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Le modifiche apportate allo statuto del contribuente dal d.lgs. 219/2023

La corsa della vita
Ph. Luca Martini / La corsa della vita

Le modifiche apportate allo statuto del contribuente dal d.lgs. 219/2023

 

Le modifiche apportate allo Statuto del Contribuente (Legge 212/2000) dal D.lgs. 219/2023 suscitano forti perplessità, in relazione ai nuovi artt. 6 (annullabilità, e non più nullità, dell’iscrizione a ruolo eseguita senza contraddittorio), 10 quater (dovrebbe essere previsto che il silenzio maturi anche sulle istanze di annullamento in autotutela, ed invece quest’ultimo è stabilito solo se è il contribuente a non chiedere l’annullamento stesso) e 12 (mancata previsione del contraddittorio nella fase successiva alla chiusura delle indagini ispettive)

The changes made to the Taxpayer Statute (Law 212/2000) by Legislative Decree. 219/2023 raise strong doubts, in relation to the new articles. 6 (annullability, and no longer nullity, of the registration in the register carried out without cross-examination), 10 quater (it should be foreseen that silence also accrues on requests for cancellation in self-defense, and instead the latter is established only if it is the taxpayer who not request the cancellation itself) and 12 (failure to provide for cross-examination in the phase following the closure of the inspection investigations)

Inoltre, suscita forti perplessità l’art. 11 novellato dello Statuto, il quale prevede che gli atti eventualmente adottati in contrasto con il silenzio assenso formatosi sull’istanza di interpello, sono non più nulli bensì annullabili: se si prevede che l’AF può adottare un atto in contrasto con il suddetto silenzio e può anche non annullarlo e che quindi tale silenzio non costituisce un vincolo per l’AF, allora si dovrebbe prevedere che neanche  la precedente risposta negativa fornita dall’AF ad una precedente istanza di interpello costituisca per questa un vincolo, nel senso che tale risposta non dovrebbe escludere sussistano tutt’ora condizioni di obiettiva incertezza sulla portata e sull’applicabilità della norma tributaria.

Furthermore, the art. 11 amended of the Statute, which provides that any acts adopted in conflict with the silent assent formed on the request for ruling are no longer null and void but can be annulled: if it is foreseen that the FA may adopt an act in conflict with the aforementioned silence and may not even cancel it and that therefore this silence does not constitute a constraint for the AF, then it should be foreseen that not even the previous negative response provided by the AF to a previous request for a ruling constitutes a constraint for it, in the sense that this response should not rule out the existence of conditions of objective uncertainty regarding the scope and applicability of the tax law.

Il D.lgs. 219 del 30.12.2023 (di seguito “DLGS”) – rubricato “Modifiche allo statuto dei diritti del contribuente” e pubblicato sulla G.U. n. 2 del 03.01.2024 – è stato emanato a seguito della Legge Delega n. 111 del 09.08.2023 per la revisione del sistema tributario.

Il presente documento ha come scopo quello di analizzare le più rilevanti novità apportate allo Statuto, evidenziandone le criticità, anche alla luce delle disposizioni contenute nella Legge Delega, nonchè quello di mettere in risalto alcune problematiche relative a norme che, pur non essendo state oggetto di novità, meritano comunque un approfondimento.

Ai sensi del novellato art. 6, l’iscrizione a ruolo eseguita dall’AF senza contraddittorio con il contribuente, nel caso in cui sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, sono non più nulli bensì annullabili: quindi dovrà essere il contribuente a chiederne l’annullamento (oppure sarà la stessa AF a farlo in via di autotutela). Tuttavia, la più tenue forma di invalidità prevista dal DLGS (annullabilità, anziché nullità) contrasta palesemente con l’art. 4 comma 4 lett. F) della Legge Delega n. 111/2023, il quale imponeva al legislatore delegato di prevedere “una generale applicazione del principio del contraddittorio “a pena di nullità”, e non di annullabilità. Inoltre, la stessa mal si concilia con il fatto che “la garanzia del contraddittorio” sia stata prevista dall’art. 1 quale “principio generale”.

Ai sensi del novellato art. 10 quater comma 2, l’obbligo dell’AF di annullare un atto in autotutela non sussiste “decorso un anno dalla definitivita' dell'atto viziato per mancata impugnazione”.

Quindi, il contribuente, se accerta che la PA non sta attivando la procedura di autotutela, ha comunque l’onere di impugnare l’atto: il mancato adempimento a quest’onere sancisce la definitiva acquiescenza del contribuente agli effetti da questo prodotti, e quindi una sorta di “silenzio – assenso” da parte del medesimo, il quale finisce di fatto sostanzialmente con il “convalidare” l’atto.

Ciò posto, allora, si dovrebbe anche introdurre il principio in base al quale, se il contribuente, dopo aver proposto un’istanza di annullamento in autotutela, non riceve alcuna risposta entro un certo tempo, deve considerarsi maturato a suo vantaggio il silenzio assenso, e cioè l’annullamento del provvedimento.

Se il silenzio del contribuente (vedi mancata impugnazione) vale come assenso, ossia comporta la definitiva “non annullabilità” dell’atto e cioè la non attivazione dell’obbligo dell’autotutela, allora anche il silenzio dell’AF (vedi mancata risposta all’istanza di autotutela) dovrebbe valere come assenso, ossia il tacito annullamento dell’atto. Ed invece il silenzio assenso sulle istanze di autotutela non è previsto né dall’art. 10 quater né dall’art. 10 quinquies: esso viene previsto solo in materia di interpello (art. 11).

Il DLGS non ha apportato alcuna modifica all’art. 11 dello Statuto, relativo alla possibilità di presentare istanza di interpello nel caso in cui ricorrano “condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni tributarie”.

Infatti, al comma 4, viene confermato il principio in base al quale “non ricorrono condizioni di obiettiva incertezza quando l'amministrazione finanziaria ha fornito, mediante documenti di prassi o risoluzioni, la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente”.

Tale principio risulta conforme a quanto prescritto dall’art. 4 comma 1 lett. C) n. 2 della Legge Delega 111/2023, il quale così dispone: “rafforzare il divieto di presentazione di istanze di interpello, riservandone l'ammissibilità alle sole questioni che non trovano soluzione in documenti interpretativi già emanati”.

Il semplice fatto che l’AF, in passato, abbia fornito una determinata interpretazione, automaticamente conferisce “certezza” a quest’ultima, ragion per cui adesso il contribuente non può riproporre all’AF la medesima questione.

Ciò posto, tale disposizione si presta comunque alla seguente critica: la precedente soluzione fornita dall’AF è stata causata dal fatto che i motivi sui quali il contribuente di allora aveva fatto l’istanza sono stati dichiarati come infondati; ma il contribuente adesso, nel riproporre la medesima questione, potrebbe anche basare l’istanza su “altri” motivi, i quali potrebbero anche essere riconosciuti come fondati dall’AF e condurre pertanto quest’ultima a ritenere che nessuna pretesa impositiva possa essere avanzata.

Inoltre, si consideri quanto segue.

Lo stesso art. 11 (comma 5) novellato, nel ribadire il silenzio assenso dell’AF nel caso in cui questa non risponda all’istanza di interpello, stabilisce che gli atti eventualmente adottati in contrasto con il silenzio assenso, sono non più nulli bensì annullabili (ecco la novità apportata dal D.lgs. 219/2023).

Mentre prima, con la sanzione della nullità dell’atto adottato in contrasto col silenzio assenso, si stabiliva il principio in base al quale il silenzio stesso (così come la risposta favorevole al contribuente) rappresentava per l’AF un vincolo inderogabile, adesso, con l’annullabilità, si prevede che l’atto sopra citato può anche essere convalidato in quanto né il silenzio né la risposta favorevole costituiscono più un vincolo.

Allora, però, bisognerebbe anche prevedere che nemmeno l’eventuale risposta negativa fornita dall’AF ad un’istanza di interpello presentata in passato da un altro contribuente, costituisce un vincolo per la stessa AF, e cioè si dovrebbe prevedere che adesso un altro contribuente possa ben riproporre un’altra istanza avente ad oggetto la medesima fattispecie. Di conseguenza, il comma 4 dell’art. 11, il quale stabilisce che non sussistono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta applicazione della norma tributaria nel caso in cui l’AF abbia già disciplinato la medesima fattispecie con proprie risoluzioni od altri documenti di prassi, appare illegittimo, ex art. 3 Costituzione, per contrasto con l’art. 11 comma 5.

Se la risposta favorevole al contribuente (sia essa espressa o tacita) non costituisce un vincolo per l’AF, la quale poi può adottare un atto di contenuto contrario e può benissimo anche non annullare quest’ultimo (alla nullità, infatti, è stata sostituita l’annullabilità), allora occorre stabilire che neanche la risposta negativa data in passato ad un altro contribuente in merito alla medesima fattispecie, costituisce un vincolo, ragion per cui adesso un altro contribuente “deve” poter riproporre la medesima questione. 

Inoltre, l’art. 11 comma 5, nello stabilire che gli atti eventualmente adottati in contrasto con il silenzio assenso, sono non più nulli bensì annullabili, lede il principio del legittimo affidamento che il contribuente aveva ragionevolmente maturato a seguito del silenzio formatosi, tutela dell’affidamento che il DLGS ha introdotto quale principio generale (art. 1 comma 3 bis).

 Infatti, se alla nullità viene sostituita l’annullabilità, ciò vuol dire che l’AF, pur avendo adottato un atto in contrasto con il tacito assenso precedente, è libera anche di non annullarlo, e quindi di convalidarlo. Pertanto, l’AF, se prima aveva indotto il contribuente a pensare (silenzio assenso) che egli non sarebbe andato incontro ad alcuna sanzione e/o atto impositivo, adesso è libera non soltanto di applicare la sanzione o di adottare l’atto ma anche di non annullarli.

Tale lesione del legittimo affidamento appare ancor più grossolana se si pensa che, in base allo stesso art. 11, “la risposta alla istanza di interpello non è impugnabile” (comma 7). Il contribuente non soltanto non può impugnare la soluzione interpretativa fornita dall’AF all’istanza di interpello, ma, nel caso in cui quest’ultima sia stata a lui favorevole, resta sempre esposto al rischio che un domani l’AF, rivedendo il proprio orientamento, possa modificare tale soluzione adottando un altro atto per lui peggiorativo, senza peraltro che la stessa AF abbia l’obbligo di annullare in via di autotutela tale atto.

Il contribuente, se vuole ottenere l’annullamento dell’atto, ha una sola strada: quella dell’impugnativa.

Ai sensi del novellato art. 12, viene del tutto cancellato il contraddittorio tra l’AF ed il contribuente per quel che attiene alla fase successiva alla chiusura delle operazioni fatte dagli organi ispettivi, e, di conseguenza, viene anche cancellato il principio in base al quale l’avviso di accertamento non poteva essere adottato prima che fosse decorso il termine (60 gg.) entro cui il contribuente poteva presentare osservazioni e richieste.

Ma in questo modo viene meno il principio generale della “garanzia del contraddittorio” di cui al novellato art. 1 (vedi comma 3 bis).