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Superminimi, ad personam e loro assorbimento ad opera di sopravvenuti incrementi retributivi

incrementi retributivi
incrementi retributivi

Abstract

Sebbene con minor frequenza rispetto al passato, continuano ad approdare in Cassazione  vertenze occasionate dal cd. assorbimento dei superminimi, ad personam ed altri emolumenti eccedenti quelli tabellari contrattuali, di norma in occasione di passaggi di categoria, promozioni e progressione di carriera. Più di recente se ne sono occupate Cassazione 19 dicembre 2018, n. 32872, Cassazione 17 ottobre 2018, n.26017, Cassazione 9 novembre 2018, n. 28769 e Cassazione 3 dicembre 2015, n.24643. Evenienze che rendono ancora attuale la trattazione del tema (che di seguito viene effettuata nel presente articolo) da parte del giuslavorista.

 

Indice

1. Nozione e  fondamento del meccanismo di “assorbimento”

2. Le vicende dei superminimi in caso di rinnovo contrattuale e di passaggio di categoria

3. Sintesi  delle conclusioni  raggiunte in  giurisprudenza e  dottrina

4. Il rispetto del principio di invarianza retributiva ex articolo 2103 c.c.

5. Conclusioni

 

1. Nozione e  fondamento del meccanismo di “assorbimento”

Il principio di operatività dell’assorbimento – o, come diversamente definito, dell’automatismo negativo o di recupero – di eccedenze retributive (conferite in un determinato momento per contratto individuale) al sopravvenire di miglioramenti economici discendenti da pattuizioni collettive aziendali o di categoria, trova il suo fondamento sia in una lettura ragionata dell’articolo 2077 codice civile (dalla quale emerge chiaramente una reciproca autonomia delle fonti normative) sia dai criteri di unitarietà delle stesse, di alternatività degli istituti e di inscindibilità delle clausole contrattuali.

Tali criteri sono di norma codificati – pattiziamente nei CCNL – nella c.d. “clausola di inscindibilità” e salvaguardia – fino a concorrenza – dei trattamenti più favorevoli, di norma così formulata:

«Le disposizioni del presente contratto, nell’ambito di ciascun istituto, sono correlative ed inscindibili tra di loro e non sono cumulabili con alcun altro trattamento.

Agli effetti del presente comma si considerano costituenti un unico istituto il complesso degli istituti di carattere regolamentare (norme generali disciplinari, ferie preavviso ed indennità di anzianità, malattia ed infortunio, puerperio).

Ferma restando l’inscindibilità di cui sopra, le parti, col presente contratto, non hanno inteso sostituire le condizioni, anche di fatto, più favorevoli al lavoratore attualmente in servizio non derivanti da accordi nazionali, le quali continueranno ad essere mantenute ad personam»

(clausola originariamente pattuita nel CCNL pilota dell’industria metalmeccanica, poi recepita in altri settori, quali il creditizio, l’assicurativo, ecc.),

La predetta clausola ha fatto sì che, dottrinalmente[1] e giurisprudenzialmente, s’imponesse il criterio dell’alternatività in toto delle fonti normative o contrattuali, o degli istituti analoghi delle diverse fonti, al posto del concorso o cumulo[2] delle singole migliorie reperibili qua e là.

Tale alternatività delle fonti, con prevalenza del trattamento individuale più favorevole fino al suo raggiungimento e superamento (momento nel quale al trattamento individuale si sostituisce integralmente il collettivo) costituisce il fondamento dell’assorbimento dei differenziali individuali (fino a loro scomparsa) da parte della fonte collettiva, la quale – attraverso un procedimento di recupero direttamente conseguente al divieto di cumulo – finisce per porsi quale unica normativa del rapporto di lavoro.

Ormai prevalente va considerato quell’orientamento dottrinario e giurisprudenziale che, in base ai principi suesposti, afferma l’operatività (in via normale) del principio dell’assorbimento  da parte del nuovo trattamento retributivo (conseguente a miglioramenti da rinnovo contrattuale) dei pregressi superminimi percepiti in misura superiore ai minimi contrattuali nazionali e di categoria, in assenza di contraria, esplicita, previsione.

In tal senso si sono espresse le più recenti sentenze della Suprema Corte[3] assertrici del seguente principio di diritto:

«il c.d. superminimo, ossia l’eccedenza della retribuzione rispetto ai minimi tabellari, che sia stato individualmente pattuito, è normalmente soggetto al principio generale dell’assorbimento nei miglioramenti contemplati dalla disciplina collettiva, tranne che sia da questa diversamente disposto, o che le parti abbiano attribuito all’eccedenza della retribuzione individuale la natura di compenso speciale strettamente collegato a particolari meriti o alla speciale qualità o maggiore onerosità delle mansioni svolte dal dipendente e sia quindi sorretto da un autonomo titolo, alla cui dimostrazione, alla stregua dei principi generali sull’onere della prova, è tenuto lo stesso lavoratore».

Opinione perfettamente in linea con l’orientamento consolidato in precedenza dalle numerose decisioni giurisprudenziali, secondo le quali:

«sussiste nell’ordinamento un generale principio di assorbimento della maggiore retribuzione individuale, globalmente considerata, in quella successivamente spettante per contrattazione collettiva, del pari globalmente considerata (né a tale principio osta il disposto dell’articolo 2103 c.c., che garantisce al lavoratore la non regressione economica ma non anche la progressione sicura[4]); ne consegue che ogni patto di non assorbimento concernente particolari istituti retributivi deve essere esplicitamente convenuto tra le parti».

 

2. Le vicende dei superminimi in caso di rinnovo contrattuale e di passaggio di categoria

A fini operativi, le risultanze dottrinali e giurisprudenziali prevalenti possono così sintetizzarsi a secondo delle varie fattispecie (o situazioni):

2.1. Nella situazione di concorso di superminimi e aumenti economici da rinnovo contrattuale

2.1.a) i superminimi generici” sono sempre assorbibili (cioè non si cumulano con sopraggiunti benefici economici a livello nazionale), fintanto che il nuovo livello retributivo fissato nel CCNL assicuri ancora un trattamento superiore alle globali competenze individualmente o aziendalmente pattuite, sempreché le parti stipulanti il rinnovato contratto, apportante miglioramenti economici, non abbiano fatto – come normalmente avviene non venga fatta – alcuna  espressa previsione di cumulabilità, cioè a dire non abbiano espresso alcuna manifestazione di volontà.

A maggior ragione, vige l’assorbimento quando le parti, ad abundantiam (e per prevenire un ipotetico contenzioso), abbiano riconfermato espressamente il divieto di cumulo, legittimando per converso l’assorbimento; il che può essere convenuto sia nei confronti dei superminimi di gruppo, sia per quelli generici, sia per quelli conferiti intuitu personae[5] (senza alcuna contraddizione con la regola generale della loro conservazione espressa al successivo punto 2.1.b), in quanto risulta sovrana la volontà pattizia espressa in senso contrario dagli agenti contrattuali nazionali;

2.1.b) gli emolumenti convenuti individualmente in misura addizionale ai minimi contrattuali si cumulano, invece, con i miglioramenti discendenti dal rinnovo contrattuale collettivo, solo qualora il CCNL faccia espressa eccezione al principio dell’assorbimento; si cumulano altresì ai benefici apportati da quest’ultimo – salva espressa previsione contraria disposta al momento del conferimento (sede individuale) o nel sopravvenuto contratto nazionale – quegli emolumenti che poggiano su una causale remunerativa autonoma rispetto all’ intervenuto incremento dei minimi tabellari (es. premio di rendimento o di operosità individuale[6]), tali da occasionare la fattispecie dell’attribuzione intuitu personae[7].

A tale scopo, è necessario tuttavia dar corso ad una approfondita opera di ricognizione della reale volontà che ha spinto le parti alla loro attribuzione ed accettazione[8] ed il cui onere probatorio grava sul lavoratore che intenda opporsi all’assorbimento in ragione dell’asserito carattere meritocratico dell’attribuzione originaria.

Nel caso di attribuzione di compensi suppletivi intuitu personae (c.d. “ad personam”) sono stati ritenuti, esattamente, inidonei ad attivare il meccanismo del loro assorbimento, quei miglioramenti successivi e generalizzati scaturenti da contratto nazionale che nessuna correlazione rivestono con le causali che hanno determinato i differenziali ad personam, normalmente premianti la maggiore qualità od onerosità della prestazione.

Pertanto, in tal caso, gli uni si cumulano agli altri qualora siano rimaste inalterate,  per i beneficiari, le condizioni iniziali di attribuzione (mansioni, posizione categoriale e professionale, rendimento qualitativo o quantitativo, dislocazione o trasferimento, ecc.).

2.2. In presenza di  superminimi (o “ad personam”)  in occasione di passaggio di categoria

Del tutto stabile e consolidato si mantiene l’orientamento giurisprudenziale che asserisce la legittimità dell’assorbimento (non solo) dei superminimi generici ma anche dei superminimi intuitu personae

2.2.a) sia in caso di normale passaggio di categoria (cioè al modificarsi della situazione alla quale era - in qualche modo - correlato il conferimento del superminimo),

2.2.b) sia in ipotesi di riconoscimento giudiziale[9] della superiore categoria di inquadramento, per esercizio (datorialmente disconosciuto) di mansioni superiori.

Le argomentazioni della giurisprudenza si riassumono – per il primo caso sub 2.2.a) – nell’affermare che, realisticamente,  i superminimi intuitu personae erano  stati conferiti dal datore di lavoro – nella categoria sottostante – per premiare quelle doti di abilità e competenza (superiori alla media) le quali, una volta completatesi con l’inserimento e la permanenza in azienda, hanno occasionato l’attribuzione della categoria superiore.

Conseguentemente, è stata ritenuta impropria e negata la pretesa di mantenimento dell’assegno ad personam acquisito nell’iniziale categoria inferiore, che, se si fosse cumulato alla superiore retribuzione della successiva e più elevata categoria acquisita, avrebbe dato vita ad una duplicazione di benefici del tutto ingiustificata per l’unicità della causale inerente sia al beneficio economico personalizzato sia alla progressione di carriera (e, conseguentemente, per la non autonomia genetica dell’uno rispetto all’altra).

Nel caso sub 2.2.b) di riconoscimento giudiziale del diritto alla categoria superiore, è stata egualmente asserita l’assorbibilità degli “ad personam”, in quanto considerati dalla giurisprudenza quali parziali riconoscimenti di un diritto più completo, sotto il profilo economico.

Sostanzialmente si sostiene che, se il datore di lavoro avesse avuto la consapevolezza della spettanza (o la volontà di conferimento) della categoria superiore e del correlativo trattamento economico, egli stesso avrebbe operato unilateralmente l’assorbimento[10]. Pertanto, poiché la pronuncia giudiziale ha lo scopo di accertare la regolarità o meno di una situazione e di rimuovere d’ufficio gli ostacoli che si frappongono allo svolgersi della stessa secondo normalità ed equità, gli effetti della decisione non si possono, conseguentemente, concretizzare in soluzioni difformi da quelle che si sarebbero normalmente realizzate, in assenza di impedimenti soggettivi e/o obiettivi.

 

3. Sintesi  delle conclusioni  raggiunte in  giurisprudenza e dottrina

Quanto in precedenza esplicitato, può essere altresì schematizzato – per mera comodità di comprensione del lettore – con riferimento a due situazioni:

3.1.a) a quella “statica”, caratterizzata dalla invarianza della posizione professionale e categoriale;

3.1.b) a quella “dinamica”, conseguente al passaggio di categoria che dà luogo ad una novazione tale da spezzare il nesso di continuità con la valutazione di equivalenza corrispettiva compiuta all’atto della costituzione o nel corso del rapporto di lavoro.

Nella situazione “statica” di cui al punto 3.1.a), l’assorbimento intercorre tra i miglioramenti sopravvenuti per rinnovo di CCNL e,

a) i trattamenti conferiti genericamente (cioè a dire non personalizzati in funzione di particolari meriti o qualità del lavoratore, ma ad es. occasionati da situazioni momentanee del mercato del lavoro e simili);

b) nonché i trattamenti addizionali pattuiti a livello individuale, intuitu personae, alla condizione – per quest’ultimi – che ricorra:

x) una esplicita previsione di assorbibilità (in luogo della conservazione) espressa nella fonte normativa (ccnl) apportante i miglioramenti;

y) ovvero qualora nella lettera di concessione iniziale del superminimo ad personam sia stata inserita dall’azienda una clausola espressa di assorbibilità ad opera dei futuri benefici economici per variazione dei minimi contrattuali;

z) oppure, in mancanza  di esplicita previsione, nel caso in cui la ratio del conferimento del superminimo risulti oggettivamente comune a quella dell’altro beneficio sopravvenuto (es. entrambe corrisposte in funzione di premio di operosità o di rendimento, di indennità di disagio o di rischio, di sottosuolo e simili).

Sempre nella situazione “statica” (ipotesi sub 3.1.a), il beneficio conseguente ad esempio, agli ex scatti di contingenza (quando erano vigenti) o agli attuali aumenti per recupero d’inflazione, non è compensabile (cioè non è assorbibile) con il superminimo sia generico sia intuitu personae, in quanto la ex contingenza o quanto pattuito sia a fronte di recupero d’inflazione pregressa sia a fronte di concordata inflazione programmata futura che matura a favore del lavoratore hanno una ratio del tutto autonoma e diversa dalla causale attributiva dei superminimi: quella di assicurare, nel corso del tempo, una invarianza del potere reale delle retribuzioni in correlazione al costo vita. Sono cioè finalizzati ad assolvere ad una funzione ricostitutiva, in termini reali, del valore nominale delle precedenti, pattuite competenze corrispettive della prestazione di lavoro.

Al riguardo si è espressa anche di recente la Cassazione, reiterando il suo precedente pensiero, tramite la sentenza n. 32872 del 19 dicembre 2018, affermando che:

«l’indennità di contingenza è un meccanismo di garanzia del valore reale della retribuzione nominale, pertanto non ha una funzione retributiva autonoma assolvendo piuttosto ad una funzione indennitaria o risarcitoria potere d’acquisto reale di ciascun livello dei minimi tabellari categoriali. Pertanto l’assorbimento di tale voce di natura indennitaria determinerebbe una perdita di potere reale di acquisto del nuovo minimo tabellare e quindi una sostanziale reformatio in peius della retribuzione reale del lavoratore, promosso alla qualifica superiore».

Naturalmente per statuire una simile inassorbibilità occorre che le parti convengano sulla effettiva misura di lievitazione salariale imputabile a tali meccanismi di salvaguardia del solo potere reale del salario (in percentuale sui minimi tabellari) e che, per essere valutati in un eventuale contenzioso, il giudice ne riscontri esplicitata nel contratto nazionale (o altrimenti nella busta paga del lavoratore) la misura da salvaguardare, distintamente enucleata.

Altrimenti l’indifferenziata ed indistinta somma da incremento contrattuale finisce per assorbire fino a concorrenza l’intera misura dei superminimi. Spetta quindi alle Organizzazioni Sindacali avere l’accortezza di far risaltare nel testo contrattuale quanto erogato per effettivo incremento salariale/stipendiale e quanto (in percentuale) per garantire la mera invarianza, in termini reali, della retribuzione nominale.

In ipotesi “dinamica” sub 3.1.b) cioè di progressione di carriera – in considerazione della novazione  della situazione rispetto a quella iniziale di assunzione (cui è, di norma, correlata l’eventuale corresponsione di assegni ad personam) – i diritti economici del lavoratore si sostanziano, ex articolo 13 Legge n. 300/’70, esclusivamente nel fatto che siano garantite le condizioni economiche di base pertinenti alla nuova categoria, tenuto conto dell’anzianità raggiunta, cioè nel “diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta” (e... senza alcuna diminuzione della retribuzione, per dirla con le parole del legislatore).

Quando è assolta la prima condizione, il mantenimento della retribuzione globalmente più favorevole goduta nella categoria inferiore per effetto dei superminimi, consegue prevalentemente da un principio di logica organizzativa – giuridicamente recepito nel precitato articolo 13 Statuto dei  lavoratori – secondo cui il lavoratore investito di responsabilità superiori non può percepire meno di quanto percepiva in precedenza, ma – al  limite – l’eguale (in fase iniziale).

Una volta rispettate le condizioni della nuova categoria – nonché il principio dell’invarianza economica globale ex articolo 13 Statuto dei  lavoratori – nelle varie componenti del trattamento economico (nuova misura dei minimi, degli scatti di anzianità in percentuale o in cifra fissa, ecc.) - il superminimo intuitu personae fruito nella sottostante categoria può legittimamente essere assorbito, fino ad estinzione, dall’incremento retributivo risultante dalla differenza dei minimi delle due categorie, come pure dall’analogo incremento retributivo derivante dalla differenza fra la nuova (e superiore) misura e la vecchia (inferiore) misura degli scatti di anzianità.

Il superminimo sia generico sia “intuitu personae” non è invece - come già detto - assorbibile dallo scarto di valore della ex contingenza tra una categoria e l’altra o da similare meccanismo di garanzia del valore reale della retribuzione nominale, poiché tali meccanismi non hanno una funzione retributiva autonoma ma, quali fattore “ombra” dei minimi tabellari nominali, assolvono ad una funzione indennitaria o risarcitoria volta a garantire il potere d’acquisto reale di ciascun livello dei minimi tabellari categoriali.

 

4. Il rispetto del principio di invarianza retributiva ex articolo 2103 codice civile

Da parte di taluno si è correttamente eccepito che sussiste un limite al meccanismo di recupero delle eccedenze retributive i minimi contrattuali, rinvenibile e stabilito dall’articolo 2103 codice civile secondo il quale non può determinarsi – nel corso dello svolgimento del rapporto – una diminuzione della retribuzione (intesa nel senso di corrispettivo base delle qualità professionali dispiegate nel conferimento della prestazione, ed escluse dalla garanzia dell’intangibilità quelle indennità che trovano causa in particolari modalità estrinseche scollegate dalla professionalità, quali le indennità compensative del rischio, disagio, rumore, calore, sottosuolo e simili che ben possono venire meno con la scomparsa della causale esterna che le ha originate).

Si è sostenuto che la legittimazione dell’assorbimento – in caso di passaggio di categoria, cioè di progressione di carriera – avrebbe potuto, in un raffronto che non si fermasse al momento del passaggio ma si proiettasse in una comparazione evolutiva nel corso degli anni futuri, occasionare una lesione del principio affermante il divieto di “reformatio in peius” del trattamento retributivo professionale.

Giunta in Cassazione la problematica è stata risolta nel senso che il requisito (intangibilità o invarianza retributiva) di cui all’articolo 2103 codice civile deve ritenersi soddisfatto dietro un raffronto istantaneo della posizione reale goduta anteriormente e immediatamente dopo la promozione,  senza necessità che l’invarianza sia perseguita con un raffronto comparativo proiettato lungo l’intero arco temporale della vita residua del lavoratore.

Il principio in questione è stato esplicitato dalla Suprema Corte[11] in questi termini:

«Il meccanismo di salvaguardia (leggi: di invarianza retributiva, n.d.r.) tanto nel testo legislativo (articolo 2103 c.c., n.d.r.) che contrattuale, opera istantaneamente - ed esaurisce la propria funzione - nel raffronto tra la retribuzione ultima raggiunta prima della promozione e quella immediatamente successiva, senza proiettarsi nel tempo in termini di comparatività tra la dinamica retributiva propria del nuovo inquadramento e quella del vecchio. In altre parole né la legge né il contratto collettivo garantiscono al lavoratore promosso una retribuzione superiore, in ogni momento temporale successivo alla promozione, a quella che gli sarebbe spettata col precedente inquadramento, ma si limitano ad assicurargli dopo la promozione una retribuzione non inferiore a quella di prima goduta, impregiudicata la possibilità di rallentarne le future lievitazioni che devono “scontare” gli eventuali “surplus” personali, senza di che non si produrrebbe l’allineamento tra contratto individuale e contratto collettivo, si trasmetterebbe l’assegno personale, sommandolo alla retribuzione tabellare nuova, in uno stipendio minimo superiore a quello previsto per la categoria di assegnazione».

 

5. Conclusioni

Possiamo, a conclusione, asserire che il principio dell’assorbimento (o automatismo di recupero) sorregge ed alimenta il “dinamismo retributivo” ed oltre ad essere unilateralmente azionabile[12] (il che non significa “immotivatamente”, sotto il profilo dell’equità sociale) è strumento spesso attivato dalle direzioni aziendali al suddetto specifico fine.

Esso si atteggia a meccanismo finalizzato alla riaffermazione (in fase di rinnovo contrattuale o di novazione della situazione individuale per passaggio di categoria) del principio basilare del contratto collettivo di lavoro, costituito dalla uniformità delle condizioni economiche; ed opera, non tramite revocazione, ma attraverso il prosciugamento, sino al drenaggio completo, di benefici precedentemente accordati al contemporaneo sopravvenire di altri sorretti dalla stessa ratio.

 

[1] Sulla tematica del riassorbimento  dei superminimi, si rinvia a P.G. Alleva, Automatismi e riassorbimenti salariali, in  RGL 1979,I,59; L. Galantino, Sui trattamenti retributivi individuali più favorevoli, in RIDL 1980, I, 129 e ss.; R. Regazzo, L’assorbimento del superminimo individuale ed i suoi limiti, in L80, 1985,739 e ss. In precedenza, v. M. Meucci, Le condizioni e i limiti per l’assorbimento dei superminimi, in LPO, n.1/1978, 115 (nota a Trib. Monza 17.9.1977), cui adde, Superminimi e meccanismo di assorbimento, ivi  n.1/1998, 1 e ss.

[2] Afferma essere consolidato il principio del raffronto - ai fini dell’individuazione del trattamento più favorevole - delle intere discipline contrattuali nel complesso delle clausole costitutive (o quantomeno per singoli “istituti” delle stesse discipline), escludendo effetti di cumulo: Cass. 11 febbraio 1984, n.1065 (inedita) nonché Cass. 16 giugno 1977, n. 2516 in MGL 1978,12 e 457 con nota di G. Pera.

[3]  Così Cass.  17 ottobre 2018, n.26017; Cfr. Cass. Cass. 19 dicembre 2018, n. 32872, Cass. 9 novembre 2018, n. 28769, Cass. 3 dicembre 2015, n.24643, Cass. 29 dicembre 2012 n. 14689; Cass. 17  luglio 2008  n. 19750 e, in precedenza, Cass. 20 marzo 1998, n. 2984, Cass.7 agosto 1999 n. 8498, Cass. 13 marzo 1996, n. 2058, ecc.

[4] Esplicita tale convincimento espressamente Cass., 22 febbraio 1985, n. 1600, in FI, 1985, I, c. 1316, secondo cui l'assorbimento del superminimo non viola l'articolo 2103 c.c., in quanto il meccanismo del trattamento globale più favorevole esaurisce la sua funzione nel confronto tra la retribuzione raggiunta prima della promozione e quella immediatamente successiva, senza garantire al lavoratore promosso una retribuzione superiore - in ogni momento temporale successivo alla promozione — a quella che gli sarebbe spettata secondo il precedente inquadramento.

[5] Conf. App. Milano 16 novembre 1973, in OGL 1973, 152.

[6] Cfr. Cass. 12 aprile 1980, n. 2376 in RGL 1980, II, 583.

[7] Cfr. Cass. 16 agosto 1993, n. 8711, cit.; Cass. 11 ottobre 1989, n. 4064, in DPL 1989, 44, 2957.

[8] Cfr. Cass. 2 dicembre 1986, n. 7868, in DPL 1987, 9, 634.

[9] Espressamente in fattispecie, Cass. 26 ottobre 1982, n. 5597, in GC., 1983, I, p. 1551, secondo cui, in caso di riconoscimento giudiziale della qualifica superiore, il calcolo delle differenze retributive va effettuato determinando in astratto il compenso che al lavoratore sarebbe spettato sulla base del trattamento minimo convenzionale previsto per tale qualifica, con gli aumenti ed emolumenti di carattere generale concessi medio termine, ma senza ricomprendere nella nuova retribuzione globale i superminimi riconosciuti nel periodo in cui il dipendente era inquadrato con una qualifica inferiore.

[10] Così Cass. 28 gennaio 1978, n. 429, in MGL 1979, 24.

[11] Cass. 14 maggio 1979 n. 2783, in GI,1979, I, 1, 1436.

[12]  La dismissione da parte del datore di lavoro – per proprie insindacabili scelte (motivanti verso il personale ovvero per non necessità di fruire della riduzione del costo del lavoro e simili) - dall’avvalersi dell’assorbimento nel corso di vigenza di un determinato ccnl che lo legittima, non dà luogo ad alcun uso o prassi aziendale  più favorevole, vincolante; né preclude che - nel periodo di vigenza di un nuovo contratto  che parimenti contempli l’assorbimento - egli non possa modificare il pregresso atteggiamento e legittimamente operare in tal senso: così si è espressa, rigettando un ricorso dei lavoratori, Cass. 24 luglio 2006 n. 16862, in MGL 2007, CD-Rom.