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Tecnica digitale e indagini

Primavera
Ph. Riccardo Radi / Primavera

Indice:

1. Introduzione

2. Comunicazioni e ricerche lasciano “tracce”

3. Le videoriprese a fini di investigazione e di prevenzione

4. L’importanza dell’'intelligenza artificiale”, specie nelle indagini di particolare complessità

5. Riconoscimento “facciale”

6. L’ utilità dell’istallazione di “sensori”

7. Il “Web” quale “mezzo” per commettere reati – La normativa UE dettata a fini di prevenzione e di repressione

8. Cybermobbying e Cyberbullying

 

1. Introduzione

La digitalizzazione ha pervaso ormai tutti i settori della vita quotidiana. Lo “spazio digitale”, senza limiti fisicamente percepibili, offre libertà di comunicazione e di informazione inimmaginabili 70 anni fa, ma ha offerto altresí ampio spazio alla criminalità. Al contempo però, la massa di dati ricavabili dall’Internet, e, in particolare, dai cosiddetti social media - che sono, in gran parte di libero accesso - può essere utilizzata anche a fini investigativi (e, in misura minore, per scopi di prevenzione, come vedremo).

Lo sviluppo del Web 2 è stato il presupposto per la diffusione dei cosiddetti social media e per uno scambio di comunicazioni di vastissima portata. Già nel 2018,  26 miliardi di persone, hanno utilizzato questi media.

 

2. Comunicazioni e ricerche lasciano “tracce”

Dalle “tracce” lasciate dalle comunicazioni e dalle ricerche, gli inquirenti possono – delle volte – trarre spunti utili per le indagini (postings, fotografie di persone, individuazione di gruppi di persone, di cui l’”user” fa parte, numeri di telefono, indirizzi e-mail). Non di rado i social media vengono utilizzati a fini di propaganda da parte di estremisti. Va osservato anche, che non raramente, il contatto tra autori di abusi sessuali e le loro future vittime, avviene “on line”, così come l’internet e le sue applicazioni, costituiscono spesso uno strumento utilizzato per la radicalizzazione.

Un valido aiuto può essere fornito dai media elettronici per l’individuazione di componenti della criminalità organizzata, ricostruendo i contatti tra gli stessi. Inoltre, va notato, che il “monitoraggio” dei contatti, non di rado, consente di agire utilmente a fini di prevenzione.

Non sono rari i casi, in cui criminali hanno “annunziato” i loro delitti su social media o hanno appalesato la loro radicalizzazione. Va poi osservato che, delle volte, testi oculari di un fatto criminoso, riprendono la scena con i loro telefoni mobili; scene, che vengono “postate” e poi acquisite da organi di polizia, spesso a breve distanza dalla commissione del reato.

Ci si può chiedere, come è possibile, per gli organi di polizia, procedere a un tempestivo “monitoraggio” della massa di dati, disponibili nella “Rete”? Soccorre, a tal fine, la cosiddetta intelligenza artificiale, di cui parleremo più avanti.

 

3. Le videoriprese a fini di investigazione e di prevenzione

Di particolare importanza sono le video camere, installate su piazze e in vie molto frequentate e le cui immagini sono visibili istantaneamente negli uffici delle forze dell’ordine. Mediante queste immagini, possono essere trasmesse “notizie” in tempo reale, per esempio, se manifestanti trascendono ad atti di violenza. Poco diffuse sono ancora i cosiddetti bodycams, portati da singoli agenti e che riprendono quanto si verifica nelle loro immediate vicinanze. Sul valore probatorio di queste “Aufnahmen”, la giurisprudenza è pressoché unanime.

 

4. L’importanza dell’”intelligenza artificiale”, specie nelle indagini di particolare complessità

Sopra abbiamo accennato all’“intelligenza artificiale”. Ormai l’impiego della stessa è indispensabile per l’attività di analisi di quel “mare magnum” di dati, che è presente in internet (e, in particolare, nei social media, quali Facebook, Instagram e Twitter, per menzionare soltanto i più diffusi). Su Instagram, ormai, ogni giorno, vengono “condivisi” più di 100.000.000 di postings.

Per quanto concerne l’attività di PG e dei PM, non sono rari i casi, in cui un’inchiesta contenga una massa di dati di qualche terabyte. È più che ovvio, che l’”elaborazione” e la “valorizzazione” di questi dati, non possa avvenire “manualmente”.

È da notare poi, che numerosi “apps” (per esempio, il famoso WhatsApp), sono basati sull’intelligenza artificiale; la stessa cosa, vale per i filtri spam (molto utili per “difendersi” da pubblicità, non soltanto indesiderata, ma a volte anche “invadente).

Ma, che cosa è l’intelligenza artificiale? La stessa è basata su reti neuronali. L’impiego più frequente - in “appoggio” all’attività degli inquirenti - avviene ai fini del “riconoscimento facciale” in stazioni  ferroviarie, stazioni metro, piazze pubbliche altamente frequentate. Da inchieste demoscopiche, condotte in alcuni Stati europei, è emerso, che circa due terzi degli abitanti, si sono dichiarati favorevoli al ricorso a questa tecnica (collegata alla biometria) ai fini dell’individuazione di persone ricercate.

 Recentemente, la Polizei di Graz (A), ha arrestato un truffatore ricercato dagli Stati Uniti d’America e ivi condannato, 15 anni fa, per truffa, a 4 anni di detenzione e a 600.000 USD di pena pecuniaria. Questo arresto è stato possibile grazie a “Gesichtserkennungssoftware”, utilizzata in Austria e non ostante il condannato disponesse (e utilizzasse, per oltre un decennio) di documenti falsi. Un “Abgleich” tra la faccia del ricercato (ripreso dalla telecamera di una banca, presso la quale intendeva aprire un c/c) e la foto segnaletica trasmessa dalle autorità americane, ha fatto scattare le manette ai polsi di questo signore.

In Inghilterra, sin dal 2017, l’intelligenza artificiale, viene impiegata al fine di risolvere casi – per anni - irrisolti. Si procede alla raccolta di elementi probatori (deposizioni testimoniali, fotografie e riprese video, se disponibili), all’analisi di tutti questi elementi e poi al collegamento degli stessi.

Anche la polizia in Svizzera utilizza programmi basati su reti neuronali in sede di accertamento di crimini contro l’economia. Cosí è possibile, fare una cernita – entro ragionevole tempo – di dati rilevanti e non rilevanti (nell’ambito di masse di dati, che rasentano o superano più terabyte). Per esempio, 5 terabyte di dati corrispondono a circa 500.000.000 di fogli di carta A-4.

 

5. Riconoscimento “facciale”

I metodi nel “riconoscimento facciale”, attualmente impiegati, si basano sulla luminosità (misurata in pixel) di determinate parti dei volti umani. Questi metodi trovano però un proprio limite, se la persona da individuare (da riconoscere), indossa occhiali da sole o un berretto, che occulta la fronte o parte della stessa. Di scarsa utilità sono pure riprese fatte di profilo o in condizioni di luce scarsa.

Un certo successo, la tecnica digitale, l’ha riscosso ai fini della determinazione dell’età delle persone. Di particolare importanza, a tal fine, sono conformazione del naso e della bocca, nonché la combinazione di queste caratteristiche. In tal modo, è possibile una determinazione dell’età con una quota di errore pari a +/- 5 anni.

La tecnica digitale ha offerto risultati operativi apprezzabili anche in sede di riconoscimento di oggetti, quali borse, vestiti e scarpe.

Analizzando, luogo del delitto, modalità di perpetrazione dello stesso, dati ambientali, refurtiva e dati socio demografici di furti in abitazioni, è stato possibile “prevedere”, con una certa frequenza, il verificarsi di nuovi delitti del genere. Sulla base di questi dati e combinando gli stessi, la polizia di Chicago, è stata in grado di “predire” – con una “certezza” pari al 75 % – quali delitti, in quale quartiere, il prossimo giorno sarebbero stati i più frequenti.

 

6. L’ utilità dell’istallazione di “sensori”

 Nel 2015, a New York, sono stati istallati 300 sensori in quartieri particolarmente “problematici”, sensori in grado di percepire (e di registrare), con impiego di una rete neuronale, colpi d’arma da fuoco e a localizzare il luogo, nel quale sono stati esplosi. Le coordinate di questa località (individuabile con una quota di errore pari a -/+ un metro), vengono comunicate, in tempo reale, agli organi di polizia. Attualmente, sensori del genere, sono stati istallati in oltre 85 grandi città degli Stati Uniti d’America. Da ciò si desume, che l’impianto degli stessi, si è rivelato particolarmente utile.

È stato detto, che la cosiddetta intelligenza artificiale, si prospetterà - nel futuro - quale strumento indispensabile per fornire supporto agli organi di polizia.

 

7. Il “Web” quale “mezzo” per commettere reati – La normativa UE dettata a fini di prevenzione e di repressione

Dopo questa panoramica delle modalità di impiego della tecnica digitale, per fornire supporto agli inquirenti, possiamo, forse, dire, che questa tecnica, trova spesso impiego anche per reprimere reati commessi da coloro, che  si servono di internet per commettere reati o per prepararne la perpetrazione.

La migliore prova della diffusione e della gravità di questi crimini, è desumibile dal fatto, che  il legislatore dell’UE, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (2009), ha sentito l’esigenza di emanare la Direttiva 2013/40, per arginare queste manifestazioni di criminalità, specie in materia di riciclaggio, di criminalità organizzata, di traffico di stupefacenti e di terrorismo. A tal fine, è stata istituita l’Europol. È stato convenuto anche, che le legislazioni penali degli Stati aderenti all’UE, vengano unificate in materia di cyber criminalità o, per lo meno, che vi sia un adeguamento di standards minimi. La cyber criminalità è menzionata pure nell’art. 81, comma 1, del TFUE. La particolare gravità(e pericolosità) della “Cyberkriminalität”, si è manifestata, recentemente, anche attraverso l’“hackeraggio”, in grado di paralizzare reti informatiche di importanza per l’intera collettività (per esempio, in materia di sanità pubblica). Secondo statistiche ufficiali, gli attacchi “hacker” sono decuplicati in un anno nella sola Italia. I reati informatici in genere, hanno subito, anch’essi, un aumento, che è stato, pari al 17%. Le truffe, spesso perpetrate via internet, hanno segnato un incremento del 16% (sempre in un anno).

Vi è, poi, la Convention on Cybercrime, SEV n. 185 del Consiglio d’Europa, che ha adottato una nozione molto ampia di “Cybercrime”, mentre nell’art. 83, comma 1, del TFUE, nella versione inglese, si parla di “Cybercrime” e in quella francese, di “Criminalitè informatique”. Ciò è stato criticato, perché, in tal modo, si darebbe adito a un’interpretazione – di questo concetto – piuttosto ristretta.

Va comunque accennato al fatto, che la Direttiva 2013/40 dell’UE, ha portato a una più stretta collaborazione tra gli organi di polizia degli Stati facenti parte dell’UE, sia attraverso l’Europol, che a seguito dell’istituzione dell’ENISA; ciò si è rivelato di particolare importanza nel settore della prevenzione.

 

8. Cybermobbying e Cyberbullying

L’opera degli organi di polizia è molto intensa pure nella repressione del cosiddetto Cybermobbing (o Cyberbullying) a seguito di un notevole aumento di messaggi a contenuto aggressivo, intimidatorio e/o ricattatorio. È stato detto, che questa forma di mobbying, rientra nella previsione di cui all’art. 83, comma 1, TFUE, ritenuta criminalità particolarmente grave. Nei primi sei mesi del 2021, sono stati minacciati ben 110 giornalisti; la metà degli stessi, via internet.

L’impiego della tecnica digitale, è ormai indispensabile anche ai fini dell’accertamento e della repressione del riciclaggio di denaro, che danneggia, considerevolmente, l’economia non soltanto di singoli Stati, ma dell’intera UE. In proposito si rinvia al Regolamento UE 1889/2005 e alle Direttive 2005/60/UE e 2015/849.

Da quanto ora esposto, risulta, che la lotta contro la criminalità, perpetrata a mezzo internet, ha ormai assunta una dimensione anche comunitaria. A tal fine, Stati aderenti all’UE, hanno ceduto parte dei loro diritti di sovranità all’Unione; questo vale in particolare nel settore della prevenzione. L’Euoropol ha accesso a una massa di dati, anche se l’attività operativa autonoma è ancora piuttosto ristretta. Comunque, “ein Anfang ist gemacht”.