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Rimborso spese legali eccedenti quelle liquidate

Rimborso spese legali
Rimborso spese legali

Rimborso spese legali eccedenti quelle liquidate

 

In merito alla possibilità, per il dipendente pubblico (che sia stato assolto dal Giudice contabile), di ottenere dalla PA di appartenenza il rimborso anche delle spese legali eccedenti quelle liquidate dal Giudice, si possono sostenere due tesi:

la prima, secondo cui la PA non può considerarsi obbligata a tale rimborso, in quanto essa già è penalizzata dal fatto che, nel caso di assoluzione del dipendente, le spese del giudizio non vengono mai poste a carico del P.M. contabile ma vengono addebitate in via esclusiva alla PA stessa; inoltre, ai sensi dell’art. 31 comma 2 D.lgs. 174/2016 (“Codice di Giustizia Contabile”), il Giudice contabile, quando assolve il dipendente, pone a carico della PA l’obbligo di corrispondere all’Avvocato del dipendente tutti i diritti a questo spettanti, e quindi non sembra possibile che, successivamente alla pronuncia di assoluzione, al dipendente vada riconosciuto il diritto al rimborso di ulteriori spese legali non liquidate dal Giudice;

la seconda, per la quale invece la PA deve ritenersi obbligata anche al rimborso delle spese ulteriori, in quanto, in base all’art. 28 Costituzione, il mandato che il dipendente ha conferito all’Avvocato deve intendersi quale mandato “in rem propriam”, ossia conferito anche nell’interesse del terzo “PA”.

Regarding the possibility, for the public employee (who has been acquitted by the Accounting Judge), to obtain reimbursement from the PA to which he belongs also for legal expenses in excess of those paid by the Judge, two theories can be supported:

the first, according to which the PA cannot be considered obliged to make such reimbursement, as it is already penalized by the fact that, in the case of the employee's acquittal, the costs of the proceedings are never borne by the Public Prosecutor. accounting but are charged exclusively to the PA itself; furthermore, pursuant to art. 31 paragraph 2 Legislative Decree. 174/2016 (“Accounting Justice Code”), the Accounting Judge, when acquitting the employee, places the obligation on the PA to pay the employee's lawyer all the rights due to him, and therefore it does not seem possible that, following the pronouncement of acquittal, the employee must be granted the right to reimbursement of further legal expenses not paid by the Judge;

the second, for which the PA must also consider itself obliged to reimburse additional expenses, since, based on art. 28 of the Constitution, the mandate that the employee has given to the Lawyer must be understood as a mandate "in rem propriom", i.e. also given in the interest of the third "PA".

La Cassazione Sezione Lavoro, con ordinanza n. 1178 dell’11.01.2024, ha disposto, ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c., la trasmissione del ricorso al Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della seguente questione, già decisa in senso difforme dalla Sezione Seconda e dalla Sezione lavoro, concernente il preteso diritto del dipendente pubblico, che sia stato prosciolto all’esito di un giudizio contabile, “ad ottenere, dalla P.A. di appartenenza, il rimborso di tutte le spese legali da lui sostenute per la difesa, eventualmente anche in eccesso rispetto a quelle liquidate a carico della stessa P.A. dalla Corte dei conti o qualora dette spese siano state integralmente o in parte compensate, e, in caso affermativo, se vi siano dei limiti a tale diritto e se questo sussista ancora dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 2, d.lgs. n. 174 del 2016”.

La questione è se la liquidazione delle spese operata dal Giudice contabile impedisca al dipendente, vittorioso nel giudizio innanzi alla Corte dei Conti, di chiedere alla PA di appartenenza il rimborso anche delle spese legali eccedenti quelle liquidate.

Nei giudizi di responsabilità contabile, se è la parte pubblica a soccombere (ossia il P.M. contabile), le spese di giudizio non vengono mai addebitate a quest’ultima: esse vengono addebitate sempre e comunque al dipendente, che, per tale motivo, ha poi il diritto ad essere rimborsato dalla PA. Quest’ultima, quindi, subisce gli effetti della sostanziale “immunità” della Procura presso la Corte dei Conti alla condanna alle spese giudiziali, cosa che nel caso di contenzioso tra privati non avverrebbe in quanto tali spese, salvo il caso di compensazione, sono normalmente poste a carico del soccombente. L’art. 3, c. 2-bis, d.l. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito con modificazioni dalla l. 20 dicembre1996, n. 639, stabilisce che “in caso di definitivo proscioglimento ai sensi di quanto previsto dal c. 1 dell’art. 1 della l. 14 gennaio 1994, n. 20, come modificato dal c. 1 del presente articolo, le spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio della Corte dei conti sono rimborsate dall’amministrazione di appartenenza”. Se poi quest’ultima è statale, l’art. 18 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito con modificazioni dalla l. 23 maggio 1997 n. 135, statuisce – in relazione a tutti i giudizi penali, civili ed amministrativi – che le suddette spese siano rimborsate nei limiti riconosciuti congrui dalla competente Avvocatura dello Stato.

La PA, pertanto, nei giudizi di responsabilità contabile, già assume la veste di “vittima predestinata”, poiché, quand’anche il dipendente dovesse essere assolto, essa subentra alla Procura Generale in qualità di soggetto obbligato al rimborso delle spese. Proprio per tale motivo, ritenere che la stessa PA debba poi, a giudizio concluso, rimborsare al dipendente anche le spese eccedenti quelle liquidate dal Giudice, la porrebbe in una condizione ancor più critica, ed iniqua, sotto il profilo dell’esborso di denaro pubblico.

L’art. 31 comma 2 D.lgs. 174/2016 (“Codice di Giustizia Contabile”)  stabilisce che “con la sentenza che esclude definitivamente la responsabilità amministrativa per accertata insussistenza del danno, ovvero, della violazione di obblighi di servizio, del nesso di causalità, del dolo o della colpa grave, il giudice non può  disporre la  compensazione delle spese del giudizio e liquida, a carico dell'amministrazione  di appartenenza, l'ammontare degli onorari e dei diritti spettanti  alla difesa”. Il concetto di “spettanza” sottende il principio in base al quale “tutti” gli onorari addebitati nella parcella dell’Avvocato del dipendente debbono essere liquidati a carico della PA, con conseguente obbligo di rimborso da parte di quest’ultima. Pertanto, poiché il suddetto concetto richiama quello di “omnicomprensività” della liquidazione operata dal Giudice, non sembra esservi posto per un diritto al rimborso anche delle spese eccedenti l’importo liquidato.

Inoltre, l’art. 28 Costituzione prevede che la responsabilità dei dipendenti pubblici per aver compiuto atti in violazione di diritti si estende anche all’Ente; pertanto, laddove invece tale responsabilità sia stata esclusa (vedi sentenza di proscioglimento del dipendente), non può verificarsi alcuna estensione, e quindi l’Ente non può essere chiamato a rispondere di alcunchè, ossia nemmeno delle spese legali che il dipendente abbia dovuto sostenere in aggiunta a quelle liquidate dal Giudice.

La responsabilità dell’Ente, come sussiste quando il dipendente viene condannato, in quanto quest’ultimo agisce per conto dell’Ente stesso e quindi gli effetti illegittimi del suo agire ricadono nella sfera giuridica della PA, così non può sussistere quando il medesimo sia stato assolto, per aver egli adottato un comportamento che è stato riconosciuto come pienamente legittimo, e di conseguenza non vi è motivo per il quale la PA debba essere chiamata a rispondere di un qualcosa (spese legali ulteriori) che dal Giudice non è stato riconosciuto.

Effetto estensivo della responsabilità individuale del dipendente significa corresponsabilità della PA; a quest’ultima non può, proprio per questo motivo, essere addebitato alcun onere nel caso in cui la suddetta responsabilità sia stata esclusa (proscioglimento).

Tuttavia, proprio in merito all’art. 28 della Costituzione, va osservato quanto segue.

Se la responsabilità del dipendente è stata esclusa dal Giudice, e quindi se la PA è stata esente da qualsivoglia condanna, cosa che invece avrebbe determinato un coinvolgimento della PA medesima di effetto estensivo) negli obblighi scaturenti dalla sentenza, ciò sarà stato soprattutto merito dell’attività di difesa svolta dall’Avvocato del dipendente, il quale è riuscito a far accertare la totale insussistenza – a carico del medesimo, e perciò, visto l’effetto estensivo, anche a carico della stessa PA – di qualsivoglia profilo di illegittimità dell’azione amministrativa, insussistenza che ha comportato l’assenza di obblighi (risarcitori, indennitari o di “facère”) da parte della PA.

Quindi, l’attività dell’Avvocato è andata a vantaggio anche della stessa PA: se il dipendente fosse stato condannato per “violazione di diritti”, anche quest’ultima sarebbe stata chiamata a rispondere; se non c’è stata condanna, e pertanto se adesso la PA non si trova costretta a determinati adempimenti, ciò è segno che l’Avvocato ha operato bene, ragion per cui egli ha ora diritto al pagamento di “tutti” gli onorari, anche di quelli eccedenti l’importo liquidato dal Giudice.

La PA, se avesse avuto il timore di una condanna del dipendente, e quindi anche di una “sua” condanna (a seguito dell’effetto estensivo di cui all’art. 28 Cost.), avrebbe potuto costituirsi in giudizio con il patrocinio di un altro Avvocato, al fine di ottenere una sentenza che separasse le proprie colpe da quelle del dipendente. Se non ha fatto ciò, evidentemente è perché si fidava della linea difensiva adottata, confidando che questa avrebbe ragionevolmente condotto ad una sentenza di proscioglimento del dipendente, e quindi all’esclusione di qualsivoglia responsabilità in capo all’apparato amministrativo.

Pertanto, essa, adesso che la suddetta sentenza è stata emessa, non può, pretestuosamente, rifiutarsi di corrispondere al dipendente le spese da questi sostenute per la tutela legale, anche ove queste eccedano l’importo liquidato dal Giudice.

Considerato che, in base all’art. 28 della Costituzione, la responsabilità della PA si configura ove il Giudice abbia accertato la responsabilità del dipendente (effetto estensivo), il mandato che quest’ultimo ha conferito all’Avvocato si presta ad essere qualificato come mandato “in rem propriam”, ossia conferito anche nell’interesse di un “terzo” (che, in tal caso, sarebbe appunto la stessa PA).

Per questi motivi, appare sostenibile la tesi secondo cui il dipendente prosciolto all’esito del giudizio innanzi alla Corte dei Conti ha il diritto al rimborso anche delle spese legali ulteriori rispetto a quelle liquidate dal Giudice.

Potrebbe, poi, essere sostenuta anche un’altra tesi.

La PA, quando a favore del dipendente stipula una polizza assicurativa per la tutela legale, fa una scelta ben precisa, e cioè essa preferisce sostenere un costo pluriennale (premio lordo annuo) piuttosto che trovarsi a dover rimborsare al dipendente, per le spese legali da questi sostenute, nel caso in cui questi venga prosciolto dalla Corte dei Conti, una somma eccedente le reali disponibilità iscritte in bilancio. Infatti, in tal caso le spese di giudizio resterebbero a carico della Compagnia Assicurativa, la quale, in cambio della corresponsione dei premi, si è assunta il rischio della copertura delle suddette spese, e pertanto, a quel punto, visto che è appunto la Compagnia a pagare allo Stato le spese legali liquidate dal Giudice, la PA potrebbe, con fondi propri, provvedere al rimborso delle eventuali spese ulteriori rispetto a quelle liquidate, nel presupposto che tali spese non rivestano il carattere della “eccessiva onerosità”, visto che quelle giudiziali sono appunto già state pagate dall’Assicuratore.

La PA, se invece rinuncia alla stipula della suddetta polizza, adotta perciò stesso un comportamento meno prudente, in quanto accetta il rischio che un domani, a seguito di una sentenza di proscioglimento del dipendente emessa dalla Corte dei Conti, essa possa essere chiamata a rimborsare a quest’ultimo una spesa non preventivata, ossia una spesa che eventualmente potrebbe anche eccedere l’ammontare liquidato dal Giudice contabile.

Si tratta, quindi, di assumersi la responsabilità delle proprie scelte nei confronti del dipendente: la scelta di non tutelarsi preventivamente, ossia mediante la sottoscrizione di una polizza, dal rischio di dover poi improvvisamente reperire fondi di bilancio per pagare gli onorari dell’Avvocato, comporta, quale conseguenza, quella di dover provvedere a tale obbligazione, anche laddove l’ammontare di quest’ultima dovesse eccedere l’importo liquidato dal Giudice.

Questa tesi, che per certi versi sembra anche “suggestiva”, intende sostanzialmente “punire” la PA per non aver essa stipulato una polizza assicurativa. Tuttavia, obbligare di fatto la PA a stipulare polizze assicurative a favore dei dipendenti, avrebbe anche l’effetto di deresponsabilizzare questi ultimi in ordine alla consapevolezza delle conseguenze dei loro errori, e ciò violerebbe l’art. 28 della Costituzione, il quale stabilisce che i dipendenti sono individualmente responsabili per gli atti compiuti in violazione di diritti: il dipendente, se sa di essere comunque già coperto dall’Ente, potrebbe sentirsi legittimato, anche involontariamente, a non prestare, per così dire, “sufficiente attenzione” nel compimento degli atti che ricadono nella propria sfera di competenze, causando quindi danni sia al privato sia alla stessa PA.