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Corte di Giustizia UE: sul design una sentenza scontata

Nota a Corte di Giustizia UE, Sentenza 27 gennaio 2011
La sentenza della Corte di Giustizia comunitaria (Sez. II – proc. n° 168/09 – Fols S.p.A. / Semeraro Casa Famiglia S.p.A.) depositata il 27 gennaio 2011 riapre un confronto, forse mai cessato, all’interno del mondo della proprietà industriale, tra gli originari aventi titolo alla riproduzione seriale di alcuni tra i più famosi pezzi del nostro design e coloro i quali, sfruttando l’intervenuta caduta in pubblico dominio di questi modelli, li hanno ripresi destinandoli ad una riproduzione, spesso su maggior scala ed a prezzi particolarmente competitivi.

Al fine di meglio comprendere quanto annoso sia stato il dibattito e quali le modifiche di scenario che si sono succedute, in tempi assai ravvicinati tra loro, nel nostro diritto interno in materia di tutela dell’industrial design, appare opportuno procedere ad un inquadramento preliminare del problema.

L’originaria legge sul diritto d’autore (legge 633 del 1941) vietava di fatto il cumulo della protezione tra diritto d’autore e diritti discendenti da modelli registrati per i prodotti dell’industrial design se non in casi rarissimi ed eccezionali. Infatti, l’art. 2 comma 1 punto 4 della suddetta legge prevedeva che godessero della protezione autoristica le opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia, anche se applicate all’industria, sempreché il loro valore artistico fosse scindibile dal carattere industriale del prodotto al quale erano associate. Orbene, non vi è chi non veda la difficoltà, in un prodotto di industrial design, di scindere il valore artistico dal carattere industriale.

Una rivoluzione copernicana, quindi, può essere definita quella portata dall’adeguamento del nostro sistema normativo alla direttiva 98/71, adeguamento intervenuto con il decreto legislativo 95 del 2 febbraio 2001.

La direttiva 98/71, volta come sempre ad una uniformazione dei diritti degli Stati membri, apriva infatti la porta, anche in quei Paesi, come il nostro, in cui era stato fin li escluso, al cumulo tra tutela discendente dalla registrazione di un modello e tutela autoristica, lasciando solo margine ai singoli Stati di determinare l’estensione della protezione e le condizioni alle quali essa veniva concessa, ivi compreso il grado di originalità che il disegno o modello deve possedere.

L’art. 17 della Direttiva statuiva che “disegni e modelli protetti come disegni o modelli registrati in uno Stato membro o con effetti in uno Stato membro a norma della presente direttiva sono ammessi a beneficiare altresì della protezione della legge sul diritto d’autore vigente in tale Stato fin dal momento in cui il disegno o modello è stato creato o stabilito in una qualsiasi forma”.

Il già menzionato decreto legislativo 95 del 2001, abrogava dunque l’art. 2, comma 1, punto 4, e con esso il concetto di scindibilità, ed introduceva l’articolo 2, comma 1, punto 10, con cui entravano sotto l’ala del diritto d’autore quelle opere del disegno industriale per cui fosse riconoscibile di per sé un carattere creativo ed un valore artistico.

Tale modifica normativa, tuttavia, metteva in evidenza un conflitto di interessi economici. Da un lato vi erano i titolari di modelli registrati caduti già in pubblico dominio prima del decreto legislativo 95/2001, che avrebbero vissuto di nuova vita ove ricadessero nei termini della tutela autoristica, sia per il loro valore artistico, sia per la compatibilità con la durata della protezione di questa ultima norma; dall’altro, vi erano coloro che, del modello/disegno caduto in pubblico dominio avevano ripreso elementi essenziali riproducendoli in altri pezzi, spesso venduti a prezzo più abbordabile per il grande pubblico.

Ne era scaturito un dibattito, anche dottrinale, che aveva portato solo qualche mese più tardi ad un nuovo decreto legislativo (D. Lgs 164 del 2001) con cui veniva introdotta una “moratoria” decennale a favore dei riproduttori e, sostanzialmente, a scapito dei legittimi titolari dei diritti originari. Si prevedeva, infatti, che l’applicazione dell’art. 2, comma 1, punto 10, della legge 633 del 1941 rimanesse sospesa per dieci anni nei confronti di coloro che, anteriormente all’entrata in vigore del suddetto decreto, avessero intrapreso la fabbricazione, commercializzazione, di prodotti realizzati in conformità con disegni e modelli che erano o erano divenuti di pubblico dominio.

Peraltro va detto che questa interpretazione, a parere di chi scrive, ben al di fuori delle maglie della direttiva 98/71 se non addirittura in contrasto con la stessa e con il desiderio di uniformità normativa che essa perseguiva, è stata sin da subito criticata in sede europea con l’apertura di un procedimento di infrazione a carico dell’Italia.

Tale era il quadro quando, nel 2005, ha visto la luce il codice della proprietà industriale, testo sistematico che, abrogando le precedenti norme in materia di marchio, brevetto, disegno e modello, le raccoglieva in un unicum. L’art. 239 del codice riprendeva la “moratoria” decennale, mentre l’art. 44 limitava il periodo di tutela autoristica per i modelli a venticinque anni dalla morte dell’autore in luogo dei settanta previsti per tutte le altre opere.

Forse anche in ragione del procedimento di infrazione aperto dalla Comunità e di cui si è innanzi detto, il successivo decreto legislativo 10 del 2007 portava anche per i disegni industriali con valore artistico la copertura del diritto d’autore a settanta anni dalla morte dell’autore, uniformandola alla tutela riconosciuta alle altre categorie di opere. Tuttavia, questo parziale adeguamento allo spirito comunitario veniva contraddetto dalla modifica dell’art. 239 del codice che cancellava la protezione autoristica in relazione ai prodotti realizzati in conformità ai disegni o modelli che, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto 95 del 2001, erano oppure erano divenuti di dominio pubblico.

La progressione normativa sopra ricostruita che portava ad una sorta di “colpo di spugna” della tutela autoristica a modelli che in apparenza, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 71/98, dovevano soggiacervi, ha indotto il Tribunale di Milano, nell’ambito di una controversia avente ad oggetto la protezione giuridica dei modelli e dei disegni, a rivolgersi alla Corte di Giustizia per una pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE.

In particolare il giudice italiano richiedeva al giudice comunitario se l’art. 17 della Direttiva 98/71 abbia ad ostare con l’esclusione dalla protezione autoristica di modelli e disegni che, pur possedendo i requisiti stabiliti per esservi ricompresi, erano caduti in pubblico dominio anteriormente all’entrata in vigore della norma nazionale che recepiva la direttiva, ed in particolare se cio’ possa avvenire per tutelare terzi. Ed infine, se eventualmente potesse essere in linea con l’art. 17 della Direttiva un periodo di moratoria di dieci anni dell’applicazione della normativa ai modelli/disegni caduti in pubblico dominio prima del 19 aprile 2001.

Già le conclusioni dell’Avvocato Generale Bot depositate nel giugno 2010 sono state illuminanti per comprendere come non vi fosse condivisione da parte della Comunità Europea della via legislativa scelta dall’Italia. L’Avvocato Generale, infatti, non solo riteneva in contrasto con l’art. 17 della direttiva 98/71 l’art. 239 del codice della proprietà industriale, ma considerava non adeguato e non in linea con l’interpretazione di tale articolo (e a parere di chi scrive con lo spirito della Direttiva stessa) anche un periodo di moratoria di dieci anni, troppo lungo se comparato al periodo di tutela di settanta anni dalla morte dell’autore previsto dalla legislazione sul diritto d’autore.

Pur comprendendo ed in parte condividendo la necessità di contemperare le esigenze di soggetti i quali, con l’introduzione in quei paesi che precedentemente non cumulavano la tutela brevettuale a quella autoristica, si trovavano, per così dire, su fronti contrapposti, l’Avvocato Generale non ritiene possibile condividere né un’esclusione né un periodo di moratoria così lungo: in questo caso, d’altronde, si vedrebbe prevalere un interesse sull’altro.

Il riferimento dell’Avvocato Generale va ai parametri posti dalla precedente giurisprudenza della Corte, formatasi su casi concernenti proprio il diritto d’autore. Nello specifico la sentenza Butterfly Music (C-60/98) in cui la Corte aveva ricordato che il principio del legittimo affidamento non puo’ essere esteso fino a impedire, in generale, che una nuova disciplina si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte sotto l’impero della disciplina anteriore.

Inoltre, che l’eventuale stabilimento di periodi di “moratoria” nell’applicazione della Direttiva 98/71 devono rispettare al contempo l’obbligo imposto agli stati Membri di adottare misure intese alla protezione dei diritti acquisiti dai terzi e la necessità di applicare le nuove norme di tutela. Il termine di ritardata applicazione della norma deve dunque rispondere ad un principio di ragionevolezza.

Pertanto, se dubbi non vi erano a parere dell’Avvocato Generale sul fatto che l’attività compiuta e perfezionatasi, eventualmente interferente con modelli/disegni di terzi, prima dell’entrata in vigore della legge che aveva recepito nel diritto italiano la Direttiva 98/71 non fosse contestabile, occorreva disciplinare in modo conforme alla Direttiva le attività successive e contemperare i diritti.

Ciò che a parere dell’Avvocato generale non era stato fatto dall’Italia né con la prima versione dell’art. 239 del codice, né con la modifica introdotta nel 2007.

L’Avvocato Generale concludeva quindi per una lettura dell’art. 17 della direttiva 98/71 nel senso ch’esso ostava con l’esclusione dei disegni o modelli già caduti in pubblico dominio dalla tutela autoristica e che esso ostava pure ad un periodo transitorio così ampio come dieci anni.

La posizione dell’Avvocatura è stata di fatto ripreso dalla sentenza della Corte che nelle sue motivazioni pare andare perfino oltre, ritenendo che l’art. 4 del Decreto legislativo 10 del 2007, che abolisce la moratoria e istituisce l’inopponibilità illimitata della protezione del diritto d’autore per i prodotti creati sulla base di disegni e modelli divenuti di pubblico dominio prima dl 19 aprile 2001, privi di contenuto l’art. 17 della Direttiva avendo come conseguenza quella di impedire, in generale l’applicazione della nuova protezione cioè quella riguardante il diritto d’autore. Inoltre, sempre a parere alla Corte, la norma interna apparirebbe perfino non adeguata a limitare e circoscrivere la categoria dei terzi che possono avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento, posto che secondo tale disposizione non è nemmeno necessario che il terzo abbia avviato la produzione prima del 19 aprile 2001 (momento di entrata in vigore del Decreto Legislativo 95 del 2001).

La Corte conclude quindi affermando che:

a) l’art. 17 della direttiva 98/71 deve essere interpretata nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro che escluda dalla protezione del diritto d’autore di tale stato membro i disegni o modelli che siano stati registrati in uno Stato membro o con effetti in uno Stato membro e che siano divenuti di pubblico dominio anteriormente alla data di entrata in vigore di detta normativa, pur possedendone tutti requisiti.

b) L’art. 17 della Direttiva deve essere interpretato nel senso che esso osta ad un periodo di esclusione dal diritto di dieci anni.

Sarà interessante vedere nei prossimi mesi, anche alla luce del dibattito dottrinale che ne scaturirà, le eventuali mosse del legislatore.

La sentenza della Corte di Giustizia comunitaria (Sez. II – proc. n° 168/09 – Fols S.p.A. / Semeraro Casa Famiglia S.p.A.) depositata il 27 gennaio 2011 riapre un confronto, forse mai cessato, all’interno del mondo della proprietà industriale, tra gli originari aventi titolo alla riproduzione seriale di alcuni tra i più famosi pezzi del nostro design e coloro i quali, sfruttando l’intervenuta caduta in pubblico dominio di questi modelli, li hanno ripresi destinandoli ad una riproduzione, spesso su maggior scala ed a prezzi particolarmente competitivi.

Al fine di meglio comprendere quanto annoso sia stato il dibattito e quali le modifiche di scenario che si sono succedute, in tempi assai ravvicinati tra loro, nel nostro diritto interno in materia di tutela dell’industrial design, appare opportuno procedere ad un inquadramento preliminare del problema.

L’originaria legge sul diritto d’autore (legge 633 del 1941) vietava di fatto il cumulo della protezione tra diritto d’autore e diritti discendenti da modelli registrati per i prodotti dell’industrial design se non in casi rarissimi ed eccezionali. Infatti, l’art. 2 comma 1 punto 4 della suddetta legge prevedeva che godessero della protezione autoristica le opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia, anche se applicate all’industria, sempreché il loro valore artistico fosse scindibile dal carattere industriale del prodotto al quale erano associate. Orbene, non vi è chi non veda la difficoltà, in un prodotto di industrial design, di scindere il valore artistico dal carattere industriale.

Una rivoluzione copernicana, quindi, può essere definita quella portata dall’adeguamento del nostro sistema normativo alla direttiva 98/71, adeguamento intervenuto con il decreto legislativo 95 del 2 febbraio 2001.

La direttiva 98/71, volta come sempre ad una uniformazione dei diritti degli Stati membri, apriva infatti la porta, anche in quei Paesi, come il nostro, in cui era stato fin li escluso, al cumulo tra tutela discendente dalla registrazione di un modello e tutela autoristica, lasciando solo margine ai singoli Stati di determinare l’estensione della protezione e le condizioni alle quali essa veniva concessa, ivi compreso il grado di originalità che il disegno o modello deve possedere.

L’art. 17 della Direttiva statuiva che “disegni e modelli protetti come disegni o modelli registrati in uno Stato membro o con effetti in uno Stato membro a norma della presente direttiva sono ammessi a beneficiare altresì della protezione della legge sul diritto d’autore vigente in tale Stato fin dal momento in cui il disegno o modello è stato creato o stabilito in una qualsiasi forma”.

Il già menzionato decreto legislativo 95 del 2001, abrogava dunque l’art. 2, comma 1, punto 4, e con esso il concetto di scindibilità, ed introduceva l’articolo 2, comma 1, punto 10, con cui entravano sotto l’ala del diritto d’autore quelle opere del disegno industriale per cui fosse riconoscibile di per sé un carattere creativo ed un valore artistico.

Tale modifica normativa, tuttavia, metteva in evidenza un conflitto di interessi economici. Da un lato vi erano i titolari di modelli registrati caduti già in pubblico dominio prima del decreto legislativo 95/2001, che avrebbero vissuto di nuova vita ove ricadessero nei termini della tutela autoristica, sia per il loro valore artistico, sia per la compatibilità con la durata della protezione di questa ultima norma; dall’altro, vi erano coloro che, del modello/disegno caduto in pubblico dominio avevano ripreso elementi essenziali riproducendoli in altri pezzi, spesso venduti a prezzo più abbordabile per il grande pubblico.

Ne era scaturito un dibattito, anche dottrinale, che aveva portato solo qualche mese più tardi ad un nuovo decreto legislativo (D. Lgs 164 del 2001) con cui veniva introdotta una “moratoria” decennale a favore dei riproduttori e, sostanzialmente, a scapito dei legittimi titolari dei diritti originari. Si prevedeva, infatti, che l’applicazione dell’art. 2, comma 1, punto 10, della legge 633 del 1941 rimanesse sospesa per dieci anni nei confronti di coloro che, anteriormente all’entrata in vigore del suddetto decreto, avessero intrapreso la fabbricazione, commercializzazione, di prodotti realizzati in conformità con disegni e modelli che erano o erano divenuti di pubblico dominio.

Peraltro va detto che questa interpretazione, a parere di chi scrive, ben al di fuori delle maglie della direttiva 98/71 se non addirittura in contrasto con la stessa e con il desiderio di uniformità normativa che essa perseguiva, è stata sin da subito criticata in sede europea con l’apertura di un procedimento di infrazione a carico dell’Italia.

Tale era il quadro quando, nel 2005, ha visto la luce il codice della proprietà industriale, testo sistematico che, abrogando le precedenti norme in materia di marchio, brevetto, disegno e modello, le raccoglieva in un unicum. L’art. 239 del codice riprendeva la “moratoria” decennale, mentre l’art. 44 limitava il periodo di tutela autoristica per i modelli a venticinque anni dalla morte dell’autore in luogo dei settanta previsti per tutte le altre opere.

Forse anche in ragione del procedimento di infrazione aperto dalla Comunità e di cui si è innanzi detto, il successivo decreto legislativo 10 del 2007 portava anche per i disegni industriali con valore artistico la copertura del diritto d’autore a settanta anni dalla morte dell’autore, uniformandola alla tutela riconosciuta alle altre categorie di opere. Tuttavia, questo parziale adeguamento allo spirito comunitario veniva contraddetto dalla modifica dell’art. 239 del codice che cancellava la protezione autoristica in relazione ai prodotti realizzati in conformità ai disegni o modelli che, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto 95 del 2001, erano oppure erano divenuti di dominio pubblico.

La progressione normativa sopra ricostruita che portava ad una sorta di “colpo di spugna” della tutela autoristica a modelli che in apparenza, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 71/98, dovevano soggiacervi, ha indotto il Tribunale di Milano, nell’ambito di una controversia avente ad oggetto la protezione giuridica dei modelli e dei disegni, a rivolgersi alla Corte di Giustizia per una pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE.

In particolare il giudice italiano richiedeva al giudice comunitario se l’art. 17 della Direttiva 98/71 abbia ad ostare con l’esclusione dalla protezione autoristica di modelli e disegni che, pur possedendo i requisiti stabiliti per esservi ricompresi, erano caduti in pubblico dominio anteriormente all’entrata in vigore della norma nazionale che recepiva la direttiva, ed in particolare se cio’ possa avvenire per tutelare terzi. Ed infine, se eventualmente potesse essere in linea con l’art. 17 della Direttiva un periodo di moratoria di dieci anni dell’applicazione della normativa ai modelli/disegni caduti in pubblico dominio prima del 19 aprile 2001.

Già le conclusioni dell’Avvocato Generale Bot depositate nel giugno 2010 sono state illuminanti per comprendere come non vi fosse condivisione da parte della Comunità Europea della via legislativa scelta dall’Italia. L’Avvocato Generale, infatti, non solo riteneva in contrasto con l’art. 17 della direttiva 98/71 l’art. 239 del codice della proprietà industriale, ma considerava non adeguato e non in linea con l’interpretazione di tale articolo (e a parere di chi scrive con lo spirito della Direttiva stessa) anche un periodo di moratoria di dieci anni, troppo lungo se comparato al periodo di tutela di settanta anni dalla morte dell’autore previsto dalla legislazione sul diritto d’autore.

Pur comprendendo ed in parte condividendo la necessità di contemperare le esigenze di soggetti i quali, con l’introduzione in quei paesi che precedentemente non cumulavano la tutela brevettuale a quella autoristica, si trovavano, per così dire, su fronti contrapposti, l’Avvocato Generale non ritiene possibile condividere né un’esclusione né un periodo di moratoria così lungo: in questo caso, d’altronde, si vedrebbe prevalere un interesse sull’altro.

Il riferimento dell’Avvocato Generale va ai parametri posti dalla precedente giurisprudenza della Corte, formatasi su casi concernenti proprio il diritto d’autore. Nello specifico la sentenza Butterfly Music (C-60/98) in cui la Corte aveva ricordato che il principio del legittimo affidamento non puo’ essere esteso fino a impedire, in generale, che una nuova disciplina si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte sotto l’impero della disciplina anteriore.

Inoltre, che l’eventuale stabilimento di periodi di “moratoria” nell’applicazione della Direttiva 98/71 devono rispettare al contempo l’obbligo imposto agli stati Membri di adottare misure intese alla protezione dei diritti acquisiti dai terzi e la necessità di applicare le nuove norme di tutela. Il termine di ritardata applicazione della norma deve dunque rispondere ad un principio di ragionevolezza.

Pertanto, se dubbi non vi erano a parere dell’Avvocato Generale sul fatto che l’attività compiuta e perfezionatasi, eventualmente interferente con modelli/disegni di terzi, prima dell’entrata in vigore della legge che aveva recepito nel diritto italiano la Direttiva 98/71 non fosse contestabile, occorreva disciplinare in modo conforme alla Direttiva le attività successive e contemperare i diritti.

Ciò che a parere dell’Avvocato generale non era stato fatto dall’Italia né con la prima versione dell’art. 239 del codice, né con la modifica introdotta nel 2007.

L’Avvocato Generale concludeva quindi per una lettura dell’art. 17 della direttiva 98/71 nel senso ch’esso ostava con l’esclusione dei disegni o modelli già caduti in pubblico dominio dalla tutela autoristica e che esso ostava pure ad un periodo transitorio così ampio come dieci anni.

La posizione dell’Avvocatura è stata di fatto ripreso dalla sentenza della Corte che nelle sue motivazioni pare andare perfino oltre, ritenendo che l’art. 4 del Decreto legislativo 10 del 2007, che abolisce la moratoria e istituisce l’inopponibilità illimitata della protezione del diritto d’autore per i prodotti creati sulla base di disegni e modelli divenuti di pubblico dominio prima dl 19 aprile 2001, privi di contenuto l’art. 17 della Direttiva avendo come conseguenza quella di impedire, in generale l’applicazione della nuova protezione cioè quella riguardante il diritto d’autore. Inoltre, sempre a parere alla Corte, la norma interna apparirebbe perfino non adeguata a limitare e circoscrivere la categoria dei terzi che possono avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento, posto che secondo tale disposizione non è nemmeno necessario che il terzo abbia avviato la produzione prima del 19 aprile 2001 (momento di entrata in vigore del Decreto Legislativo 95 del 2001).

La Corte conclude quindi affermando che:

a) l’art. 17 della direttiva 98/71 deve essere interpretata nel senso che osta alla normativa di uno Stato membro che escluda dalla protezione del diritto d’autore di tale stato membro i disegni o modelli che siano stati registrati in uno Stato membro o con effetti in uno Stato membro e che siano divenuti di pubblico dominio anteriormente alla data di entrata in vigore di detta normativa, pur possedendone tutti requisiti.

b) L’art. 17 della Direttiva deve essere interpretato nel senso che esso osta ad un periodo di esclusione dal diritto di dieci anni.

Sarà interessante vedere nei prossimi mesi, anche alla luce del dibattito dottrinale che ne scaturirà, le eventuali mosse del legislatore.