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Detenuti e (problemi di) lavoro in carcere

Austria
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Detenuti e (problemi di) lavoro in carcere – Austria

 

Abstract: Vi è obbligo di lavoro – per i detenuti condannati con sentenza passata in giudicato - ma i posti di lavoro disponibili nelle JVA, sono di numero inferiore ai detenuti obbligati a svolgere attività lavorativa. Un paradosso, di cui tratteremo in quest’articolo.

 

L’art. 44 dello “Strafvollzugsgesetz – StVG” (Legge, che detta norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione di misure privative e limitative della libertà personale) prevede, al comma 1, che ogni detenuto in espiazione di pena, in grado di svolgere attività lavorativa, è obbligato “Arbeit zu leisten”.

Comma 2: Detenuti con obbligo di lavoro, sono tenuti a svolgere l’attività lavorativa a loro assegnata, a meno che la stessa non comporti pericolo di vita oppure pericoli gravi per la loro salute.

Questa norma fondamentale in materia di “Arbeitspflicht”, è seguita poi da altri paragrafi (45-55) dello StVG.

Nel passato, l’obbligo di lavoro per i detenuti, era considerato un aggravamento di pena (vedasi OGH, 4.6.69, 10 Ob 27/95).Questa concezione può dirsi, ormai, superata. Secondo il § 20 dello “StVG”, fine della pena detentiva, è, in primo luogo, la risocializzazione del condannato, seguito dall’esigenza di prevenzione speciale.

Oramai siamo lontani dal (mero) cosiddetto “Bestrafungsgedanken”. Anzi, al giorno d’oggi, i detenuti nelle carceri austriache, considerano un “privilegio”, essere ammessi allo svolgimento di attività lavorativa, sia all’interno della struttura penitenzaria, che fuori dalla stessa, in quanto i posti lavoro sono in numero inferiore alle richieste dei detenuti (come vedremo sulla base di dati statistici).

Ci sono anche detenuti, che si rifiutano di prestare attività lavorativa? La risposta è affermativa, anche se il loro numero è davvero esiguo. Quasi tutti preferiscono lavorare, anzichè essere reclusi per molte ore nelle celle, senza far niente. Lavorando, il tempo passa più velocemente e, inoltre, vi è un, sia pure modestissimo, “guadagno”.

I “renitenti” al lavoro, la dove sono posti di lavoro disponibili, possono essere sanzionati con un’”Ordnungsstrafe” (per esempio, l’esclusione da benefici, tra i quali rientra pure l’autorizzazione a seguire trasmissioni televisive). Queste sanzioni sono, però, in gran parte teoriche, dato che i posti di lavoro nelle carceri, sono di numero considerevolmente inferiore rispetto ai “volonterosi” (e abili al lavoro).

Nel passato, detenuti di età superiore ai 60 anni, erano esentati dall’obbligo di lavoro, ma la relativa norma, è stata abrogata.

Nel concetto di “Arbeit”, rientrano, sia attività “für den Eigenbedarf”, vale dire, all’interno dello stabilimento penitenziario (per esempio, lavoro in cucina, nella lavanderia, attività di pulizia) e si parla, in proposito, di “Systemerhaltung” (mantenimento del sistema), sia lavoro nelle aziende autorizzate a impiegare detenuti nelle carceri.

Lo svolgimento di un’attività lavorativa da parte di detenuti, è subordinato al fatto, che dallo stesso, non possano derivare rischi per l’ordine e la sicurezza all’interno dello stabilimento penitenziario; altresí, quando aspiranti al lavoro sono “Untersuchungshäftlinge”, al procedimento penale, non ancora concluso. Detenuti, di cui non si teme in alcun modo, che si possano sottrarre all’esecuzione della pena detentiva, vengono autorizzati all’attività lavorativa in aziende al di fuori della struttura carceraria, se hanno ottenuto il “beneficio” del cosiddetto Freigang (uscita dalla JVA in un determinato orario (inizio del lavoro), con obbligo di rientro, una volta terminato il lavoro).

All’interno delle carceri austriache, nel maggio del 2023, vi erano complessivamente 452 aziende, che offrivano lavoro ai detenuti.

Il lavoro viene ritenuto utile per la sicurezza interna e per preparare i detenuti al tempo, in cui saranno rilasciati dallo stabilimento penitenziario. Va poi osservato, che i detenuti, che lavorano, percepiscono un’indennità (“Vergütung”), sia pure bassa, per la loro attività, essenziale per poter disporre di un minimo di denaro, una volta che saranno posti in libertà.

La percentuale dei detenuti che lavorano, o meglio, che possono lavorare, stante la carenza di posti di lavoro all’interno delle “JVA”, è del 63% circa (detenuti in espiazione di pena) e, rispettivamente del 32% circa (“Untersuchungshäftlinge” – persone in custodia cautelare in carcere).In queste percentuali sono compresi i detenuti, che lavorano all’interno delle carceri per ditte cosiddette esterne.

Quante ore lavorano “Häftlinge” il giorno?

In media, negli ultimi anni, circa tre ore (durante i giorni feriali).

Sono state progettate, non soltanto misure atte a incrementare le possibilità di lavoro per i detenuti ma anche, per consentire agli stessi, di acquisire una specializzazione durante la loro permanenza in carcere.

Perchè le percentuali di detenuti “lavoratori” – che sopra abbiamo riportate -  sono relativamente basse?

I motivi di questo stato di cose, sono da ricercare nel fatto, che gli organici della “Justizwache – JW” – Polizia Penitenziaria, sono carenti e il numero degli aspiranti a questa professione, è in costante calo; altro problema, è costituito dal “part time”, svolto, in prevalenza da “JW-Beamtinnen”.

Pure nelle “JVA” austriache, aumentano, di anno in anno, gli adempimenti burocratici, “distogliendo” parte degli agenti della “JW”, dalle attività di sorveglianza.

La carenza di personale, fa sí, che le possibilità, di lavoro per detenuti, sono assai limitate nel pomeriggio (quando non prestano servizio le agenti “part time”).

Sia l’”Überbelegung” delle “JVA”, che la mancanza di agenti della Pol. Pen., ha per conseguenza, in alcune carceri, che non pochi detenuti, non in espiazione di pena, siano reclusi per 23 ore il giorno nelle loro celle.

È da notare, che l’obbligo di lavoro sussiste soltanto per detenuti condannati con sentenza passata in giudicato. Gli “Untersuchungshäftlinge” hanno facoltà di svolgere attività lavorativa alle condizioni previste per gli “Strafgefangenen”.

Altro effetto, non certo positivo, della carenza di personale di custodia, è, che alcuni “anstaltseigenen Betriebe”, hanno dovuto chiudere per questo motivo, riducendo ulteriormente la possibilità di lavoro per i detenuti volonterosi, vale a dire, disposti a lavorare, anche se soltanto facoltizzati al lavoro (“U-Häftlinge”).

L’introduzione, anni orsono, dell’”elektronisch überwachten Hausarrest” (arresti domiciliari sorvegliati elettronicamente), non ha portato un apprezzabile “sollievo” nelle carceri, che, come detto, sono “an der Grenze der Auslastung” (ai limiti dalla capacità ricettiva).

L’impiego di detenuti in attività lavorative, incontra un altro “ostacolo”. Sin da almeno un decennio, circa il 50% della popolazione carceraria, è costituito da stranieri, molti dei quali, hanno scarsissima qualificazione professionale e- delle volte – altrettante carenze per quanto concerne la conoscenza della lingua tedesca.

Nell’assegnazione dell’attività lavorativa ai detenuti, si deve adeguatamente (“angemessen”) tenere conto, oltre che del loro stato di salute, dell’età, delle loro capacità (e di un’eventuale specializzazione conseguita prima dell’”Ingresso” nella “JVA”).

La “Beschäftigungsquote” (percentuale dei detenuti “lavoratori”, confrontata con quella del totale dei detenuti nelle “JVA”), nel 2023, è stata, tutt’altro che uniforme negli istituti di pena austriaci; varia tra il 91% (a Schwarzau) e il 69% nelle carceri site nei pressi di Vienna. Nei “gerichtlichen Gefangenenhäuser”, le differenze sono ancora più accentuate (tra il 31% e il 72%).

Quant’è che percepiscono i detenuti a titolo di “Vergütung” (una specie di indennità) per il loro lavoro?

L’ammontare della stessa dipende – ovviamente - dalla qualità della prestazione lavorativa e dall’impegno profuso nel lavoro.

Il 75% della “Vergütung” viene detratto per il mantenimento nellaJVA”; un'altra percentuale quale contributo all’”Arbeitslosenversicherung”. Rimangono – al detenuto-  circa 5 Euro per ogni giorno lavorativo. In precedenza, la detrazione era stata del 50% soltanto, di cui la metà era costituta dal cosiddetto “Hausgeld” (somma, di cui il detenuto poteva disporre per piccoli acquisti personali).

Soggetta a critiche, anche da parte della Corte dei Conti, è stato il fatto, che all’interno delle “JVA”, vi sono poche opportunità per l’apprendimento di una professione e, ancor meno, per una specializzazione.

Come in tutte le strutture carcerarie, anche in quelle austriache, l’impiego di “Justizwachebeamtin/er”, è molto gravoso. Anche in Austria, gli organici non sono al completo, per cui, gli agenti sono costretti a prestare ore straordinarie di servizio. Per esempio, nei due quadrimestri del 2023, le ore straordinarie sono state complessivamente 113.369.

Le persone in servizio nelle “JVA” – nel 2023 -  sono state 266, di cui 159 “sorveglianti” e ben 107 nel comparto amministrativo.

L’”armamento” dei “JW Beamten/innen”, che sono a contatto con i detenuti, è costituito da “taser” e spray al peperoncino. Gli agenti sono tenuti a passare ogni ora per i corridoi e, se necessario, controllare le celle, se registrano “Auffälligkeiten”. Sono dotati di apparecchi (“Handyfinder”) atti a scoprire, se nelle celle sono nascosti telefoni mobili (il cui possesso è vietato).

La carenza di personale di sorveglianza, non è l’unico problema, che affligge le “JVA”.

Vi è pure una carenza elevata per quanto concerne l’assistenza sanitaria; altresí, sono state riscontrate, carenze strutturali, specie negli stabilimenti penitenziari risalenti nel tempo.

Non sarebbero poi rare le ingiurie, anche a sfondo razzista, nei confronti dei detenuti stranieri (che sono, come abbiamo visto, circa il 50% della popolazione carceraria complessiva).

In alcune carceri, nelle quali vengono eseguite misure di sicurezza, detenuti si sono lamentati di atti di violenza fisica da parte degli agenti.

Peggiore sarebbe la situazione nei “Polizeilichen Anhaltezentren”, dove vengono “parcheggiate” (per periodi di tempo spesso tutt’altro che bervi (settimane, ma delle volte anche mesi)) persone, che hanno varcato il confine, senza validi documenti di ingresso nel territorio dello Stato. Le condizioni in questi centri, che dipendono dal ministero dell’Interno e non da quello della Giustizia, sono, non di rado, come è stato detto,“menschenunwürdig” e c’è chi parla di comportamenti vessatori e/o arbitrari nei confronti di questi “internati”.