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Interpreti e traduttori - Übersetzungshilfe - StPO (CPP) austriaca

Interpreti e traduttori - Übersetzungshilfe - StPO (CPP) austriaca
Interpreti e traduttori - Übersetzungshilfe - StPO (CPP) austriaca

SommarioI. Introduzione; II. Garanzie in favore di chi non comprende o non parla la lingua, nella quale si procede; III. Interpreti e traduttori - Attuazione della normativa comunitaria; IV. Traduzione scritta e orale; V. Rinuncia alla traduzione scritta; VI. Garanzie per le minoranze linguistiche riconosciute; VII. L’importanza dell’intervento tempestivo dell’interprete

I. Introduzione

L’ondata migratoria, riversatasi sull’Europa centrale, specialmente negli ultimi 11 mesi, ha reso di particolare rilevanza il § 56 della StPO (CPP) austriaca, che, per altro, ha subito una modifica due anni orsono.

Come risulta da dati statistici pubblicati dal ministero dell’Interno, nel corso del 2014 e nei primi 8 mesi del 2015, avevano chiesto asilo politico in Austria ben 74.164 persone provenienti da 56 Stati diversi (per la maggior parte dall’Afghanistan, Irak, Iran, Nigeria, Pakistan nonché dalla Federazione Russa). Di queste persone, 17.900 sono state denunciate, nel periodo suddetto, quali Tatverdächtige, cioe’ persone sospettate di aver commesso un reato (prevalentemente contro il patrimonio). Il maggior numero Tatverdächtiger si è registrato nel circondario di Wien con ca. 8.150, seguito da quello del Niederösterreich (ca. 2.300); soltanto 166 sono stati i Tatverdächtigen segnalati nel Burgenland, 410 nel Vorarlberg.

Il numero dei reati denunciati, di cui gli inquirenti sospettano che siano stati commessi da persone aventi chiesto asilo politico, ha subito, nei primi 8 mesi del 2015, un aumento pari al 33% ca. rispetto a tutto l’anno 2014. Va però rilevato che il numero delle richieste di asilo presentate dal gennaio all’agosto 2015, è stato di oltre il doppio rispetto ai 12 mesi del 2014. La maggior parte dei c.d. potenziellen Täter aveva un’età compresa tra i 15 e i 25 anni. Per quanto riguarda la nazionalità degli Asylwerber sospettati di aver commesso reati in Austria dopo la presentazione della richiesta di asilo, si tratta di persone provenienti dalla Federazione Russa.

Il 94% dei denunciati richiedenti asilo, era di sesso maschile, il resto di sesso femminile, fatta eccezione per coloro che provenivano dalla Federazione Russa con una percentuale di ca. il 25% di donne tra la potenziellen Täterschaft.

È evidente che, data la provenienza di queste persone, l’esigenza dell’intervento di interpreti è aumentata notevolmente rispetto agli anni precedenti, in quanto gli appartenenti agli organi di polizia conoscono soltanto la lingua tedesca e quella inglese (raramente anche quella francese).

L’articolo 8 del B-VG (Bundesverfassungsgesetz) statuisce che la lingua tedesca - fatta salva la normativa in materia di tutela delle minoranze linguistiche (ungheresi, croate e slovene) contenuta nel VoGrG e nell’allegato 2 al medesimo - è la lingua ufficiale, è la Staatssprache/Amtssprache della Repubblica austriaca.

Al fine di rendere effettivo il diritto “auf rechtliches Gehör”, al c.d. fair trial e a quello alla difesa, oltre al § 56 StPO, anche l’articolo 6, comma 3, lettera a) ed e) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4.11.1950 (CEDU), prevedono il diritto dell’indagato/imputato ad essere informato, entro breve tempo, in una lingua che comprende e in modo dettagliato, del contenuto dell’accusa contro di lui elevata nonché del diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete, se non comprende o non parla la lingua usata in udienza.  Altra norma soprannazionale  ed intesa a garantire il c.d. fair trial, in particolare, il diritto di essere informato, di potersi consultare e difendere, è costituita dall’articolo 47, comma 2, 2 parte della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, il cui comma 3 sancisce altresì il diritto di persone prive di mezzi (economici) ad avere assistenza gratuita da parte di un difensore. Va rilevato che pure la direttiva 2010/64/UE dd. 20.10.2010 ha sancito il diritto dell’indagato/imputato ad un interprete nonché alla traduzione degli atti.

La direttiva ora menzionata è stata emanata al fine di garantire e sviluppare ulteriormente i principi inerenti alla creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di diritto, in particolare di garantire la tutela dei diritti della persona. Hanno ritenuto Consiglio e Parlamento europeo che a tal fine devono essere fissati parametri atti ad assicurare standard minimi. Soltanto in tal modo può essere assicurata la fiducia nell’adeguatezza della normativa processuale e nell’amministrazione della giustizia; normativa, i cui destinatari sono non soltanto le autorità giudiziarie, ma anche gli altri “attori” che, in un modo o nell’altro, partecipano al procedimento. Secondo il Consiglio e il Parlamento europeo, benché tutti gli Stati comunitari abbiano firmato la CEDU, alcuni di essi hanno attuato questa Convenzione in modo soltanto parziale o comunque insufficiente, per cui è stata avvertita l’esigenza di rafforzare i diritti degli indagati/imputati, in particolare il diritto degli stessi di  chiedere l’intervento di un interprete o traduttore qualora non siano in grado di parlare o comprendere la lingua nella quale si procede nei loro confronti.

Questo diritto si inserisce in quello, più ampio, auf Belehrung und Information. L’esigenza di assicurare queste garanzie in favore di tutti gli indagati/imputati è stata avvertita in particolar modo a seguito dell’entrata in vigore della normativa sul mandato di arresto europeo e sulle procedure di consegna tra gli Stati comunitari. Per rendere effettivo il diritto all’assistenza/intervento di un interprete risp. alla traduzione di atti del procedimento redatti in una lingua non compresa o non parlata dall’indagato/imputato, si è resa necessaria la previsione della completa gratuità del “servizio” di interpreti risp. di traduttori. Inoltre nella direttiva di cui sopra è stato previsto - per salvaguardare il c. d. fair trial - che interpreti e traduttori devono essere in grado di rendere un “servizio” di qualità adeguata al caso concreto e comunque tale da consentire all’indagato/imputato di comprendere l’imputazione, di conoscere il contenuto degli atti processuali di rilievo nonché di poter predisporre l’esposizione delle proprie difese. L’attuazione della direttiva suddetta non può naturalmente comportare che per effetto della stessa possano essere sminuiti altri diritti previsti da norme interne di singoli Stati membri, più favorevoli all’indagato/imputato.  Al fine di agevolare concretamente l’attività di interpreti e traduttori, viene auspicato che gli Stati membri dell’UE favoriscano l’accesso a banche dati in materia di terminologia giuridica.

L’articolo 5, comma 2, della Direttiva 2010/64/UE auspica che gli Stati membri istituiscano registri contenenti elenchi di interpreti e traduttori indipendenti aventi adeguata qualifica professionale, registri che possono essere messi a disposizione delle autorità e dei difensori.

II. Garanzie in favore di chi non comprende o non parla la lingua nella quale si procede

L’articolo 8 della direttiva di cui sopra contiene il c.d. divieto di regressione che fa sì che nessuna disposizione ivi contenuta e concernente diritti e garanzie procedimentali, possa essere applicata in modo da determinare un’interpretazione restrittiva dei principi sanciti dalla CEDU, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, da altre norme di diritto internazionale oppure da disposizioni interne degli Stati aderenti all’UE che prevedono una tutela più ampia.

Come già accennato sopra, la direttiva in questione si propone l’attuazione concreta di standard minimi che in nessun caso devono essere inferiori a quelli contenuti nella CEDU o nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE. È stato comunque statuito che qualora uno Stato membro attui la direttiva in modo incompleto (o comunque inadeguato), l’UE, in applicazione dell’articolo 5 del Trattato di Lisbona, può avvalersi del principio di sussidiarietà.

Il termine ultimo per l’attuazione della direttiva nel diritto interno, era stato fissato per il 27.10.2013.

Va rilevato infine che mentre Gran Bretagna e Irlanda hanno, perlomeno, manifestato l’intenzione di “far propri” i principi di questa direttiva, la Danimarca ha opposto un netto rifiuto di ritenerla vincolante e di attuarla.

III. Interpreti e traduttori - Attuazione della normativa comunitaria

Interprete viene definito dal § 125, comma 2, StPO la persona, la quale, per effetto delle cognizioni particolari di cui dispone, è in grado di tradurre dalla lingua, nella quale si procede, in un’altra lingua (conosciuta dall’indagato/imputato) o da quest’ultima nella Verfahrenssprache.

All’interprete, la legge federale (n. 137/1975) equipara il traduttore, i cui dati anagrafici e la cui qualifica devono, anch’essi, risultare da apposita Ausweiskarte. Prima dell’iscrizione nell’elenco, interpreti e traduttori devono avere esercitato la loro attività per almeno 10 anni; 5 anni, se in possesso di determinate lauree o determinati diplomi di scuola media superiore.

Vediamo ora se, ed in quale misura, l’Austria ha attuato, nel proprio diritto interno, la direttiva 2010/64/UE.

È ovvio che soltanto l’indagato/imputato - che non conosce la Amtssprache o non sa esprimersi nella medesima - assistito da un interprete/traduttore, è in grado di comprendere l’imputazione, il contenuto della documentazione raccolta negli atti del procedimento, il significato dell’attività processuale che viene svolta (o, in casi particolari, che già è stata compiuta) e di difendersi effettivamente.

IV. Traduzione scritta e orale

Il § 56 StPO austr. (che costituisce la Umsetzung der verfassungsrechtlichen Vorgaben, alle quali è stato accennato sopra),  al comma 1, sancisce il diritto del Beschuldigten, che non è in grado di parlare o di comprendere la lingua nella quale si procede, ad un interprete. PM e giudice nominano interprete persone qualificate indicate dal ministero della Giustizia o dalla Justizbetreuungsagentur. La PG nomina interpreti persone, anch’esse qualificate, indicate dal ministero dell’Interno. Se e nei limiti in cui, ai fini della garanzia del diritto alla difesa e al c.d. fair trial, è necessario, l’indagato/imputato ha diritto alla traduzione scritta della documentazione rilevante entro un congruo termine da fissare. Per documentazione rilevante s’intendono i provvedimenti con i quali è stato disposto (o autorizzato) l’arresto, la motivazione scritta della PG, se, in caso di pericolo di ritardo, a procedere all’arresto è stata la PG, il provvedimento di imposizione (o di prosecuzione) della custodia cautelare in carcere, l’imputazione nonche’ la copia della sentenza non ancora passata in giudicato. L’intervento dell’interprete/traduttore, nei casi ora indicati, deve essere disposto, a seconda del Verfahrensstand, dalla PG, dal PM o dal giudice; in questi casi si deve procedere amtswegig, vale a dire d’ufficio e quindi a prescindere da un’apposita richiesta da parte dell’interessato.

Il diritto di cui al § 56 StPO viene garantito mediante traduzione a voce, se si procede ad acquisizione di elementi probatori, ai quali partecipa l’indagato/imputato o durante il dibattimento. Su richiesta, invece, la traduzione a voce va fornita anche per quanto concerne i contatti col difensore, qualora gli stessi siano in correlazione diretta con l’acquisizione di prove, con il dibattimento, con la proposizione di un mezzo di impugnazione o di altra istanza. Qualora sul luogo in cui si procede ad interrogatorio, non sia possibile far intervenire, entro un congruo lasso di tempo, un interprete a conoscenza della lingua che l’indagato/imputato parla o è in grado di comprendere, è ammissibile il ricorso a mezzi tecnici atti a trasmettere immagini e voce (cioè alla c.d. videoconferenza), fatta eccezione per i casi in cui la presenza personale dell’interprete è necessaria per garantire “ein faires Verfahren”.

È da notare che ne’ dalla StPO, ne’ dalla CEDU, è desumibile il diritto dell’indagato/imputato alla traduzione dell’intera documentazione del procedimento che lo riguarda; un’eventuale omissione non è quindi causa di nullità. Le norme suddette si considerano osservate se “l’opera” dell’interprete risp. del  traduttore è tale da mettere l’indagato/imputato in condizione di conoscere 1) ciò che gli viene contestato/di cui è imputato, 2) di difendersi e 3) di fornire la propria versione dei fatti (cfr. RS 0109920).

Le garanzie di cui ora si è parlato, trovano applicazione anche in favore della persona offesa dal reato, qualora la stessa non conosca la lingua, nella quale si procede oppure non la comprende;  ciò è previsto dal § 66, comma 1, n. 5, StPO (Recht auf Übersetzungshilfe durch Dolmetschleistungen) e può avvenire a voce o per effetto di traduzioni per iscritto. A proposito dell’indagato/imputato, è da rilevare che il diritto di questi di ottenere traduzioni non comporta che le stesse debbano avvenire (necessariamente) nella lingua madre dell’indagato/imputato, essendo sufficiente che le medesime avvengano in una lingua che questi comprende o nella quale è in grado di esprimersi (cfr. RS 0075055).

Su espressa richiesta dell’indagato/imputato, gli devono essere tradotti ulteriori documenti da indicare analiticamente dall’interessato, se la traduzione è motivata dal fatto che la persona, contro la quale si procede, non comprende o non parla lingua, nella quale si procede oppure se l’esigenza delle traduzioni è evidente (offenkundig).

Le traduzioni scritte possono essere sostituite da traduzioni orali oppure, se la persona contro la quale si procede, è assistita da un difensore, da riassunti verbali, qualora ciò non osti ad un “fairem Verfahren”. La determinazione della (particolare) concisità o meno delle mündlichen Zusammenfassungen, è rimessa alla discrezionalità di chi “sovrintende” al compimento dell’atto (Leiter der Amtshandlung). Nei casi in cui l’indagato/imputato è assistito da un difensore, il quale, naturalmente, conosce la lingua nella quale si procede, la prassi che si è instaurata è nel senso che non vengono richieste (ne’ disposte d’ufficio) traduzioni per iscritto in quanto la documentazione rilevante viene tradotta all’indagato/imputato verbalmente in forma riassuntiva (spesso dallo stesso difensore in occasione di contatti che questi  ha con il proprio cliente). Se invece l’indagato/imputato non è assistito da un difensore, i diritti alla difesa verrebbero lesi se - perlomeno la parte rilevante della documentazione del procedimento - non venisse tradotta per iscritto.

All’autorità procedente non è riconosciuta alcuna discrezionalità - dovendosi procedere von Amts wegen (d’ufficio) - quando si tratta della nomina di un interprete risp. traduttore per l’assistenza ad atti concernenti acquisizioni probatorie, alle quali partecipa l’indagato/imputato; così pure per il dibattimento. La Amtswegigkeit è invece esclusa e occorre un’apposita istanza da parte dell’interessato, se l’indagato/imputato intende contattare il proprio difensore di fiducia o d’ufficio oppure chiedere il patrocinio a spese dello Stato, sempre che questo contatto sia in correlazione diretta con un’acquisizione probatoria, il dibattimento, la proposizione di un mezzo di impugnazione.

V. Rinuncia alla traduzione scritta

Per quanto concerne acquisizioni di prove o dibattimenti, non vi è diritto alla traduzione simultanea dell’interezza di queste Verfahrenshandlungen.

Un’eventuale rinuncia dell’indagato/imputato alla traduzione per iscritto è ammissibile soltanto se l’interessato è stato previamente reso edotto dei propri diritti e sulle conseguenze della rinuncia. Dell’avvenuta informazione e dell’atto di rinuncia, deve essere dato atto a verbale. Tuttavia l’atto di rinuncia compiuto da chi  è in istato di arresto, se non fatto in presenza del proprio difensore e dopo essersi consultato con il medesimo, è privo di effetti.

Qualora l’indagato/imputato non abbia  rinunciato alla traduzione per iscritto oppure, se non vi sono i presupposti per la sostituzione della traduzione scritta con quella resa in forma orale, alla traduzione scritta deve procedersi entro un congruo termine (angemessenen Frist). In caso di arresto eseguito dalla PG di propria iniziativa, competente a disporre la schriftliche Übersetzung der Aktenstücke, è la PG. Negli altri casi, il PM oppure, se è stata disposta la custodia cautelare in carcere o la prosecuzione della stessa, il giudice.

Ai fini dell’interpretazione dell’espressione “congruo termine”, vanno prese in considerazione, da un lato, la mole degli atti processuali - rilevanti - da tradurre, dall’altro lato va tenuto conto del fatto se l’indagato/imputato è o meno in stato di arresto o di custodia cautelare. In quest’ultimo caso, la Frist, ovviamente, non potrà in nessun caso eccedere pochi giorni.

Il diritto alla traduzione per iscritto degli atti del procedimento può essere fatto valere 1) dinanzi alla PG, fino a quando essa non ha redatto l’Abschlussbericht (relazione/rapporto conclusivo), 2) dinanzi al PM ed infine, se è stata disposta la custodia cautelare in carcere o la proroga di questa misura, 3) dinanzi al giudice, il quale è anche competente nel corso della Hauptverhandlung (dibattimento).

VI. Garanzie per le minoranze linguistiche riconosciute

Nella parte introduttiva di questo articolo abbiamo accennato alla normativa dettata a tutela delle tre minoranze linguistiche riconosciute in Austria, normativa che deroga - in parte - a quanto previsto dal § 56 StPO.

Prevede il VoGrG che chi intende servirsi, nel corso di un’udienza, della lingua di una delle minoranze linguistiche suddette, ha l’onere di comunicarlo - immediatamente dopo aver ricevuto la citazione o la comunicazione - all’autorità procedente, a meno che non si tratti di un procedimento già iniziato nella lingua di chi è tenuto a comparire. La scelta della lingua - salva revoca - comporta che la stessa rimane inalterata per tutta la durata del procedimento.

Se nel corso di un procedimento una persona (p. es. un teste) usa la lingua croata, ungherese o slovena, su richiesta di questa persona, il procedimento deve svolgersi sia nella lingua richiesta che in quella ufficiale dello Stato. Anche nella comunicazione orale delle decisioni emesse, devono essere usate entrambe queste lingue.

Se chi procede non ha conoscenza della lingua scelta risp. richiesta, deve disporre l’intervento di un interprete.

Qualora un procedimento si svolga soltanto oralmente, se l’autorità procedente conosce la lingua prescelta risp. richiesta dall’appartenente alla minoranza e se al procedimento partecipano soltanto persone, tutte disposte a servirsi di questa lingua, il procedimento può svolgersi unicamente in tale lingua, senza intervento di un interprete. Le decisioni comunicate oralmente devono però essere lette anche in lingua tedesca e di ciò va dato atto a verbale. Se l’ausiliario non conosce la lingua della minoranza, l’autorità procedente è obbligata a disporre che venga redatta, senza dilazione alcuna, traduzione del verbale nella lingua usata dall’appartenente alla minoranza linguistica.

Decisioni e provvedimenti che devono essere notificati ad appartenenti ad una delle tre minoranze di cui sopra nonché istanze redatte in una di queste tre lingue, depositate nel corso di un procedimento, nel quale è stata usata la lingua croata, ungherese o slovena, devono essere redatti, oltre che nella lingua prescelta dall’appartenente alla minoranza, anche in lingua tedesca.

Qualora, in violazione del VoGrG (legge sulla tutela delle minoranze linguistiche) non sia stata usata la lingua della minoranza oppure l’uso di questa lingua non sia stato consentito nel corso di un procedimento, ciò determina lesione del diritto auf rechtliches Gehör della parte che ha scelto la lingua della minoranza.

Costituisce nullità ex § 281, comma 1, n. 3, StPO (CPP), l’inosservanza, in sede dibattimentale, delle norme dettate dal VoGrG e relative ad un procedimento penale. Per quanto concerne i procedimenti amministrativi, alla violazione del VoGrG consegue la nullita’ prevista dal § 68, comma 4, n. 4, dell’allgemeinen Verwaltungsgesetz (AVG) del 1991 (e successive modif. ed integr.)  Questa Nichtigkeit deve essere eccepita entro il termine di tre anni; altrimenti la deduzione della stessa diventa inammissibile (unzulässig).

VII. L’importanza dell’intervento tempestivo dell’interprete

Da quanto sopra esposto risulta che l’Austria ha adempiuto, almeno a grandi linee e pure tempestivamente (dato che la legge federale di modifica del codice di procedura penale è del settembre 2013), a quanto previsto dalla suddetta direttiva UE nonché dalla precedente decisione-quadro dell’8.7.2009, ampliando e garantendo maggiormente - attraverso la normativa in materia di  intervento, obbligatorio, sin dalla fase iniziale delle indagini preliminari condotte dalla PG, dell’interprete/traduttore - i diritti della persona sospettata/imputata di un reato. Almeno indirettamente, le disposizioni contenute nel § 56 StPO contribuiscono a rafforzare la fiducia non soltanto dei cittadini austriaci nel “sistema giustizia” (inteso, questo, in senso lato), ma pure degli altri cittadini comunitari e a far sì che  possa essere ravvisato un ulteriore “passo” nel cammino - per quanto lento e accidentato possa essere - verso un’unificazione delle norme procedurali degli Stati comunitari. Questa fiducia è tanto più necessaria, quanto più certe sentenze (per non usare la parola “ribaltoni”, o, meglio, “ribaltoni assolutori”), vengono definite, da alcuni, “sorprendenti” e che hanno tutto il “sapore” di essere – non tanto decisioni ispirate ad imparzialita’ ed obiettività - quanto piuttosto restituzione di favori a chi ha patrocinato la nomina di certe persona a certe cariche. Se la richiesta di accertare la verità diventa rischiosa (per non dire pericolosa), allora vuol dire che i “rulers” hanno piazzato molto bene i loro fedelissimi.

Così come è stato indubbiamente necessario introdurre norme a garanzia di indagati/imputati privi della conoscenza della lingua nella quale si procede, così pure sarebbe necessario assicurare standard minimi volti a prevenire favoritismi e clientelismi, spesso palesi, che danneggiano enormemente l’immagine e il prestigio della giustizia. Molto importante è anche che nella direttiva UE sopra menzionata è previsto che il “servizio” reso da interpreti e traduttori debba essere adeguato (vale a dire, ”fedele”) e che il loro intervento debba essere tempestivo in quanto traduzioni frettolose o comunque inesatte possono danneggiare gravemente e, delle volte irrimediabilmente, la posizione dell’indagato/imputato. Parimenti possono essere causati danni - anch’essi non di rado irreversibili - da un intervento tardivo dell’interprete, per cui molto opportunamente, nella direttiva 2010/64/UE, è stato statuito che l’interprete deve essere messo a disposizione dell’indagato/imputato “immediatamente”. Danni altrettanto gravi conseguono, ovviamente, se la Beiziehung dell’interprete viene negata.

Certamente da condividere è la disposizione del § 56, comma 6, StPO, secondo la quale un’eventuale rinuncia ad una traduzione scritta da parte dell’indagato/imputato, produce effetti unicamente qualora l’indagato/imputato sia stato previamente informato, non soltanto dei propri diritti, ma anche delle conseguenze di un’eventuale rinuncia; rinuncia che deve risultare da apposito verbale.

Criticabile è che il § 56 StPO non prevede il diritto (contemplato dall’articolo 2, comma 5,2 parte, della citata direttiva UE) che possa essere contestata la qualità del “servizio” reso dall’interprete/traduttore, qualora sia di livello tale da non garantire un “faires Verfahren”.

SommarioI. Introduzione; II. Garanzie in favore di chi non comprende o non parla la lingua, nella quale si procede; III. Interpreti e traduttori - Attuazione della normativa comunitaria; IV. Traduzione scritta e orale; V. Rinuncia alla traduzione scritta; VI. Garanzie per le minoranze linguistiche riconosciute; VII. L’importanza dell’intervento tempestivo dell’interprete

I. Introduzione

L’ondata migratoria, riversatasi sull’Europa centrale, specialmente negli ultimi 11 mesi, ha reso di particolare rilevanza il § 56 della StPO (CPP) austriaca, che, per altro, ha subito una modifica due anni orsono.

Come risulta da dati statistici pubblicati dal ministero dell’Interno, nel corso del 2014 e nei primi 8 mesi del 2015, avevano chiesto asilo politico in Austria ben 74.164 persone provenienti da 56 Stati diversi (per la maggior parte dall’Afghanistan, Irak, Iran, Nigeria, Pakistan nonché dalla Federazione Russa). Di queste persone, 17.900 sono state denunciate, nel periodo suddetto, quali Tatverdächtige, cioe’ persone sospettate di aver commesso un reato (prevalentemente contro il patrimonio). Il maggior numero Tatverdächtiger si è registrato nel circondario di Wien con ca. 8.150, seguito da quello del Niederösterreich (ca. 2.300); soltanto 166 sono stati i Tatverdächtigen segnalati nel Burgenland, 410 nel Vorarlberg.

Il numero dei reati denunciati, di cui gli inquirenti sospettano che siano stati commessi da persone aventi chiesto asilo politico, ha subito, nei primi 8 mesi del 2015, un aumento pari al 33% ca. rispetto a tutto l’anno 2014. Va però rilevato che il numero delle richieste di asilo presentate dal gennaio all’agosto 2015, è stato di oltre il doppio rispetto ai 12 mesi del 2014. La maggior parte dei c.d. potenziellen Täter aveva un’età compresa tra i 15 e i 25 anni. Per quanto riguarda la nazionalità degli Asylwerber sospettati di aver commesso reati in Austria dopo la presentazione della richiesta di asilo, si tratta di persone provenienti dalla Federazione Russa.

Il 94% dei denunciati richiedenti asilo, era di sesso maschile, il resto di sesso femminile, fatta eccezione per coloro che provenivano dalla Federazione Russa con una percentuale di ca. il 25% di donne tra la potenziellen Täterschaft.

È evidente che, data la provenienza di queste persone, l’esigenza dell’intervento di interpreti è aumentata notevolmente rispetto agli anni precedenti, in quanto gli appartenenti agli organi di polizia conoscono soltanto la lingua tedesca e quella inglese (raramente anche quella francese).

L’articolo 8 del B-VG (Bundesverfassungsgesetz) statuisce che la lingua tedesca - fatta salva la normativa in materia di tutela delle minoranze linguistiche (ungheresi, croate e slovene) contenuta nel VoGrG e nell’allegato 2 al medesimo - è la lingua ufficiale, è la Staatssprache/Amtssprache della Repubblica austriaca.

Al fine di rendere effettivo il diritto “auf rechtliches Gehör”, al c.d. fair trial e a quello alla difesa, oltre al § 56 StPO, anche l’articolo 6, comma 3, lettera a) ed e) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4.11.1950 (CEDU), prevedono il diritto dell’indagato/imputato ad essere informato, entro breve tempo, in una lingua che comprende e in modo dettagliato, del contenuto dell’accusa contro di lui elevata nonché del diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete, se non comprende o non parla la lingua usata in udienza.  Altra norma soprannazionale  ed intesa a garantire il c.d. fair trial, in particolare, il diritto di essere informato, di potersi consultare e difendere, è costituita dall’articolo 47, comma 2, 2 parte della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, il cui comma 3 sancisce altresì il diritto di persone prive di mezzi (economici) ad avere assistenza gratuita da parte di un difensore. Va rilevato che pure la direttiva 2010/64/UE dd. 20.10.2010 ha sancito il diritto dell’indagato/imputato ad un interprete nonché alla traduzione degli atti.

La direttiva ora menzionata è stata emanata al fine di garantire e sviluppare ulteriormente i principi inerenti alla creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di diritto, in particolare di garantire la tutela dei diritti della persona. Hanno ritenuto Consiglio e Parlamento europeo che a tal fine devono essere fissati parametri atti ad assicurare standard minimi. Soltanto in tal modo può essere assicurata la fiducia nell’adeguatezza della normativa processuale e nell’amministrazione della giustizia; normativa, i cui destinatari sono non soltanto le autorità giudiziarie, ma anche gli altri “attori” che, in un modo o nell’altro, partecipano al procedimento. Secondo il Consiglio e il Parlamento europeo, benché tutti gli Stati comunitari abbiano firmato la CEDU, alcuni di essi hanno attuato questa Convenzione in modo soltanto parziale o comunque insufficiente, per cui è stata avvertita l’esigenza di rafforzare i diritti degli indagati/imputati, in particolare il diritto degli stessi di  chiedere l’intervento di un interprete o traduttore qualora non siano in grado di parlare o comprendere la lingua nella quale si procede nei loro confronti.

Questo diritto si inserisce in quello, più ampio, auf Belehrung und Information. L’esigenza di assicurare queste garanzie in favore di tutti gli indagati/imputati è stata avvertita in particolar modo a seguito dell’entrata in vigore della normativa sul mandato di arresto europeo e sulle procedure di consegna tra gli Stati comunitari. Per rendere effettivo il diritto all’assistenza/intervento di un interprete risp. alla traduzione di atti del procedimento redatti in una lingua non compresa o non parlata dall’indagato/imputato, si è resa necessaria la previsione della completa gratuità del “servizio” di interpreti risp. di traduttori. Inoltre nella direttiva di cui sopra è stato previsto - per salvaguardare il c. d. fair trial - che interpreti e traduttori devono essere in grado di rendere un “servizio” di qualità adeguata al caso concreto e comunque tale da consentire all’indagato/imputato di comprendere l’imputazione, di conoscere il contenuto degli atti processuali di rilievo nonché di poter predisporre l’esposizione delle proprie difese. L’attuazione della direttiva suddetta non può naturalmente comportare che per effetto della stessa possano essere sminuiti altri diritti previsti da norme interne di singoli Stati membri, più favorevoli all’indagato/imputato.  Al fine di agevolare concretamente l’attività di interpreti e traduttori, viene auspicato che gli Stati membri dell’UE favoriscano l’accesso a banche dati in materia di terminologia giuridica.

L’articolo 5, comma 2, della Direttiva 2010/64/UE auspica che gli Stati membri istituiscano registri contenenti elenchi di interpreti e traduttori indipendenti aventi adeguata qualifica professionale, registri che possono essere messi a disposizione delle autorità e dei difensori.

II. Garanzie in favore di chi non comprende o non parla la lingua nella quale si procede

L’articolo 8 della direttiva di cui sopra contiene il c.d. divieto di regressione che fa sì che nessuna disposizione ivi contenuta e concernente diritti e garanzie procedimentali, possa essere applicata in modo da determinare un’interpretazione restrittiva dei principi sanciti dalla CEDU, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, da altre norme di diritto internazionale oppure da disposizioni interne degli Stati aderenti all’UE che prevedono una tutela più ampia.

Come già accennato sopra, la direttiva in questione si propone l’attuazione concreta di standard minimi che in nessun caso devono essere inferiori a quelli contenuti nella CEDU o nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE. È stato comunque statuito che qualora uno Stato membro attui la direttiva in modo incompleto (o comunque inadeguato), l’UE, in applicazione dell’articolo 5 del Trattato di Lisbona, può avvalersi del principio di sussidiarietà.

Il termine ultimo per l’attuazione della direttiva nel diritto interno, era stato fissato per il 27.10.2013.

Va rilevato infine che mentre Gran Bretagna e Irlanda hanno, perlomeno, manifestato l’intenzione di “far propri” i principi di questa direttiva, la Danimarca ha opposto un netto rifiuto di ritenerla vincolante e di attuarla.

III. Interpreti e traduttori - Attuazione della normativa comunitaria

Interprete viene definito dal § 125, comma 2, StPO la persona, la quale, per effetto delle cognizioni particolari di cui dispone, è in grado di tradurre dalla lingua, nella quale si procede, in un’altra lingua (conosciuta dall’indagato/imputato) o da quest’ultima nella Verfahrenssprache.

All’interprete, la legge federale (n. 137/1975) equipara il traduttore, i cui dati anagrafici e la cui qualifica devono, anch’essi, risultare da apposita Ausweiskarte. Prima dell’iscrizione nell’elenco, interpreti e traduttori devono avere esercitato la loro attività per almeno 10 anni; 5 anni, se in possesso di determinate lauree o determinati diplomi di scuola media superiore.

Vediamo ora se, ed in quale misura, l’Austria ha attuato, nel proprio diritto interno, la direttiva 2010/64/UE.

È ovvio che soltanto l’indagato/imputato - che non conosce la Amtssprache o non sa esprimersi nella medesima - assistito da un interprete/traduttore, è in grado di comprendere l’imputazione, il contenuto della documentazione raccolta negli atti del procedimento, il significato dell’attività processuale che viene svolta (o, in casi particolari, che già è stata compiuta) e di difendersi effettivamente.

IV. Traduzione scritta e orale

Il § 56 StPO austr. (che costituisce la Umsetzung der verfassungsrechtlichen Vorgaben, alle quali è stato accennato sopra),  al comma 1, sancisce il diritto del Beschuldigten, che non è in grado di parlare o di comprendere la lingua nella quale si procede, ad un interprete. PM e giudice nominano interprete persone qualificate indicate dal ministero della Giustizia o dalla Justizbetreuungsagentur. La PG nomina interpreti persone, anch’esse qualificate, indicate dal ministero dell’Interno. Se e nei limiti in cui, ai fini della garanzia del diritto alla difesa e al c.d. fair trial, è necessario, l’indagato/imputato ha diritto alla traduzione scritta della documentazione rilevante entro un congruo termine da fissare. Per documentazione rilevante s’intendono i provvedimenti con i quali è stato disposto (o autorizzato) l’arresto, la motivazione scritta della PG, se, in caso di pericolo di ritardo, a procedere all’arresto è stata la PG, il provvedimento di imposizione (o di prosecuzione) della custodia cautelare in carcere, l’imputazione nonche’ la copia della sentenza non ancora passata in giudicato. L’intervento dell’interprete/traduttore, nei casi ora indicati, deve essere disposto, a seconda del Verfahrensstand, dalla PG, dal PM o dal giudice; in questi casi si deve procedere amtswegig, vale a dire d’ufficio e quindi a prescindere da un’apposita richiesta da parte dell’interessato.

Il diritto di cui al § 56 StPO viene garantito mediante traduzione a voce, se si procede ad acquisizione di elementi probatori, ai quali partecipa l’indagato/imputato o durante il dibattimento. Su richiesta, invece, la traduzione a voce va fornita anche per quanto concerne i contatti col difensore, qualora gli stessi siano in correlazione diretta con l’acquisizione di prove, con il dibattimento, con la proposizione di un mezzo di impugnazione o di altra istanza. Qualora sul luogo in cui si procede ad interrogatorio, non sia possibile far intervenire, entro un congruo lasso di tempo, un interprete a conoscenza della lingua che l’indagato/imputato parla o è in grado di comprendere, è ammissibile il ricorso a mezzi tecnici atti a trasmettere immagini e voce (cioè alla c.d. videoconferenza), fatta eccezione per i casi in cui la presenza personale dell’interprete è necessaria per garantire “ein faires Verfahren”.

È da notare che ne’ dalla StPO, ne’ dalla CEDU, è desumibile il diritto dell’indagato/imputato alla traduzione dell’intera documentazione del procedimento che lo riguarda; un’eventuale omissione non è quindi causa di nullità. Le norme suddette si considerano osservate se “l’opera” dell’interprete risp. del  traduttore è tale da mettere l’indagato/imputato in condizione di conoscere 1) ciò che gli viene contestato/di cui è imputato, 2) di difendersi e 3) di fornire la propria versione dei fatti (cfr. RS 0109920).

Le garanzie di cui ora si è parlato, trovano applicazione anche in favore della persona offesa dal reato, qualora la stessa non conosca la lingua, nella quale si procede oppure non la comprende;  ciò è previsto dal § 66, comma 1, n. 5, StPO (Recht auf Übersetzungshilfe durch Dolmetschleistungen) e può avvenire a voce o per effetto di traduzioni per iscritto. A proposito dell’indagato/imputato, è da rilevare che il diritto di questi di ottenere traduzioni non comporta che le stesse debbano avvenire (necessariamente) nella lingua madre dell’indagato/imputato, essendo sufficiente che le medesime avvengano in una lingua che questi comprende o nella quale è in grado di esprimersi (cfr. RS 0075055).

Su espressa richiesta dell’indagato/imputato, gli devono essere tradotti ulteriori documenti da indicare analiticamente dall’interessato, se la traduzione è motivata dal fatto che la persona, contro la quale si procede, non comprende o non parla lingua, nella quale si procede oppure se l’esigenza delle traduzioni è evidente (offenkundig).

Le traduzioni scritte possono essere sostituite da traduzioni orali oppure, se la persona contro la quale si procede, è assistita da un difensore, da riassunti verbali, qualora ciò non osti ad un “fairem Verfahren”. La determinazione della (particolare) concisità o meno delle mündlichen Zusammenfassungen, è rimessa alla discrezionalità di chi “sovrintende” al compimento dell’atto (Leiter der Amtshandlung). Nei casi in cui l’indagato/imputato è assistito da un difensore, il quale, naturalmente, conosce la lingua nella quale si procede, la prassi che si è instaurata è nel senso che non vengono richieste (ne’ disposte d’ufficio) traduzioni per iscritto in quanto la documentazione rilevante viene tradotta all’indagato/imputato verbalmente in forma riassuntiva (spesso dallo stesso difensore in occasione di contatti che questi  ha con il proprio cliente). Se invece l’indagato/imputato non è assistito da un difensore, i diritti alla difesa verrebbero lesi se - perlomeno la parte rilevante della documentazione del procedimento - non venisse tradotta per iscritto.

All’autorità procedente non è riconosciuta alcuna discrezionalità - dovendosi procedere von Amts wegen (d’ufficio) - quando si tratta della nomina di un interprete risp. traduttore per l’assistenza ad atti concernenti acquisizioni probatorie, alle quali partecipa l’indagato/imputato; così pure per il dibattimento. La Amtswegigkeit è invece esclusa e occorre un’apposita istanza da parte dell’interessato, se l’indagato/imputato intende contattare il proprio difensore di fiducia o d’ufficio oppure chiedere il patrocinio a spese dello Stato, sempre che questo contatto sia in correlazione diretta con un’acquisizione probatoria, il dibattimento, la proposizione di un mezzo di impugnazione.

V. Rinuncia alla traduzione scritta

Per quanto concerne acquisizioni di prove o dibattimenti, non vi è diritto alla traduzione simultanea dell’interezza di queste Verfahrenshandlungen.

Un’eventuale rinuncia dell’indagato/imputato alla traduzione per iscritto è ammissibile soltanto se l’interessato è stato previamente reso edotto dei propri diritti e sulle conseguenze della rinuncia. Dell’avvenuta informazione e dell’atto di rinuncia, deve essere dato atto a verbale. Tuttavia l’atto di rinuncia compiuto da chi  è in istato di arresto, se non fatto in presenza del proprio difensore e dopo essersi consultato con il medesimo, è privo di effetti.

Qualora l’indagato/imputato non abbia  rinunciato alla traduzione per iscritto oppure, se non vi sono i presupposti per la sostituzione della traduzione scritta con quella resa in forma orale, alla traduzione scritta deve procedersi entro un congruo termine (angemessenen Frist). In caso di arresto eseguito dalla PG di propria iniziativa, competente a disporre la schriftliche Übersetzung der Aktenstücke, è la PG. Negli altri casi, il PM oppure, se è stata disposta la custodia cautelare in carcere o la prosecuzione della stessa, il giudice.

Ai fini dell’interpretazione dell’espressione “congruo termine”, vanno prese in considerazione, da un lato, la mole degli atti processuali - rilevanti - da tradurre, dall’altro lato va tenuto conto del fatto se l’indagato/imputato è o meno in stato di arresto o di custodia cautelare. In quest’ultimo caso, la Frist, ovviamente, non potrà in nessun caso eccedere pochi giorni.

Il diritto alla traduzione per iscritto degli atti del procedimento può essere fatto valere 1) dinanzi alla PG, fino a quando essa non ha redatto l’Abschlussbericht (relazione/rapporto conclusivo), 2) dinanzi al PM ed infine, se è stata disposta la custodia cautelare in carcere o la proroga di questa misura, 3) dinanzi al giudice, il quale è anche competente nel corso della Hauptverhandlung (dibattimento).

VI. Garanzie per le minoranze linguistiche riconosciute

Nella parte introduttiva di questo articolo abbiamo accennato alla normativa dettata a tutela delle tre minoranze linguistiche riconosciute in Austria, normativa che deroga - in parte - a quanto previsto dal § 56 StPO.

Prevede il VoGrG che chi intende servirsi, nel corso di un’udienza, della lingua di una delle minoranze linguistiche suddette, ha l’onere di comunicarlo - immediatamente dopo aver ricevuto la citazione o la comunicazione - all’autorità procedente, a meno che non si tratti di un procedimento già iniziato nella lingua di chi è tenuto a comparire. La scelta della lingua - salva revoca - comporta che la stessa rimane inalterata per tutta la durata del procedimento.

Se nel corso di un procedimento una persona (p. es. un teste) usa la lingua croata, ungherese o slovena, su richiesta di questa persona, il procedimento deve svolgersi sia nella lingua richiesta che in quella ufficiale dello Stato. Anche nella comunicazione orale delle decisioni emesse, devono essere usate entrambe queste lingue.

Se chi procede non ha conoscenza della lingua scelta risp. richiesta, deve disporre l’intervento di un interprete.

Qualora un procedimento si svolga soltanto oralmente, se l’autorità procedente conosce la lingua prescelta risp. richiesta dall’appartenente alla minoranza e se al procedimento partecipano soltanto persone, tutte disposte a servirsi di questa lingua, il procedimento può svolgersi unicamente in tale lingua, senza intervento di un interprete. Le decisioni comunicate oralmente devono però essere lette anche in lingua tedesca e di ciò va dato atto a verbale. Se l’ausiliario non conosce la lingua della minoranza, l’autorità procedente è obbligata a disporre che venga redatta, senza dilazione alcuna, traduzione del verbale nella lingua usata dall’appartenente alla minoranza linguistica.

Decisioni e provvedimenti che devono essere notificati ad appartenenti ad una delle tre minoranze di cui sopra nonché istanze redatte in una di queste tre lingue, depositate nel corso di un procedimento, nel quale è stata usata la lingua croata, ungherese o slovena, devono essere redatti, oltre che nella lingua prescelta dall’appartenente alla minoranza, anche in lingua tedesca.

Qualora, in violazione del VoGrG (legge sulla tutela delle minoranze linguistiche) non sia stata usata la lingua della minoranza oppure l’uso di questa lingua non sia stato consentito nel corso di un procedimento, ciò determina lesione del diritto auf rechtliches Gehör della parte che ha scelto la lingua della minoranza.

Costituisce nullità ex § 281, comma 1, n. 3, StPO (CPP), l’inosservanza, in sede dibattimentale, delle norme dettate dal VoGrG e relative ad un procedimento penale. Per quanto concerne i procedimenti amministrativi, alla violazione del VoGrG consegue la nullita’ prevista dal § 68, comma 4, n. 4, dell’allgemeinen Verwaltungsgesetz (AVG) del 1991 (e successive modif. ed integr.)  Questa Nichtigkeit deve essere eccepita entro il termine di tre anni; altrimenti la deduzione della stessa diventa inammissibile (unzulässig).

VII. L’importanza dell’intervento tempestivo dell’interprete

Da quanto sopra esposto risulta che l’Austria ha adempiuto, almeno a grandi linee e pure tempestivamente (dato che la legge federale di modifica del codice di procedura penale è del settembre 2013), a quanto previsto dalla suddetta direttiva UE nonché dalla precedente decisione-quadro dell’8.7.2009, ampliando e garantendo maggiormente - attraverso la normativa in materia di  intervento, obbligatorio, sin dalla fase iniziale delle indagini preliminari condotte dalla PG, dell’interprete/traduttore - i diritti della persona sospettata/imputata di un reato. Almeno indirettamente, le disposizioni contenute nel § 56 StPO contribuiscono a rafforzare la fiducia non soltanto dei cittadini austriaci nel “sistema giustizia” (inteso, questo, in senso lato), ma pure degli altri cittadini comunitari e a far sì che  possa essere ravvisato un ulteriore “passo” nel cammino - per quanto lento e accidentato possa essere - verso un’unificazione delle norme procedurali degli Stati comunitari. Questa fiducia è tanto più necessaria, quanto più certe sentenze (per non usare la parola “ribaltoni”, o, meglio, “ribaltoni assolutori”), vengono definite, da alcuni, “sorprendenti” e che hanno tutto il “sapore” di essere – non tanto decisioni ispirate ad imparzialita’ ed obiettività - quanto piuttosto restituzione di favori a chi ha patrocinato la nomina di certe persona a certe cariche. Se la richiesta di accertare la verità diventa rischiosa (per non dire pericolosa), allora vuol dire che i “rulers” hanno piazzato molto bene i loro fedelissimi.

Così come è stato indubbiamente necessario introdurre norme a garanzia di indagati/imputati privi della conoscenza della lingua nella quale si procede, così pure sarebbe necessario assicurare standard minimi volti a prevenire favoritismi e clientelismi, spesso palesi, che danneggiano enormemente l’immagine e il prestigio della giustizia. Molto importante è anche che nella direttiva UE sopra menzionata è previsto che il “servizio” reso da interpreti e traduttori debba essere adeguato (vale a dire, ”fedele”) e che il loro intervento debba essere tempestivo in quanto traduzioni frettolose o comunque inesatte possono danneggiare gravemente e, delle volte irrimediabilmente, la posizione dell’indagato/imputato. Parimenti possono essere causati danni - anch’essi non di rado irreversibili - da un intervento tardivo dell’interprete, per cui molto opportunamente, nella direttiva 2010/64/UE, è stato statuito che l’interprete deve essere messo a disposizione dell’indagato/imputato “immediatamente”. Danni altrettanto gravi conseguono, ovviamente, se la Beiziehung dell’interprete viene negata.

Certamente da condividere è la disposizione del § 56, comma 6, StPO, secondo la quale un’eventuale rinuncia ad una traduzione scritta da parte dell’indagato/imputato, produce effetti unicamente qualora l’indagato/imputato sia stato previamente informato, non soltanto dei propri diritti, ma anche delle conseguenze di un’eventuale rinuncia; rinuncia che deve risultare da apposito verbale.

Criticabile è che il § 56 StPO non prevede il diritto (contemplato dall’articolo 2, comma 5,2 parte, della citata direttiva UE) che possa essere contestata la qualità del “servizio” reso dall’interprete/traduttore, qualora sia di livello tale da non garantire un “faires Verfahren”.