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Sfruttamento lavorativo e caporalato: la Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta

Caporalato
Caporalato

Sfruttamento lavorativo e caporalato: la Relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta

Sfruttamento lavorativo e caporalato si diffondono nel Paese anche attraverso l’utilizzo delle moderne tecnologie digitali, ma mancano strumenti strutturali idonei a garantire assistenza alle vittime

 

Sommario:

1. Sfruttamento lavorativo e caporalato: la diffusione del fenomeno

2. Sfruttamento lavorativo e caporalato: algoritmi e nuove tecnologie

3. Sfruttamento lavorativo e caporalato: la tutela delle vittime

 

1. Sfruttamento lavorativo e caporalato: la diffusione del fenomeno

La Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, costituita il 12 maggio 2021, ha presentato lo scorso 21 aprile una Relazione intermedia sull’attività svolta in cui individua una serie di costanti relative ai fenomeni del caporalato e dello sfruttamento lavorativo.

Evidentemente la prima costante è ‹‹la ricerca del profitto con modalità, termini e proporzioni prevalenti sulla tutela della dignità, della salute e della sicurezza››.

Altra costante è costituita dalla ‹‹diffusività geografica su tutto il territorio del Paese›› dello sfruttamento lavorativo e del caporalato: i dati evidenziano che ‹‹nessuna regione risulta esente da questa piaga non degna di un paese civile››.

La Commissione evidenza, inoltre, come la diffusione di caporalato e sfruttamento lavorativo riguardi sia le campagne, soprattutto nelle province ad alta vocazione agricola, sia le periferie metropolitane per l’edilizia, i trasporti, il facchinaggio ed i lavori di manutenzione.

In proposito nella Relazione si evidenzia come si stia consolidando ‹‹l’offerta di un incontrollato bracciantato metropolitano per lo più straniero››, definendo «caporalato urbano» lo sfruttamento lavorativo ‹‹che assume la caratteristica del reclutamento di lavoratori presso individuabili punti della città per servizi o prestazioni di breve durata››.

Così, secondo la Commissione, se da un lato lo sfruttamento lavorativo ‹‹si concentra nel settore agricolo, dove maggiormente si registra lavoro irregolare con ricorso a manodopera sottopagata, priva di condizioni di lavoro e umane dignitose, di provenienza extracomunitaria››, dall’altro, le evidenze dimostrano che casi di caporalato si registrano ormai ‹‹in ogni campo lavorativo: edilizia, sanità, assistenza, case di cura››, etc.
 

2. Sfruttamento lavorativo e caporalato: algoritmi e nuove tecnologie

La Commissione si sofferma, in particolare, sull’analisi delle nuove forme di sfruttamento lavorativo realizzate attraverso l’utilizzo delle moderne tecnologie: si tratta del c.d. “caporalato digitale”, fenomeno ‹‹che vede nell’utilizzo degli algoritmi il fulcro›› dello sfruttamento lavorativo.

Infatti ‹‹la figura del datore di lavoro, sempre più evanescente, costituisce spesso l’occasione favorevole›› per la nascita di nuovi fenomeni di sfruttamento lavorativo come, appunto, ‹‹il caporalato digitale dove i lavoratori della gig economy hanno sostituito i braccianti agricoli››.

‹‹Il pericolo più profondo››, si legge nelle pagine della Relazione, ‹‹è che l’algoritmo e, più in generale, l’intelligenza artificiale possano diventare uno strumento prescrittivo senza controllo››. D’altra parte i recenti casi di sfruttamento lavorativo dei rider e di caporalato sui ciclofattorini dimostrano quanto questo pericolo sia concreto.

Inoltre secondo la Commissione ‹‹l’ingresso massiccio dell’utilizzo delle tecnologie digitali ha incoraggiato l’espansione delle imprese, soprattutto nel settore logistico dove è attualmente presente un processo di estrazione del profitto dal lavoro che catalizza la precarietà dell’occupazione attraverso lo sviluppo del fenomeno dell’intermediazione illegale della forza lavoro›› (il c.d. caporalato).
 

3. Sfruttamento lavorativo e caporalato: la tutela delle vittime

‹‹Su un piano criminologico, si rivela molto utile osservare che sono rarissime o pressoché inesistenti le denunce presentate dai lavoratori e dalle lavoratrici›› vittime di sfruttamento lavorativo e caporalato.

Nella Relazione, infatti, si legge che ‹‹la quasi totalità delle indagini svolte in materia di caporalato e più ampiamente di sfruttamento del lavoro, sono avviate su iniziativa degli uffici›› ed in particolare dell’I.N.L. Questo dimostra come lo sfruttamento lavorativo condiziona ‹‹la stessa libertà delle vittime di reagire all’ingiustizia e alla vessazione e di chiedere protezione sociale››.

Difatti nel caso di lavoratori vittima di caporalato e sfruttamento lavorativo alla ‹‹classica omertà, che si caratterizza per il mero silenzio e per la paura […] si aggiunge il grave bisogno di accettare qualsiasi condizione di lavoro, con retribuzione indegna, senza condizioni di sicurezza o in taluni casi anche presso alloggi degradanti››.

In definitiva l’assenza di denunce da parte delle vittime di sfruttamento lavorativo e di caporalato è ‹‹da ricondurre a una particolare e profonda precondizione di disagio economico, umano e sociale al quale la vittima non riesce a reagire››.

La Commissione sottolinea, inoltre, che ‹‹in uno stato di bisogno umano ed economico, minore è la tutela delle vittime, maggiore è la rassegnazione, l’omertà e l’espansione dello sfruttamento lavorativo organizzato›› e del caporalato.

Dunque appare grave l’assenza nel nostro Paese ‹‹di strumenti strutturali, non episodici, idonei a garantire assistenza alle vittime, una volta acclarata la condizione di sfruttamento lavorativo››.

Infatti, nonostante apprezzabili iniziative (ad es. la collaborazione tra l’O.I.M. e l’I.N.L. per il contrasto al caporalato e la tutela delle vittime di sfruttamento lavorativo), in particolare dopo gli arresti in flagranza di reato del datore di lavoro o del caporale, frequentemente si riscontra ‹‹la mancanza di una rete di solidarietà che garantisca assistenza sociale, economica, sanitaria, legale, linguistica e abitativa›› alle vittime di sfruttamento lavorativo e di caporalato.

Proprio sotto questo profilo la Commissione promuove ‹‹un nuovo specifico modello di intervento a favore delle vittime, fondato sulla cooperazione tra strutture prefettizie, Procura della Repubblica, strutture sanitarie e enti del terzo settore››. Tale modello, si legge nella Relazione, ‹‹appare l’archetipo di un necessario intervento solidaristico che laddove già sperimentato spontaneamente ha dato buoni frutti››.