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Testamento, legato e institutio ex re certa, questioni aperte

panorama
Ph. Federico Radi / panorama

Abstract:

In tema di successione mortis causa vige, assoluto, il principio di libertà del testatore il quale può liberamente disporre dei propri averi per il tempo in cui avrà cessato di vivere. E nel fare ciò, il de cuius ha a disposizione una serie di istituti, tipici e atipici, tra i quali l’institutio ex re certa. In relazione a tale figura, varie sono state le discussioni dottrinali e giurisprudenziali: il presente contributo si focalizza in particolare sulla questione relativa all’operatività della vis expansiva e alle diverse pronunce che nel tempo si sono susseguite.

 

Indice:

1. Successione mortis causa e testamento

2. Il principio di libertà del testatore: tutele e limiti

3. Eredità, legato e institutio ex re certa

4. Beni non intestati e operatività della vis expansiva. Le pronunce della Corte di Cassazione

 

1. Successione mortis causa e testamento

La successione mortis causa, disciplinata dal Libro II del Codice Civile, è quel fenomeno che implica la necessaria modificazione di una situazione giuridica nel suo lato soggettivo in seguito al verificarsi di un evento mortale. Ed infatti, tale fenomeno si realizza proprio con la morte di una persona e con la conseguente necessità di far subentrate altri nella titolarità dei rapporti giuridici ancora pendenti, precedentemente facenti capo al defunto.

L’insieme di tutti tali diritti a contenuto patrimoniale viene comunemente definito asse ereditario e su questo si apre la cosiddetta successione. Tre sono le tipologie riconosciute dall’ordinamento giuridico italiano: la successione necessaria, la successione legittima e quella testamentaria.

La successione testamentaria presuppone la predisposizione di un negozio mortis causa da parte del de cuius: il testamento. L’articolo 587 Codice Civile lo definisce come un atto revocabile con il quale taluno dispone di tutte le proprie sostanze o di parte di esse, per il tempo in cui avrà cessato di vivere. Si tratta pertanto di un negozio unilaterale e non recettizio, revocabile e strettamente personale, avente contenuto tanto patrimoniale quanto non patrimoniale.

 

2. Il principio di libertà del testatore: tutele e limiti

Tutta la tematica della successione testamentaria risulta caratterizzata dal fondamentale principio di libertà del testatore che esplica la sua portata in tre diverse direzioni.

In primo luogo, tale principio si connota, dal punto di vista dell’an, come libertà di decidere se redigere o non redigere il testamento. Ciascuno è, infatti, libero di disporre della sorte dei rapporti giuridici allo stesso facenti capo prima della propria morte ma, allo stesso tempo, ognuno è libero di non occuparsene lasciando che la gestione dei medesimi avvenga secondo le norme di legge.

In secondo luogo, in relazione invece al quomodo dell’atto mortis causa, il principio di libertà testamentaria implica la spontaneità dell’atto, il quale deve dimostrarsi espressione della diretta volontà dello scrivente, scevra da qualsiasi condizionamento esterno. Strettamente connessa a tale connotazione del principio di libertà del testatore è, pertanto, la previsione della sempiterna revocabilità del testamento, il quale può essere annullato o modificato dallo stesso autore fino al momento ultimo della sua morte.

Infine, il principio in esame assume l’ulteriore connotazione di autonomia del disporre in relazione all’oggetto dell’atto mortis causa. Il testatore gode, infatti, di piena libertà nel determinare il contenuto della scheda testamentaria, anche a dispetto degli schemi tipici previsti dalla legge. Il de cuius potrà, pertanto, inserire clausole patrimoniali tipiche, quali l’istituzione di un erede o di un legato, o atipiche, diverse dalle predette, purché compatibili con la struttura complessiva del negozio testamentario nonché meritevoli ai sensi dell’articolo 1322, co. 2 Codice Civile.

La centralità del principio di libertà qui in esame è riconosciuta anche a livello costituzionale: l’articolo 42 della Carta, infatti, implicitamente dispone un limite per il legislatore ordinario, il quale non può abrogare le disposizioni relative alla successione testamentaria ma può solo definirne i limiti, nel rispetto dell’ulteriore principio, di cui all’articolo 457 Codice Civile, di prevalenza della successione testamentaria su quella legittima.

La volontà del de cuius viene pertanto riconosciuta e garantita nel modo più ampio possibile, anche attraverso la predisposizione di apposite tutele e limiti. Tra le prime ricordiamo la già citata generale revocabilità del testamento da parte del suo autore nonché il divieto di patti successori, i quali costituirebbero condizionamenti esterni rispetto alla formazione della volontà del testatore, ed i casi di incapacità a ricevere per testamento e di indegnità predisposti dal legislatore civile per preservare e proteggere la spontaneità del volere del de cuius.

Il principio di libertà del testatore incontra, però, anche svariati limiti considerata la necessità di bilanciamento con interessi parimenti rilevanti e ad esso contrapposti. Innanzitutto, le disposizioni testamentarie non possono risultare illecite ovvero incompatibili con norme imperative, ordine pubblico e buon costume nel rispetto di quelli che costituiscono i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico.

Parimenti, le medesime disposizioni non possono ledere i diritti dei legittimari. In un simil caso il testamento, seppur valido ed efficace, rischia di subire l’azione di riduzione riconosciuta proprio dai legittimari al fine di vedere tutelata la quota di loro spettanza.

Infine, l’articolo 735 Codice Civile sancisce la nullità del testamento nel quale non siano stati compresi qualcuno dei legittimari o degli eredi istituiti. Tale nullità riguarda, però, solamente la divisione fatta dal testatore e non l’istituzione degli eredi che viene, invece, fatta salva nel rispetto della volontà del testatore.

 

3. Eredità, legato e institutio ex re certa

Proprio sulla base della volontà del de cuius, espressa mediante la predisposizione di un testamento, è possibile distinguere tra eredità e legato. Nel primo caso la chiamata a succedere riguarda l’insieme indefinito, o una quota, dei rapporti giuridici facenti capo al defunto. Si realizza, in tal guisa, una successione a titolo universale nell’eredità, ossia nell’universalità di diritti e doveri del de cuius.

Nel secondo caso, invece, la chiamata è effettuata in relazione ad uno o più specifici diritti, precisamente determinati dallo stesso testatore e considerati individualmente, non come frazioni dell’intero patrimonio. Di conseguenza, diversamente dal caso dell’istituzione di un erede, l’acquisto di un legato realizza una successione a titolo particolare.

L’articolo 588 Codice Civile, tuttavia, a fianco alle tradizionali istituzioni di erede o di legato, prevede al suo comma secondo, una terza figura intermedia volta proprio a mitigare l’eccessivo rigore delle precedenti ipotesi: l’insitutio ex re certa.

Tale possibilità si configura ogniqualvolta i beni destinati dal de cuius al chiamato siano considerati non nella loro individualità, ma a seconda della quota di patrimonio che gli stessi rappresentano. Pertanto, varrebbe anch’essa come istituzione di erede, seppur pro quota, laddove risulti dall’atto che il testatore aveva l’intenzione di trasmettere una porzione dell’intero anche se tale quota viene dallo stesso determinata qualitativamente, indicando i singoli beni, piuttosto che quantitativamente, mediante indicazione delle frazioni matematiche.

L’istituto in esame presenta, però, non poche difficoltà in particolare se relazionato alla figura del legato: in entrambi i casi il testatore individua specificatamente i beni per cui il chiamato viene istituito ma, nel caso dell’insitutio ex re certa, il de cuius ha inteso attribuire quei beni come quota del patrimonio, mentre nel caso del legato, i medesimi beni vengono attribuiti nella loro individualità.

Al fine di distinguere queste due contigue figure sarà, pertanto, necessaria un’attenta valutazione da parte del giudice di merito rispetto alla volontà del testatore. Tale indagine dovrà essere condotta sotto un duplice profilo: uno di tipo oggettivo, riferito al contenuto della scheda testamentaria, e uno di tipo soggettivo, riferito invece all’intenzione dell’autore.

Solamente al termine di tale duplice vaglio sarà possibile determinare con certezza se la chiamata a succedere sia a titolo universale o a titolo particolare, non rilevando l’indicazione testuale utilizzata dal de cuius all’interno della scheda. Tale attribuzione formale potrà invece essere valutata come elemento confermativo del risultato della predetta indagine.

 

4. Beni non intestati e operatività della vis expansiva. Le pronunce della Corte di Cassazione

Discussa è la sorte dei beni non inclusi dal de cuius nel testamento. Si è in particolare dibattuto circa l’applicazione del principio della vis espansiva, comunemente riconosciuto per l’istituzione di erede e volto ad attrarre in capo al chiamato la proprietà dei predetti beni non indicati, anche nel caso di institutio ex re certa.

A tal proposito, un primo orientamento sosteneva che i beni non compresi dal testatore nella scheda testamentaria dovessero essere attribuiti conformemente alle norme sulla successione legittima, escludendo pertanto una qualsiasi forza estensiva all’istituzione fatta dal de cuius. Alla predetta conclusione, tale orientamento perveniva mediante un’interpretazione strettamente letterale dell’articolo 734, co. 2 Codice Civile dettato in tema di divisione fatta dal testatore.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ben presto si discostò da tale indirizzo interpretativo: con la sentenza n.17112 del 2018 la Suprema Corte a Sezioni Unite affermò l’operatività del vis espansiva in tutti i casi di istituzione a titolo universale.

Più nello specifico la Corte, una volta qualificata l’institutio ex re certa quale istituzione a titolo universale, ha decretato l’applicabilità a questa di tutte le caratteristiche tipiche dell’istituzione ereditaria, tra le quali la vis expansiva della quota nonché l’idoneità a ricomprendere nella medesima tutti i beni non indicati nel testamento, perché sopravvenuti o ignorati dall’autore.

Pertanto, tali beni dovranno essere attribuiti agli eredi, anche chiamati mediante institutio ex re certa, in proporzione alle rispettive quote e senza doversi procedere alla successione legittima come precedentemente sostenuto. Di conseguenza, una volta accertata l’effettiva volontà del de cuius di devolvere taluni specifici beni come quota dell’intero patrimonio, la qualifica di erede ex re certa viene a connotarsi anche della forza espansiva tipica del chiamato all’eredità.

Tuttavia, nel caso in cui il testatore manifesti una volontà istitutiva solamente parziale, l’operatività della vis espansiva risulta impedita. A tale conclusione è di recente giunta la Cassazione con la sentenza n. 17868 del 2019 con la quale è tornata ad occuparsi della sorte dei beni non menzionati in testamento.

La Corte, ribadendo l’orientamento ormai consolidato in dottrina e giurisprudenza, precisa come l’attribuzione della forza espansiva agli istituiti ex articolo 588, co. 2 Codice Civile sia possibile solo se e in quanto la volontà istitutiva del testatore sia stata totale, ossia riferita consapevolmente all’unità del patrimonio, non soltanto parziale. In questo secondo caso dovrà concludersi che per la quota di patrimonio che risulti, consapevolmente o inconsapevolmente, non disposta dal de cuius si imponga l’apertura della successione legittima ai sensi e per gli effetti dell’articolo 457 Codice Civile.

Tutto quanto detto impone, pertanto, la necessità di un’attenta indagine della voluntas testantis. Tale analisi, tuttavia, in ragione del preminente principio di libertà del testatore, può rivelarsi assai difficoltosa posto che il margine di variabilità interpretativa potrà assottigliarsi solamente laddove il testatore sia stato redazionalmente chiaro ed inequivoco nella formulazione delle proprie disposizioni.