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Avviso di accertamento: serve la prova del ricevimento della comunicazione di avvenuto deposito

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Avviso di accertamento: serve la prova del ricevimento della comunicazione di avvenuto deposito

 

Indice:

Avviso di accertamento: il principio di diritto

Avviso di accertamento: l caso

Avviso di accertamento: l’ordinanza di rimessione e la motivazione della sentenza delle Sezioni Unite

 

Avviso di accertamento: il principio di diritto

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite,  con sentenza n. 10012 del 15 aprile 2021, ha formulato un innovativo principio di diritto secondo cui, in tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite servizio postale, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per sua temporanea assenza ovvero per assenza o inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio può essere data dal notificante - in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata (artt. 24 e 111, comma 2, Cost.) dell’art. 8 della l. n. 890 del 1982 - esclusivamente attraverso la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della raccomandata contenente la comunicazione di avvenuto deposito (cd. C.A.D.), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della suddetta raccomandata informativa.
 

Avviso di accertamento: il caso

La vicenda trae origine dall’impugnazione di una cartella di pagamento per IRPEF 2006-2007, derivante da avvisi di accertamento,  con cui la contribuente lamentava la mancata rituale notifica degli atti impositivi prodromici e, quindi, l’inesistenza del titolo esecutivo (iscrizione a ruolo) legittimante l’esecuzione esattoriale.

Costituitasi in giudizio, l’Agenzia delle Entrate, eccepiva che la procedura notificatoria di detti avvisi di accertamento, in precaria assenza della contribuente dal proprio domicilio, doveva considerarsi ritualmente perfezionata secondo le previsioni di legge.

La CTP rigettava il ricorso, rilevando che la contribuente non aveva assolto all’onere di impugnare, anche nel merito, gli avvisi di accertamento prodromici alla cartella esattoriale impugnata.

A seguito della sentenza di rigetto dei giudici di prime cure, la contribuente proponeva appello che veniva rigettato dalla Commissione Tributaria Regionale sul presupposto sia della ritualità della procedura notificatoria degli avvisi di accertamento sia, come i giudici di prime cure, sul rilevato difetto dell’onere di impugnazione degli stessi anche nei profili di merito.

La contribuente avverso la decisione della CTR proponeva ricorso per Cassazione deducendo tre motivi.

La Quinta Sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 21714 dell’8 ottobre 2020, ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite al fine di risolvere il contrasto sulla questione, posta con il secondo motivo, circa l’individuazione della modalità di assolvimento dell’onere di provare il perfezionamento di una procedura notificatoria di un atto impositivo mediante l’impiego diretto del servizio postale, nel particolare caso della temporanea assenza del notificatario (c.d. “irreperibilità relativa”) e, più nel dettaglio, se possa considerarsi sufficiente la prova della spedizione della raccomandata informativa (CAD) ovvero se sia, invece, necessario il deposito dell’avviso di ricevimento di tale raccomandata.

Il Primo Presidente ha, quindi, disposto l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.


Avviso di accertamento: l’ordinanza di rimessione e la motivazione della sentenza delle Sezioni Unite

Nella disamina della citata sentenza delle Sezioni Unite si analizza, in particolare, il secondo motivo di ricorso della ricorrente che ha ingenerato il contrasto sulla quaestio iuris sottoposta all’esame delle Sezioni Unite.

Precisamente, la ricorrente con il secondo motivo del suo ricorso per Cassazione ha lamentato la violazione degli articoli 99, 112, c.p.c., nonché la violazione dell’art. 8 della L. n. 890 del 1982 e la violazione/falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c., poiché la CTR ha sancito la ritualità della notifica degli atti impositivi prodromici alla cartella di pagamento impugnata.

E invero, la contribuente con tale motivo ha eccepito l’omessa pronuncia sulla sua eccezione di invalidità della procedura notificatoria di  predetti atti fondata sulla mancata prova della spedizione della “raccomandata informativa” di avvenuto deposito degli atti notificandi (CAD), non avendo l’Agenzia delle Entrate prodotto in giudizio l’avviso di ricevimento prescritto, quale forma necessaria della raccomandata stessa, come previsto dall’art. 8 della L. L. n. 890 del 1982 che, pertanto, si assume violato, unitamente al principio generale codicistico sull’attribuzione processuale dell’onere probatorio.

In altri termini, la ricorrente ha affermato di non avere mai ricevuto la notifica degli atti impositivi prodromici alla cartella esattoriale impugnata e, in particolare, trattandosi pacificamente di notifica “postale diretta” non perfezionatasi con la consegna del plico raccomandato a causa della sua temporanea assenza, di non aver mai ricevuto la “raccomandata informativa” dell’avvenuto deposito degli atti notificandi presso l’ufficio postale (CAD), così come prescritto dall’art.8, comma 2, seconda parte della  L. n. 890 del 1982. Sul punto, ravvisa, inoltre, la contribuente, che era onere processuale dell’Agenzia delle Entrate provare il contrario (solo) mediante la produzione in giudizio dell’avviso di ricevimento della (seconda) raccomandata contenente detto avviso, non essendo, pacificamente, ciò avvenuto, poiché l’Ente impositore si è limitato a produrre giudizialmente soltanto l’avviso di ricevimento della “prima raccomandata” (quella contenente l’avviso di accertamento notificando), con l’attestazione dell’agente postale della temporanea assenza della destinataria e dell’avvenuta spedizione della “seconda raccomandata” prescritta dalla specifica disposizione legislativa appena citata.

Ciò posto, la Quinta Sezione Civile, con l’ordinanza interlocutoria ha sottoposto alla valutazione delle Sezioni Unite la quaestio iuris che ha ritenuto oggetto di contrasto giurisprudenziale interno alla giurisprudenza di legittimità, ossia se sia sufficiente per il giudizio di rituale perfezionamento della procedura notificatoria in esame la prova offerta dall’Agenzia delle entrate (primo avviso di ricevimento con dette attestazioni) oppure necessario, anche ed essenzialmente, che il notificante depositi l’avviso di ricevimento della “raccomandata informativa” (CAD).

In effetti, come è stato evidenziato dalla Sezione rimettente, si è registrata un’evidente evoluzione della giurisprudenza di legittimità in ordine a tale questione giuridica.

Un primo orientamento della giurisprudenza di legittimità, più risalente, ha affermato che, al fine della prova del perfezionamento della notifica postale “diretta” in caso di assenza temporanea del destinatario, è sufficiente che l’Ente impositore notificante produca in giudizio l’avviso di ricevimento della raccomandata contenente l’atto notificando con l’attestazione di spedizione della CAD (in tal senso, Cass., 2638/2019, 13833/2018, 26945-6242-4043/2017).

Il citato orientamento si fonda sul dato letterale dell’art.8,comma 4 della L. n. 890 del 1982 (nella versione applicabile ratione temporis, ossia dopo la modifica operata dall’art.2 del D.L.n. 35 del 2005, ma prima delle modificazioni successivamente operate con l’art. 1 della L. n. 205 del 2017), secondo il quale <<La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al comma 2 ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore”, peraltro strettamente collegata/coordinata con la previsione di cui al comma 2, u.p., della disposizione legislativa stessa, secondo il quale, tra i contenuti dell’avviso di ricevimento della CAD, deve esserci obbligatoriamente l’avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito (dell’atto notificando presso l’ufficio postale).>>.

In altri termini dalla (doppia) previsione in ordine all’ “effetto perfezionativo” della procedura notificatoria de qua, tale giurisprudenza ha tratto il convincimento che a provarne il presupposto fattuale sia appunto sufficiente la puntuale e specifica attestazione di spedizione della CAD contenuta nel “primo” avviso di ricevimento riguardante non la CAD stessa, bensì l’atto notificando.

Tuttavia, a partire dall’ordinanza n. 5077 del 21 febbraio 2019, si è consolidato un contrario orientamento giurisprudenziale, secondo il quale, al verificarsi della fattispecie concreta in esame (notifica a mezzo posta/assenza temporanea del destinatario ovvero di persone idonee alla ricezione dell’atto notificando), per considerare perfezionata la procedura notificatoria è, invece, necessario verificare in concreto l’avvenuta ricezione della CAD ed a tal fine il notificante è processualmente onerato della produzione del relativo avviso di ricevimento (nello stesso senso, cfr. Cass., 16601/2019, 6363-21714-23921-25140-26078/2020).

Come rilevato dalla sentenza in commento <<Tale divergente indirizzo si confronta con la letteralità della disposizione legislativa applicabile, in particolare con la “previsione di effetto” di cui al comma 4 del citato art.8, ma ne dà una diversa connotazione giuridica, qualificando tale effetto normativo come “provvisorio” e sospensivamente condizionato a detta verifica, da effettuare giudizialmente, sull’avviso di ricevimento della “seconda raccomandata”.>>.

In particolare, la necessarietà di tale verifica e dell’onere probatorio correlativo viene fondata sull’interpretazione costituzionalmente orientata e sistematica del dato normativo stesso, a sostegno della quale  si pongono le decisioni della Corte costituzionale n. 346 del 1998, proprio sull’art.8 della  L. n. 890 del 1982,  sulla L. n. 10 del 2010 e sulla notificazione ex articolo 140 c.p.c.

Tanto chiarito con la sentenza in commento (Cass. SS.UU 10012/2021) le Sezioni Unite hanno sposato quest’ultimo orientamento giurisprudenziale.

Nel suo iter logico, le Sezioni Unite hanno evidenziato che è indubbio che nel sistema della notificazione postale, in caso di mancata consegna del plico contenente l’atto notificando, la comunicazione di avvenuto deposito abbia un ruolo essenziale al fine di garantire la conoscibilità, intesa come possibilità di conoscenza effettiva dell’atto notificando stesso.

A parere delle Sezioni Unite, infatti <<La mera prova della spedizione di tale comunicazione non può dunque considerarsi quale fattispecie giuridica conformativa del fondamento profondo del dictum imperativo del giudice delle leggi (la citata C. Cost. 346/1998), con il quale si è dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’originaria formulazione della L. n. 890 del 1982, articolo 8, comma 4, nella parte in cui non prevedeva che, nella fattispecie concreta in esame ed in quelle assimilabili (rifiuto di ricezione di firma del registro di consegna; assenza di persone idonee al ritiro) non venisse appunto data la comunicazione stessa e che lo fosse con una “raccomandata con avviso di ricevimento.>>.

Il Supremo Consesso, nella pronuncia in esame, ha sottolineato che, correttamente, il recente indirizzo della giurisprudenza di legittimità ha affermato che il segmento della procedura notificatoria, di cui all’art. 8, comma 4 L.n.890/1982 e dell’art. 140 c.p.c.,  si differenzia nettamente da quella dell’articolo 139 c.p.c., comma 4, ovvero dell’art.7 u.c. della L. n. 890 del 1982, disciplinanti i casi di consegna dell’atto notificando a persona diversa dal destinatario e che in tal caso prevedono che venga spedita a quest’ultimo una raccomandata “semplice” che gli dia notizia dell’avvenuta notificazione dell’atto medesimo.

La ratio di tale differenziazione normativa ha un senso evidente, posto che nei casi di consegna a “persona diversa” vi può essere una ragionevole aspettativa che l’atto notificato venga effettivamente conosciuto dal destinatario, trattandosi di persone (famigliari, addetti alla casa, personale di servizio, portiere, dipendente, addetto alla ricezione) che hanno con lo stesso un rapporto che il legislatore riconosce come astrattamente idoneo a questo fine ed è per questo che ha prescelto una forma di comunicazione dell’avvenuta consegna garantita, ma semplificata.

Diversamente, nel caso dell’art.8 della L. n. 890 del 1982 (e dell’articolo 140 c.p.c.), non si realizza alcuna consegna, ma solo il deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale (ovvero nella notifica codicistica presso la Casa comunale).

Ed è per tale, essenziale ragione, che la legge, con maggiore rigore, prevede che di tale adempimento venga data comunicazione dall’agente notificatore al destinatario, del tutto ignaro della notifica, secondo due distinte e concorrenti modalità: l’affissione dell’avviso di deposito nel luogo della notifica (immissione in cassetta postale) ed appunto la spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

Inoltre, le Sezioni Unite, riprendendo l’interpretazione costituzionalmente orientata della sentenza della Corte Costituzionale, la n. 346/1998, ha rammentato che in nuce vi è un ulteriore argomento che merita di essere valorizzato, consistente nella comparazione della procedura notificatoria in questione con quella, pur sempre basata sull’identico presupposto fattuale della c.d. “irreperibilità relativa” del destinatario (e fattispecie assimilate), disciplinata all’articolo 140 c.p.c., tra le modalità delle notifiche curate direttamente dall’ufficiale giudiziario.

E, in effetti, la corrispondenza logico-giuridica tra le due procedure notificatorie, a causa della loro evidente analogia, risulta piuttosto chiaro e porta senz’altro ad utilizzare la seconda (articolo 140 c.p.c.) quale tertium comparationis, secondo una consolidata tecnica di valutazione delle questioni di costituzionalità, sotto il profilo della ragionevolezza.

A ulteriore conforto del suo iter logico, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite,  ha posto una pronuncia di illegittimità costituzionale (C. Cost., sent. n. 3/2010) dell’articolo 140 c.p.c., nella parte in cui prevedeva il perfezionamento della notifica non effettuata a causa di “irreperibilità o rifiuto di ricevere” del destinatario (e delle persone addette alla casa) sul presupposto della sola spedizione della “raccomandata informativa” dell’avvenuto deposito dell’atto notificando (presso la Casa comunale), invece che con il ricevimento della stessa ovvero con il decorso di 10 giorni dalla sua spedizione. In particolare, con il dictum costituzionale, le Sezioni Unite hanno affermato che risulta consolidato nella giurisprudenza di legittimità, nel caso di notifica, anche di atti impositivi tributari, da parte dell’ufficiale giudiziario ai sensi  predetta disposizione del codice di rito, che la prova del perfezionamento del procedimento notificatorio deve essere data, appunto, mediante la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della “raccomandata informativa” (cfr. Cass., n. 25985 del 10/12/2014, Rv. 633554 - 01; n. 21132 del 02/10/2009, Rv. 609852 - 01; per la cartella di pagamento, anche a seguito di C. Cost. 258/2012, cfr. altresì Cass., n. 9782/2018; v. per argomenti nello stesso senso Cass., Sez. U., 627/2008).

Nello specifico, le Sezioni Unite hanno ravvisato che <<[p]ur nella diversità delle due modalità notificatorie in parte qua ossia in relazione alla spedizione della CAD - quella codicistica attuata dall’ufficiale giudiziario con il concorso dell’agente postale, quella postale attuata esclusivamente da quest’ultimo - non può che ravvisarsi un’unica ratio legis che è quella - profondamente fondata sui principi costituzionali di azione e difesa (articolo 24, Cost.) e di parità delle parti del processo (articolo 111 Cost., comma 2) - di dare al notificatario una ragionevole possibilità di conoscenza della pendenza della notifica di un atto impositivo o comunque di quelli previsti dalla L. n. 890 del 1982, articolo 1 (atti giudiziari civili, amministrativi e penali).

Solo in questi termini può dunque trovarsi quel punto di equilibrio tra le esigenze del notificante e quelle del notificatario, peraltro trattandosi di un onere probatorio processuale tutt’affatto vessatorio e problematico, consistendo nel deposito di un atto facilmente acquisibile da parte del soggetto attivo del sub-procedimento.>>.

Alla luce di tanto, secondo il Supremo Collegio, solo dall’esame concreto di tale atto il giudice del merito e, qualora si tratti di atto processuale, (se del caso) anche il giudice di legittimità, può desumere la “sorte” della spedizione della “raccomandata informativa” e, pertanto, in ultima analisi, esprimere un ragionevole e fondato  giudizio sulla sua ricezione, effettiva o almeno “legale”  della raccomandata medesima da parte del destinatario.

In altri termini, giova ritenere che la produzione dell’avviso di ricevimento della CAD costituisce l’indefettibile prova di un presupposto implicito dell’effetto di perfezionamento della procedura notificatoria secondo le citate previsioni dell’ art.8, commi 4 e 2, della L. n. 890 del 1982, che, qualora ritenuta giudizialmente raggiunta, trasforma tale effetto da “provvisorio” a “definitivo”.

In virtù di tale percorso motivazionale, le Sezioni Unite hanno enucleato il seguente principio di diritto “In tema di notifica di un atto impositivo ovvero processuale tramite il servizio postale secondo le previsioni della L. n. 890 del 1982, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per temporanea assenza del destinatario stesso ovvero per assenza/inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento della procedura notificatoria può essere data dal notificante esclusivamente mediante la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l’avvenuto deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale (c.d. CAD), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della raccomandata medesima”.