritto nazionale o di una persona da questi validamente autorizzata nel paese di produzione, qualora la produzione di tali copie violi il diritto in questione ai sensi della legislazione comunitaria o della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali.

(…)».

12. In conformità dell’articolo 6:

«1. Quando un ufficio doganale cui è stata trasmessa, in applicazione dell’articolo 5, la decisione che accoglie la richiesta del titolare del diritto, accerti, eventualmente previa consultazione del richiedente, che talune merci che si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a) corrispondono alla descrizione delle merci contraffatte o delle merci usurpative contenuta nella decisione stessa, sospende lo svincolo o precede al blocco delle merci.(…).

2. Le disposizioni vigenti nello Stato membro sul cui territorio le merci si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a) sono applicabili:

a) al fine di adire l’autorità competente a deliberare nel merito e di informare immediatamente il servizio o l’ufficio doganale di cui al paragrafo 1, a meno che non vi provvedano direttamente l’ufficio o il servizio stessi;

b) per l’adozione della decisione da parte dell’autorità. In mancanza di una normativa comunitaria in materia, i criteri da seguire per adottare tale decisione sono identici a quelli applicati per determinare se le merci prodotte nello Stato membro interessato violano i diritti del titolare (…)».

B – Il regolamento n. 1383/2003

13. L’art. 1 stabilisce quanto segue:

«1. Il presente regolamento stabilisce le condizioni d’intervento dell’autorità doganale qualora le merci sospettate di violare un diritto di proprietà intellettuale:

a) siano dichiarate per l’immissione in libera pratica, l’esportazione o la riesportazione a norma dell’articolo 61 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario;

b) siano scoperte, in occasione di un controllo effettuato su merci introdotte nel territorio doganale della Comunità o in uscita da questo a norma degli artt. 37 e 183 del regolamento (CEE) n. 2913/92, vincolate ad un regime sospensivo ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, lettera a), dello stesso regolamento, in procinto di essere riesportate previa notifica a norma dell’articolo 182, paragrafo 2, di detto regolamento o poste in zona franca o deposito franco ai sensi dell’articolo 166 dello stesso regolamento.

2. Il presente regolamento stabilisce inoltre le misure che le autorità competenti devono adottare quando è stato accertato che le merci di cui al paragrafo 1 violano effettivamente un diritto di proprietà intellettuale».

14. L’art. 2, n. 1, indica che, ai fini del regolamento medesimo, per «merci che violano un diritto di proprietà intellettuale», si intendono:

«a) le “merci contraffatte”, vale a dire:

i) le merci, compreso il loro imballaggio, su cui sia stato apposto senza autorizzazione un marchio di fabbrica o di commercio identico a quello validamente registrato per gli stessi tipi di merci, o che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio di fabbrica o di commercio e che pertanto violi i diritti del titolare del marchio in questione ai sensi della normativa comunitaria, quali previsti dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario o ai sensi della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali; (…)

b) le “merci usurpative” (…)».

15. L’art. 9 riguarda le condizioni per l’intervento delle autorità doganali. Al n. 1 dispone quanto segue: «Quando un ufficio doganale cui è stata trasmessa, ai sensi dell’articolo 8, la decisione che accoglie la richiesta del titolare del diritto accerta, eventualmente previa consultazione del richiedente, che le merci che si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, sono sospettate di violare un diritto di proprietà intellettuale, cui si riferisce tale decisione, esso sospende lo svincolo o procede al blocco delle merci (…)».

16. A termini dell’art. 10, «[l]e disposizioni vigenti nello Stato membro nel cui territorio le merci si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, si applicano per determinare se vi sia stata violazione di un diritto di proprietà intellettuale secondo la normativa nazionale (…)».

III – Cause principali e questioni pregiudiziali

A – La causa Philips

17. Il 7 novembre 2002, la Antwerpse opsporingsinspectie van de Administratie der Douane en Accijnzen (Servizio ispettivo dell’Amministrazione centrale delle dogane e delle accise di Anversa) tratteneva una partita di rasoi proveniente da Shangai. Esisteva il sospetto che tali merci violassero i diritti di proprietà intellettuale della Koninklijke Philips Electronics NV (in prosieguo: la «Philips»), e in particolare, le registrazioni internazionali dei modelli per rasoi elettrici effettuate per il Benelux (inter alia) dinanzi all’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI), con i numeri DM-034.562, del 9 giugno 1995 e DM-045.971, del 29 luglio 1998, nonché dei diritti di autore sull’aspetto esteriore dei rasoi in questione.

18. Il 12 novembre 2002 la ricorrente nella causa principale rivolgeva alla Centrale una domanda generale d’intervento alla Centrale Administratie der Douane en Accijnzen te Brussel (Amministrazione centrale delle dogane e delle accise di Bruxelles). Tale domanda veniva accettata il 13 novembre 2002.

19. Successivamente, le autorità doganali inviavano alla Philips una fotografia del rasoio «Golden Shaver», e comunicavano alla ricorrente che le seguenti società erano coinvolte nella produzione e nel commercio dei rasoi controversi: la Lucheng Meijing Industrial Company LTD, produttore cinese di rasoi; la Far East Sourcing LTD, con sede ad Hong Kong, trasportatore delle merci; la Röhlig Hong Kong LTD, che aveva spedito le merci ad Hong Kong, e agiva su incarico del dichiarante o del destinatario delle merci; la nv Rohlig Belgium, che aveva spedito le merci in Belgio e che agiva su incarico del dichiarante o del destinatario delle stesse.

20. In base alla dichiarazione doganale rilasciata dal rappresentante della nv Rohlig Belgium, redatta ad Anversa il 29 gennaio 2003, le merci in questione erano state dichiarate per il regime di ammissione temporanea senza che venisse indicato il paese di destinazione. In precedenza, ed in particolare, al loro arrivo ad Anversa, le merci erano state oggetto di una dichiarazione sommaria di conformità ai sensi dell’art. 49 del codice doganale comunitario.

21. L’11 dicembre 2002, la Philips ha presentato un ricorso dinanzi al Rechtbank van eerste aanleg te Anwerpen (Tribunale di primo grado di Anversa) chiedendo di constatare e di dichiarare l’esistenza di una violazione dei suoi diritti di proprietà intellettuale. Secondo la ricorrente, il Rechtbank, in applicazione dell’art. 6, n. 2, lett. b), del regolamento n. 3295/94, dovrebbe partire dalla finzione secondo cui i rasoi confiscati erano stati fabbricati in Belgio, applicando, di conseguenza, il diritto belga, al fine di accertare l’infrazione.

22. Prima di pronunciarsi sul merito, il Rechtbank ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 6, n. 2, lett. b), del regolamento 22 dicembre 1994, n. 3295/94 (il precedente regolamento doganale) costituisca una norma di diritto comunitario uniforme che si impone all’organo giurisdizionale di uno Stato membro che, ai sensi dell’art. 7 del regolamento, viene adito dal titolare del diritto e se tale disposizione comporti che il detto organo, nella sua valutazione, possa non tenere conto della posizione doganale di custodia temporanea/transito, ma debba applicare la finzione che le merci siano state prodotte nello Stato membro medesimo, e quindi, applicando il diritto di quello Stato membro, debba stabilire se le merci in questione violino il diritto di proprietà intellettuale di cui trattasi».

B – La causa Nokia

23. Nel luglio 2008, l’HMRC, Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs (autorità doganale del Regno Unito; in prosieguo: l’«HMRC», bloccava e ispezionava, all’aeroporto di Heathrow, una partita di merci provenienti da Hong Kong e dirette in Colombia che comprendeva, approssimativamente, quattrocento telefoni cellulari, batterie, manuali, casse e kit vivavoce, ciascuno dei quali recava il marchio «Nokia».

24. Il 30 luglio 2008, l’HMRC inviava una lettera alla Nokia Corporation (in prosieguo: la «Nokia») allegando alcuni campioni dei detti prodotti. In seguito ad un’ispezione dei campioni, la Nokia comunicava all’HMRC che si trattava di merci contraffatte, chiedendo alla detta autorità se avesse intenzione di bloccarle.

25. Il 6 agosto 2008, l’HMRC rispondeva che, a seguito di un parere legale, nutriva dubbi circa il fatto che le merci potessero essere considerate «contraffatte» ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. a), sub i), del regolamento n. 1383/2003, in mancanza di elementi atti a provare che avrebbero potuto essere deviate verso il mercato dell’Unione. La detta autorità concludeva pertanto che, in mancanza di tali elementi, non sarebbe stato legittimo privare il proprietario delle proprie merci.

26. Il 20 agosto 2008, la Nokia presentava domanda nei confronti dell’HMRC chiedendo di ottenere un rapporto con i nomi e gli indirizzi del mittente e del destinatario, nonché ogni altro documento pertinente in possesso dell’HMRC attinente alla partita di merci in oggetto. Nonostante il fatto che tali documenti le fossero stati fatti pervenire, la Nokia non riusciva ad individuare il mittente e il destinatario delle merci, e concludeva pertanto che entrambi avevano adottato accorgimenti per nascondere la loro identità.

27. Dopo aver rivolto una nuova richiesta all’HMRC, il 31 ottobre 2008, la Nokia intentava un’azione giudiziaria.

28. Con sentenza 29 luglio 2009, il giudice Kitchin della High Court of England and Wales (Chancery Division) dichiarava che il regolamento non legittimava né imponeva alle autorità doganali di bloccare o confiscare merci contraffatte in situazione di transito, qualora non vi fossero elementi idonei a provare che le merci in questione sarebbero state deviate sul mercato degli Stati membri, in quanto tali merci non possedevano lo status di «merci contraffatte» ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. a), sub i), del regolamento n. 1383/2003.

29. Contro la decisione del giudice Kitchin è stato proposto appello dinanzi alla Court of Appeal of England and Wales (in prosieguo: la «Court of Appeal»), la quale, tenuto conto, precisamente, della causa Philips nonché dei criteri divergenti utilizzati dai diversi giudici nazionali, e «data la necessità di un’interpretazione sistematica ed uniforme del citato regolamento», ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

&

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

CRUZ VILLALÓN

Causa C‑446/09

Koninklijke Philips Electronics NV

contro

Lucheng Meijing Industrial Company Ltd

contro

Far East Sourcing Ltd

contro

Röhlig Hong Kong Ltd

contro

Röhlig Belgium NV

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen (Belgio)]

Causa C‑495/09

Nokia Corporation

contro

Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Court of Appeal of England and Wales (Regno Unito)]

Indice

I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – Il regolamento n. 3295/94

B – Il regolamento n. 1383/2003

III – Cause principali e questioni pregiudiziali

A – La causa Philips

B – La causa Nokia

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

V – Una questione preliminare: analogie e differenze tra le cause Nokia e Philips

VI – Analisi della questione pregiudiziale nella causa Philips

A – Dal testo della disposizione invocata non si deduce la «finzione di produzione»

B – L’interpretazione suggerita dalla Philips va oltre gli obiettivi del regolamento doganale

C – Il bilancio finale della giurisprudenza anteriore non avalla la «finzione di produzione»

D – Conclusione

VII – Analisi della questione pregiudiziale sollevata nella causa Nokia

A – Considerazioni preliminari

B – Gli artt. 1, 4 e 9, del regolamento introducono un criterio specifico per giustificare l’intervento: i «sospetti» di violazione

C – Le autorità doganali non possono anticipare il senso della futura decisione di merito

D – Requisiti in materia di prova eccessivi potrebbero rendere inutile l’ampiezza della sfera di applicazione del regolamento

E – Il regolamento introduce il criterio dei «sospetti»

VIII – Conclusione

A – Sulla questione pregiudiziale posta dal Rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen (causa C-446/09)

B – Sulla questione pregiudiziale posta dalla Court of Appeal of England and Wales (causa C-495/09)

I – Introduzione

1. Nelle presenti cause riunite due organi giurisdizionali nazionali pongono alcune questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione della normativa dell’Unione relativa all’intervento delle autorità doganali a fronte di potenziali violazioni dei diritti di proprietà intellettuale.

2. Più in particolare, in entrambi i casi si tratta di merci presumibilmente contraffatte o usurpative che si trovavano nella situazione doganale di «transito esterno», una modalità del regime di sospensione doganale che, conformemente all’art. 91, n. 1, lett. a), del codice doganale comunitario (2) consente « la circolazione da una località all’altra del territorio doganale della Comunità (…) di merci non comunitarie, senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e ad altre imposte, né alle misure di politica commerciale». Come ha indicato la giurisprudenza, tale «transito esterno» si basa su una finzione giuridica, poiché tutto si svolge come se tali merci non comunitarie non fossero mai entrate nel territorio di uno Stato membro (3).

3. Nella prima delle due cause, la causa C‑446/09, Koninklijke Philips Electronics NV contro Lucheng Meijing Industrial Company Ltd e a., (in prosieguo: «la causa Philips»), la ricorrente nella causa principale propone di applicare, nell’ambito della detta finzione giuridica costituita dalla situazione di transito esterno, un’altra finzione, cosiddetta «di produzione», in virtù della quale le merci non comunitarie in transito sarebbero trattate come se fossero state prodotte nello Stato membro in cui si trovano, venendo pertanto assoggettate alla normativa sulla tutela della proprietà intellettuale in tale Stato membro. In tal modo si eluderebbe l’onere di provare che le dette merci saranno commercializzate nell’Unione, condizione in principio ineludibile per ottenere la protezione di qualsiasi diritto di proprietà intellettuale.

4. Nella seconda causa, la causa C‑495/09, Nokia Corporation contro Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs (in prosieguo: la «causa Nokia»), le autorità doganali britanniche hanno negato a tale impresa il sequestro di merci apparentemente contraffatte con il motivo che le stesse erano destinate alla Colombia e non sussistevano indizi di una loro possibile deviazione sul mercato dell’Unione europea. Il giudice del rinvio chiede alla Corte se il detto elemento di prova risulti indispensabile al fine di considerare le merci in questione «contraffatte» ai sensi della normativa doganale e, quindi, affinché le autorità doganali possano procedere al sequestro delle stesse.

5. Poste in tali termini, le presenti cause riunite forniranno alla Corte l’occasione di precisare l’influenza o meno dei regolamenti doganali sul regime materiale della proprietà intellettuale nel contesto di merci in posizione di transito, nonché di chiarire le possibilità di intervento delle autorità doganali nei confronti di tali merci che si trovano nella detta situazione, tutto ciò in un contesto giurisprudenziale abbastanza complicato.

II – Contesto normativo

6. Le presenti questioni pregiudiziali hanno ad oggetto la regolamentazione comunitaria relativa all’intervento delle autorità doganali nei confronti di potenziali violazioni dei diritti della proprietà intellettuale.

7. In particolare, la causa Philips verte sul regolamento (CE) 22 dicembre 1994, n. 3295, che stabilisce alcune misure relative all’introduzione nella Comunità ed all’esportazione e riesportazione al di fuori della Comunità, di merci che violano taluni diritti di proprietà intellettuale (in prosieguo: «il vecchio regolamento doganale» ovvero «il regolamento del 1994») (4). Al contrario, nella causa C-446/09, Nokia, risulta di applicazione il regolamento (CE) del Consiglio 22 luglio 2003, n. 1383, relativo all’intervento dell’autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale e alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali diritti (in prosieguo: il «nuovo regolamento doganale» ovvero il «regolamento del 2003») (5), che ha abrogato e sostituito il regolamento precedente.

8. Entrambi i regolamenti sono stati adottati sulla base dell’art. 133 CE (6), relativo alla politica commerciale comune, il cui n. 1 stabiliva quanto segue: «[l]a politica commerciale comune è fondata su principi uniformi, specialmente per quanto concerne le modificazioni tariffarie, la conclusione di accordi tariffari e commerciali, l’uniformazione delle misure di liberalizzazione, la politica di esportazione, nonché le misure di difesa commerciale, tra cui quelle da adottarsi in casi di dumping e di sovvenzioni» (7).

9. Tanto il regolamento doganale precedente quanto quello attualmente in vigore definiscono il proprio ambito di applicazione con riferimento alle diverse situazioni doganali in cui possono trovarsi le merci che possono essere oggetto di intervento da parte dell’autorità doganale e, a tal fine, delineano la nozione di «merci che violano i diritti di proprietà intellettuale».

10. Entrambi i regolamenti prevedono un primo intervento anteriore delle autorità doganali (art. 4 di entrambi i regolamenti), cui può far seguito la domanda d’intervento da parte del titolare del diritto (art. 3 del vecchio regolamento e art. 5 del nuovo regolamento), l’eventuale accoglimento di quest’ultima, l’adozione delle misure corrispondenti e, se del caso, l’avvio di un procedimento «nel merito» dinanzi all’autorità competente.

A – Il regolamento n. 3295/94 (8)

11. L’art. 1 definisce l’ambito di applicazione del regolamento:

«1. Il presente regolamento stabilisce:

a) le condizioni d’intervento delle autorità doganali qualora merci sospettate di essere merci di cui al paragrafo 2, lettera a):

– siano dichiarate per l’immissione in libera pratica, l’esportazione o la riesportazione a norma dell’articolo 61 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario.

– siano scoperte, in occasione di un controllo effettuato su merci sotto vigilanza doganale a norma dell’articolo 37 del regolamento (CEE) n. 2913/92, vincolate ad un regime sospensivo ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, lettera a), dello stesso regolamento, riesportate previa notifica o poste in zona franca o deposito franco ai sensi dell’articolo 166 dello stesso regolamento; e

b) le misure che le autorità competenti devono prendere nei riguardi delle merci anzidette qualora si accerti che sono effettivamente merci di cui al paragrafo 2, lettera a).

2. Ai sensi del presente regolamento si intendono per:

a) “merci che violano un diritto di proprietà intellettuale”:

– le “merci contraffatte”, vale a dire:

– le merci, compreso il loro imballaggio, su cui sia stato apposto senza autorizzazione un marchio di fabbrica o di commercio identico a quello validamente registrato per gli stessi tipi di merci, o che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio di fabbrica o di commercio e che pertanto violi i diritti del titolare del marchio in questione ai sensi della legislazione comunitaria o della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali (…)

– le “merci usurpative”, vale a dire: le merci che costituiscono o che contengono copie fabbricate senza il consenso del titolare del diritto d’autore o dei diritti connessi o del titolare dei diritti relativi al disegno o modello registrato o meno a norma del diritto nazionale o di una persona da questi validamente autorizzata nel paese di produzione, qualora la produzione di tali copie violi il diritto in questione ai sensi della legislazione comunitaria o della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali.

(…)».

12. In conformità dell’articolo 6:

«1. Quando un ufficio doganale cui è stata trasmessa, in applicazione dell’articolo 5, la decisione che accoglie la richiesta del titolare del diritto, accerti, eventualmente previa consultazione del richiedente, che talune merci che si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a) corrispondono alla descrizione delle merci contraffatte o delle merci usurpative contenuta nella decisione stessa, sospende lo svincolo o precede al blocco delle merci.(…).

2. Le disposizioni vigenti nello Stato membro sul cui territorio le merci si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a) sono applicabili:

a) al fine di adire l’autorità competente a deliberare nel merito e di informare immediatamente il servizio o l’ufficio doganale di cui al paragrafo 1, a meno che non vi provvedano direttamente l’ufficio o il servizio stessi;

b) per l’adozione della decisione da parte dell’autorità. In mancanza di una normativa comunitaria in materia, i criteri da seguire per adottare tale decisione sono identici a quelli applicati per determinare se le merci prodotte nello Stato membro interessato violano i diritti del titolare (…)».

B – Il regolamento n. 1383/2003

13. L’art. 1 stabilisce quanto segue:

«1. Il presente regolamento stabilisce le condizioni d’intervento dell’autorità doganale qualora le merci sospettate di violare un diritto di proprietà intellettuale:

a) siano dichiarate per l’immissione in libera pratica, l’esportazione o la riesportazione a norma dell’articolo 61 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario;

b) siano scoperte, in occasione di un controllo effettuato su merci introdotte nel territorio doganale della Comunità o in uscita da questo a norma degli artt. 37 e 183 del regolamento (CEE) n. 2913/92, vincolate ad un regime sospensivo ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, lettera a), dello stesso regolamento, in procinto di essere riesportate previa notifica a norma dell’articolo 182, paragrafo 2, di detto regolamento o poste in zona franca o deposito franco ai sensi dell’articolo 166 dello stesso regolamento.

2. Il presente regolamento stabilisce inoltre le misure che le autorità competenti devono adottare quando è stato accertato che le merci di cui al paragrafo 1 violano effettivamente un diritto di proprietà intellettuale».

14. L’art. 2, n. 1, indica che, ai fini del regolamento medesimo, per «merci che violano un diritto di proprietà intellettuale», si intendono:

«a) le “merci contraffatte”, vale a dire:

i) le merci, compreso il loro imballaggio, su cui sia stato apposto senza autorizzazione un marchio di fabbrica o di commercio identico a quello validamente registrato per gli stessi tipi di merci, o che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio di fabbrica o di commercio e che pertanto violi i diritti del titolare del marchio in questione ai sensi della normativa comunitaria, quali previsti dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario o ai sensi della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali; (…)

b) le “merci usurpative” (…)».

15. L’art. 9 riguarda le condizioni per l’intervento delle autorità doganali. Al n. 1 dispone quanto segue: «Quando un ufficio doganale cui è stata trasmessa, ai sensi dell’articolo 8, la decisione che accoglie la richiesta del titolare del diritto accerta, eventualmente previa consultazione del richiedente, che le merci che si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, sono sospettate di violare un diritto di proprietà intellettuale, cui si riferisce tale decisione, esso sospende lo svincolo o procede al blocco delle merci (…)».

16. A termini dell’art. 10, «[l]e disposizioni vigenti nello Stato membro nel cui territorio le merci si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, si applicano per determinare se vi sia stata violazione di un diritto di proprietà intellettuale secondo la normativa nazionale (…)».

III – Cause principali e questioni pregiudiziali

A – La causa Philips

17. Il 7 novembre 2002, la Antwerpse opsporingsinspectie van de Administratie der Douane en Accijnzen (Servizio ispettivo dell’Amministrazione centrale delle dogane e delle accise di Anversa) tratteneva una partita di rasoi proveniente da Shangai. Esisteva il sospetto che tali merci violassero i diritti di proprietà intellettuale della Koninklijke Philips Electronics NV (in prosieguo: la «Philips»), e in particolare, le registrazioni internazionali dei modelli per rasoi elettrici effettuate per il Benelux (inter alia) dinanzi all’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI), con i numeri DM-034.562, del 9 giugno 1995 e DM-045.971, del 29 luglio 1998, nonché dei diritti di autore sull’aspetto esteriore dei rasoi in questione.

18. Il 12 novembre 2002 la ricorrente nella causa principale rivolgeva alla Centrale una domanda generale d’intervento alla Centrale Administratie der Douane en Accijnzen te Brussel (Amministrazione centrale delle dogane e delle accise di Bruxelles). Tale domanda veniva accettata il 13 novembre 2002.

19. Successivamente, le autorità doganali inviavano alla Philips una fotografia del rasoio «Golden Shaver», e comunicavano alla ricorrente che le seguenti società erano coinvolte nella produzione e nel commercio dei rasoi controversi: la Lucheng Meijing Industrial Company LTD, produttore cinese di rasoi; la Far East Sourcing LTD, con sede ad Hong Kong, trasportatore delle merci; la Röhlig Hong Kong LTD, che aveva spedito le merci ad Hong Kong, e agiva su incarico del dichiarante o del destinatario delle merci; la nv Rohlig Belgium, che aveva spedito le merci in Belgio e che agiva su incarico del dichiarante o del destinatario delle stesse.

20. In base alla dichiarazione doganale rilasciata dal rappresentante della nv Rohlig Belgium, redatta ad Anversa il 29 gennaio 2003, le merci in questione erano state dichiarate per il regime di ammissione temporanea senza che venisse indicato il paese di destinazione. In precedenza, ed in particolare, al loro arrivo ad Anversa, le merci erano state oggetto di una dichiarazione sommaria di conformità ai sensi dell’art. 49 del codice doganale comunitario.

21. L’11 dicembre 2002, la Philips ha presentato un ricorso dinanzi al Rechtbank van eerste aanleg te Anwerpen (Tribunale di primo grado di Anversa) chiedendo di constatare e di dichiarare l’esistenza di una violazione dei suoi diritti di proprietà intellettuale. Secondo la ricorrente, il Rechtbank, in applicazione dell’art. 6, n. 2, lett. b), del regolamento n. 3295/94, dovrebbe partire dalla finzione secondo cui i rasoi confiscati erano stati fabbricati in Belgio, applicando, di conseguenza, il diritto belga, al fine di accertare l’infrazione.

22. Prima di pronunciarsi sul merito, il Rechtbank ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 6, n. 2, lett. b), del regolamento 22 dicembre 1994, n. 3295/94 (il precedente regolamento doganale) costituisca una norma di diritto comunitario uniforme che si impone all’organo giurisdizionale di uno Stato membro che, ai sensi dell’art. 7 del regolamento, viene adito dal titolare del diritto e se tale disposizione comporti che il detto organo, nella sua valutazione, possa non tenere conto della posizione doganale di custodia temporanea/transito, ma debba applicare la finzione che le merci siano state prodotte nello Stato membro medesimo, e quindi, applicando il diritto di quello Stato membro, debba stabilire se le merci in questione violino il diritto di proprietà intellettuale di cui trattasi».

B – La causa Nokia

23. Nel luglio 2008, l’HMRC, Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs (autorità doganale del Regno Unito; in prosieguo: l’«HMRC», bloccava e ispezionava, all’aeroporto di Heathrow, una partita di merci provenienti da Hong Kong e dirette in Colombia che comprendeva, approssimativamente, quattrocento telefoni cellulari, batterie, manuali, casse e kit vivavoce, ciascuno dei quali recava il marchio «Nokia».

24. Il 30 luglio 2008, l’HMRC inviava una lettera alla Nokia Corporation (in prosieguo: la «Nokia») allegando alcuni campioni dei detti prodotti. In seguito ad un’ispezione dei campioni, la Nokia comunicava all’HMRC che si trattava di merci contraffatte, chiedendo alla detta autorità se avesse intenzione di bloccarle.

25. Il 6 agosto 2008, l’HMRC rispondeva che, a seguito di un parere legale, nutriva dubbi circa il fatto che le merci potessero essere considerate «contraffatte» ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. a), sub i), del regolamento n. 1383/2003, in mancanza di elementi atti a provare che avrebbero potuto essere deviate verso il mercato dell’Unione. La detta autorità concludeva pertanto che, in mancanza di tali elementi, non sarebbe stato legittimo privare il proprietario delle proprie merci.

26. Il 20 agosto 2008, la Nokia presentava domanda nei confronti dell’HMRC chiedendo di ottenere un rapporto con i nomi e gli indirizzi del mittente e del destinatario, nonché ogni altro documento pertinente in possesso dell’HMRC attinente alla partita di merci in oggetto. Nonostante il fatto che tali documenti le fossero stati fatti pervenire, la Nokia non riusciva ad individuare il mittente e il destinatario delle merci, e concludeva pertanto che entrambi avevano adottato accorgimenti per nascondere la loro identità.

27. Dopo aver rivolto una nuova richiesta all’HMRC, il 31 ottobre 2008, la Nokia intentava un’azione giudiziaria.

28. Con sentenza 29 luglio 2009, il giudice Kitchin della High Court of England and Wales (Chancery Division) dichiarava che il regolamento non legittimava né imponeva alle autorità doganali di bloccare o confiscare merci contraffatte in situazione di transito, qualora non vi fossero elementi idonei a provare che le merci in questione sarebbero state deviate sul mercato degli Stati membri, in quanto tali merci non possedevano lo status di «merci contraffatte» ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. a), sub i), del regolamento n. 1383/2003.

29. Contro la decisione del giudice Kitchin è stato proposto appello dinanzi alla Court of Appeal of England and Wales (in prosieguo: la «Court of Appeal»), la quale, tenuto conto, precisamente, della causa Philips nonché dei criteri divergenti utilizzati dai diversi giudici nazionali, e «data la necessità di un’interpretazione sistematica ed uniforme del citato regolamento», ha sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

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