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Lavoro: novità della legge di bilancio 2023 per datori di lavoro e lavoratori

Marina di Ravenna
Ph. Alessandro Saggio / Marina di Ravenna

Lavoro: novità della legge di bilancio 2023 per datori di lavoro e lavoratori


Abstract:

La Legge di Bilancio per il 2023 (L. n. 197/2022), come di consueto, oltre a confermare, sovente ritoccando, svariate discipline normative, ha introdotto numerose novità relative al mondo del lavoro, che impattano tanto sull’organizzazione del lavoro quanto sul mercato del lavoro stesso, senza inoltre dimenticare di intervenire a sostegno dei salari e degli stipendi dei lavoratori a vario modo rimpinguati per fronteggiare l’attuale crisi del potere d’acquisto dei dipendenti (ma non solo). Nel seguente articolo saranno perciò passati in rassegna le novità di maggiore interesse per ciò che riguarda il mondo del lavoro, senza alcuna pretesa di esaustività.

 

Indice

Esonero contributivo IVS a favore dei lavoratori dipendenti

Detassazione dei premi di risultato

Incentivi alle assunzioni

Lavoratori fragili e Smart Working

Congedo parentale e Assegno Unico Universale (AUU)

Le novità in materia di lavoro occasionale (c.d. “voucher”)

Proroga della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) per aziende in crisi

 

Esonero contributivo IVS a favore dei lavoratori dipendenti


Con l’obiettivo di rinvigorire la capacità di spesa delle classi di lavoratori dipendenti con retribuzioni medio-basse, il legislatore della Legge di Bilancio ha confermato, pur con delle novità e limitatamente all’anno 2023, l’esonero sulla quota dei contributi per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti (IVS) a carico dei lavoratori, introdotto per la prima volta dalla precedente Legge di Bilancio per il 2022 (L. n. 234/2021).

Già nello scorso anno, infatti, i lavoratori dipendenti, con eccezione del lavoro domestico, avevano beneficiato per 13 mensilità di un esonero contributivo nella misura di 0,8 punti percentuali; per effetto del comma 121, art. 1, L. n. 234/2022, il beneficio in questione è stato limitato alle retribuzioni mensili con imponibile contributivo IVS non superiore all’importo di € 2.692,00, maggiorato, per la competenza del mese di dicembre, del rateo di tredicesima.

Come molti lavoratori avranno notato sfogliando le proprie buste paga, tuttavia, la misura in questione era già stata potenziata nel corso del 2022, allorquando, fermi restando i requisiti già fissati dal comma 121 in commento, il c.d. “Decreto Aiuti-bis” (D.L. n. 115/2022) ha innalzato la riduzione contributiva fino alla misura complessiva di 2 punti percentuali.

La Legge di Bilancio per l’anno in corso, oggi, non solo conferma anche per il 2023 la misura introdotta dalla precedente Legge di Bilancio nelle forme tipizzate dal Decreto Aiuti-bis, ma innalza altresì di un ulteriore punto percentuale l’esonero contributivo in commento per i lavoratori dipendenti con imponibile contributivo mensile non superiore a € 1.923,00.

In definitiva, quindi, nel 2023 l’aliquota contributiva delle retribuzioni mensili con imponibile contributivo inferiore a € 1.923,00 si ridurrà di 3 punti percentuali, passando pertanto dalle ordinarie aliquote ([1]) di 9,19% e 9,49% ([2]) rispettivamente alla misura del 6,19% e 6,49%, mentre coloro i quali abbiano un imponibile contributivo mensile superiore alla suddetta soglia ma che comunque non ecceda l’importo di € 2.692,00 beneficeranno di un esonero pari al 2% delle suddette aliquote ordinarie.


Detassazione dei premi di risultato

Un ulteriore rafforzamento del potere di acquisto dei lavoratori dipendenti riguarda invece l’ambito della retribuzione premiale, per tale intendendosi quella porzione di retribuzione con natura eventuale riconosciuta dal datore di lavoro su base premiale e a seconda dei risultati conseguiti dall’azienda (o da un suo reparto o unità produttiva o altro) nell’anno precedente, per tale motivo anche nota in gergo come “premio di risultato”.

Al riguardo si ricorda come l’attuale disciplina normativa dell’istituto in questione sia oggi contenuta principalmente nel comma 182 dell’art. 1, L. n. 208/2015 (Legge di Stabilità per il 2016), che assoggetta ad imposta del 10%, sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali comunali e regionali, i «premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili» entro il limite annuo massimo di € 3.000,00 e al ricorrere delle ulteriori condizioni definite dai decreti attuativi.

La novella apportata dalla Legge di Bilancio del 2023 dimezza praticamente la misura dell’imposta sostitutiva prevista in materia di retribuzione premiale, che di conseguenza si riduce dal 10% al 5%, fermi restando gli ulteriori requisiti già fissati dalla legge per la fruizione di tale beneficio, e sempre fatta salva la libertà del lavoratore di optare per la tassazione ordinaria (dunque, con aliquota Irpef non inferiore al 21%, oltre ad addizionali locali) in luogo di quella sostitutiva.

Si tratta però di un beneficio limitato ai premi di risultato percepiti nel 2023 e, dunque, riferiti all’anno 2022, come tali già oggetto di accordi sindacali depositati negli anni scorsi.


Incentivi alle assunzioni

Come oramai di consueto, la Legge di Bilancio assurge a strumento legislativo di politica attiva del mercato del lavoro, tramite l’introduzione e la rivisitazione di incentivi, per lo più di natura contributiva, alle assunzioni di determinati soggetti appartenenti a categorie ritenute svantaggiate sul mercato del lavoro quali giovani inoccupati, disoccupati, percettori di reddito di cittadinanza e così via.

Per il nuovo anno, sono 3 le categorie di potenziali lavoratori dipendenti destinatarie delle misure incentivanti, ovvero:

- percettori di reddito di cittadinanza, l’assunzione a tempo indeterminato dei quali, se avvenuta nel corso del 2023, determina l’esonero del 100% dei contributi a carico del datore di lavoro per un massimo di 12 mesi e nel limite di € 8.000,00 annui, riparametrato e calcolato su base mensile; altrettanto viene inoltre previsto in caso di trasformazione del rapporto a termine in contratto a tempo indeterminato; l’agevolazione in questione potrà essere fruita dai datori di lavoro in alternativa all’esonero previsto dall’art. 8 del D.L. n. 4/2019, che resta comunque fruibile;

- giovani “under 36”, che non hanno quindi compiuto il trentaseiesimo anno di età al momento dell’assunzione; anche le assunzioni a tempo indeterminato di questi ultimi, così come le trasformazioni dei rapporti a termine in contratti a tempo indeterminato, sempreché effettuate nell’anno in corso, consentono al datore di lavoro di beneficiare dell’esonero contributivo totale nel limite di importo annuo di € 8.000,00, come sempre rivalutato e applicato su base mensile, e per un periodo non superiore a 36 mesi, elevato a 48 qualora sede del rapporto a tempo indeterminato sia una regione del Meridione (Campania, Puglia, Sicilia, Sardegna, Molise, Basilicata, Abruzzo e Calabria);

- donne svantaggiate, per tali intendendosi le lavoratrici che versino in una delle seguenti condizioni: possiedono almeno cinquanta anni di età e risultano disoccupate da oltre 12 mesi; donne di qualunque età, residenti in determinate regioni e inoltre prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi; donne di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori caratterizzati da un’accentuata disparità di genere ([3]), e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi; infine, donne di qualsiasi età, ovunque residenti e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi. L’assunzione di lavoratrici rientranti in queste categorie consentirà al datore di lavoro di fruire di un esonero contributivo pari al 100% dei contributi previdenziali a suo carico per un periodo massimo di 12 mesi in caso di assunzione a tempo determinato, elevati a 18 in caso di assunzione ab origine a tempo indeterminato o di trasformazione in tal senso di un rapporto precedentemente agevolato.

Se la misura prevista a vantaggio dei percettori di reddito di cittadinanza rappresenta una novità, le disposizioni di favore per le altre due categorie individuate dal legislatore rappresentano più correttamente delle “conferme” delle agevolazioni contributive già previste dalla Legge di Bilancio per il 2021 (L. n. 178/2020), la cui validità, prima limitata ai rapporti instaurati nel biennio 2021-2022, è stata oggi estesa anche per l’anno 2023.

È tuttavia doveroso sottolineare come i tre bonus in questione non siano immediatamente operativi, poiché sarà necessario attendere innanzitutto l’autorizzazione della Commissione Europea, in assenza della quale le misure in commento non potranno essere effettivamente fruite dagli imprenditori.


Lavoratori fragili e Smart Working

La data del 31 dicembre 2022 ha rappresentato uno spartiacque tra l’epoca dello “Smart Working emergenziale”, legato cioè alle esigenze di contenimento della diffusione del virus Covid-19 all’interno dei luoghi di lavoro ([4]), e il ritorno alla disciplina ordinaria del Lavoro Agile (di cui alla L. n. 81/2017), definitivamente avvenuto in via generale proprio con l’inizio del nuovo anno: pur tuttavia, l’influenza della normativa emergenziale continuerà a farsi sentire ancora per qualche mese.

Almeno fino al 31 marzo prossimo, infatti, i lavoratori c.d. “fragili”, ovvero i soggetti affetti dalle patologie individuate dal Decreto del Ministro della Salute del 4 febbraio 2022, conservano il diritto a svolgere la propria prestazione lavorativa in modalità agile; il comma 306 della Legge di Bilancio impone infatti al datore di lavoro di assicurare ai suddetti soggetti tale modalità di lavoro, se del caso adibendo i medesimi anche a mansioni inferiori, purché rientranti nella medesima categoria o area di inquadramento e senza decurtazione della retribuzione.


Congedo parentale e Assegno Unico Universale (AUU)

In materia di conciliazione dei tempi di vita privata con quelli lavorativi, il legislatore del bilancio 2023 interviene incrementando, seppur in misura diversa, gli importi del Congedo parentale e dell’Assegno Unico Universale (AUU).

In materia di maternità e paternità facoltativa, si prevede l’incremento, limitatamente ad uno dei 9 mesi complessivamente riconosciuti dall’ordinamento ai genitori, della relativa indennità dal 30% della retribuzione fino all’80% della stessa, purché gli stessi abbiano esaurito il congedo di maternità e paternità obbligatori successivamente al 31 dicembre 2022.

Nell’ambito dell’AUU, si assiste invece ad un più impattante intervento, che, a partire dal nuovo anno, incrementa del 50% l’importo dell’assegno erogato per ogni figlio di età inferiore a 1 anno e per i nuclei con più di 4 figli, nonché, per i nuclei con 3 o più figli e con ISEE fino a € 40.000,00, per ciascun figlio di età compresa tra 1 e 3 anni; nello stesso ambito si colloca la conferma, in via definitiva e strutturale, delle maggiorazioni previste per ciascun figlio con disabilità a prescindere dall’età anagrafica del medesimo, precedentemente limitate al solo anno 2022.

Se rispetto al primo istituto la novella assume carattere contingente essendo limitata al solo anno 2023, le novità che investono il secondo istituto rivestono invece natura strutturale, definitivamente quindi “promosse” nel nostro ordinamento.


Le novità in materia di lavoro occasionale (c.d. “voucher”)

Decisamente attenzionata, soprattutto dall’opinione pubblica, è stata poi la riforma che ha investito quel particolare regime normativo fissato dall’art. 54-bis del D.L. n. 50/2017 per le Prestazioni Occasionali (PrestO), contratto che in gergo ha preso i più svariati nomi, dal “lavoro tramite voucher” al “lavoro occasionale” o “accessorio”, trascinandosi le etichette frutto della travagliata evoluzione normativa dell’istituto.

Le novità riguardano l’estensione del campo di fruibilità di tale tipologia di rapporti, oggi circoscritti alle aziende con non più di 10 dipendenti a tempo indeterminato in luogo del precedente limite di 5 rapporti di egual natura.

La stessa portata estensiva si rintraccia inoltre nell’innalzamento da € 5.000,00 a € 10.000,00 del limite di compensi erogabili annualmente a titolo di Prestazioni Occasionali dallo stesso datore di lavoro con riferimento alla totalità dei prestatori; detto in altri termini, l’impresa utilizzatrice può oggi instaurare contratti di PrestO con diversi soggetti nel limite complessivo annuo di € 10.000,00 anziché la metà come previsto fino al 31 dicembre scorso, ferma restando l’efficacia degli ulteriori due tetti “economici” fissati dal suddetto articolo, ovvero il limite di € 5.000,00 per ogni prestatore rispetto alla somma dei rapporti a tale titolo e quello di € 2.500,00 per le prestazioni rese dal singolo prestatore a favore del medesimo utilizzatore.


Proroga della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) per aziende in crisi

In materia di ammortizzatori sociali, viene infine prorogata anche per l’anno 2023 l’efficacia dell’art. 44 del D.L. n. 109/2018, che, al ricorrere di determinate condizioni, consente alle aziende in crisi il ricorso allo strumento della CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) in deroga ai limiti di durata fissati dalla disciplina ordinaria di legge.

Anche nell’anno in corso, pertanto, le imprese in questione potranno beneficiare del trattamento straordinario di integrazione salariale, per un periodo che complessivamente non potrà eccedere i 12 mesi, fermo restando il rispetto delle ulteriori condizioni fissate dalla norma originaria.

Note

[1] Limitandoci in questa sede all’esemplificazione delle aliquote ordinarie maggioritarie, avvertendo però che ben potrebbero lievemente differire le aliquote IVS in concreto applicate ai lavoratori dipendenti per effetto dei rischi contro cui di volta in volta si è assicurati.

[2] Quest’ultima a carico dei lavoratori assicurati altresì contro il rischio di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria CIGS.

[3] Ovvero superiore di almeno il 25% rispetto al tasso medio di disparità uomo-donna.

[4] Che ammettevano pertanto il ricorso unilaterale da parte del datore di lavoro a questa moderna modalità di svolgimento della prestazione di lavoro e dunque anche in assenza di accordo col prestatore stesso.